Il tumultuoso sviluppo delle tecnologie digitali e le possibilità che offrono nella creazione di ambienti di apprendimento integrati, aprendo il campo della formazione a nuove opportunità e nuovi soggetti, impone di comprendere come rispondono i sistemi più tradizionali a queste sfide e quali siano le linee di sviluppo possibili. Infatti, l'Italia, secondo i dati OCSE (2013), segna un ritardo si-gnificativo rispetto alla maggior parte degli altri paesi occidentali. La principale valutazione critica che ne emerge riguarda la mancanza di risorse didattiche digitali a disposizione degli insegnanti; l'assenza di una fonte comune aperta in grado di garantire la loro diffusione secondo principi di qualità; l'assenza di una piattaforma virtuale per lo scambio di contenuti digitali; la mancanza di supporto per la formazione degli insegnanti e dei servizi e la mancanza di sistemi di ricompensa legata alla valutazione delle prestazioni.

Una survey online su scala nazionale
L'innovazione digitale a scuola, lontano dall'essere una mera questione di dotazione tecnologica, si esprime prima di tutto mediante un progetto politico e culturale che sia capace di indicare quale modello di scuola, e quale profilo professionale, sia adeguato a rispondere alle sfide della scuola nel XXI secolo. Ma per costruire un'idea di scuola adeguata ai tempi è necessario conoscere lo stato dell'arte attraverso la ricostruzione di usi, fabbisogni di formazione e pratiche agite nei contesti reali. Informazione che l'anagrafe delle tecnologie presenti nel sistema scolastico italiano, curata dal MIUR, non fornisce perché focalizzata esclusivamente sullo stato di dotazione informatica, senza contemplare quale sia il reale utilizzo di tali dotazioni né, tantomeno, le competenze agite dai docenti nell'utilizzo dei supporti multimediali (Capogna 2014). A questo bisogno di comprensione e innovazione vuole rispondere la ricerca intervento sulle "competenze digitali a scuola", un'indagine condotta in convenzione tra l'Università degli Studi "Link Campus University", l'Università degli Studi di Roma 3 e l'Associazione Nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (ANP). L'obiettivo principale del lavoro è stato quello di intercettare e dare voce alle spinte innovative presenti nella scuola, cogliendone in maniera sistematica e complessiva la reale portata con il triplice intento di:
colmare il vuoto informativo che caratterizza questo versante a scapito di ogni seria decisione strategica in tema di digitalizzazione del sistema scuola;
promuovere uno spazio riconosciuto e riconoscibile di quelle spinte di innovazione sociale che si generano all'interno della scuola;
accompagnare la transizione verso la scuola del terzo millennio sulla base di una riflessione critica sugli usi e sulle ricadute reali che le nuove tecnologie producono sul soggetto e sul sistema, senza dimenticare la rilevanza della dimensione metodologica che deve caratterizzare ogni intervento didattico.
L'indagine si interroga in particolare su come si caratterizza la pratica didattica quotidiana nella relazione con le dotazioni tecnologiche di cui la scuola dispone, sull'impatto che le credenze dei docenti hanno sugli usi delle ICT nelle pratiche didattiche e, infine, sulla rilevazione dei bisogni di formazione e accompagnamento degli insegnanti.
A tale scopo è stata realizzata un'indagine quantitativa di taglio "esplorativo" attraverso una survey online su scala nazionale. La rilevazione è stata condotta nella finestra temporale che va dalla metà di gennaio 2016 alla fine di marzo 2016 ed ha intercettato 1210 docenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Innovare tutto per innovare niente?
 Gli esiti in progress della ricerca registrano una discreta disponibilità dell'infrastruttura tecnologica sia in riferimento alla dotazione scolastica che rispetto a quella personale. Al tempo stesso, si rileva tra i docenti l'autopercezione di una discreta padronanza nell'uso delle risorse e degli strumenti digitali ma, nel momento in cui si indagano gli usi e le pratiche didattiche, questa non appare sufficiente a promuovere un significativo cambiamento nelle metodologie e nelle pratiche didattiche attivate.
Questa breve, non esaustiva e parziale analisi, seppure non rappresentativa dell'intero sistema scuola, ci consente di osservare che gli investimenti in tecnologie promossi negli ultimi anni dalle diverse edizioni del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) non sono ancora riusciti a promuovere le ricadute attese (almeno nella popolazione raggiunta da questa rilevazione esplorativa). L'elemento di maggiore fragilità emerso dalla ricerca si ravvisa nella difficoltà a integrare le tecnologie digitali nella pratica ordinaria ma, soprattutto, nella difficoltà a rinnovare le metodologie didattiche, promuovendo processi di apprendimento capaci di valorizzare la dimensione sociale e creativa degli studenti e un approccio cooperativo tra i docenti. Tuttavia, è possibile anche intercettare flebili spinte di innovazione che si generano all'interno della scuola e che meriterebbero di essere rintracciate, studiate e valorizzate come buone pratiche per rispondere proprio alla necessità di promuovere processi di sviluppo e miglioramento che provengano dal basso, attraverso una adeguata professionalizzazione della figura docente. Infatti, tra i problemi maggiormente rilevati si ricorda l'assenza di adeguate misure di accompagnamento.
Allo stato attuale, la criticità più rilevante sembra essere il vuoto informativo che caratterizza questo versante, impedendo analisi di sistema che siano in grado di informare un adeguato intervento di education policy rispetto alle scelte strategiche da intraprendere in tema di digitalizzazione; vuoto informativo che, come ricordano anche Deiser a Newton (2013), interessa anche le competenze e gli interventi di e-leadership utili e necessari nella promozione di una cultura socio-educativa digitale in una logica di sviluppo organizzativo.
Il vantaggio di un lavoro di ricognizione sistematica (a cui si dovrebbe ambire per esprimere tutte le potenzialità di un lavoro di questo genere) consiste non solo nella possibilità di riconoscere lo stato dell'arte del sistema scuola nazionale ma anche e soprattutto nella possibilità di:
a)    intercettare pratiche virtuose da valorizzare e da diffondere in quella logica di rete molto spesso enfatizzata dalla normativa sull'autonomia scolastica, e mai smentita dagli interventi correttivi successivi;
b)    progettare interventi di accompagnamento a partire da un'analisi dei bisogni e dei problemi reali richiamati da quanti vivono e fanno la scuola tutti i giorni;
c)    indagare credenze, habitus e approcci alla tecnologia che possono consentire di indagare e-lementi del curriculum nascosto che incidono sugli esiti organizzativi e didattici in maniera impalpabile.
I dati finora analizzati mostrano con chiarezza la difficoltà a tradurre l'innovazione tecnologica in pratiche didattiche innovative ed efficaci a causa dell'inadeguatezza di una politica educativa, fon-data ancora sul principio di determinismo tecnologico. Non si possono ignorare i fattori umani, cul-turali e contestuali che caratterizzano l'evoluzione di ogni ambiente tecno-sociale e la necessità di agire interventi di formazione e accompagnamento che mettano le persone nelle condizioni di uti-lizzare in modo corretto e responsabile le tecnologie innovative. Non basta cambiare i curricula e dotare la struttura organizzativa di nuove tecniche e strumenti. Altrettanto importante è il "curriculum nascosto" attraverso cui si struttura tutto l'apprendimento informale che è alla base del contesto/relazione educativa. Per immaginare la scuola del futuro bisogna partire dal continuo coinvolgimento e dalla valorizzazione di chi fa scuola oggi. In caso contrario, il rischio è quello di innovare tutto per innovare niente.
La ricerca dunque vuole rispondere alla possibilità di indagare sulla base di dati concreti i trend dominanti in termini di innovazione versus tradizione; trasmissività versus costruzionismo; visione strumentale versus espressiva; approccio individuale versus approccio sociale con l'intento di fornire al legislatore, ma soprattutto alle scuole e alle strutture di implementazione locali, risorse informative strategiche per governare la transizione della scuola verso le sfide digitali del XXI secolo, richiamate con forza dai documenti europei volti a enfatizzare le minacce delle competenze digitali per l'Europa 2020.
"Non si tratta di utilizzare i contenuti più luccicanti per sedurre le giovani generazioni, ma di accettare la scommessa radicale della formazione contemporanea, che non può limitarsi a valorizzare contenuti vecchi detti con parole nuove" (Morcellini, 2016).

Bibliografia
Stefania Capogna, 2014, Scuola, Università, E-learning. Una lettura sociologica, Armando.
Roland Deiser, Richard Newton, 2013, "Six social-media skills every leader needs", McKinsey Quarterly, February.
Mario Morcellini, 2016, "Interpretare criticamente il cambiamento, per essere cambiamento", in Stefania Capogna, Stefania Nirchi (a cura di), Tra educazione e società nell'era delle ICT. Luci e ombre del processo di innovazione digitale in ambito educativo, Anicia (in corso di stampa).
OCSE, 2013, Review of the Italian Strategy for Digital Schools, OECD.