Nuovi scenari richiedono nuovi modelli
Il panico tra i progettisti di formazione cominciò a diffondersi quando, a partire dal 1998, qualcuno cominciò a scrivere che: “l’apprendimento non si può progettare, l’apprendimento avviene1. Poco importa che si ci riferisse al caso abbastanza specifico dell’apprendimento nelle comunità di pratica, per definizione non progettabili. L’imbarazzo fu palpabile. Ma l’attacco arrivò anche da un altro fronte. Il diffondersi dell’e-learning e delle piattaforme mise in crisi la progettazione tradizionale, curricolare: progettare formazione diventò allestire ambienti di apprendimento, con ampi gradi di possibilità , per gli “studenti”, di decidere da quali materiali partire ed in che sequenza, assistiti da servizi di scaffolding2.
Il professional self di un’intera generazione di progettisti andò in crisi. Ma prassi e modelli di riferimento rimasero grossomodo gli stessi. Cosa che oggi non possiamo più permetterci. Siamo “dentro” un salto di paradigma: la rivoluzione dell’apprendimento, il superamento del concetto stesso di e-learning basato sull’obsoleta triade LMS, corsi, servizi. La crisi della formazione “tradizionale” (compreso l’e-learning) non è più questione accademica come a fine anni ‘90, ma uno dei molteplici aspetti della trasformazione digitale.
Cosa sta cambiando? Anzi, cos’è già cambiato? E perché occorre reinventare la progettazione formativa?
Questione di trend. Cinque di questi, tra gli altri, riescono a farci comprendere immediatamente cosa vuol dire progettare oggi (e domani) la formazione:

  • Se l’attention span, cioè il tempo che intercorre prima di cominciare a perdere l’attenzione su un contenuto, tende a contrarsi drasticamente – qualcuno dice che abbiamo l’attention span di un pesce rosso3 – vuol dire che dobbiamo saper progettare esperienze “a dimensione di morso”, bite-sized learning, che il nostro utente può completare in meno di 4 minuti, distinguendo severamente il need-to-know dal nice-to-know.
  • Se l’esperienza di vita di tutti noi significa sempre passare attraverso tre realtà (fisica, virtuale, aumentata), allora dobbiamo saper progettare Mixed Reality Learning, cioè esperienze di apprendimento che combinino (extreme blended learning!) VR e AR, 2D e 3D, tour fisici e tour virtuali, simulazioni immersive attraverso visori (head mounted display) ed altre “periferiche” di interfaccia con gli ambienti virtuali (Oculus Rift, Oculus Touch).
  • Se la “gamification” diventa una parte sempre più importante della nostra vita, ed ha così straordinari effetti di miglioramento dell’engagement di consumatori, lavoratori e learner, allora occorre saper progettare non più “corsi”, ma esperienze di gioco. Prendere gli elementi profondi di un’esperienza di gioco e trasferirli nel processo di apprendimento senza per forza creare un vero e proprio learning game, attraverso l’applicazione delle principali meccaniche che sono cinque: punteggi, livelli, sfide, badge e leaderboard.
  • Se i video “passivi” sono ormai superati dai video branched, in cui l’utente sceglie il corso d’azione e quindi il “finale”, occorre sapere progettare esperienze video interattive, conoscere tecniche e tool di branching, concatenare Challenge, Choices e Consequences. E magari imparare direttamente ad usare qualche tool di produzione, sempre più despecializzati.
  • L’aula diventa digitale ed offre un’esperienza digitale più ingaggiante di uno stesso LMS (ci vuole poco, con gli LMS tradizionali…), attraverso l’utilizzo di teaching app che rivoluzionano la comunicazione “in presenza” tra trainer e studenti mediata dai dispositivi mobili, o attraverso i beacon, piccoli trasmettitori radio che comunicano al nostro tablet dati, informazioni e conoscenze su un oggetto cui ci siamo avvicinati (proximity learning)4. Occorre allora tenere conto di queste opportunità nei nostri progetti, anche di formazione in presenza, e allestire aule “aumentate”.

Mi fermo qui, tralasciando altri fenomeni essenziali, come l’adaptive learning, la progettazione di percorsi automaticamente adattivi con piattaforme specializzate, o l’uso degli smart agents – e quindi della AI nella formazione5. Questi sono emerging trend, i cinque precedenti sono established trend. Ovvero: ci siamo già dentro fino al collo.
Non si tratta di essere ciò che un progettista di formazione non è, cioè un esperto di tecnologie e di produzioni digitali. Ma si tratta certamente di saper progettare una gamma di esperienze formative drasticamente ampliata dalla trasformazione digitale, e conoscere in modo non specialistico le tecnologie abilitanti, per sfruttarne le potenzialità, per una progettazione innovativa ma sostenibile.
In sintesi: il modo in cui apprendiamo (e lavoriamo) non è al passo con il modo in cui viviamo, interagiamo, consumiamo. Il progettista di apprendimento deve colmare questo gap. Il passaggio fondamentale è da instructional designer a behavioral designer. Progettiamo esperienze e quindi comportamenti, e metà della trasformazione sarà compiuta. E per l’altra metà? Conosciamo di più le nuove tecnologie e le opportunità che offrono. Una conoscenza funzionale, non specialistica. Per essere e-leader dell’apprendimento.

Arcadia Augmented Learning
Nuovi modelli di apprendimento e di competenze per l’instructional design richiedono nuovi metodi di progettazione. AAL – Arcadia Augmented Learning ha questa funzione: un metodo di alto livello, per progettare soluzioni innovative, insieme ai clienti. Come nasce?
Il processo di sviluppo di AAL inizia 4 anni fa, fino ad essere brevettato e diventare marchio registrato europeo quest’anno. A partire da una riflessione aziendale: è in atto una rivoluzione nell’apprendimento, che richiede una nuova specie di «azienda di formazione» per offrire esperienze di apprendimento più efficaci perché allineate con i bisogni dei modern learner (impazienti, distratti e sovraccarichi) ed un modello di progettazione che aumenti il livello di engagement utilizzando la migliore combinazione di metodologie e tecnologie innovative e per lo più ancora sotto utilizzate.
Quattro anno fa iniziò un processo che ha portato alla configurazione di un framework, cioè di una architettura logica di supporto alla progettazione di esperienze di apprendimento innovative e «aumentate».
“Aumentato” non tanto e non solo nel senso di applicazione della AR ai processi di apprendimento, ma in senso assai più ampio e strategico. Pensiamoci bene: dopo 150 anni di FAD6 e 15 anni di E-learning (2000-2015, grosso modo), siamo all’anno ZERO di una nuova e più complessa forma di apprendimento che chiamo Apprendimento Aumentato, in cui le nuove metodologie e tecnologie a disposizione producono learning engagement, cioè un alto grado di coinvolgimento razionale ed emotivo dei modern learner, ed in particolare divertimento, piacere di apprendere, dopamina, il «flow», lo stato mentale di totale coinvolgimento, l’esperienza di apprendimento ottimale. L’obiettivo di AAL è produrre l’esperienza di apprendimento ottimale7.
La seguente figura, basata su una lettura trasversale delle principali ricerche sugli effetti delle nuove tecnologie per la formazione, sintetizza e quantifica i vantaggi attesi:



Il processo alla base di AAL può essere rappresentato da una sorta di schema a blocchi che parte dalla domanda e la correla alle soluzioni metodologiche e tecnologiche di riferimento per il modern designer:
Primo blocco. Si parte da una “domanda sulla Domanda”: cosa vogliono in sintesi i modern learner? Un apprendimento con 5 attributi:

  1. On demand, quando ne ho bisogno.
  2. Veloce e flessibile, microlearning.
  3. Interattivo e di una interattività significativa, non meccanica basata su operazioni di click e drag and drop ma essere il protagonista di una storia cui partecipare attivamente prendendo delle decisioni nell’ambito di simulazione realistiche se non addirittura iperreali (più reali del reale).
  4. “Ripetitivo”, circolare, operativo , basato sugli errori-feedback-ripetizione-feedback e graduale approssimazione alla mastery8.
  5. Divertente, cooperativo e competitivo insieme.

Secondo blocco. Quali metodologie devono essere valutare dal progettista di apprendimento aumentato, in funzione del  contesto in cui si trova e degli obiettivi di apprendimento che deve raggiungere?

  1. Le metodologie di apprendimento rovesciato, flipped: know-what a distanza, know-how in presenza.
  2. Le metodologie di apprendimento adattivo e personalizzato: il percorso varia continuamente in base al comportamento dell’utente nel processo di apprendimento, e “segue” dovunque il learner (mobile learning)
  3. Le metodologie microlearning: progettare “piccoli morsi”.
  4. Le metodologie immersive, dentro simulazioni realistiche.
  5. Gamification ed in generale game-inspired learning.

Terzo blocco. Quali tecnologie abilitano al meglio le metodologie indicate?

  1. La realtà aumentata e le piattaforme alla portata di tutti, per produrre esperienze aumentate (Layar e Zappar tra tutte).
  2. La realtà virtuale in combinazione con Head Mounted Display9 che riutilizzano il nostro smatphone (come Samsung Gear o gli economicissimi Cardboard), o ALL In ONE come Oculus Rift.
  3. I beacons  che ci inviano contenuti collegati a dove ci troviamo, a che cosa siamo vicini, proximity learning10.  La definitiva “riunione” degli oggetti e dell’informazione sugli oggetti.
  4. 3D Mapping (o Project Mapping), proiettori che trasformano un oggetto neutro in quello che vogliamo: un cervello, un prodotto, un apparato muscolo-scheletrico.
  5. Gamification, badging, piattaforme e contenuti adattivi, sistemi autore per produrre simulazioni 2d e 3d come ITY STUDIO, Branchtrack, etc.
  6. Intelligenza artificiale, machine learning applicata a tutor virtuali dell’apprendimento, applicazioni ai processi di apprendimento degli smart agent.
  7. Video non più passivi ma interattivi il cui corso d’azione è determinato dall’utente, etextbook, libri digitali interattivi, ispirati… alla Gazzetta del Profeta di Henry Potter!
  8. Le meravigliose APP a disposizione dei docenti che rendere indimenticabili le loro lezioni: Kahoot, Quizlet, ecc.

L'insieme di questi blocchi costituisce appunto il framework AAL, come rappresentato nell'immagine.

 

Co-progettazione
AAL non è tuttavia un solo un framework ma anche uno strumento di Partecipatory Design. Come sappiamo, è in fase di forte trasformazione anche il processo formativo, sotto l’influenza della filosofia Agile. Le nuove pratiche sono raggruppate sotto l’acronimo ALD, Agile Learning Design11. ALD prevede che anche il processo di progettazione, ed in particolare di progettazione e sviluppo di digital learning objects non debba essere più concepito a cascata ma come un processo iterativo, basato sul fast prototyping, su fasi di lavoro velocissime (sprint) e sulla progressione incrementale del “prodotto” (SAM, Successive Approximation Model). Soprattutto, l’approccio Agile è naturalmente collaborativo e richiede il coinvolgimento degli stakeholder ed in particolare degli utenti del “prodotto”.
Qui entra in gioco AAL come strumento di Partecipatory Design di alto livello, cioè nella macroprogettazione di soluzioni innovative. All’interno di una riunione molto simile al Project Vision Meeting previsto dalla metodologia Agile più diffusa, lo Scrum12 funziona così,:

  1. Prima fase: il cliente presenta il suo learning case: background, obiettivi, tempi, budget.
  2. Seconda fase: Arcadia presenta il framework AAL e le sue principali componenti metodologiche e tecnologiche, ed illustra quello che segue, un vero e proprio Learning Design Game.
  3. Con l‘ausilio di un tabellone e di una serie di card (in futuro sarà usato un tool digitale in via di sviluppo), insieme Arcadia e Committenti ragionano sul mix di metodologie e tecnologie utilizzabili, sposando “fisicamente” (nel tool digitale con una interazione drag and drop) le diverse componenti metodologiche e tecnologiche sul tabellone di gioco, che rappresenta graficamente l’esperienza formativa.
  4. Le diverse componenti vengono discusse in termini di costi-benefici ed innovation rate.
  5. Infine viene condiviso il learning mix, cioè la combinazione ottimale di metodologie e tecnologie, e formulata una comune Project Vision.

La successiva figura, con la quale si conclude questo contributo, rappresenta al centro il tabellone e ai lati le principali metodologie/tecnologie “in gioco”.


L'evoluzione del ruolo del progettista
L’evoluzione del ruolo di progettista di formazione è esso stesso uno dei learning trend 2018. Troppi sono i fattori (che in questo articolo abbiamo cercato di esaminare, ed in modo non esaustivo) che influenzano il suo lavoro, perché questo cambiamento non avvenga, e velocemente. Riepiloghiamoli (ma è più di un riepilogo, in verità):

  • Sperimentare nuove metodologie e tecnologie, con padronanza delle competenze digitali minime oggi indispensabili per progettare formazione sia in aula che on line.
  • Integrare apprendimento e lavoro, concepirsi come un behavioral designer, perché learning is about performance.
  • Diventare un esperto di User Experience (UX) applicata all’apprendimento. Con un approccio user-centrico e olistico, che sappia progettare in funzione della learnability13 delle proprie soluzioni.
  • Essere – anche se “staffato” da esperti di contenuto - un eccellente content curator, capace di filtrare, selezionare e organizzare i contenuti in microlearning object, significativi ma compatibili con l’attuale capacità media di concentrazione, tempo a disposizione e livello di engagement del “moderno studente”.


Note

1 La prima pietra fu gettata da Etienne Wenger nel 1998 con il suo ,“seminale”, Communities of practice: learning, meaning, and identity, edito da Cambridge University Press e seguito da altri testi che rincararono la dose, almeno fino al 2006 (vedi bibliografia).
2 “Scaffolding”, letteralmente “impalcatura”, è la strategia di supporto all’apprendimento offerto da una persona più esperta ad un'altra persona meno esperta.
3 L’idea che abbiamo l’attention span di un pesce rosso è divertente ed ha avuto ampia risonanza: http://time.com/3858309/attention-spans-goldfish/.
4 Tante sono le rassegne delle migliori Teaching APP, ad esempio: https://www.digitaltrends.com/mobile/best-apps-for-teachers-education/. Sulle applicazioni dei Beacon all’apprendimento, si veda: https://elearningindustry.com/beacon-technology-on-campuses-7-reasons-to-use.
5 Non molte sono le piattaforme tecnologiche per l’adaptive learning. Di certo non possiamo non prendere a riferimento Smart Sparrow: https://www.smartsparrow.com/platform/.
6 La FAD (Formazione A Distanza) è nata nel 19° secolo con l’affermarsi e lo sviluppo dei servizi di trasporto e postali che consentirono la formazione per corrispondenza. Si parla in questo caso di prima generazione di FAD. Si passò alla seconda generazione con l’uso per l’istruzione dei mezzi di comunicazione di massa (radio e televisione) e poi con il Personal Computing, la multimedialità e l’uso di supporti mobili come videocassette, floppy disk, CD Rom. Infine la terza generazione (che è circoscrivibile al periodo 2000-2015, ed è superata o in fase di superamento) è caratterizzata dall’uso di Internet-Intranet per la distribuzione dei contenuti multimediali, dalla diffusione dei Learning Management System e da esperienze utente più interattive.
7 Il concetto di Flow, oggi molto popolare tra i progettisti di giochi e learning game, si deve allo psicologo ungherese naturalizzato americano dal nome impronunciabile, Mihaly Czikszentmihalyi. Tra i tanti contributi on line, consiglio questo TED Talk: https://www.ted.com/talks/mihaly_csikszentmihalyi_on_flow?language=it.
8 Per Mastery si intende la “padronanza” di una conoscenza o capacità, che si acquisisce progressivamente, attraverso un processo.
9 Gli HMD – Head Mouted Display sono è un dispositivo che contiene uno schermo da indossare (letteralmente “schermo montato in testa”), che consente all’utente di immergersi – immersive learning – in una esperienza di Realtà Virtuale.
10 Proximity Learning, chiamato talvolta Localized Learning, è termine ancora poco usato con il quale si intende l’esperienza di acquisizione delle conoscenze su un oggetto quando l’utente gli si avvicina, attraverso tecnologie come i Beacon o la Realtà Aumentata, che trasmettono queste conoscenze sul dispositivo mobile dell’utente.
11 Per una veloce rassegna dell’instructional design “agile”, è utile https://elearningindustry.com/the-power-of-agile-instructional-design-approach.
12 Scrum non è un acronimo ma una situazione di mischia “ordinata” dall’arbitro nel rugby per far ripartire il gioco. E’ il nome dato al più noto metodo di gestione agile dei progetti, metafora di agilità, iterazioni, coordinamento e flessibilità.
13 Learnability è quella combinazione di indicatori che misurano se un sw, e tra questi un learning object, è facile e “naturale” da usare ed in grado di raggiungere il suo obiettivo (di apprendimento in questo caso) minimizzando le difficoltà per l’utente. Ma è un concetto che va esteso a qualunque progetto formativo, anche in presenza.


Bibliografia

C. Aldrich, Simulations and the Future of Learning, Pfeiffer (Wiley Group), NY, 2004
E. Alpaydin, Machine Learning: The New AI, The MIT Press Essential Knowledge series, Cambridge (USA), 2016
K. Kapp, L. Blair, R. Mesch, The Gamification of Learning and Instruction Fieldbook: Ideas into Practice, ASTD-WILEY, Hoboken (USA), 2013
J. Lave, E. Wenger, L’apprendimento situato. Dall'osservazione alla partecipazione attiva nei contesti sociali, Erickson, Milano, 2006
J. McTighe,‎ G. Curtis, Leading Modern Learning: A Blueprint for Vision-Driven Schools, Solution Tree, Bloomington (USA), 2015
K. Olbrish Pagano, Immersive Learning: designing for Authentic Practice, ATD Press, Alexandria (USA), 2013
https://elearningindustry.com/chatbots-in-education-applications-chatbot-technologies
https://elearningindustry.com/branching-scenarios-need-know
http://immersivevreducation.com/