Il fallimento dell’esperienza del progetto “Rete per una Formazione di Qualità” (RFQ)
Al recente fallimento del tentativo di riforma della pubblica amministrazione da parte del Ministro Madia (sanzionato dalla sentenza n. 251/2016 della Corte costituzionale e dall’immobilismo politico che ne è derivato) bisogna aggiungere quello settoriale della riforma della funzione “Formazione” nelle pubbliche amministrazioni.
Tra il 2010 e il 2011 – sono ormai trascorsi più di cinque anni – è sembrato che il processo di cambiamento che avrebbe dovuto essere innescato dalla cosiddetta riforma Brunetta potesse essere sostenuto da una azione formativa legata ai processi organizzativi di attuazione della riforma.
L’allora Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA), ora Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), avviò nel 2011 il progetto “Una rete per la formazione di qualità” (RFQ), su impulso e finanziamento del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
L’obiettivo principale che il Progetto RFQ si pose fu quello di far crescere nelle pubbliche amministrazioni la consapevolezza che la formazione è uno strumento di costruzione e crescita delle competenze delle persone che concorrono al raggiungimento degli obiettivi strategici e di performance di una organizzazione pubblica. RFQ puntava a potenziare la capacità degli Uffici Formazione delle amministrazioni nella programmazione, gestione e valutazione degli interventi.
Le linee fondamentali del Progetto RFQ riguardavano: modelli di pianificazione delle attività formative; standard di valutazione ex-ante, in itinere ed ex-post; nuove modalità relazionali tra i professionisti della formazione pubblica (la rete); nuovi percorsi di sviluppo delle competenze dei professionisti della formazione pubblica. Le attività di RFQ erano basate sul consenso e riconoscimento reciproco degli aderenti al Progetto, come anche sulla condivisione, produzione e valorizzazione dei prodotti.
Non era quindi un progetto formativo tradizionale, ma un laboratorio aperto, fortemente orientato ai risultati che favoriva le interazioni formali (interventi formativi d’aula, seminari, incontri periodici, riunioni di coordinamento) e quelle spontanee e informali, anche tramite una piattaforma web interattiva, per aiutare l’insieme dei dirigenti e degli addetti alla formazione delle diverse amministrazioni pubbliche a diventare una comunità di pratica e a sviluppare nuove competenze.
Il principale prodotto di RFQ furono le «Linee guida per la formazione nelle pubbliche amministrazioni» che si posero la finalità di fungere da standard scientifico-metodologico per:

  1. l’esplicitazione dei fabbisogni formativi delle amministrazioni, attraverso un approccio per competenze e per comportamenti osservabili;
  2. lo sviluppo del piano di formazione triennale;
  3. la creazione di un sistema integrato di monitoraggio e valutazione degli effetti delle azioni formative.

Le Linee Guida erano supportate dal serious game «Programmare la formazione», che accompagnava, fase per fase, il responsabile della formazione nel processo di definizione dei fabbisogni e nella predisposizione del piano formativo triennale.
Le attività della comunità di pratica e il lavoro sul campo consentirono di riflettere su nuove ipotesi di assetto della funzione formazione nelle pubbliche amministrazioni. Le attività svolte nell'ambito di RFQ misero a disposizione, infatti, una significativa massa di conoscenze tratte dal vivo delle esperienze degli attori sul campo. Da queste riflessioni e da queste conoscenze nacque la ricerca «La funzione formazione nelle pubbliche amministrazioni», che è ancora possibile scaricare dal sito della SNA al seguente indirizzo: http://sna.gov.it/cosa-offriamo/ricerca-e-progetti/rete-per-la-formazione-di-qualita-rfq/la-funzione-formazione-nelle-pubbliche-amministrazioni/
Il naturale sviluppo della ricerca fu la realizzazione del «Percorso formativo per lo sviluppo delle competenze della funzione formazione nelle pubbliche amministrazioni», articolato in moduli didattici che coprivano ben 13 aree di competenze professionali e comportamentali dei dirigenti e dei funzionari addetti agli uffici per la formazione del personale pubblico.     
Infine, le attività di RFQ furono affiancate da due azioni trasversali di supporto all’apprendimento cooperativo:

  1. la promozione e lo sviluppo di una comunità di pratica professionale;
  2. la realizzazione di una piattaforma di scambio, che integrava diversi ambienti virtuali a supporto delle attività di condivisione, di discussione e di progettazione della comunità.

Alla fine del 2015, dopo quattro anni di lavoro comune, pur potendo vantare una serie di risultati e prodotti che avrebbero potuto costituire un modello operativo di qualità per lo sviluppo della funzione “Formazione”, RFQ chiudeva le attività nell’indifferenza del Dipartimento della Funzione pubblica e dei vertici decisionali delle pubbliche amministrazioni coinvolte nel progetto.
D’altro canto, sul piano della regolazione legislativa, la sostanziale indifferenza del legislatore nei confronti delle necessità formative del personale delle PP.AA. era stata, nel frattempo, formalmente sanzionata, oltre che con il taglio del 50% dei fondi per la formazione, anche con l’abrogazione dell’obbligo di predisporre un piano della formazione che, ove posto adeguatamente in correlazione con il piano dei fabbisogni di personale, avrebbe dovuto guidare le pubbliche amministrazioni nella definizione di razionali politiche del personale. La sua abrogazione ha avuto il triste suono di una campana a morte rispetto alla fiducia nella capacità progettuale delle PP.AA. di programmare e sviluppare le competenze dei propri dipendenti e di valorizzare l’enorme potenziale umano che ancora oggi – in modo quasi incredibile – è possibile rinvenire nelle risorse umane a loro disposizione.
    
La mancata riforma del sistema formativo e le potenzialità delle competenze nascoste nelle pieghe delle nostre amministrazioni
In realtà, negli ultimi anni si sono avvicendati vari tentativi di riforma della pubblica amministrazione che hanno coinvolto, a volte anche con sovrapposizioni di norme incoerenti tra loro, l’assetto del sistema dell’offerta formativa nelle pubbliche amministrazioni: una delega al Governo per il riordino delle scuole pubbliche di formazione (2012); un DPR di attuazione della delega con l’istituzione del sistema unico del reclutamento e della formazione (2013); un decreto legge che ha unificato le scuole nella SNA (2014); una nuova delega al Governo per la riforma della PA, con implicazioni sulla formazione (2015); una bocciatura parziale  della predetta legge delega da parte della Corte costituzionale (2016).
Tutte queste norme puntano a modificare la funzione ‘formazione’ prevalentemente sul lato dell’offerta; il lato della domanda, ovvero quello rappresentato dall’esplicitazione dei bisogni di acquisizione e sviluppo delle competenze da parte delle singole pubbliche amministrazioni, è stato trascurato, tanto da arrivare, come accennato più sopra, ad abrogare la norma che prevedeva l’obbligo di predisposizione di un piano di formazione.
Gli inequivocabili segnali di disattenzione si sono moltiplicati con la soppressione delle strutture adibite alla gestione della formazione in alcuni ministeri e, da ultimo, con la soppressione dell’Ufficio per la formazione del personale pubblico nel Dipartimento della Funzione pubblica. Tutto ciò in controtendenza con quanto sta avvenendo nel settore privato, soprattutto per effetto della diffusione delle nuove tecnologie digitali e al fine di rispondere alle pressioni dei mercati globalizzati.
Se le prospettive legislative di un miglioramento del ruolo delle politiche formative si dovessero commisurare a quanto appena detto, parrebbe davvero difficile, se non impossibile, nutrire solide speranze.
Pur tuttavia, l’esperienza passata ci dice con chiarezza che eventuali innovazioni di tipo legislativo e regolamentare non producono di per sé un cambiamento nelle prassi e nei comportamenti consolidati delle persone e che, anche sul piano formativo, l’attuazione di eventuali riforme richiederebbe, a sua volta, competenze e abilità elevate per governare i nuovi processi organizzativi. È, insomma, sul concreto governo dei processi che si misura la capacità delle amministrazioni pubbliche di innovare e cambiare in modo duraturo ed efficace. Ciò significa che la loro capacità gestionale e l'efficace attuazione di politiche pubbliche – pur se in larga misura condizionate dalla presenza di normative legali e contrattual-collettive (anche il sindacato dunque ha significative responsabilità in materia…) più o meno favorevoli alla crescita del capitale umano – dipende, a ben vedere, in larghissima misura dalla cultura organizzativa e dalla spinta verso l’arricchimento delle competenze individuali che in qualsivoglia modo siano in grado di svilupparsi e diffondersi nel loro interno. Non si spiegherebbero altrimenti, a parità di condizioni regolative, le significative differenze che si riscontrano tra un’amministrazione e l’altra e, all’interno di ciascuna amministrazione, tra i vari dipartimenti, divisioni, uffici, sedi territoriali etc.
In questa prospettiva, forse alcuni spiragli di ottimismo potrebbero rinvenirsi nella recente immissione, negli ultimi anni, di giovani leve dirigenziali che hanno acquisito, nella loro formazione universitaria e post-universitaria – ovvero svolta a seguito di superamento dei concorsi di accesso al ruolo o nell’ambito degli stessi corsi-concorso gestiti dalla SSPA –  competenze manageriali in campo organizzativo, ovviamente inclusive di conoscenze relative all’importanza del ruolo della formazione nella gestione dei processi di riorganizzazione e reingegnerizzazione delle attività amministrative. A loro, dunque, si potrebbe guardare con una certa fiducia, al fine di una riscoperta della centralità dei processi formativi del personale a disposizione delle strutture da essi gestite, pur sempre scontando le rigidità interne che derivano dalla perdurante struttura burocratico-amministrativa delle amministrazioni in cui operano.
In verità, non si tratta di guardare con fiducia ai soli dirigenti di fresca nomina, ma anche alle migliaia di giovani funzionari che – a macchia di leopardo e con tanta discontinuità – sono comunque riusciti ad accedere ai ruoli delle varie amministrazioni dopo lunghi anni di precarietà ed attesa, e che, essendo in larga parte portatori di una formazione di livello universitario, sono comunque stimolati dall’incredibile processo di diffusione delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) in ogni interstizio della loro quotidianità. In tal senso, essi sono comunque consapevoli della necessità di conservare, migliorare, e sviluppare le loro competenze in quanto applicate o applicabili al lavoro svolto a diretto sostegno dei responsabili delle strutture in cui lavorano.
    
Il progetto “Rete degli Agenti del Cambiamento” (RAC) e le sue ambizioni
È proprio pensando a questi soggetti, la cui ampia presenza nelle pubbliche amministrazioni è innegabile e ben conosciuta a chi – come gli autori di questo articolo – ha trascorso numerosi anni della propria vita lavorativa a contatto con i partecipanti dei corsi di formazione manageriale organizzati per tanti anni dalla SSPA, che è maturata l’idea del Progetto “Rete degli agenti del Cambiamento”. Tale progetto, che manifesta una forte continuità logica con il Progetto RFQ di cui si è parlato in apertura, è stato infatti concepito, nel giugno del 2014, da un piccolo gruppo di docenti e ricercatori, gravitanti intorno alla SSPA. L'intento è stato quello di promuovere, tra dirigenti e funzionari pubblici, lo sviluppo di idee e soluzioni innovative per il miglioramento di specifici processi delle amministrazioni, tramite attività guidate di cooperazione in rete. Attraverso un approccio collaborativo e aperto, il Progetto intende promuovere e sviluppare modelli stabili di pianificazione, sviluppo e reingegnerizzazioni di processo, al fine di migliorare le competenze ed aumentare la motivazione del personale, dirigente e non, con effetti positivi sui comportamenti e sulle prestazioni individuali correlate alle esigenze di ammodernamento delle istituzioni.
Alla base del Progetto c’è la fiducia della presenza, nelle nostre amministrazioni, di un grande patrimonio di conoscenze che non aspettano altro se non di essere valorizzate. Su tale base, esso mira, appunto, a stimolarne l’applicazione concreta in progetti di innovazione e modernizzazione dei processi amministrativi, nonché a promuovere la diffusione della loro conoscenza, per fini di condivisione delle migliori pratiche.
Al fine di descrivere in poche parole il Progetto RAC, va detto anzitutto che l’assoluta novità dell’iniziativa e la correlata difficoltà di prevedere l’effettivo grado di partecipazione di dirigenti e funzionari hanno fatto propendere per un riutilizzo del Programma informatico con cui ha funzionato il Progetto RFQ, per contenere al massimo i costi iniziali. Si è dunque ‘riciclato’ quel programma, dando vita ad una piattaforma articolata in tre aree, corrispondenti alle funzioni di documentazione, discussione e progettazione.
In altre parole, le finalità della piattaforma sono, sinteticamente, quelle di facilitare la comunicazione e l’interazione tra i componenti, anche attraverso la circolazione di documentazione di particolare interesse, di facilitare la discussione tra i partecipanti sui problemi che riguardano il mondo delle attività amministrative, in specie quelli di carattere organizzativo, di supportare la condivisione di strumenti metodologici per la progettazione di interventi di innovazione e modernizzazione degli uffici amministrativi e del loro funzionamento, infine, ma non certo da ultimo, di consentire la loro concreta implementazione in ambiente collaborativo.
La registrazione e l’accesso sono stati consentiti, in fase iniziale, solo a dirigenti e funzionari selezionati fra coloro che hanno partecipato a corsi di management organizzati o promossi dalla SNA. Ulteriori dirigenti e funzionari potranno più avanti essere registrati su presentazione di uno degli iscritti. Al di là di questo aspetto, peraltro, l’elemento forse più significativo del progetto è la fondamentale partecipazione, in qualità di ‘capifila’ di dirigenti e funzionari che – nell’ambito dei predetti corsi di formazione – si sono distinti soprattutto per aver concepito e quindi posto in attuazione un concreto progetto di riorganizzazione o reingegnerizzazione della propria amministrazione. A tali capifila è stata assegnata una funzione motrice delle discussioni e della progettazione di interventi, nell’ambito di varie aree tematiche che sono state individuate in via sperimentale dal Comitato di coordinamento scientifico del progetto1. La corretta e proficua interazione tra questi capifila, i componenti del Comitato predetto e le due figure ‘tecniche’  che supportano la piattaforma (il Project Manager e il Content Manager), nonché tra tutti costoro e gli iscritti alla piattaforma, rappresentano al tempo stesso il problema di maggiore complessità del Progetto, ma anche la più interessante modalità gestionale del medesimo, perché in tale interazione si riassume la sostanza più pregnante dell’originale attività formativa a distanza che costituisce il cuore del Progetto RAC.
Al momento è ancora presto per trarre le prime analisi, anche di tipo statistico, sul suo andamento. Complicazioni burocratiche, tecniche, finanche di tipo personale (l’uscita di alcuni componenti per motivi di lavoro derivanti da nuovi incarichi) hanno fortemente rallentato non soltanto la partenza, ma anche le prime fasi di attività. È stato peraltro entusiasmante constatare come, dopo l’invio di due e-mail ai dirigenti e funzionari potenzialmente interessati al Progetto, alla piattaforma abbiano aderito circa 200 persone, dando così prova inconfutabile della fondatezza dell’intuizione originaria.
Sarà ancora più soddisfacente se, alla fine del periodo di sperimentazione del Progetto (la cui durata è al momento prevista fino al 31 dicembre 2017) si potrà riscontrare l’effettiva utilizzazione della piattaforma da parte di un numero rilevante di dirigenti e funzionari, non soltanto per la consultazione di documenti e per la partecipazione a discussioni di carattere generale, ma soprattutto per la discussione e l’implementazione di concreti progetti di innovazione e modernizzazione delle proprie amministrazioni.
È la prima volta, forse, che in Italia si dà vita ad un progetto formativo di questo tipo; ma sarebbe soprattutto particolarmente emblematico se si raggiungessero gli obiettivi interessanti sopra descritti con un investimento relativamente piccolo di risorse umane e finanziarie.

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1 Aree tematiche: Organizzazione e redistribuzione del personale; Tempi di lavoro; Formazione; Benessere organizzativo; Merito e motivazione; Reingegnerizzazione e/o riorganizzazione; Soddisfazione utenza (front-office); Controllo di gestione; Trasparenza e anticorruzione; Comunicazione; Costi di funzionamento.
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