Educazione allo sviluppo sostenibile
In questi anni la sostenibilità è entrata in maniera sempre più preponderante nei linguaggi, negli stili di vita, nelle strategie aziendali, nei modelli di consumo e nella vita di tutti i cittadini.
Con la sostenibilità sono cambiate le regole alla base delle relazioni non solo umane e sociali, ma anche economiche come dimostra il Green New Deal.
La transizione epocale che sta avvenendo è sotto gli occhi di tutti, tuttavia affinché questa trasformazione si verifichi è necessaria la piena consapevolezza e il coinvolgimento di ciascuno. E per questo che l'educazione allo sviluppo sostenibile riveste un ruolo centrale nella crescita e maturità dei soggetti che interagiscono con l'ambiente circostante e attraverso esso assumono nuove forme di rappresentazione e di relazione.
Se oggi provassimo a visualizzare una sorta di mappa conoscitiva della sostenibilità, sarebbero numerosi i fattori da mettere in campo. Basti pensare ai Sustainable Development Goals (SDGs) dettati dall’Agenda 2030 dell’Onu, oltre che ai relativi 169 target che li sostanziano. Parlando di apprendimento, quindi, non possiamo non tener conto degli obiettivi ai punti: 4 (Fornire un'educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti), 8 (Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva  ed un lavoro dignitoso per tutti) e del punto 13 ovvero promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico. I suddetti obiettivi spingono ad azioni concrete verso un reale sviluppo sostenibile; in particolare, il target 4.7 esorta ad assicurarsi che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l'educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l'uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile. Un traguardo piuttosto impegnativo, se teniamo conto che l'analfabetismo funzionale affligge il 47% degli italiani.
Perché le cose cambino e la società sia sempre più permeata dalla sostenibilità, educatori e formatori devono diventare veri e propri agenti del cambiamento, giocare un ruolo propulsore per innescare la miccia della transizione green. Ma per far questo naturalmente devono essere costruite reti di reti e devono essere individuati e messi in atto strumenti concreti più innovativi e più tecnologici; a tal scopo l'accelerazione digitale alla quale stiamo assistendo durante la pandemia è sicuramente un fattore propulsivo, soprattutto se guardiamo alla "generazione Greta".
Ritengo che la sostenibilità rappresenti un mezzo straordinario per implementare pratiche di responsabilità, per questo bisogna insistere fortemente sulla promozione della cultura della sostenibilità. Bisogna spingere tutta la popolazione a una sempre maggiore sete di comprensione e acquisizione di nuove conoscenze e competenze, solo così si contribuirà a superare questo delicato periodo, garantendo la crescita occupazionale, il miglioramento delle risorse umane, l'arricchimento del capitale umano, la tutela del capitale naturale, l'inclusione sociale, e un più duraturo sviluppo economico. A partire dai nativi ambientali vanno definiti percorsi educativi tesi a stimolare comportamenti virtuosi per garantire una società dove le buone pratiche ambientali diventino azioni abituali e venga instillato il principio che l'ambiente è un bene primario e di assoluto valore.

Green economy ed economia circolare
È chiaro a tutti ormai che green economy ed economia circolare diventano il cuore pulsante di questa nuova sfida per il futuro. Le imprese che scelgono modelli sostenibili aumentano la propria competitività  con effetti positivi su fatturato, export e occupazione. Lo dimostrano chiaramente i dati del decimo rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere, che misura e pesa la forza della green economy nazionale, che presenta per l'anno 2019 un record negli eco-investimenti. Sono oltre 432mila le imprese italiane che hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. In pratica quasi una azienda italiana su tre, pari al 31,2% dell’imprenditoria extra-agricola e al 35,8% del settore manifatturiero. Un dato interessante è che nel nostro Paese i green jobs salgono a 3,1 milioni, pari al 13,4% degli occupati. Inoltre, si assiste ad un notevole aumento della velocità verso la green economy, a cui stanno contribuendo in particolar modo le imprese dei giovani under 35, che nella metà dei casi, hanno puntato sulla green economy. Si valuta anche che nei prossimi 5 anni, l’economia circolare e sostenibile offrirà una opportunità di lavoro su 5 sia nel settore privato, sia in quello pubblico. Insomma, la svolta dell’economia italiana verso la sostenibilità e l’ambiente è in pieno svolgimento e l’Italia è senza ombra di dubbio più avanti di altre economie europee. E ancora riprendendo lo studio della Fondazione Symbola e del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, presentato lo scorso 7 maggio, finalizzato a mappare le principali soluzioni tecnologiche disponibili per migliorare prodotti e processi produttivi della filiera vitivinicola italiana nel segno della sostenibilità e della qualità, risulta evidente che occorrono nuove competenze per rafforzare le diverse azioni a protezione dell’ambiente Tant'è che Enel X avvierà in collaborazione con il Consorzio un’attività di formazione e sensibilizzazione specifica sui temi dell’economia circolare nella produzione di energia rinnovabile, dell’efficientamento energetico, dell’energy management e dello sviluppo della mobilità elettrica per le attività nei vigneti; inoltre, Novamont - azienda pioniera nel settore della bioeconomia e leader nella produzione di bioplastiche -  avvierà la sperimentazione di bio-erbicidi di origine totalmente naturale e l’impiego del telo per la pacciamatura in Mater-Bi biodegradabile in suolo, in sostituzione dei teli in plastica tradizionale.
È ormai evidente che i paradigmi del passato hanno fallito e che è quanto mai necessaria una spinta in senso ambientale, perché la sostenibilità non solo è conveniente, ma è anche la migliore soluzione a vecchi e nuovi problemi globali.

L'apprendimento per una società più sostenibile ed equa
L'impegno dei professionisti del settore della formazione deve essere rivolto, oggi più che mai, a studiare e capire la complessità e l'interdipendenza delle sfide globali che caratterizzano la nostra epoca, acquisendo la consapevolezza che attraverso il proprio operare si può promuovere la transizione verso una società più sostenibile ed equa. Dunque l'impegno deve essere quello di applicare una concezione globale e non locale, spostando il focus attraverso una visione olistica, che tenga conto del contesto, dell’ambiente circostante e dell’interazione tra le parti che lo compongono, in un’ottica sistemica. Si dovrà dare particolare attenzione a come costruire il miglior contesto di supporto all'apprendimento, facilitando e guidando i soggetti verso un più agile apprendimento. Per far ciò però bisogna comprendere profondamente le strette interconnessioni tra fattori ambientali e cambiamenti sociali, riscoprendo anche il “senso del limite” da intendersi come “risorsa” per generare in maniera creativa e innovativa un reale cambiamento, servendosi di nuovi strumenti di collaborazione e partecipazione individuale e collettiva. Serve quindi una preparazione adeguata per affrontare queste sfide, e se è vero che parlare di futuro espone sempre al rischio di commettere fragorosi errori, credo che ciò non valga quando parliamo di sostenibilità e sfide ambientali, che potranno essere superate solo guardando con nuovi occhi la complessità del presente.
La sostenibilità è un potentissimo strumento di coinvolgimento a tutti i livelli - locale, nazionale ed internazionale -, capace di mettere in rete stakeholder, cittadini, istituzioni, associazioni, rappresentanti del mondo imprenditoriale e di quello accademico; per questo può vantare una sua centralità - oggi in special modo- nel dibattito sui temi dell’apprendimento e della formazione indirizzata al cambiamento delle persone, delle organizzazioni, delle comunità e della società intera.
Le parole chiave per un apprendimento basato su un processo di compartecipazione - a mio avviso - sono quelle espresse chiaramente nel Manifesto di Assisi: insieme, comunità, coesione sociale, empatia e tecnologia, coraggio e partecipazione. Il Manifesto di Assisi, che ad oggi conta più di 3000 firmatari - promosso da Ermete Realacci Presidente della Fondazione Symbola e Padre Enzo Fortunato Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi - è una nuova alleanza tra istituzioni, mondo economico, industriale, politico, religioso, società civile e cittadini, uniti dall'obiettivo di rispondere con fatti concreti alla crisi climatica, perseguendo una società più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro.


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