La prospettiva in cui intendo collocare il mio contributo* è legata all’idea di non rinchiudersi entro la logica della goal-free evaluation così come è stata elaborata da Michael Scriven, ma di assumerla come punto di riferimento di un’operazione di collage intellettuale dotata di senso e di un minimo di coerenza che elabori utili connessioni tra l’approccio goal-free ed altri approcci che esibiscono analoghe sensibilità da un lato e, dall’altro, modalità di indagine che siano compatibili con una scelta di questo tipo.
 
Lo sfondo “generale” del mio discorso è un’idea di valutazione riflessiva che colloca la ricerca valutativa sul terreno delle nuove sensibilità per il tema della riflessività degli attori sociali e dell’azione sociale (penso qui, volendo accennare alle principali teorie di riferimento, all’etnometodologia, ma anche al pragmatismo, antecedente e piuttosto  “influente” rispetto alla stessa etnometodologia – sul versante micro; e, sul versante macro, ai contributi di Anthony Giddens principalmente, ma anche di Ulrich Beck e di altri).
 
Molto sommariamente e con riferimento alla ricerca valutativa (o più estesamente alle pratiche valutative), la valutazione riflessiva chiama in causa un atteggiamento intellettuale che assume un duplice modus operandi: (a) da un lato la valutazione costruisce i suoi dispositivi tecnici in modo tale da suscitare, indurre (provocare addirittura) la riflessività degli attori sulle cui azioni si focalizza l’attenzione valutativa; (b) dall’altro, la valutazione si fa carico del compito di riflettere (in corso d’opera e après coup) su se stessa, ovvero sulle sue pratiche, sulla sua azione, sui suoi “prodotti” e sugli effetti della sua azione – è in qualche modo il compito di “oggettivare  - per dirla nei termini di Pierre Bourdieu - il soggetto dell’oggettivazione”.
 
Non so se e in quale misura le considerazioni qui appena abbozzate (aggiunte a quanto cercherò di dire più avanti) possano costituire una base minima per lavorare a più ampi svolgimenti da proiettare verso qualcosa che ambisca alla costruzione di una teoria (e soprattutto di una pratica) riflessiva della  valutazione. In ogni caso credo che sia interessante ed utile procedere in questa direzione. 
Naturalmente, per sviluppare un tema del genere ho ben presente – oltre ai riferimenti al dibattito più recente sulla riflessività – l’utilità di un contributo di Alberto Vergani centrato proprio sulla valutazione in rapporto alla riflessività (“La ricerca valutativa come pratica riflessiva ‘creativa’ in ambito formativo”). L’articolo di Vergani è del 2005 ed è uscito in un volume curato da Maddalena Colombo (Riflessività e creatività nelle professioni educative, Milano, Vita e Pensiero, 2005). Questo riferimento anche per sottolineare come anche su questo terreno non si parta da zero. Aggiungo, visto che ci sono, una segnalazione: nello stesso volume c’è un contributo di Francesco Consoli che mi pare piuttosto interessante.
In questo quadro, il piano di riflessione che intendo qui abbozzare, che potrebbe collocarsi, insieme ad altri, nell’orizzonte di una valutazione riflessiva, punta a connettere la prospettiva teorica della goal-free evaluation e quella della responsive evaluation (elaborata a suo tempo da Robert Stake). 
Quali le ragioni di questa scelta?
Fondamentalmente sono ascrivibili al fatto che le due traiettorie teoriche (traducibili in approcci immediatamente utilizzabili sul campo), nella loro saldatura, a mio avviso, riescono a dar luogo ad una solida piattaforma metodologica di cui non può sfuggire il “fondamento” riflessivo – proprio in virtù della forza dialogica e di co-costruzione di senso locale di cui l’approccio responsive è portatore. 
Aggiungo come argomento a sostegno di questa scelta la non trascurabile circostanza legata al fatto che integrare nel dispositivo intellettuale della goal-free la prospettiva responsive, aiuta il ricercatore a spiegare meglio le ragioni di un approccio, mi riferisco alla goal-free evidentemente, che potrebbe apparire stravagante al committente poco incline alle sottigliezze metodologiche (e prevalentemente orientato da logiche unilineari della valutazione). Invece potrebbe trovare le giuste rassicurazioni nella misura in cui riesce a cogliere l’importanza del fatto che il ricercatore si impegna a garantire di volta in volta delle risposte su ciò che vede, analizza e interpreta (l’idea di “dare risposte” è il fondamento e senso ultimo della responsive evaluation esi basa sulla scelta di co-costruire, proprio attraverso il dialogo costante con gli attori implicati, la comprensione di ciò che è sotto la lente dell’esplorazione valutativa).
 
Se questa idea ha un fondamento condivisibile, bisogna chiedersi come innervare di contenuti di metodo la piattaforma risultante da questa operazione di saldatura (un po’ eclettica, un po’ sincretica e comunque tutta da elaborare) tra due prospettive distinte ma non (troppo) distanti.
 Credo che la postura intellettuale appropriata a questo compito sia quella di assumere come punto di riferimento l’ottica della ricerca etnografica sul versante della costruzione del campo d’indagine, dell’osservazione dei fenomeni e della raccolta dei dati; e quella del resoconto narrativo sul versante dell’interpretazione dei dati e delle retoriche del reporting che sta a fondamento della dinamica dialogica della restituzione/risposta e del confronto con gli attori direttamente interessati alla ricerca.
Ecco un rudimentale schema che sintetizza il mio ragionamento:

valutazione riflessiva.png

Vorrei, a questo punto, accennare ad un paio di esperienze di cui sono stato protagonista diretto in quanto ricercatore le quali mostrano come – a prescindere da ogni possibile giudizio sul modo in cui ho condotto le mie indagini – questa strategia di ricerca sia possibile. 
Ho tentato questa operazione di bricolage metodologico in due occasioni e contesti diversi e a diversi anni di distanza tra la prima esperienza e la seconda.
 
La prima, consapevolmente orientata al disegno qui proposto anche se non al livello attuale di maturazione riflessiva, è legata ad una esperienza esplicitamente valutativa (i cui report non sono mai stati pubblicati neanche in minima parte, neppure nella forma di articoli o altro) che ho condotto su incarico dell’IRSAE Friuli-Venezia Giulia tra il 1995 e il 1997. In questa occasione ho dichiaratamente adottato la prospettiva congiunta goal-free e responsive. Di cosa si trattava? L’oggetto della ricerca era l’andamento di un corso di formazione lungo e piuttosto complesso rivolto agli insegnanti delle scuole elementari della Regione sui temi della valutazione delle attività didattiche. Ho sviluppato (non senza fatica ed incomprensioni da parte della committenza) le indagini secondo la traiettoria qui velocemente illustrata ed ho ottenuto risultato piuttosto soddisfacenti sia sul terreno della verifica di senso dell’operazione di metodo, sia, ed è ancora più importante, sul piano del coinvolgimento degli attori in gioco che hanno partecipato attivamente alla costruzione riflessiva della valutazione delle loro pratiche.
La seconda – che solo ex post ho tematizzato in senso valutativo – è legata ad una ricerca organizzativa condotta con approccio etnografico nel 2005 all’interno di una media azienda italiana di consulenza i cui risultati sono stati restituiti ai membri di quell’organizzazione ed hanno dato luogo ad un intenso processo riflessivo interno. Di questa seconda esperienza di ricerca (integralmente “raccontata” nel mio volume Dinamiche di vertice. Frammenti di un discorso organizzativo, Milano, Guerini e Associati, 2007), ho proposto un sintetico resoconto – elaborato secondo una curvatura in chiave valutativa dei dati della ricerca – in un articolo pubblicato della rivista dell’Associazione Italiana di Valutazione (cfr. “Per un uso in chiave (auto)valutativa delle etnografie organizzative, in "Rassegna italiana di valutazione" n.40, 2008, pp. 77-88).
 
*In questo articolo riprendo sinteticamente alcuni temi della mia relazione al seminario “Oltre la Misura - Proposte, modelli e orientamenti per una valutazione riflessiva e dialogica dei servizi di Welfare” (Milano, 3 Dicembre 2009) promosso dall'Istituto Italiano di Valutazione, in collaborazione con l'AIV-Associazione Italiana di Valutazione e la Provincia di Milano.