*In “Formazione & Cambiamento”, numero 39, genn.-febb. 2006
 
“E’ una gioia senza limiti prendere 
dimora nel numero, nell’ondeggiante,
 nel movimento, nel fuggitivo e nell’infinito.
 Essere fuori di casa, e ciò nondimeno sentirsi o
ovunque nel proprio domicilio; vedere il mondo,
 esserne al centro e restargli nascosto” 
(C. Baudelaire, I fiori del male)
 
 
Dal 2000, con sempre maggiore significatività numerica, si sono imposti, fra le pratiche di comunicazione e di editoria individuale in rete, i blog. Nati come diari personali, capaci di consentire con estrema facilità la pubblicazione su Internet di diari, di agende autobiografiche, sono diventati, nel breve giro di un anno (e sono adesso, a distanza di sei) un fenomeno dirompente di libera editoria e di comunicazione.
 
Inizialmente adottati e utilizzati dal popolo della rete per “giocare” con le potenzialità di un content management di utilizzo immediato, capace di ospitare nella griglia grafica di un sito, contenuti testuali e, via via, immagini, suoni e filmati, i blog hanno reso possibile, a livello individuale, la creazione di vere e proprie autobiografie aperte, da proporre nel tessuto di internet e capaci di ospitare commenti, annotazioni, ipotesi di lettura e provocazioni dei lettori sulle stesse pagine della narrazione.
 
Portatori di 3 messaggi fondamentali, l’autonomia assoluta nella gestione dei contenuti, l’aderenza dei contenuti ai vissuti degli autori (blogger), la disponibilità al dialogo (attraverso le funzioni di commento e linking), sono velocemente diventati il luogo di costruzione di migliaia di “campagne” di comunicazione personali.
 
Accanto alla miriade di “autobiografie” minuscole, originate dal desiderio delle persone di “dichiararsi” al mondo della rete raccontando di sé, hanno cominciato a consolidare una campagna di “controcultura” giornalisti, attori, artisti, interessati ad aprire, senza la mediazione delle testate, dei canali di distribuzione, dei media ufficiali, canali di comunicazione aperti e autogestiti.
 
Parallelamente, il mondo del business e le realtà d’impresa, hanno scoperto il valore mediatico di questo strumento, utilizzandolo come canale per consentire una relazione più onesta, diretta e aperta fra i testimonial dei valori e delle visioni e i propri utenti, clienti, consumatori. Sono nati quindi CBlog, corporate blog1, con lo scopo di aprire la comunicazione d’impresa e la comunicazione pubblica alle strategie di relazione rese possibili dalla richiesta di trasparenza e interattività emersa, sin dall’origine, dalle tribù telematiche.
 
Per dirla con J. Duvignaud2, E’ “prestando attenzione al prezzo delle cose senza prezzo”, che anche il mondo economico ripensa e reinventa le proprie strategie di comunicazione, e che “riusciremo a dare un senso a tutti quei fenomeni che sembrano rifiutarlo”.
 
Nati quindi spontaneamente dalle maglie della rete, i blog hanno testimoniato di alcuni desideri e di quel senso dell’altrove che Michel Maffesoli3 definisce come pratica dell’erranza, come tendenza dei soggetti heideggerianamente “scagliati” e propensi a cercare, attraverso la dichiarazione di sé e la ricerca in rete dell’altro, la propria saudade, la propria nostalgia per i luoghi non visitati ed esistenzialmente possibili. 
 
Quello che anima un blogger è il desiderio di assumere come possibili alcuni intenti:
esprimersi liberamente, dare forma alla propria dimora mediale (personalizzando i layout, le sezioni, la rete dei “pari”), accettare il dialogo e il contraddittorio (nella forma del libero commento), promuovere il nomadismo (ovvero la capacità di migrare verso i luoghi altri e dell’altro) diventando mappa egli stesso della propria geografia di comunicazione.
 
Se in rete Internet il tratto dominante è il proliferare delle biografie, accompagnato dalla comparsa di una editoria para-ufficiale che consente di legittimare il proprio pensiero e la propria opera al di fuori dell’establishment ufficiale, qualcosa di molto delicato e peculiare accade quando il blog si trasforma in strumento di comunicazione organizzativa, toccando il territorio “protetto” delle Intranet aziendali.
 
Il mondo della produzione economica ha assunto dentro di sé, negli ultimi 3 anni, i Blog come strumento di comunicazione verso l’universo dei clienti e dei fruitori. Da Microsoft  ad alcuni comuni italiani, dalla grande impresa alla PAC, sono via via crescenti le esperienze di apertura di blog che consentono all’impresa di “parlare” al cittadino/cliente e di ascoltarne feedback e indicazioni. Il blog ha il vantaggio di proporre una “conversazione” vera, non mediata, fruita in archi temporali brevissimi. 
 
Sono i “diari dei giorni” a testimoniare di evoluzioni, eventi, umori. Si prospetta un valore assegnato alla “trasparenza” con incisività e responsabilità. Si comincia a scrivere il diario dell’organizzazione, si esprime e si sedimenta la “memoria dei giorni”, con l’aggiunta di una interattività e di una “apertura” all’ascolto impensabili nei giorni dei siti e dei portali tradizionali.
 
Ancora un passo avanti, un passo verso quello che Hoelderlin definiva “essere arrischianti”4 si verifica quando e se, nelle imprese, viene proposta l’adozione del Blog, non solo come strumento di comunicazione d’impresa, ma anche e fortemente come strumento di comunicazione interna.
 
Le riflessioni dell’ultimo decennio sulla condivisione della conoscenza, e sulla condivisione delle emozioni, accompagnate da quelle sull’importanza della ricostruzione autobiografica come occasione imperdibile per dotare di senso la propria storia e il proprio progetto, sia per le organizzazioni che per le persone, aprono la strada alla opportunità di recepire lo strumento blog come luogo principe di una accoglienza della biografia necessaria a uno sviluppo sano delle comunità di lavoro. 
 
“Esiste un aspetto dell’ipertrofia della memoria nelle istituzioni, scrive Antonello Correale5, che riguarda non tanto il ricordo di eventi, né il mantenimento di ruoli, o di comportamenti, ma addirittura la modalità di produzione dei pensieri e di fantasie”.
 
Il blog, in quanto diario dei giorni, individualmente gestito e liberamente editato, costituisce per propria natura il moleskine dell’erranza emotiva, la traccia della genesi dei pensieri, la traccia dei dialoghi intorno ai pensieri in formazione, e costituisce quindi una occasione impedibile di recupero e condivisione dei vissuti emotivi, delle creatività non consolidate, delle innovazioni in nuce, di cui ogni persona è portatrice, che troppo spesso sfuggono e tacciono nei dialoghi dell’organizzazione.
 
C’è un grande silenzio, in tutto il rumore generato da un’impresa. Il silenzio che dichiara i contenuti inconsci, i fantasmi, le fantasie, i vissuti relazionali informali, che solo uno strumento così destrutturato e “autonomo” è capace di ospitare e gestire. 
 
Una organizzazione che decida di dotare ognuno di uno spazio sì fatto, osa un azzardo, una “piccola rivoluzione” nella direzione del riconoscimento della persona come risorsa nel suo esser intera. 
 
Si può ragionevolmente ipotizzare, scrive ancora Correale6, che faccia parte delle funzioni preventive e sane di un gruppo istituzionale disporre di numerosi e validi strumenti di pubblicazione e collettivizzazione della comunicazione (…). E’ necessario però che questi gruppi si permettano un certo grado di “trasgressione” che consenta nei rapporti un livello medio e accettabile di sincerità non distruttiva. E’ necessario a questo scopo un clima di tolleranza, di fiducia, di appartenenza, di adesione ai valori e miti di gruppo, di lotta alla formazione di ideologie intolleranti.
 
Ci sono aziende che stanno lavorando in questo senso. Che stanno sperimentando e testando l’adozione di questi strumenti nelle diverse accezioni che abbiamo visto: dotare la comunicazione d’impresa di nuovi canali, ripensare la comunicazione interna, aver cura della memoria delle organizzazioni nelle sue forme emotive e tacite, aiutare lo sviluppo delle comunità di pratiche.
 
A testimonianza di ciò diamo ora nota di due progetti partiti in una media impresa italiana attiva per la diffusione di Learning e Knowledge nelle imprese. 
 
Nel desiderio di facilitare e rendere espliciti i processi di recupero della memoria personale e collettiva, e di offrire strumenti per la condivisione delle esperienze emotive e cognitive nel tessuto quotidiano dell’organizzazione, sono nati nel 2005, in TILS (www.tils.com), due progetti rivolti alla comunità professionale interna di consultant e formatori e all’intera impresa. 
 
Il primo dei due progetti, Conversazioni, progettato e realizzato con la consulenza esterna di ISMO (www.ismo.org), è nato dal desiderio di offrire una occasione di riflessione collettiva su temi e fermenti cari a chi si accosti alla cura della persona nelle organizzazioni, attraverso l’ascolto delle esperienze e della memoria di testimoni nel tempo. Conversazioni è stato progettato secondo un format che ha inteso facilitare sia l’introspezione sia il dialogo nell’organizzazione, ed è sviluppato prevedendo, per ognuno dei seminari in calendario:
 
- una suggestione tematica, mutuata dai vissuti impliciti delle organizzazioni
- due voci narranti impegnate nel racconto della loro esperienza di pensiero e di scrittura sul tema, ridondate da un facilitatore
- un luogo mutuato dal vissuto cittadino, nel quale porre le voci fuori dall’usuale contesto di lavoro
- un momento conviviale successivo al racconto dedicato al libero scambio di emozioni e pensieri fra i partecipanti.
 
I temi proposti sono stati: L’amore nelle organizzazioni (con il contributo di Humberto Maturana e Xiména Davila), Il corpo nelle organizzazioni (narrato da Umberto Galimberti e Tiziano Scarpa), L’inconscio delle istituzioni (con David Gutmann e Giovanna Garuti), Il benEssere (attraverso la testimonianza teatrale di Laura Curino e la ricostruzione organizzativa di Roberto Grandis, a partire dalle figure di Camillo e Adriano Olivetti), Il racconto delle Storie di vita e la vita nelle organizzazioni, anche attraverso i blog, con la partecipazione poetica di Alberto Bellocchio.
 
I luoghi che hanno ospitato i dialoghi sono stati una libreria nel centro storico, l’orto botanico cittadino, un ristorante, un convento, uno studio fotografico ricavato in una ex fabbrica.
 
Il secondo progetto, Scribenda, partito nel luglio 2005, e tuttora in corso, prevede la creazione di due spazi di scrittura individuale condivisa offerti a tutti i dipendenti e collaboratori. Sono stati predisposti due strumenti di comunicazione virtuale, un motore per la gestione di BLOG (diari personali in rete) e una libera casa editrice (SCRIBENDA), destinata a consentire la pubblicazione nella Intranet di collane editoriali personali, a cura dei singoli, nelle quali inserire articoli, recensioni, segnalazioni, pubblicazioni, presentati quotidianamente attraverso una vetrina online ai colleghi invitati a commentare e votare i contributi immessi nel circuito di editoria virtuale.
 
Da alcuni mesi circa 250 persone hanno accesso ai BLOG e possono creare un loro diario personale (eventualmente visibile anche su Internet), attraverso il quale presentarsi nella comunità di lavoro con i loro vissuti sia professionali che personali. Il BLOG rappresenta il proprio cahier intime, veicola foto, file musicali, racconti, link a siti e realtà che si desidera segnalare e far conoscere. Ogni BLOG consente di descrivere a tutto tondo il vissuto che il singolo desidera condividere e proporre, a partire dal bisogno di dar voce allo spessore delle esperienze di vita e di “sentimento” che troppo spesso siamo chiamati a tener fuori dai confini della convivenza di lavoro.
 
Mentre il BLOG parla del singolo e racconta una biografia della quale ognuno è redattore ed editore, Scribenda ospita tutti quei contributi che desideriamo diventino oggetto di confronto, scambio, dibattito, costruzione di una memoria collettiva.
 
Il progetto prevede, in sinergia con la casa editrice Castelvecchi, la premiazione, a cura di una giuria esterna, dei BLOG che abbiano proposto e condiviso un progetto di comunicazione efficace e vero, e la pubblicazione di un libro che contenga la narrazione dell’esperienza di progetto.
 
BLOG, Scribenda e Conversazioni hanno quindi consolidato fra il 2005 e il 2006, costituendone un esempio, una esperienza di narrazione offerta e costruita nello spazio organizzativo con l’intento esplicito di lavorare per e con la memoria. E per utilizzare la memoria per benEssere.
 
Note
1 Gilda Serafini, Corporate Blog:l’organizzazione riscritta, in L’Asterisco – Numero 3-4 Anno II – Editore TILS – Anche su http://www.tils.com/open_mind/asterisco/index.asp
2 J.Duvignaud, Le jeu du jeu, cit. in Del nomadismo, M. Mafesoli, Franco Angeli, 2000, pag. 40
3 M. Maffesoli, Del nomadismo, Franco Angeli - 2000
4 M. Heidegger. Sentieri interrotti, Perché i poeti – La nuova Italia, 1950 – Pag. 247
5 A. Correale, L’ipertrofia della memoria come forma della patologia istituzionale, in Sofferenza e psicopatologia dei legami istituzionali, Borla, 1998 – pag. 113
6 Antonello Correale, ibidem – pag. 118,119)