“Prof, ma davvero useremo anche i cellulari a scuola?”

“Una presentazione on line? Prof, ma io non so neanche come si accende il computer!”

“Ah, ma che ci vuole! Io faccio le storie su Instagram tutti i giorni”.

“Prof, io so creare dei mondi virtuali su Minecraft, quindi giàso fare tutto, non mi serve sapere usare Word o Google Drive”.

Conversazioni del genere, penso, siano comunissime in classe: a chiunque frequenti le aule scolastiche o semplicemente frequenti degli adolescenti saràcapitato di ascoltare queste frasi e di essersi fatta rapidamente un’idea.

Ma anche più di una.

In primis, che i “nativi digitali” e il mito dei ragazzi che naturaliter sappiano utilizzare la tecnologia è e resterà un mito. Digitale, ma pur sempre un mito (magari con tante dita).

In secundis, che l’uso frequente dei dispositivi digitali venga scambiato dagli adulti per competenza.

In tertiis, che i ragazzi stessi si credano dei programmatori incompresi, degni della Silicon Valley, visto che riescono ad aggiornare anche tre profili social mentre combattono su Fortnite.

È indubbio che i ragazzi vivano nella tecnologia e che questa abbia permeato la loro vita quotidiana in maniera marcata. Fin da piccoli, frequentano cellulari, tablet, computer, smart tv che spesso hanno a disposizione a casa. Ma che ne sappiano fare un uso costruttivo, è tutta un’altra storia.

Raccontiamola.

La storia di una piccola comunità on line

Ho iniziato ad avere un blog nel 2006, quando di blog didattici non ce ne erano poi tantissimi.

All’epoca, la scuola del mio paese, San Vito Romano, 3.000 abitanti seminati nel verde della provincia di Roma, non brillava di certo per tecnologia. Ci si arrabattava con vecchi pc dismessi dalle aziende, proiettori e, solo se baciati dalla fortuna, una LIM in classe. Ma il tutto senza connessione. Avere una chiavetta USB che agganciasse la rete significava avere il mondo in pugno.

Ho sempre creduto che la scuola fosse il tramite privilegiato tra l’universo dei ragazzi e il mondo esterno, che gli insegnanti avessero il dovere categorico e inderogabile di fornire gli strumenti per leggere quello che accade “lì e ora”, che i saperi disciplinari dovessero essere asserviti alle esigenze di comprensione dell’attualitàpiuttosto che al riempimento della burocrazia scolastica. E fare tutto questo usando solamente i libri di testo cartacei rendeva ogni sforzo encomiabile, ma monco in qualche parte.

C’era bisogno di spaziare, di includere nella didattica anche le canzoni degli idoli giovanili, i trailer dei film appena usciti, i documentari trasmessi in tv. Avere uno spazio web dove poter raccogliere questi materiali, unrepository che i ragazzi potessero consultare il pomeriggio connessi da casa era diventato per me un bisogno fondamentale.

Nacque quindi Arringo, un blog pensato proprio per essere una comunitàdi scambio e dialogo: Arringo è il nome della via circolare che, a mo’ di raccordo anulare romano, circonda la parte antica del mio paese; è la via dove, anticamente, avvenivano il mercato, gli scambi commerciali, le sedute dell’arengo, le decisioni per il bene della comunità. Nel nome Arringo riassunsi la mia idea di blog. Non una voce unidirezionale, ma una piazza di discussione (insomma, uno spazio web chiassoso come lo spazio reale della classe!).

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Le ricadute didattiche non si fecero attendere.

“Prof, ho visto quel video che ha messo! Interessante!”.

“Forte quella canzone!”.

“No, è più forte quest’altra! Senti questa, prof, metti questa…”.

Lo spazio aula si era allargato, come anche il tempo di co-struzione del sapere. Il blog mi/ci permetteva di ampliare l’aula e le ore di arricchimento, per giunta con materiali interessanti.

Mica male.

Da qui, i due passi successivi sono scaturiti facilmente.

Il primo: rendere gli alunni co-autori. Non volevo essere l’unica a parlare, volevo che ci fossero “le tante voci del mercato” e volevo che i ragazzi imparassero ad amministrare un blog (nel frattempo, da altervista avevo trasmigrato su blogger, con zero banner pubblicitari e una bacheca di amministrazione più chiara e semplice). Li resi co-amministratori, con l’unica accortezza di non cliccare su “Elimina blog”.

Il secondo: usare il blog per motivare alla scrittura. Vedere un proprio testo in rete, poterlo linkare sulle chat del vecchio Messenger ai parenti di cittàe riceverne gli apprezzamenti fu un’ottima leva motivazionale, un modo per far nascere quella sana competizione a far meglio che in aula non dovrebbe mai mancare.

E così, con lo scotto di aver perso qualche articolo e widget, vidi pubblicare articoli che mai avrei immaginato, nati dalle tante discussioni impreviste iniziate a scuola, quelle discussioni che agli alunni sembrano il miglior modo di “perdere la lezione”, ma che io vedo come oro, come la vera scuola peripatetica. Tra gli articoli più vecchi del blog, per chi vorràcercarli e leggere, ci sono articoli sull’aborto, sul caso di Eluana Englaro, sulla violenza sulle donne, accanto a lettere a Ciro Menotti, diari di Napoleone, recensioni di un libro letto e racconti di esperienze didattiche. Articoli pensati, organizzati e pubblicati da 12enni. 12enni che si sono lasciati interpellare da quanto studiavano a scuola e lo hanno agganciato a quello che sentivano al telegiornale o vedevano in rete. 12enni che non hanno avuto remore nel toccare argomenti che noi adulti spesso abbiamo paura anche solo di accennare.

Va da sé che Arringo assunse di anno in anno un volto diverso, simile alla classe con cui si confrontava: ora aveva un taglio più didattico, ora più giornalistico, ora più scanzonato, ora più aggiornato, ora più impolverato. Ma Arringo era ormai diventato familiare a tutti, quasi l’alunno in più della classe.

Nel tempo, anche io ne intravidi potenzialitàdidattiche nuove. Cominciai a vedere nel blog sia un diario di narrazione didattica, sia un luogo dove mettere a disposizione materiali di supporto e semplificati per gli alunni che ne avevano bisogno. Penso che la scuola italiana abbia un notevole bisogno di narrare quanto viene agito in classe: e non solo per confutare quanti screditano il lavoro del docente, ma soprattutto per costruire una rete di condivisione di buone pratiche che permetta ad ogni singolo snodo di migliorarsi, sebbene neanche ci si conosca.

Così cominciarono i miei post di spiegazione didattica, di lezione passo passo, che avevano l’enorme vantaggio di essere utili anche ai ragazzi assenti o ai ragazzi distratti dalle farfalle fuori dalla finestra. Erano post sui quali chiunque poteva tornare e ritornare. Verygood, pensai. Con lo stesso spirito, trasmigrando su wordpress, costruii pagine tematiche per dare ordine ai materiali, ideando anche pagine con materiali compensativi facilmente reperibili, alcuni creati da me a misura dei singoli alunni: mappe, sintesi visive non finivano più cancellate alla lavagna e irreperibili, ma potevano finalmente trovare una loro collocazione stabile in un posto preciso ed essere consultate e ripescate al bisogno.

Il blog mi permetteva di socializzare lezioni e materiali, di prolungare ed organizzare l’attivitàdi insegnamento.

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Nel frattempo i ragazzi cambiavano e, con un’impennata di velocità, cambiavano anche le modalitàe i tempi di approcciarsi alla tecnologia. Il blog mi sembrava non bastare.

Era necessario altro, che mi permettesse di far sperimentare le potenzialitàdel gruppo e della rete agli alunni, e allo stesso tempo potenziasse le abilitàdi scrittura.

Aprii un wiki e lo integrai al blog. Nacque arringowiki, anche questo gestito dai ragazzi, e l’idea di un giallo da progettare in classe e scrivere il pomeriggio da casa. Non colsero da subito le potenzialitàdi uno strumento di collaborazione come quello: si vedevano a casa di uno per scrivere ciascuno nella propria pagina wiki! Solo con la pratica capirono la comoditàdi un lavoro di scrittura in rete, che rispettasse i tempi di ciascuno, pur lavorando ad un testo comune. Ne venne fuori un racconto lungo davvero ben scritto, ma soprattutto una maggiore coesione del gruppo classe.

Arringo oggi

Oggi Arringo è diverso, perchédiversi sono i suoi compagni di viaggio: i ragazzi sono sempre più immersi nei social, hanno abbandonato Facebook per il più visuale Instagram, Messenger ha chiuso lasciando spazio al più performante, ma forse invadente, Whatsapp, Minecraft è preistoria rispetto al più immersivo, ma forse troppo coinvolgente, Fortnite.

Ma il bisogno di educare alla tecnologia è lo stesso di quando inserivo la chiavetta USB per navigare alla velocitàdella tartaruga. E non sono costruttivi i discorsi di chi elogia i tempi andati di carta e penna, che pur continuano giustamente ad avere il loro spazio e la loro indubbia importanza pedagogica ed educativa. Sono costruttivi, invece, i discorsi di chi affianca carta e penna agli altri modi di apprendere e riusare il sapere, in contesti che ormai sono diversi, né migliori né peggiori, semplicemente diversi.

Oggi Arringo si sta facendo nuovamente il make-up: è integrato con altri spazi, Google App in primis e un’infinitàdi tools opensource da usare di volta in volta. La home del blog, al momento, si è specializzata in narrazione didattica, mentre la collaborazione fattiva dei ragazzi si è spostata in uno spazio Drive protetto, dove finalmente i ragazzi possono sperimentare che l’account gmail non serve solo a scaricarsi i giochi su Google Play. In Drive scrivono, collaborano, si segnalano materiali di approfondimento o app interessanti, ampliando quello che comunque viene agito e sperimentato in classe, anche offline. E così, il ragazzo visuale posta un’infografica di Canva o un’immagine interattiva di Thinglink, il letterato segnala un post di approfondimento, lo storico del gruppo segnala un video-timeline su YouTube, il manuale porta in classe un cartellone, un lapbook o la caricatura del personaggio storico del momento.

Da tre anni, inoltre, Arringo si è tuffato nell’avventura eTwinning e ha superato anche i confini nazionali per collaborare con partner europei: il blog è diventato il luogo dove condividiamo le nostre lezioni, postando materiali che anche turchi, polacchi, francesi caraibici leggono in traduzione e commentano nel Twinspace, la piattaforma dedicata.

Al momento, la mia scuola sta guidando un progetto etwinning sui diritti umani a cui partecipano 28 scuole europee e Arringo è uno degli snodi fondamentali per la condivisione di materiali ed elaborati dei ragazzi. Una bella responsabilità, per un blogghetto nato anni fa quasi per gioco, senza velleitàparticolari.

Non so come evolverà ancora Arringo. So solo che amo le mie classi, amo la pluralitàdi approccio che riescono ad avere su ogni argomento. Amo il ragazzo che riesce a cogliere sfumature impensabili nelle poesie e a cui brillano gli occhi quando rintraccia somiglianze con le canzoni che ascolta, amo il ragazzo carismatico che trascina gli altri a sperimentare app e giochi e ne riesce ad immaginare usi didattici,  amo il ragazzo dalle mani d’oro che da un tronco d’ulivo sa realizzare un modellino della trincea della prima guerra mondiale, amo il ragazzo che non si staccherebbe mai da un romanzo, amo il ragazzo sagace che dribbla sistematicamente i compiti ma poi in classe vince il campionato di arrampicata sugli specchi e arriva brillantemente alla sufficienza.

Arringo ha dato tanto: ha fatto da eco ai miei ragazzi e alle mie pratiche, ci ha permesso di uscire dall’isolamento geografico, ci ha permesso di sperimentare tanto. Mi auguro che continui ancora a farci compagnia, a reinventarsi di nuovo, adattandosi al passo dei futuri studenti. E un giorno, quando la prof, magari stanca e fatta vecchia, avesse voglia di mollare tutto, le ricordi di quanta strada è stata fatta insieme, di quante risate sono raccontate in quei post e quanti ragazzi ha avuto l’onore di veder fiorire e portare frutto.

E annoti sull’agenda e sul blog quanto ancora il suo cuore le detta.

Grazie Arringo.