con Barbara Cecil

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Premessa

Barbara Cecil è, insieme con Glennifer Gillespie e Beth Jandernoa co-fondatrice, circa venti anni fa,  del CIYO – Coming Into Your Own, un programma dinamico di crescita e di sviluppo della leadership personale e professionale dedicato alle donne desiderose di impegnarsi in un processo di riflessione, ricerca e ri-generazione.
Il programma si è evoluto attraverso anni di esplorazione e collaborazione da parte di un piccolo gruppo di donne – amiche e colleghe di lavoro -  tutte coinvolte nella ricerca e nella consulenza sui temi dello sviluppo della leadership, dell'apprendimento organizzativo e delle pratiche dialogiche - svolta all’interno e intorno al MIT di Boston. Esse cominciarono a riunirsi nel 1995 e hanno continuato a farlo fino ad oggi. Nel corso degli anni, hanno riflettuto sulla loro vita, scoperto e inventato processi e pratiche per vedere e modellare come realizziamo la nostra vita nel mondo, hanno lavorato attraverso le transizioni che si sono presentate nella loro vita e hanno scoperto quale fosse la propria ‘chiamata’ individuale.

Nel 1998, il gruppo originario è stato avvicinato da un gruppo di giovani donne - che erano anche consulenti di sviluppo organizzativo - che ha chiesto loro di progettare un un programma per sostenerle nel viaggio della propria vita e per aiutarle a sviluppare la loro capacità di leadership.
Questo ha portato l’Ashland Istitute, fondato da Barbara e dalle sue colleghe, a ricevere una borsa di studio dall'Istituto Fetzer per sostenere la progettazione ed erogazione – e anche la relativa attività di ricerca – di un percorso pionieristico di mentoring e di sviluppo per giovani donne leader provenienti da diverse parti del mondo. Quel programma oltre ad essere stato realizzato negli Stati Uniti e nel Regno Unito, fu anche testato – per valutarne l’applicabilità e l’adeguatezza -  in Sud Africa con donne di diversa estrazione religiosa, etnica e culturale.

Da allora, il CIYO è diventata una proposta di apprendimento  rivolta alle donne di tutto il mondo che vogliono riflettere sulla loro vita, approfondire la propria comprensione di se stesse, affrontare importanti transizioni e aumentare la propria capacità di vivere in una logica motivazionale ‘inside out’ (dall'interno verso l'esterno).

A seguito di questa esperienza, Barbara Cecil, qualche anno fa ha deciso di scrivere un libro che, attraverso la narrazione e la sistematizzazione delle esperienze di alcune delle donne che, nel corso di questi vent’anni, hanno partecipato al programma CIYO negli USA e nel mondo, potesse fornire una sorta di guida per affrontare le transizioni, quali esse siano sia nell’ambito della vita privata che di quella professionale.

Attraverso la partecipazione al programma CIYO, di cui sono anche Faculty, ho appreso e imparato a utilizzare nella mia professione di consulente e di coach, una serie di strumenti, tutti riconducibili a un approccio sistemico, che Barbara illustra molto bene nel suo libro. Parlando di pratiche riflessive mi è sembrato utile tradurre quanto scrive a proposito della pratica del Journaling nei processi di transizione. Per questo ho tradotto e riporto qui alcuni passi del libro Coming Into Your Own (1)

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Fare journaling nelle transizioni della vita (Barbara Cecil, trad. MIG)

«Come mia madre ho dedicato la mia vita ad aiutare le donne in molte parti del mondo a trovare la loro voce, la fiducia in se stesse (confidence) e la loro chiamata. Venti anni fa con Glennifer Gillespie e Beth Jandernoa ho fondato un programma che aiuta le donne in giro per il mondo a percorrere la propria strada attraverso i cambiamenti radicali ed entusiasmanti che portano le transizioni della vita [...]
La nostra vita ci sta chiedendo di lasciar andare abitudini, credenze, persone o qualche immagine di noi stesse? Vediamo temi, che sono stati centrali per la nostra vita finora, che sono arrivati a una conclusione e che ci lasciano in un vuoto, insicure su cosa verrà dopo?  Ci sentiamo in un momento di smarrimento senza nessuna direzione in vista che abbia energia? Sentiamo un bisogno di cura o di avere del tempo per riflettere? Nuove opzioni stanno apparendo? O stiamo custodendo da tempo un focus che richiede tenacia e dedizione?

La risposta a queste domande potrebbe essere connessa alla fase del processo di transizione nella vita nella quale siamo in questo momento [...]  Nelle storie di transizione che ho raccolto ci si muove sempre da un ‘periodo di cose che finiscono’ (period of endings) - quando qualche capitolo della vita si chiude - a ‘uno spazio tra’ (in-between space) – tra quello che è stato e quello che non si è ancora manifestato – e ancora a un ‘nuovo inizio’ (new beginning) - quando nuove, fresche opzioni cominciano ad apparire – e, infine a un periodo del ‘prendesi cura’ (tending) di ciò è stato iniziato.

Queste fasi sono spesso interrelate e non sempre passiamo attraverso di loro in una sequenza pulita, ma il modo in cui entriamo in ciascuna di esse determina il grado con cui saremo capaci di muoverci attraverso l'intero processo e arrivare a una vita che sia congruente con il Sé profondo che vive dentro di noi.
Queste quattro fasi si mostrano, in modo unico per ciascun individuo, nei principali processi sani di cambiamento. Ogni fase ha una particolare dinamica e richiede specifiche qualità di attenzione e pratiche apprese. Ognuna richiede un differente focus interiore e alcune risorse esterne.

Io chiamo queste fasi ‘Luoghi di Residenza’ (Dwelling Places) perché realmente noi abbiamo bisogno di vivere in ciascuna di esse fino a quando non abbiamo completato fino in fondo il nostro stare lì e realizzato la parte essenziale che ciascuna di esse gioca. Cambiare velocemente qualcuna di queste fasi può significare perdere il momento giusto per riconoscere quale ‘avventura’ è la nostra vita o, in altri termini, quale sia la nostra vocazione. [...] C’è poi un quinto luogo di residenza, il Dwelling Place of Being (il luogo di residenza dell’Essere), che si trova dietro tutti gli altri.
Nell’immagine che segue, la 'Ruota del Cambiamento' lega e ordina i cinque ‘Luoghi di Residenza’ che sono essenziali per la maggior parte delle transizioni nella vita. La mappa non è mai il territorio, specialmente nei processi umani, ma una mappa può aiutarci a capire dove siamo e a sapere quali passi fare da lì.

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La mappa nella figura appoggia su un prato verde che rappresenta tutte le possibilità del nostro futuro non ancora manifestatesi.  Il nostro ‘Campo delle Possibilità’ può contenere una presenza piena di energia che ancora si deve esprimere, può contenere una propensione imprenditoriale che non abbiamo ancora sfogato,  può contenere una qualità della nostra leadership che sta aspettando le giuste condizioni per fiorire o ancora un'abilità artistica che è stata invisibile dietro anni di lavoro dipendente. Anche un desiderio di maternità potrebbe essere vivo in questo campo o un istinto innato per curare le persone.
Il fisico David Bohm descrive questo potenziale come un ‘ordine implicito’ (implicate order) che dà origine alla parte manifesta della nostra vita.  Una parte importante del lavoro di Bohm risiede nella comprensione che questo potenziale, ‘impacchettato’ dentro di noi, non è uno schema progettuale statico. Con i termini usati da Bohm è «un'unità  indivisa in un flusso che scorre». Quando questa unità fluisce attraverso di noi, facciamo esperienza di un flusso pieno di senso.
Ogni fase del processo creativo è disegnata per connetterci a questo flusso, [...] per aiutarci a percorrere il nostro cammino esprimendo noi stessi con integrità in accordo con questi segnali interiori  - a dispetto delle forze nel mondo che vorrebbero vederci tradire i nostri valori, il nostro senso del 'tempo giusto', il nostro personale sentimento di adeguatezza – conducendoci a una vita indivisa. Nei miei termini questa integrità è la congruenza tra la nostra esperienza vissuta e il Campo delle Possibilità. [...]

Se la Ruota del Cambiamento fosse un modello tridimensionale e noi guardassimo ad essa da un lato, potremmo vedere che non è non è un cerchio piatto che si ripete ma è una spirale ascendente;  da questa prospettiva ogni volta che un cerchio si chiude, per esempio, entriamo in un territorio in cui beneficiamo delle precedenti esperienze avute a un rango più basso della spirale. Ogni volta che compiamo un circuito di questa spirale del processo creativo, noi otteniamo una comprensione più profonda di questo modello complessivo. Diventiamo più confidenti che la nostra sensazione di cadere a pezzi, e quell’esperienza di vuoto che spesso segue, sono parti di un processo sano nel quale possiamo sentire la guida sottile del Campo delle Possibilità.

Arrivare a credere in questo supporto nascosto è un cambiamento di vita. Diventiamo più sagge e più capaci di stare nel flusso dei sentimenti turbolenti e della mancanza di controllo che sorge nei processi di trasformazione […]

Pratiche utili nel ‘Luogo di residenza delle cose che finiscono’: il journaling

Il journaling (tenere un diario, scrivere di sé), può essere utile quando ci sentiamo ferme e scomode nella situazione di vita corrente o quando siamo nel mezzo di un momento in cui stiamo realizzando che qualcosa è finito. Forse non è completamente ovvio che una fase della nostra vita è arrivata a conclusione. Forse stiamo resistendo al guardare onestamente e completamente alla nostra realtà corrente. Attraverso il journaling la nostra mente subconscia può parlare ed esplorare senza essere ostacolata da resistenze mentali. Poiché ci consente uno sfogo per i nostri pensieri e le emozioni che ci che si muovono dentro di noi, il journaling è un modo di liberare questa energia in movimento che altrimenti sarebbe tenuta imprigionata.
Scegliamo un quaderno non particolarmente costoso così da sentirci libere di coprirlo con tutto quello che ci viene, in una forma di scrittura libera. Sappiamo che quello che scriviamo è soltanto per noi. Lasciamo andare la parte di noi che giudica le nostre impressioni, nel privato non c'è niente da rispettare. Alcune donne usano matite colorate, altre scarabocchiano i margini, altre scrivono in cerchio, altre incollano immagini sulle pagine. Sentiamoci libere di seguire qualunque cosa voglia essere espressa in un modo sicuro e in un tempo protetto.

Settimane e  mesi dopo, quando leggeremo di nuovo cosa abbiamo scritto, è molto probabile che impareremo qualcosa di significativo. Gli schemi ripetitivi ci appariranno molto evidenti e potremmo avere delle intuizioni (insights) circa da dove si è originata la confusione. Potremmo notare un andamento ciclico di alti e bassi e renderci conto che non siamo ferme da qualche parte ma la vita sta andando avanti. I nostri progressi saranno evidenti e, cosa più importante, avremo conseguito il vantaggio di essere testimoni della nostra fioritura. Questa prospettiva ci può portare a provare sia un generale senso di generosità verso noi stesse, sia una saggezza sorprendente.

Nel suo libro The Artist’s way: a spiritual path to higher creativity (2), che è scritto per le persone creative che siamo, Julie Cameron descrive un journaling rituale che lei chiama ‘le pagine del mattino’ (the morning pages). Lei  descrive questo processo come un modo di dare voce al sapere profondo che vive dentro di noi. Le ‘pagine del mattino’ sono tre pagine scritte a mano, un flusso di coscienza attivato scrivendo subito dopo essersi svegliati ogni giorno. Ci ricorda di non pensare a quello che stiamo scrivendo, «Esse sono su qualsiasi cosa ci passi per la mente. Le ‘morning pages’ provocano, chiarificano, confortano, inducono, in un momento prioritizzano e sincronizzano la giornata».

Da qualche parte, nel mix spontaneo di sogni ricordati, di paure scaricate, di desideri detti ad alta voce, di richieste di aiuto, lamenti, sfoghi e totali nonsense,  possiamo avere degli insights e provare il sollievo di vedere una verità sottostante a quelle parole. Cameron scherza dicendo che le ‘morning pages’ (pagine del mattino) possono anche essere chiamate le ‘mourning pages’ (pagine del lutto) perché in molti modi sono «un congedarsi dalla vita come la conosciamo e un’introduzione alla vita come sta cominciando ad essere».

Il journaling nel ‘Luogo di residenza del “tra”’

In questa fase il journaling rimane utile come pratica che costruisce una 'tolleranza di', e anche un 'salutare appetito per', il ‘Luogo di residenza del “tra”.

Qui è utile fare journaling sul passato e su cosa ci ha condotto fino al ‘lasciar andare’ che abbiamo recentemente sperimentato. Tornare indietro sui punti di svolta nella nostra vita ci aiuterà a riconoscere gli schemi ricorrenti e a svelare l'origine delle credenze limitanti. Queste sono ciò che dobbiamo lasciarci alle spalle in questa fase. Farle uscire dal nostro corpo e dalla nostra testa mettendole sulla pagina è un modo potente di separarci dagli aspetti del nostro passato che non ci servono più. Un diluvio di insights e di comprensione può emergere in noi.

Il journaling può aiutarci a cavalcare le onde e le depressioni che sono inevitabili in questa fase di cambiamento. Notiamo cosa innesca i nostri alti e bassi. Il prevedere gli stati di eccitazione e di depressione, e il dono di momenti di visione chiara che si alternano con inevitabili momenti di inconsapevolezza, in questa fase del ‘tra’, ci aiuteranno a mantenerci equanimi attraverso il ‘non conosciuto’. Il journaling in forma libera ci può aiutare a entrare in contatto con il desiderio della nostra anima che trova, in ultima analisi, lo spazio nel quale apparire. Il desiderio stesso è una forza che ci sospinge in un futuro che è il nostro.

Il journaling nel ‘Luogo di Residenza del nuovo inizio’

Il nostro journaling può adesso virare verso l’esplorazione dei vari scenari e delle idee che ci pervadono e possiamo tentare di scrivere sulle diverse opzioni, descrivendo cosa ciascuna può implicare. È importante esplorare cosa sembra abitare ciascuna di queste varie possibilità.
Dopo un paio di settimane torniamo indietro a leggere nuovamente cosa abbiamo scritto e notiamo se certi temi riappaiono sempre e sempre. Questi sono indizi di future direzioni. Se perdiamo il filo, il nostro journal lo terrà per noi.

Il journaling è un posto sicuro per le nostre investigazioni, per avventurarci, con pochi rischi, dentro i nuovi scenari che prendono forma nella nostra immaginazione.
Possiamo scegliere di scrivere circa come vorremmo essere nel mondo o, al contrario, scrivere di quello che vogliamo fare.  Tentiamo di articolare cosa ci porta ad essere vive, cosa nutre la nostra anima, cosa ci fa sentire con uno scopo. Se le parole non esprimono facilmente queste qualità, possiamo tentate di ritagliare da riviste immagini che possono trasmettere il nostro senso di una vita degna di essere vissuta e incolliamole nel nostro diario. 

La nostra cultura favorisce l'esame di 'cosa' stiamo facendo ma quelli che riescono a dare il meglio di sé, non perdono mai la traccia del 'perché' stanno facendo quello che fanno. Nel nostro journaling, allora, possiamo aver voglia di scrivere circa:

  • il cosa: una possibile direzione
  • il perché: lo scopo di qualsiasi direzione stiamo considerando possibile
  • il come: le strategie per andare avanti in una particolare direzione
  • il dove: il setting che meglio si presta a questa nuova direzione».

E nel momento del  'prendersi cura' della nuova cosa che è nata, che ne sarà del journaling? Sarà ancora utile. Le nostre 'morning pages' ci aiuteranno a guardare da un po' di distanza quello che staremo facendo, a tirar fuori  tutto quello che abbiamo dentro per poterci osservare 'da fuori' mentre 'siamo dentro' il nostro nuovo agire.

 

 

(1)  B. Cecil, Coming Into Your Own, White Cloud Press, 2015  qui l'indice e qualche pagina

(2) J. Cameron, The Artist's way: a spiritua path to higher creativty, J P Tarcher - 25 Anv edizione, 2016