Dai modelli simulati della ricerca in psicologia ai serious games

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Nell'ultimo decennio l'etichetta "serious games" è andata ad affermarsi per indicare un variegato campo di produzione di giochi digitali da utilizzare in vari contesti didattici, formativi, educativi e dell’assessement psicologico. Seppur anche il nostro gruppo di ricerca abbiamo spesso fatto ricorso a questa denominazione per comunicare la natura delle nostre "cose" ho sempre nutrito un'intuitiva avversione nell'associare la "serietà" alla "giocosità". A dirla con Giampiero Dossena, uno dei più grandi esperti italiani di giochi, il gioco o è divertente o non è (Dossena, 1993). Un altro elemento di perplessità nell'affrontare l'argomento del "serious gaming" è il tentativo classificatorio di molti nel sistematizzare i vari giochi "seri" in famiglie e tipologie in modo finaco di definire le caratteristiche distintive di un gioco autenticamente (o seriamente) "serio". Bene, non so se quello che abbiamo prodotto negli ultimi venti anni grazie a molti progetti di ricerca finanziati da programmi europei presso l'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche e nel Laboratorio di Cognizione Naturale Artificiale dell'Università di Napoili Federico II possa essere etichettato come "serio" e come "gioco" sicuramente abbiamo provato a sviluppare degli ambienti di apprendimento che possano almeno catturare l'interesse dell'utilizzatore se proprio non si riesca a divertirlo. In questo breve scritto cercherò di descrivere sinteticamente la nostra metodologia progettuale e alcuni esempi, la trattazione estesa del nostro approccio è esposta nel manuale di Dell’Aquila et al. (2017). Ovviamente il nostro metodo è solo uno dei tanti modi in cui si possono realizzare degli ambienti di apprendimento digitali basati sul gioco. Il lettore valuterà se il nostro impianto abbia prodotto quantomeno qualcosa di serio e auspicabilmente divertente.

Serious games basati su modelli ad agenti e potenziati da interfacce grafiche e tangibili

Con l'avvento del computer si è andata affermando anche nelle dscipline umanistiche una potentissima metodologia di ricerca: la ricostruzione/rappresentazione/simulazione della realtà in un ambiente digitale. Tant'è che attualmente la simulazione al computer di "modelli" dei fenomeni cognitivi, psicologici, affettivi e sociali è un processo irrinunciabile e fondante di qualsiasi serio (anche qui) tentativo scientifico nel comprendere l'Uomo in tutte le sue dimensioni (biologiche, psicologiche e sociali). Già agli inizi di questo secolo Domenico Parisi (2000, 2001) ebbe l'intuizione di proporre l'utilizzo delle simulazioni al computer come un potente strumento per il sostegno dei processi di apprendimento/insegnamento. Il ragionamento di Parisi era lineare: i ricercatori apprendono e comprendono la realtà ricostrundola al computer. In fin dei conti i ricercatori sono degli esseri umani allora perchè non applicare il medesimo metodo affinchè tutti (bambini, adulti, anziani, ecc.) possano apprendere tramite le simulazioni? L'idea era giusta e chiara però per portarla su un piano di concretezza occorreva affrontare due problematiche fondamentali: 1) quale fra le tante tecniche di modellistica al computer era la più adatta per la progettazione e la realizzazione delle simulazioni educative; 2) come rendere piacevole e intuitiva l’interazione delle persone con dei modelli matematici anche molto sofisticati quale qualsiasi simulazione al computer è. La prima questione riguarda il “motore” e la seconda si occupa della “carrozzeria” delle simulazioni educative. Il lavoro del gruppo di ricerca a cui afferisco da venti anni a questa parte è volto principalmente ad indagare questi due aspetti. Per quanto riguarda la definizione della metodologia modellistica alla base dei nostri applicativi abbiamo individuato nel Agent Based Modelling un valido strumento per la progettazione e per lo sviluppo dei serious games. In tale contesto un dato fenomeno psicologico è rappresentato tramite la simulazione delle caratteristiche dell’ambiente dove uno o più agenti artificiali dotati di un apparato percettivo e comportamentale interagiscono tra loro (primo livello di modellazione) e dalla tipologia di sistema di controllo (o di intelligenza”) di ogni singolo agente (secondo livello di modellazione). La progettazione educativa dovrà occuparsi in primis di definire le caratteristiche del setting psicologico (primo livello di modellazione) da simulare in digitale. In questo contesto possiamo avere un ampio ventaglio di situazioni, ci possono essere i giochi ad agente singolo (come per esempio nel caso in cui un individuo deve apprendere a risolvere un test-problema per valutare il proprio QI); i giochi diadici (come accade nei colloqui di selezione) e giochi in cui prendano parte tanti individui (come accade in un gruppo di lavoro, ecc.). Il formatore/progettista dovrà anche occuparsi della modellazione di secondo livello ovvero definire quali agenti/avatar dotare di un’intelligenza artificiale e quali lasciarli al controllo dell’utente-giocatore. È intuibile come le varie scelte progettuali su ambedue le fasi di modellazione sono alla base di simulazioni e giochi molto differenti tra loro.
Per quanto riguarda lo sviluppo delle interfacce dai primi anni 2000 abbiamo investito molto sulla grafica 3D (con risultati non sempre esaltanti). Dal 2008 abbiamo cominciato ad arricchire degli oggetti fisici (giocattoli, utensili, boccette, stoffe, ecc.) con sensori NFC in modo da utilizzarli come interfacce tangibili, multi-sensoriali e manipolabili con la simulazione-gioco residente in un computer e più recentemente in uno smartphone.

Alcune applicazioni basate su sistemi ad agenti

Di seguito si propongono alcune soluzioni sviluppate nel corso degli anni che hanno l’ambizione di convertire la metodologia sopra descritta in applicazioni pratiche.
Verranno mostrate tre applicazioni, che si sviluppano a partire da bisogni psicologici e di apprendimento specifici e che hanno come collante proprio una modellistica ad agenti che permette di far interagire la persona da formare (studente, discente) con un agente artificiale, che è in grado di reagire opportunamente all’input e allo stesso tempo di collezionare dati per analizzare i risultati di apprendimento (modulo di learning analytics).

Il primo esempio è di un gioco denominato ENACT che si rivolge alla formazione aziendale al fine di valutare e allenare l’utente nella sua capacità nella negoziazione tra pari. Il gioco parte dalla necessità di semplificare l’applicazione dei test psicologici. Gli stessi, infatti, sono solitamente carta e matita e la persona in valutazione deve rispondere ad un numero molto alto di domande, spesso piuttosto articolate. Gli effetti collaterali di questa modalità sono evidenti: oltre ad un possibile effetto stanchezza, si ha anche la problematica di rispondere subendo la desiderabilità sociale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Due immagini del gioco ENACT. A sinistra alcune informazioni base per la definizione del contesto in cui il giocatore si troverà ad interagire, a destra una tipica conversazione del gioco.

Per prevenire questo schema, l’idea è creare un gioco (serio) che risulti piacevole e sufficiente immersivo per quanto riguarda in particolare la narrazione, ovvero proporre degli scenari quotidiani e di facile immedesimazione in cui l’utente si confronta e negozia con un avatar artificiale. L’avatar artificiale è l’agente con cui ci si confronta e che risponde e conversa con il giocatore. La conversazione non riguarda solo parametri verbali, ma anche quelli non verbali legati alla gestualità e al tono della conversazione. Tutti questi aspetti fanno riferimento al secondo ambito di ricerca ovvero alla sopracitata “carrozzeria”, con l’obiettivo di inserire elementi piacevoli, tali da permettere al giocatore di essere maggiormente coinvolto nel gioco.

L’obiettivo finale del gioco è valutare il profilo da negoziatore del singolo giocatore e, in seconda battuta, di allenarlo a gestire le situazioni di conflitto, aderendo al miglior stile di negoziazione per ogni differente situazione.

ENACT è stato sviluppato sia per web browser sia pubblicato come app a disposizione per dispositivi Android sul PlayStore.

Un altro esempio di applicazione che riflette un modello ad agenti, è denominato Baldo.

Baldo è un gioco di carte in prima persona, ovvero si interagisce direttamente con un avatar “intelligente, pensato soprat

tutto per aiutare i bambini piccoli a fare ginnastica mentale con i numeri. Nel gioco è presente un mazzo di carte speciali (Carte di Leonardo) create seguendo i principi della teoria scientifica del "Number Sense" secondo la quale la nostra mente rappresenta i numeri con tre codici diversi.

I codici sono:

  • Simbolico: sulla base dei simboli numerici (1, 2, 3, 4, etc.);
  • Testuale: che si basano sul codice testuale (uno, one, etc.);
  • Analogico: ovvero basato sulla raffigurazione di una serie di oggetti sulla carta; che possono essere distinti in Analogico Astratto e Analogico Concreto.

Il gioco delle carte è dunque arricchito da un avatar, ovvero un agente, che gioca realmente e riproduce le operazioni tipiche di una partita, ossia sceglie la carta, la lancia ed infine tende ad avere una risposta umorale. È proprio quest’ultimo tassello che si lega all’ambito dell’affective computing che può essere determinante nel caso di bambini che hanno il desiderio di apprendere la matematica e ancora di più nel caso della presenza di alcune disabilità.

L’ultima applicazione mostrata è quella di BlockMagic (Di Ferdinando et al., 2015), ossia un gioco che parte dal bisogno psicologico e formativo di apprendere la logica e la geometria utilizzando i blocchi logici. Questi sono materiali strutturali utilizzati in moltissime scuole dell’infanzia e nella scuola primaria in Europa. Il giocatore ha a disposizione 48 blocchi che differiscono per forma, colore, dimensione e spessore creando differenti categorie. La novità di BlockMagic è di proporre una tavoletta attiva che, grazie alla tecnologia NFC, è in grado di riconoscere ogni singolo blocco, comunicando con una piattaforma digitale. Il bambino si trova ad apprendere utilizzando la multisensorialità, in particolare attraverso il senso del tatto, ma ottiene un feedback da un sistema digitale, governato da un agente che orchestra la sessione e propone al bambino l’esercizio di una difficoltà congrua rispetto al proprio percorso di apprendimento. Il bambino quindi interagisce fisicamente con degli oggetti (i blocchi logici) fisici e tangibili, ma ha una risposta e un’interazione con uno schermo che produce un feedback visivo e sonoro opportuno per ogni interazione.


In tutti e tre gli esempi proposti, l’agente è centrale nell’interazione con l’individuo, rendendo l’esperienza formativa fluida e soprattutto personalizzata, andando a sviluppare, rafforzare e/o sostenere le competenze secondo le esigenze di ogni singolo utente.

Infografia

  • Baldo (video) <https://youtu.be/LYoIYDYZ28c>
  • Baldo (download) <https://play.google.com/store/apps/details?id=com.nacplayground.baldo&hl=it>.
  • Giampaolo Dossena, 1993, Abbasso la pedagogia, Garzanti.
  • Enact (sito) <www.enactgame.eu>.
  • Enact (download) <https://play.google.com/store/apps/details?id=com.nacplayground.federica_enact&hl=it>.
  • Elena Dell'Aquila, Davide Marocco, ‎ Michela Ponticorvo, Andra Di Ferdinando, Massimiliano Schembri, Orazio Miglino, 2017, "Educational Games for Soft-Skills Training" in Digital Environments, Springer, Berlin.
  • Andrea Di Ferdinando, Raffaele Di Fuccio, Michela Ponticorvo, Orazio Miglino, 2015, "Block magic: a prototype bridging digital and physical educational materials to support children learning processes", in Smart Education and Smart e-Learning, Springer, Cham.
  • Orazio Miglino, Andrea Di Ferdinando, Massimiliano Schembri, Massimiliano Caretti, Angelo Rega, Carlo Ricci, 2013, "STELT (Smart Technologies to Enhance Learning and Teaching): una piattaforma per realizzare ambienti di realtà aumentata per apprendere, insegnare e giocare" in Sistemi intelligenti, n. 25.
  • Domenico Parisi, 2000, Scuola.it. Come il computer cambierà il modo di studiare dei nostri figli, Mondadori.
  • Domenico Parisi, 2001, Simulazioni. La realtà rifatta al computer, Il Mulino.

     

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Giusi Miccoli

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