Premessa alla lettura (o coscienza editoriale): parlando di facilitazione grafica mi sento intellettualmente obbligata ad esprimermi, anche attraverso le immagini, quindi auguro una buona lettura e una buona visione.

Gli elementi della facilitazione grafica

Ti faccio un disegnino?”
Quante volte ci è capitato di sentire questa frase o, con una punta di arrogante ironia, pronunciarla noi stessi per prendersi bonariamente gioco di qualcuno che non sta capendo del tutto un discorso?
Quante volte ci siamo divertiti giocando a Pictionary, sforzandoci di andare oltre le parole per entrare nel linguaggio dell’immagine e della metafora?
Quante volte ci siamo soffermati sui disegni delle favole, incantanti come se le parole vibrassero dalle linee e dai colori?
Il linguaggio per immagini, da tempi ben più antichi (si pensi al linguaggio mitologico), facilita la rappresentazione di un’idea e l’apprendimento di un concetto. Il potere simbolico dell’immagine consente di esprimersi attraverso un linguaggio universale, non semplicemente perché in grado di rivolgersi a “tutti”, ma anche e soprattutto perché capace di fissare in un’unica rappresentazione molteplici emozioni, percezioni, e opinioni. L’immagine, inoltre, è legittimata a spingersi oltre i limiti della razionalità, e ha un potere creativo attraverso il quale genera nuove connessioni e metafore ricche di significato: in quanto manifestazione del pensiero, si muove su più dimensioni e attraversa gli spazi del possibile.

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Per praticare la facilitazione grafica non serve nessun dono geniale calato dal cielo, sicuramente alcune capacità e doti innate possono aiutare, ma non è la bellezza del tratto il cuore del lavoro di facilitazione, quanto porsi nella giusta posizione di ascolto per poter ricevere e rappresentare ciò che emerge, e divertirsi con parole, immagini e colori, per stimolare la creatività e “uscire dagli schemi” pur restando ancorati allo schema/tema della conversazione.
Ben lontana dal voler proporre una teoria della facilitazione grafica, ritengo tuttavia interessante identificare le fasi principali in cui, secondo la mia opinione, si sviluppa, e gli elementi che la contraddistinguono.

Apertura (di chi realizza la facilitazione grafica)

Il passaggio attraverso la soggettività di chi scrive e disegna comporta una percentuale inevitabile di interpretazione personale, legata a molteplici fattori tra i quali ciò che si riceve di quello che viene detto, le parole che si sceglie di usare per descriverlo, o l’immagine con cui si decide di rappresentarlo (in caso contrario si tratterebbe di graphic recording). Questo necessario attraversamento richiede dunque di porsi in una condizione di apertura e sospensione del giudizio, tale da poter diventare, di fatto, un contenitore ricettivo e attivo al tempo stesso.

Ascolto

La condizione appena descritta conduce direttamente alla capacità di ascolto profondo sia dell’esplicito, ciò che viene detto, sia dell’implicito, il clima che si viene a creare. Una buona capacità di ascolto “aperto” permette una più ampia espressione della creatività garantendo un prodotto unico perché influenzato dall’ambiente nel suo complesso. È plausibile pensare, ad esempio, che una conversazione allegra e leggera possa condurre alla scelta di utilizzare colori chiari e associati a sentimenti positivi, viceversa, un clima più pesante o addirittura teso, può portare a scegliere colori dalle tonalità più scure.

Sintesi

Porsi in uno stato di apertura e ascolto, per quanto bello e arricchente, richiede necessariamente la capacità di sintetizzare quanto emerge dalla conversazione. Una sintesi chiara e fedele ha bisogno dunque di una scopa a portata di mano con cui prontamente spazzare via tutte quelle informazioni “border line” che invece di portare valore alla rappresentazione, rischiano di disorientare e condurre fuori tema. È importante tenere bene a mente che se viene meno la coerenza e l’organicità, la facilitazione grafica più che facilitare rischia di confondere e non lasciare nulla se non un pallido “che carino, che bello”.

Interpretazione e rappresentazione

Nodo dolente della facilitazione grafica, l’interpretazione e la rappresentazione richiedono un “uscire fuori da sé, pur rimanendo se stessi”, obbligano ad utilizzare un linguaggio universale e simbolico che, attraverso un’interpretazione e una sintesi soggettive, riesca a trovare una sorta di accordo con cui collegare le differenti percezioni, opinioni, interpretazioni del medesimo concetto. Quando si realizza una facilitazione grafica, infatti, bisogna sempre ricordarsi che si sta creando qualcosa che resterà nel tempo, un’eredità collettiva che deve poter essere comprensibile da tutti.

Connessioni

La capacità di creare legami tra idee, sia rappresentando le connessioni dichiarate, sia esplicitando quelle non verbalizzate, garantisce omogeneità, coerenza, chiarezza, senza però ridurre e perdere la rappresentazione della complessità della questione affrontata. Le connessioni consentono inoltre una lettura circolare e dinamica, che cattura l’attenzione dell’osservatore, e sono necessarie alla narrazione stessa perché creando legami tra concetti producono una vera e propria storia che, attraverso la facilitazione grafica, viene catturata e raccontata.

Immagini e simboli

L’abilità grafica è percepita come il principale ostacolo ad ogni forma di visualizzazione e facilitazione grafica, quando non è del tutto vero. È chiaro che un bel tratto risulti piacevole alla vista, ma non sono da sottovalutare la chiarezza di un tratto liscio e pulito, una calligrafia curata e precisa, o un efficace uso dei colori. Al di là di doti artistiche innate, sono tutte abilità che si possono facilmente esercitare proprio come da bambini!

Pensare l’assurdo

In virtù del suo potere simbolico e creativo l’immagine può generare, di fatto, ciò che più compiace il disegnatore. Nella facilitazione grafica osare un po’ può aiutare a catturare al meglio alcune idee o concetti più sfuggenti, come ad esempio le emozioni. Quel pizzico di follia, inoltre, è il tratto distintivo, l’autografo, di chi realizza la facilitazione grafica, è, in un certo senso, parte del compromesso che fa con la sua soggettività, prezzo da pagare per esercitare la capacità di interpretazione e rappresentazione.

Post it

Mai uscire senza, multitasking sì, ma prendere qualche appunto aiuta!

Per tener fede a quella coscienza editoriale già citata, ho deciso di realizzare la facilitazione grafica di quanto ho scritto nell’articolo:

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Esperienze di facilitazione grafica in contesto destrutturato

La Philosophy’s Cool® - e, in particolare, gli Aperitivi filosofici in giardino 2017 - di Spazi dell’Anima, hanno rappresentato un’occasione unica per sperimentare la facilitazione grafica. La modalità d’incontro proposta, di tipo dialogico e conviviale, è finalizzata a esplorare, in modo libero da schemi precostituiti e dalle convenzioni del dibattito, una questione rilevante per la nostra vita.
Tali contesti di apprendimento, che potremmo definire destrutturati (o strutturati al minimo), non solo vengono arricchiti dalla facilitazione grafica, ma, in un certo senso, la necessitano. La narrazione istantanea di quanto sta accadendo in primo luogo permette di seguire il flusso della discussione, anche da parte di chi non partecipa attivamente alla conversazione, in secondo luogo conferisce omogeneità e senso, diventando testimonianza vivente di quanto è accaduto durante l’incontro, lasciando qualcosa in più a chi ha partecipato (banalmente, quasi tutti hanno voluto fotografare le rappresentazioni).
La libertà dialogica che caratterizza questo tipo di eventi, inoltre, facilita la facilitazione stessa perché permette un’espressione creativa libera e aperta.

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