In “Formazione & Cambiamento”, Nuova serie n. 8, 2017

trad. di Giulia Boschi

Se avessi solo un’ora per risolvere un problema dalla cui soluzione dipendesse la mia vita, passerei i primi 55 minuti a stabilire che domanda porre, perché, una volta individuata la domanda giusta, risolverei il problema in meno di cinque minuti”  (Albert Einstein)

Quando è stata l’ultima volta in cui, partecipando a un incontro, vi siete detti: “Questa è una totale perdita di tempo”? Ieri, o solo qualche ora fa? Perché l’incontro vi è parso così noioso? Forse la ragione sta nel fatto che gli intervenuti, all’inizio della sessione, hanno posto le domande sbagliate, o peggio ancora, non hanno posto alcuna domanda interessante e di conseguenza l’incontro si è risolto in un susseguirsi di tediosi rapporti - o di altre forme di comunicazioni a senso unico - che non sono riusciti a catturare né l’interesse né la curiosità dei partecipanti.
La qualità  delle domande determina infatti sia l’apprendimento di cose utili che l’avvio di azioni efficaci. Le domande schiudono la porta al dialogo e alla scoperta, sono un invito alla creatività e al pensiero innovativo; possono stimolare interventi su questioni chiave e, generando percezioni creative, dare il via al cambiamento.

Perché non ci poniamo buone  domande?

Se è fondamentale porsi una buona domanda, perché la maggior parte di noi non spende più tempo ed energie a scoprirla e a formularla? Forse una della ragioni risiede nel fatto che la cultura occidentale, e nordamericana in particolare, si concentra soprattutto nell’ottenere la “risposta giusta” invece di scoprire la “domanda giusta”.

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Il nostro sistema educativo si concentra più sull’apprendimento mnemonico che sull’arte di cercare nuove vie. Di rado ci viene chiesto di scoprire domande stuzzicanti, così come non ci viene insegnato il motivo per cui sarebbe importante porsele. Quiz, esami vari e test attitudinali contribuiscono a rafforzare il valore della risposta esatta. C’è quindi da stupirsi se quasi tutti ci sentiamo a disagio quando non sappiamo qualcosa?
Il fatto che la nostra cultura sia contraria a porre domande creative è legato  sia all’importanza data a trovare soluzioni rapide che a una spiccata preferenza per un modo di pensare in  termini alternativi, quali  bianco/nero - o/o. Inoltre il ritmo sempre più accelerato della nostra vita e del nostro lavoro non ci dà spesso l’occasione di partecipare a scambi di riflessione in cui, prima di arrivare a una decisione, vengano esaminate domande stimolanti e nuove potenzialità. Questi fattori, uniti all’idea oggi prevalente che il “vero lavoro” consiste soprattutto in analisi dettagliate, decisioni immediate e azioni rapide, contraddicono il modo di vedere secondo cui  un “lavoro intelligente”, per essere efficace, si articola sul porsi domande di spessore e intrattenere scambi ad ampio raggio su questioni sostanziali.

I sistemi meritori in uso nelle nostre organizzazioni non fanno che rafforzare tale visuale. I dirigenti ritengono infatti  di essere pagati per risolvere i problemi e non per stimolare il pensiero creativo. Tra il nostro smodato attaccamento a la risposta – qualunque essa sia – e la nostra ansia di non sapere a sufficienza, abbiamo senza volerlo soffocato la nostra capacità collettiva di  stimolare creatività e aprire nuove strade. Invece abbiamo più che mai bisogno di queste capacità, viste le sfide senza precedenti che siamo chiamati ad affrontare sia nelle nostre organizzazioni che come comunità globale. […]

Dato che stiamo entrando in un’era in cui spesso si riscontrano questioni sistemiche alla base di sfide epocali, sfide che si possono risolvere solo se esaminate da diverse prospettive e in cui i rapporti causa/effetto non sono immediatamente apparenti, la chiave destinata a creare un futuro positivo sta nella capacità di porre domande penetranti che consentano di mettere in discussione le assunzioni su cui operiamo oggi. Come ha affermato Einstein: “I problemi attuali non possono essere risolti al livello di pensiero che li ha creati”. E nel suo libro The Art of the Question (L’arte della domanda) Marilee Goldberg precisa: “Uno spostamento di paradigma si verifica solo se, all’interno del paradigma esistente, si pone una domanda cui si può rispondere unicamente dall’esterno di esso”. Spostamento di paradigma, fondato su domande costruttive, che si può rivelare necessario per creare situazioni davvero innovative ai problemi che più ci stanno a cuore.

Cosa rende costruttiva una domanda?

In una descrizione altamente evocativa, Fran Peavey, un pioniere nell’uso di domande strategiche, osserva: “Le domande sono come una leva usata per aprire il coperchio di un barattolo di vernice… Se la leva è corta si riesce appena a socchiudere il coperchio, ma, con una leva più lunga, o una domanda più stimolante, possiamo aprirlo completamente e smuovere qualcosa…. Ponendo la domanda giusta che riesce a scavare nel profondo siamo in grado di smuovere tutte le soluzioni creative”.

Anche se non si  conoscono tutte le caratteristiche di una domanda creativa, è abbastanza facile riconoscerla. Ad esempio, se foste un giudice di gara alle Olimpiadi  a cui viene richiesto di valutare le seguenti domande con un punteggio da uno a dieci (dieci essendo il massimo), che punto  gli assegnereste?

  1. Che ora è?
  2. Ha fatto la doccia?
  3. Esistono altre possibilità a cui non abbiamo pensato?
  4. Che significa avere una coscienza etica?

Abbiamo posto queste domande in vari contesti culturali e abbiamo così  scoperto che, malgrado le differenze di formazione, le persone di solito ritengono meno costruttive le domande uno e due. Chiaramente le domande costruttive trascendono molti limiti. […]

Pertanto una domanda costruttiva

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    fa sorgere curiosità nell’ascoltatore
  • stimola una conversazione di livello
  • fa riflettere
  • fa emergere gli assunti soggiacenti
  • incoraggia la creatività e la ricerca di nuove vie
  • suscita un flusso di energia e una spinta in avanti
  • canalizza l’attenzione e concentra la ricerca
  • rimane connessa ai partecipanti
  • raggiunge un livello profondo
  • provoca ulteriori domande.

Una domanda costruttiva ha anche la capacità di “circolare bene” , di oltrepassare cioè l’ambito in cui è nata per immettersi in una rete più vasta di scambi all’interno di un’organizzazione o di una comunità. Tali  domande sono spesso la chiave di vasti cambiamenti. Come diremo più oltre, il modo di porre tali domande incide enormemente sulla loro capacità di far progredire il sistema.

L’architettura delle domande costruttive

Come abbiamo affermato all’inizio, le domande costruttive riescono a migliorare in modo stupefacente la qualità di intuizioni, innovazioni e azioni sia nelle organizzazioni e comunità, che nella vita corrente. Pertanto, nell’economia cognitiva attuale, capire l’architettura basilare che consente di formulare domande costruttive è un talento fondamentale. Le domande costruttive constano di tre dimensioni: costruzione, ambito e assunti, e ognuna di esse contribuisce a determinare la qualità delle conoscenze che vengono prodotte  ogni volte che ci impegniamo in una ricerca insieme ad altre persone.

PRIMA DIMENSIONE: la costruzione di una domanda
La costruzione linguistica di una domanda può avere risultati contrapposti: aprire o restringere la nostra mente. Chiediamoci: è una domanda del genere sì/no? Oppure da o/o? Comincia con una particella interrogativa quale: chi, cosa,come?

CHI    COSA
QUANDO     DOVE        CHE
PERCHÉ        COME?

Tanto per divertirvi cercate di mettere queste parole in ordine crescente, dalle meno alle più importanti. Non riflettete troppo, lasciatevi guidare dall’intuizione. Di solito il risultato è il seguente:

Più importanti
PERCHÉ
COME
COSA
CHI, QUANDO, DOVE
CHE, DOMANDE SI/NO
Meno importanti

Se usiamo le parole che figurano in cima alla lista possiamo rendere le nostre domande più incisive. Consideriamo ad esempio la sequenza sottostante:

  • È soddisfatto dei suoi rapporti di lavoro?
  • Quando ha provato maggiore soddisfazione nei suoi rapporti di lavoro?
  • Cosa trova più soddisfacente nei suoi rapporti di lavoro?
  • Perché secondo lei i suoi rapporti di lavoro soffrono di alti e bassi?

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Passando dalla domanda più semplice, la “sì/no”, iniziale a quella finale impostata sul “perché” si nota che gli interrogativi diventano sempre più stimolanti, producendo maggiore riflessione e un livello più profondo di scambio. È quello che intendiamo con l’espressione “domanda” costruttiva, ossia quella domanda che invita a pensare prima di rispondere.
Attenzione tuttavia. Se una domanda del genere “perché” non è formulata adeguatamente può facilmente mettere l’interlocutore sulla difensiva, perché le persone tendono a giustificare le loro risposte piuttosto che ad approfondire la questione. Ad esempio domande quali “perché non mi dici mai esattamente quello che pensi?” o “perché ti sei comportato così?”, possono spingere la persona a difendere la propria posizione invece che a pensare a soluzioni alternative. Se però un “perché” nasce da una sana curiosità, come quando uno si esprime dicendo “mi chiedo perché sia successa la tal cosa”, allora la domanda è capace di creare riflessioni stimolanti.

Il fatto che una domanda si trovi all’apice della lista non significa automaticamente che sia più rilevante delle altre situate al fondo. Secondo gli scopi che ci prefiggiamo, una domanda “sì/no” può essere di somma importanza (specialmente se siete sul punto di concludere una vendita importante!). Così pure una domanda che riguarda fatti connessi al chi, quando, dove può spesso essere cruciale: pensate alle questioni legali. Tuttavia se volete dar spazio alla creatività e al pensiero innovativo, le domande costruite sui termini che figurano in cima alla lista saranno sempre le più efficaci.

LA SECONDA DIMENSIONE: l’ambito di una domanda

Oltre a tener conto di come le parole che scegliamo influenzino l’efficacia della ricerca, bisogna anche che l’ambito della domanda corrisponda a quanto stiamo cercando di ottenere. Esaminiamo le tre domande seguenti:

  • Come possiamo gestire al meglio il nostro gruppo di lavoro?
  • Come possiamo gestire al meglio la nostra società?
  • Come possiamo gestire al meglio la nostra catena di rifornimento?

Nell’esempio succitato le domande vanno man mano ampliando il campo della ricerca, in quanto prendono in considerazioni aspetti sempre più vasti del sistema. In una parola ampliano il proprio ambito. Nel cercare di rendere costruttive le vostre domande, precisate al massimo l’ambito in cui intendete muovervi, cosi da mantenervi nella sfera della situazione che state affrontando.

LA TERZA DIMENSIONE: gli assunti impliciti nelle domande

La natura stessa del linguaggio fa sì che in quasi tutte le domande si celino assunti, impliciti o espliciti, che il gruppo dei partecipanti può o non può condividere […]

Per formulare domande costruttive è importante rendersi conto degli assunti soggiacenti e usarli in modo adeguato. Mettiamo a confronto le due domande seguenti: “Dove abbiamo sbagliato e di chi è la responsabilità?” / “Cosa possiamo imparare da quanto è accaduto e che possibilità intravediamo?” La prima domanda mette in risalto l’errore e la colpa: si può facilmente presumere che chi risponderà starà sulla difensiva. La seconda invece incoraggia la riflessione e molto probabilmente riuscirà a stimolare collaborazione e approfondimento tra le persone coinvolte.

È spesso utile verificare se una domanda contenga inconsciamente dei preconcetti. Per fare ciò basta chiedere ai vostri collaboratori durante una riunione: “Quali assunti o preconcetti abbiamo in mente suscettibili di influire sullo scambio in corso?”  come pure “Come potremmo arrivare a questo punto partendo da uno schema mentale completamente differente?” Ambedue le domande incitano a esplorare i  nostri assunti consci e inconsci, aprendo al contempo la strada a nuove prospettive.[…]

Capire e considerare attentamente le tre dimensioni di una domanda costruttiva ci permette di renderla ancora più efficace, aumentando la nostra capacità di stimolare intuizioni in grado di plasmare il futuro. Come per ogni nuovo talento, il miglior maestro in questo campo è l’esperienza e il miglior allenatore è un ascoltatore attento. Provate a rendere più costruttive le vostre domande e vedete che impatto avranno.

Ad esempio, prima di un incontro importante, passate qualche minuto a elencare con un collega le domande rilevanti al soggetto in discussione, scrivendole poi per ordine di importanza. Tenendo presente le tre dimensioni  sopra descritte, cercate di capire perché alcune domande sono più stringenti. Provate poi a cambiarne la costruzione e l’ambito per percepire come viene così  a mutare la direzione della ricerca. Assicuratevi di esaminare gli assunti impliciti, cercando di capire se saranno o meno di ostacolo al vostro scopo. Basteranno pochi esercizi per migliorare la vostra capacità di avviare conversazioni produttive favorite da domande stimolanti.