E’ avvenuto contro ogni previsione; è avvenuto in Europa; incredibilmente, è avvenuto che un intero popolo, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler è stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.

Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino, 2007, p. 157

 

Come non raccomandare molto vivamente, soprattutto ai giovani, la lettura dell’ultimo imponente libro di Antonio Scurati su Mussolini, M. Il figlio del secolo? Si tratta del primo volume di una trilogia già annunciata in cui l’autore accompagna l’ascesa al potere di Mussolini con appassionata neutralità (e tuttavia senza che tale distacco mostri in alcun modo la minima simpatia per il personaggio) nel periodo che prende avvio nel marzo del 1919 – data di fondazione del movimento fascista – e si conclude il 3 gennaio del 1925 con il celebre discorso parlamentare nel quale il futuro dittatore assume su di sé  “la responsabilità politica, morale e storica” dell’assassinio di Giacomo Matteotti. Di quegli anni turbolenti – tra i più conflittuali e violenti conosciuti dal nostro Paese dall’Unità d’Italia – Scurati ci propone una storia romanzata (o se si vuole una sorta di romanzo storico) capace di coinvolgere il lettore in una miriade di eventi ciascuno dei quali, come la tessera di un mosaico, concorre alla composizione di un quadro d’insieme di grande efficacia nella misura in cui riesce ad intrecciare la dimensione narrativa (si tratta  pur sempre di un “romanzo” nelle intenzione dell’autore – come enunciato in copertina) e quella storica. Bisogna sottolineare, a questo proposito, come il valore storico del romanzo Scurati sia sostanzialmente aderente alle ricostruzioni del periodo considerato proposte da una tradizione storica consolidata non meno che autorevole e ormai largamente condivisa (e qui è d’obbligo il riferimento al monumentale lavoro su Mussolini di Renzo De Felice). Vorrei notare per inciso che la solidità della ricostruzione contenuta nel libro di Scurati non è per nulla scalfita da alcune imprecisioni (pochissime e neppure troppo gravi) che non sono sfuggite alla penna piuttosto pedante di qualche commentatore (Galli Della Loggia in particolare – «M» di Antonio Scurati, il romanzo che ritocca la storia, “Il Corriere della sera”, 13 ottobre 2018 – alle cui osservazioni Scurati ha risposto con molta eleganza in una nota pubblicata dallo stesso quotidiano il 17 ottobre 2018 ammettendo gli errori che, sottolinea, in un lavoro di 839 pagine possono sfuggire, ma rivendicando la natura letteraria del suo lavoro e spiegando che “raccontare è un’arte e non una scienza esatta”).

Il racconto di Scurati si svolge seguendo uno sviluppo espositivo frammentato in brevi capitoli ciascuno dei quali ha come titolo il nome di un personaggio rilevante per le vicende narrate (spessissimo è Mussolini, ovviamente, ma ricorre anche il nome di D’Annunzio e di altre figure centrali di quegli anni) accompagnato, il più delle volte, da un luogo (e in molti casi addirittura anche la via di una città) e una data. Quasi tutti i capitoli sono accompagnati da brevi appendici che ripropongono documenti originali (articoli di giornali, resoconti di polizia, verbali di riunioni, scambi epistolari, ecc.) che hanno lo scopo di rafforzare la narrazione e di recuperare alla memoria tracce rilevanti delle vicende proposte all’attenzione del lettore. I nuclei principali della storia raccontata sono tre:

1) le origini del movimento fascista, nato nel clima dell’aspro conflitto sociale che caratterizza gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale (protesta operaia e occupazione delle fabbriche, rivolta del mondo contadino contro lo strapotere degli agrari, crisi e radicalizzazione politica dei ceti medi, ecc.) con la sua ideologia “reducista” fortemente recriminatoria fondata sul mancato riconoscimento dei meriti dei combattenti, sulla retorica della “vittoria mutilata”, sull’opposizione (ricorrendo anche alla violenza organizzata e sistematica) al socialismo e al nascente bolscevismo italiano;

2) la marcia su Roma di fine ottobre del 1922 raccontata con i molti dettagli che hanno caratterizzato quelle giornate convulse – dai preparativi para-militari delle squadre armate di fascisti accampate nelle campagne e in alcuni centri urbani in prossimità della capitale, ai tentativi politici, in verità poco convinti, di arginare la resistibile ascesa dei rivoltosi, dal possibile intervento dei vertici militari pronti ad accogliere un ordine superiore volto a reprimere la marcia, alle oscillazioni del pavido Vittorio Emanuele III incerto sul da farsi fino al cedimento e alla sua definitiva capitolazione – culminate con la nomina a primo ministro di Mussolini che raggiunge Roma in vagone letto per ricevere l’incarico di formare un governo di coalizione (che raccoglie un consenso parlamentare sufficiente a risolvere la momentanea crisi, avendo come unica opposizione il frastagliato e frammentato ventaglio delle forze di sinistra);

3) l’insieme degli eventi che hanno preceduto, accompagnato e seguito il delitto Matteotti – riproposti con una forza narrativa coinvolgente e al tempo stesso con una precisione quasi notarile che mette in evidenza l’ondata di sdegno suscitata nel Paese dalla brutalità dell’assassinio del deputato socialista che per qualche settimana ha messo in seria difficoltà il governo che avrebbe potuto crollare se l’opposizione si fosse fatta trovare unita e pronta alla “spallata” finale – culminati con il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 che, assumendosi la piena responsabilità di quanto accaduto, ha segnato l’avvio di fatto della dittatura fascista durata fino al 1943.

Il romanzo di Scurati ci porta al centro della scena politica del tempo proiettandoci con un’immediatezza descrittiva asciutta e al tempo stesso densa di dettagli non solo nel clima politico, sociale e culturale generale dell’Italia negli anni del primo dopoguerra, ma anche in una varietà di episodi specifici (perfino riguardanti la vita privata ed intima di molti personaggi e di Mussolini innanzitutto – del quale sono ben delineati molti aspetti psicologici caratterizzanti) che stimolano il lettore ad una comprensione (anche emotiva) di vicende che, nonostante siano lontane dal tempo in cui viviamo, è bene continuare a ricordare. Perché la comprensione del presente non è possibile senza la conoscenza e la memoria del passato. Bisogna coltivare con cura la memoria del passato perché, come ammonisce Primo Levi, “La memoria umana è uno strumento meraviglioso, ma fallace. E’ questa una verità logora, nota non solo agli psicologi, ma anche a chiunque abbia posto attenzione al comportamento di chi lo circonda, o al suo stesso comportamento” (P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino, 2007, p. 13).