È dall'invenzione delle parole, dei graffiti rupestri, della scrittura e poi delle tavolette d'argilla, che la produzione, la conservazione e la diffusione della conoscenza fanno uso di tecnologie. È per questo che la discussione "tecnologia sì/tecnologia no" è del tutto priva di senso. Quelli che "sono contrario al computer", stanno semplicemente preferendo una tecnologia a un'altra.
Dalle tecnologie non si può prescindere: per quelli che hanno a che fare con la conoscenza (cioè tutti) si tratta di un fattore determinante che separa il possibile dall'impossibile.
Tutto come sempre, allora? Non proprio: qualcosa di nuovo è accaduto.
Fino a pochi decenni fa, le tecnologie delimitavano un recinto piuttosto ristretto, che si allargava con grande lentezza. Nell'antichità e fino alla diffusione di massa della stampa, per trasmettere i concetti chiave della religione (e della ragion di Stato) era necessario costruire un tempio e riempirlo di statue, mosaici e affreschi. La diffusione di papiri, pergamene e altri codici era limitata a poche élite, mentre gli altri non sapevano leggere. La musica, poi, era solo dal vivo.
È andata molto meglio con la penna, la stampa, la radio, il cinema, il grammofono e, infine, la televisione. Tutte tecnologie che "formatori" del tempo hanno potuto assimilare con la dovuta lentezza, in decenni di pratica, senza salti generazionali troppo evidenti (qualcuno ha mai visto citare nelle cronache dell'epoca il concetto di "nativo radiofonico"?).
All'interno del "recinto del possibile", tecnologie e metodi progredivano insieme senza strappi evidenti, con i formatori che avevano il tempo di inventare, sperimentare e raffinare qualcosa di nuovo (anche radicalmente nuovo, come il metodo Montessori) in un mondo relativamente stabile.
Quando iniziavo ad andare a scuola, la penna i libri e i quaderni erano di uso comune, mentre i "sussidi audiovisivi" cominciavano ad affacciarsi, ma piano piano: un giradischi (per tutta la scuola), un proiettore (nell'apposita sala) e un televisore (nell'ufficio del preside). Niente che richiedesse (o consentisse) una nuova didattica.


Rifiuto e vecchi metodi
Con l'informatica, la telematica e infine i dispositivi mobili è cambiato tutto. Il recinto si è allargato vertiginosamente e in pochissimo tempo, spiazzando tutti. Producendo i due fenomeni che vediamo ogni giorno sotto i nostri occhi:

  •  il rifiuto di usare tecnologie sempre nuove;
  •  il loro impiego con i metodi vecchi.

Il rifiuto
Ricordo un vecchio (allora) e bravissimo professore di elettronica che sosteneva che "la calcolatrice serve solo a fare le addizioni". Per tutto il resto bisognava usare il regolo calcolatore (chi se lo ricorda?). Un atteggiamento del genere è comprensibile, ma non giustificato: chi vuole fare il professionista dell'apprendimento deve essere un buon apprenditore.
Vecchi metodi con nuovi strumenti
Come quando vediamo usare potentissimi strumenti interattivi e multimediali per presentare lunghissime sequenze di slide spacciate per contenuti digitali. Qui il problema è serio, ma l'atteggiamento è più comprensibile, perché per inventare nuovi metodi ci vuole tempo. E ci vuole un'attitudine all'innovazione metodologica continua che i formatori, per la loro storia millenaria, non sono abituati a coltivare.
Oggi abbiamo già territori sterminati da esplorare e altri la tecnologia promette (o minaccia, a seconda dei punti di vista) di aprirne in futuro. Siamo in arretrato e non possiamo nemmeno fermarci a smaltirlo.

In questo numero
Che si fa? Questo numero di Formazione & Cambiamento ha una proposta: portiamoci avanti col lavoro. Cerchiamo di andare oltre il recinto attuale, per immaginare il futuro (almeno il futuro prossimo) delle tecnologie per l'apprendimento.
Abbiamo chiesto a quelli che se ne occupano quotidianamente (ricercatori, consulenti e persone d'azienda) di rispondere brevemente a due domande:

  1. Quale sarà lo sviluppo più significativo (tecnologico, metodologico, organizzativo o una loro combinazione) del Technology Enhanced Learning nei prossimi due anni?
  2. Cosa state facendo concretamente (o intendete fare a breve) per favorire questo sviluppo o integrarlo nel vostro lavoro?

Poi, per arricchire il quadro, abbiamo aggiunto tre contributi sulle competenze digitali nella scuola, sulla pianificazione formativa nella Regione Lazio e sulla transizione dei giovani al lavoro. E, infine, un "controcanto" che sottolinea il pericolo di cercare l'innovazione tecnologica in sé, senza un metodo che la renda efficace. Molti degli articoli hanno a corredo una bibliografia (a volte una "infografia"), con link a siti e documenti che consentono di andare a fondo nelle argomentazioni e nelle visioni.
Da tutto l'insieme emerge che i futuri possibili sono diversi, ma con importanti punti in comune. Uno scenario che aiuterà tutti noi a pensare e, visto che abbiamo due anni di tempo, a prepararci con un po' di anticipo.