N° 16 / 2020 - Storie di apprendimento e innovazione nella pandemia
SOCIETA' - L’Agorà Verticale
Questo tempo sospeso, rarefatto e invece denso, questo tempo così intenso, ci ha tolto molto, ma ci ha regalato ampi spazi di riflessione. Spazi di pensiero da costruire oltre lo sgomento, in cui ci appare, o si lascia percepire, l’idea che il nostro presente che guarda al futuro chieda nuovi paradigmi, nuove prospettive per vedere e ridisegnare la società.
I mesi della nostra primavera sospesa sono stati un tempo straordinario, fuori dall’ordinario, ma anche dal tran tran della normalità che impone alla nostra contemporaneità un ritmo forsennato, una corsa che non guarda alla meta ma alla velocità del passo. La forzata immobilità dei nostri corpi ha spronato la fertile mobilità delle idee.
Liberi dall’ansia da prestazione, senza dover dimostrare nulla a nessuno, abbiamo lavorato svincolati dalle regole di mercato, abbiamo sviluppato idee per poter essere utili, abbiamo sconfitto il senso di impotenza, abbiamo riscoperto l’importanza di una cultura della partecipazione, in cui ognuno ha senso e porta senso.
Noi, noi, noi, fin dalle prime righe sto usando la prima persona plurale.
Noi, le persone, le donne, gli uomini, i compagni di questa avventura. Ognuno di noi è uno ed è plurale. Questo rinnovato senso di comunità, di legame, di entanglement è un altro degli importanti valori di questo tempo. Noi abbiamo riacquisito la consapevolezza della relazione. È stato improvvisamente chiaro che sarebbe stato prendendoci cura de “l’altro” che avremmo avuto una chance di salvarci tutti.
E poi c’è il noi più ristretto, quello che appare zoomando all’interno di un appartamento nel cuore di San Lorenzo, strano quartiere-villaggio nel cuore di Roma. Con Massimo ci siamo ritrovati a ragionare fin dai primi giorni del lockdown su come spenderci, su come dare senso e offrire valore, ed è stato semplice, è bastato metterci in ascolto, aprire la finestra, quella che da sul cortile e quella del computer aperta sul mondo. È bastato mettere in gioco il nostro sguardo. È bastato praticare bellezza.
Vivo di cultura, mi occupo di arte, di teatro, così fin dalla prima volta che tutta Roma ha aperto la finestra e ha cantato - era il 13 marzo credo, poi lo avrebbe fatto l’Italia intera - ho sentito profondamente e con chiarezza che quello non era solo un gesto di resistenza ma di esistenza. Opponevamo alla paura della morte quello che ci rende speciali, la creatività, l’espressione della nostra creatività, la cultura. Non era un diversivo, una distrazione dal problema, non era entertainment ma arte, l’arte di vivere. Non volevamo ibernarci, ma dare senso ai giorni.
Qualche giorno dopo, mentre cantavo, ho visto nella finestra di fronte una coppia di amici che ballava, emozionata lo ho detto a Massimo, lui ha pensato solo un secondo, ha armeggiato con il computer, preso il videoproiettore e lo ha puntato sulla facciata, incorniciando il ballo dei nostri amici nel ballo di Ginger e Fred, abbiamo fatto risuonare le note di Chic to chic per tutto il cortile e così è nata la poesia di un momento che ci ha emozionato tutti. Il giorno dopo il video di questo momento postato sui social è stato ripreso dai telegiornali e dai giornali, italiani con articoli come quello firmato da Gad Lerner su Repubblica, ma anche all’estero su Libération. Era solo l’inizio, anche grazie al post del nostro vicino che si occupa di comunicazione, l’immagine ha fatto il giro del mondo, per essere postata perfino da Madonna come simbolo di resilienza. Programmi di news come la CNN o NBC, ma anche network cinesi e indiani, ne hanno parlato come incitazione alla speranza. Infine Apple ha deciso di chiudere il suo spot internazionale per celebrare la forza della creatività al tempo del COVID-19 “Creativity goes on” con le immagini della nostra poetica proiezione. Questo nostro piccolo gesto autentico è diventato un simbolo, un segno della speranza che la bellezza avrebbe salvato il mondo.
Incontrarci tutti i giorni a cavallo del tramonto
Quando, dopo qualche giorno, molte delle finestre d’Italia hanno smesso di cantare, noi, Massimo, io e i vicini del nostro palazzo e di quelli intorno, abbiamo continuato a incontrarci tutti i giorni a cavallo del tramonto. Dalle nostre finestre abbiamo dato vita a quella che ormai definiamo la nostra “Agorà Verticale”. Abbiamo fatto interagire, attraverso ciò che siamo e che sappiamo, letteratura, scienza, arte, tematiche civili, vita insomma. Ci sono stati momenti che non dimenticheremo, come la nostra celebrazione del Dante day in cui ho letto il Canto di Ulisse dalla Divina Commedia mentre Massimo proiettava frammenti del film “Inferno” di De Liguoro del 1911 sulle facciate intorno; quando abbiamo fatto risuonare le storie dei Giusti, che avevo portato in scena all’Auditorium di Santa Cecilia, “ospitando” il nostro amico violinista Marco Valabrega che ha suonato per noi, aprendo per lui una finestra virtuale proiettata sulla facciata di fronte e cantando con lui dal nostro cortile; o la sera in cui abbiamo proiettato sulle facciate, sui tetti e sui nostri corpi le immagini delle opere d’arte realizzate durante il lockdown raccolte dal progetto Lazzaro art doesn’t sleep e ho danzato sulla terrazza offrendo il movimento del corpo alla danza del colore e della luce; abbiamo fatto riverberare le parole della grande letteratura giocando a cercare e tracciare vie nelle pagine lette e proiettate per affermare l’importanza del guardare ciò che conosciamo sempre con nuovi occhi.
Indimenticabile e fortissima è poi arrivata l’occasione di rappresentare la manifestazione del 25 aprile. Gad Lerner, che dai tempi della proiezione di Ginger e Fred aveva continuato a seguire le nostre attività, incaricato di presentare la diretta di Repubblica tv, ha scritto a Massimo se lui ed io volessimo organizzare una cosa “delle nostre”. Abbiamo immaginato il nostro Canto civile, un video con un piano sequenza ascensionale nella nostra Agorà Verticale in cui ognuno dalla sua finestra desse voce al significato profondo della Liberazione. Ancora una volta personale/universale.
Molti, moltissimi appuntamenti in cui ci siamo confrontati, in cui ognuno ha dato qualcosa di profondamente, autenticamente suo e lo ha offerto alla trasformazione dell’incontro con l’altro. Senza pregiudizi, senza sovrastrutture, abbiamo costruito una sorta di esperanto della visione. Ognuno ha parlato di quello che lo appassiona con il linguaggio che gli appartiene, la risposta sarebbe arrivata, spiazzante e allo stesso tempo precisa, da un altro mondo e forse in un’altra lingua, tutti consapevoli però che ascoltandoci avremmo costruito un universo in relazione. È stato estremamente coinvolgente ed emozionante quando alla mia lettura del racconto di Borges “Funes el memorioso” sui misteri della memoria, le nostre amiche del palazzo accanto, giovani neuro biologhe ricercatrici del CNR, hanno risposto raccontando le loro ricerche e le ultime scoperte sui “luoghi” della memoria nel cervello.
Questi giorni, questi mesi, questi momenti sono stati una grande esperienza, su cui sentiamo che valga assolutamente la pena di ragionare, di pensare, noi lo stiamo facendo e continueremo a farlo e ci piace mettere questa esperienza sul piatto perché altri possano magari svilupparla.
Usciamo, spero, da anni in cui la cultura è stata svilita e dipinta come effimera, elitaria, certamente non essenziale.
Chi ha sempre saputo che può anche essere vero che la cultura non si mangia, ma certamente si respira, chi di cultura e per la cultura vive, ha usato questo periodo, ha sfruttato questo tempo, avendo l’intuizione o almeno la sensazione che potesse racchiudere una occasione per ripensare sistemi e stilemi, per riflettere, ragionare, lavorare e costruire nuovi modi di fare e far fruire la cultura.
In un’epoca in cui si parla di apprendimento continuo, questo è sicuramente un tempo importante per l’educazione, nel senso proprio dell’e ducere, per tirare fuori da noi, da ognuno di noi, ciò che sappiamo e ciò che siamo e metterlo in gioco per costruire consapevolezza, conoscenza, futuro.
In qualche modo la sorpresa di un evento assurdo, totalmente inimmaginabile per i più, come la pandemia al tempo della globalizzazione, una condizione assolutamente senza precedenti e senza riferimenti, insieme alla paura, ha acceso le nostre intelligenze, cognitive ed emotive, ha innescato la nostra resilienza. Lo stupore con cui improvvisamente abbiamo guardato il mondo, il nostro mondo, il cielo, i mari, la natura che tornava così velocemente a recuperare bellezza, quello stupore, che anche nel dolore e oltre la paura ha acceso i nostri sguardi, ci ha regalato la sensazione di poter avere una visione sul nostro futuro, di poter ancora provare, sperimentare, cercare di costruire frammento per frammento, vita per vita, scelta per scelta, di poter costruire con un progetto.
Uno spirito diverso
Oggi, solo pochi mesi sono passati, ma lo spirito con cui stiamo affrontando questa seconda ondata è profondamente diverso, il panico dell’ignoto è popolato da simulacri di paure note, paura di perdere ciò che conosciamo, lo status quo, il lavoro, i punti fermi, gli equilibri. Panico, sfiducia e rabbia stanno annebbiando le nostre menti e sembrano cancellare quello che i nostri spiriti hanno conquistato nei mesi scorsi. Corriamo il rischio che la voglia di ripristino vinca sul sano impulso a cercare di costruire su nuovi paradigmi una società migliore, ma io credo che quello che abbiamo vissuto a primavera sia molto forte, il bulbo è lì nascosto sotto la terra ma fiorirà come un giacinto profumato.
Qualche link
Agorà Verticale per Lazzaro art doesn’t sleep
Agorà verticale con Gaia Riposati & Massimo Di Leo
Luce d’arte in proiezione ad accendere le città
Ripensare i paradigmi della partecipazione
Il condominio di San Lorenzo come un teatro vivente: il flash mob a Roma, Repubblica TV
SOCIETA' - Dea - Donnecheammiro. Il momento è adesso per creare reti e costruire il futuro


SOCIETA' - Pasticceri si diventa
Ciambelloni, muffin, crostate, biscotti: la nostra casa inizia a profumare di pasta frolla e i prodotti industriali per la colazione spariscono progressivamente dagli scaffali della cucina.


SCUOLA - Maurizio Carmignani intervista Dianora Bardi
SCUOLA - La Scuola in emergenza: serve visione e strategia


SCUOLA - Quando la DAD include
Tra poco il Coronavirus va via per sempre.
Tra poco torniamo a scuola
E troviamo i bambini con la faccia felice
Ogni giorno aumenta la felicità
ogni giorno
ogni settimana
ogni mese
ogni anno
aumenta la felicità.
Tra poco c’è l’estate
andiamo al mare
con le mascherine
tra poco finisce la scuola
e andiamo in montagna
con la famiglia in vacanza…
Ci mancano solo 3 mesi
per tornare a scuola
e il Coronavirus sarà distrutto
per sempre
e noi toglierem le mascherine
e noi non ci arrendiam
anzi noi VINCEREMO!
noi VINCEREMO!
Livia, una bambina di terza elementare, ballando in diretta davanti alla webcam del computer dei genitori, canta e segna in Lis questa canzone, dal titolo "Via via coronavirus", interamente scritta, musicata e coreografata da lei, per il talent show organizzato su Google Meet dalla sua insegnante come compito di classe per il saggio di fine anno scolastico 2019-2020. Nulla di eccezionale, se non il fatto che questa bambina è sorda profonda dalla nascita, e una cosa del genere sarebbe stata letteralmente impensabile fino a una decina di anni fa, prima dell’avvento degli impianti cocleari, della rivoluzione digitale, della didattica a distanza.
Facciamo un passo indietro. Come rispondere alla repentina chiusura su tutto il territorio nazionale dei servizi educativi per l’infanzia, delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e di formazione superiore, previste dal DPCM 4 marzo 2020? Una combinazione di pragmatismo e creatività nell’utilizzo della DAD è la risposta che emerge dalle interviste effettuate a insegnanti, operatori e genitori degli alunni della scuola Isiss Magarotto di via Nomentana a Roma, una scuola specializzata nell’inclusione scolastica dei bambini sordi.
Il testo integrale dell’indagine è reperibile in Filosa G. e Parente M., “Cosa resterà della DAD? Strategie inclusive durante il Covid: uno studio di caso”, Sinappsi n. 3/2020, Inapp
Efficacia della progettazione
Una accurata progettazione didattica si è rivelata essenziale per rendere la DAD il più efficace ed inclusiva possibile. A partire dalla fase di preparazione: si è effettuata una ricognizione dei dispositivi informatici posseduti dai ragazzi, per poi distribuire computer e altri device a tutte le famiglie che ne avessero bisogno. Una volta scelta una piattaforma accessibile a tutti, nella fase operativa spesso si anticipavano i contenuti delle lezioni caricando dei video che potessero facilitarne la comprensione.
Il materiale da utilizzare è stato talvolta reperito su internet, privilegiando quello maggiormente fruibile per quel particolare target di studenti. Altre volte lo si è preparato ad hoc, con informazioni corredate da immagini e da piccole, brevi spiegazioni, e concetti chiave ben evidenziati. L’assistente alla comunicazione (Asco) ha segnato per i bimbi sordi i testi dei video o dei libri utilizzati, i racconti e le consegne degli insegnanti. A volte gli alunni con disabilità uditiva avevano due schermi: uno con cui partecipavano alla lezione, l’altro con cui seguivano l’Asco. I bambini che lo necessitavano, inoltre, sono stati seguiti anche individualmente con incontri modellati in base alle loro competenze.
È stato previsto un numero di ore di lezione sincrona sufficiente ad offrire una scansione del tempo che ricordasse la routine scolastica, e a dare continuità con quanto appreso in classe. Tuttavia, uno dei rischi maggiormente avvertiti nell’utilizzo della DAD è stato quello di affaticare eccessivamente gli alunni facendoli stare troppo tempo davanti al computer. Per questo motivo si è privilegiato l’aspetto ludico delle lezioni anche nella modalità on line, così come si faceva già in presenza: il gioco, infatti, considerato come risorsa e strumento didattico abituale, è stato ritenuto utile anche e soprattutto nelle situazioni di difficoltà, per mantenere alta l’attenzione dei bambini. Sono stati in particolare utilizzati, anche per alcune verifiche, i giochi interattivi educativi on-line, accessibili tramite link, come ad esempio Wordwall, Powtoon e Learning up.
Un altro elemento essenziale di questa esperienza di DAD è stata l’acquisizione, da parte degli studenti, di un’abitudine metodologica utile a districarsi nei contenuti multimediali. Tale acquisizione è stata facilitata dall’assegnazione di compiti-stimolo, di obiettivi da raggiungere o problemi da risolvere tramite l’utilizzo delle tecnologie: una ricerca corredata da immagini, un esperimento o, come si è visto, la preparazione di una performance per un talent show.
Del resto la cultura digitale, seppure resa necessaria dalla pandemia, non era sconosciuta in quel contesto scolastico. L’Isiss Magarotto, infatti, aveva già lavorato in tal senso, con laboratori di coding e l’ausilio della lavagna interattiva multimediale, perché le tecnologie che integrano l’elemento testuale con quello visivo sono di notevole beneficio, specie per i bambini non udenti.
Consapevoli dello stress generato dalla crisi sanitaria e del rischio di dipendenza dal pc per le molte ore di lezione on line, ci si è avvalsi di uno sportello con una psicologa segnante, organizzando incontri periodici con ogni classe, per raccogliere le sensazioni dei bambini, il loro vissuto, anche sotto forma ludica.
L’utilizzo della DAD, anche per il futuro, sarà una vera e propria necessità per gli studenti plurihandicap, con problemi di salute o provenienti da altre aree geografiche: nelle altre sedi della scuola (Padova e Torino) sono del resto già attive delle piattaforme e la Preside ne prevede l’utilizzo per continuare a veicolare i contenuti a prescindere dalla situazione pandemica. Se ne rileva l’utilità anche in momenti differenti dalla didattica, come quello delle riunioni dei docenti, soprattutto per quelli che risiedono lontano dalla scuola o hanno bambini piccoli.
Tuttora la scuola fa largo uso della piattaforma Google Classroom e di G-suite per le riunioni, gli incontri con i genitori e i compiti a casa: i bambini sono stati abituati ad utilizzarla in piena autonomia, a controllare i compiti assegnati e a caricare i file e le foto dei compiti svolti. In tal modo i nativi digitali imparano concretamente ad utilizzare le piattaforme, a scrivere con un word processor, ad impostare presentazioni con immagini e informazioni prese da internet, insomma a sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, senza le preoccupazioni luddistiche dei loro genitori, che spesso si traducono in un digital divide che si autoavvera.
Pur nella consapevolezza di rappresentare, con classi poco numerose, un’isola felice nel panorama scolastico italiano, si è trattato di affrontare una sfida importante alla quale il corpo docente ha risposto rivedendo le proprie strategie didattiche. Si è verificato, infatti, un cambio di prospettiva rispetto al passato, con i ragazzi molto più partecipi, grazie al modello dell’assistant classroom, cioè la classe capovolta, e tanta formazione da parte dei docenti che hanno saputo rimettersi in gioco.
Un'impostazione didattica inclusiva
Sarebbe stato impossibile cogliere efficacemente tale sfida senza un’impostazione didattica che ponesse già l’inclusione scolastica dei bambini (in particolare quelli con disabilità uditiva e/o di origine straniera) al centro dell’offerta formativa. Certo è vero che i loro genitori, durante il lockdown, hanno spesso avuto difficoltà a conciliare la DAD con lo smartworking, specie in assenza dei nonni, declassati in poco tempo da insostituibile pilastro del nostro welfare familiare a categoria fragile bisognosa di protezione. Ed è anche vero che a doversi districare tra compiti dei figli e lavoro a domicilio sono state soprattutto le mamme, come hanno più volte evidenziato diverse indagini. Ma ciò non deve indurci ad archiviare troppo frettolosamente e ideologicamente esperienze di innovazione didattica (e organizzativa) che pure sono state positive. Anzi, il problema è quello di superare alcuni limiti culturali e infrastrutturali.
Dei secondi, ovvero della necessità di una banda larga capillare e non a macchia di leopardo come quella attuale, se ne parla ampiamente, da tempo, ed è un limite di cui le scuole, soprattutto al sud e nelle isole, sono le principali vittime, oltre alle famiglie. I limiti culturali invece sono nella nostra testa, e proprio per questo forse ancora più difficili da superare. Innanzitutto è da superare l’assunto in base al quale ad occuparsi dei bambini, compiti inclusi, debbano essere soprattutto le madri. Il padre, in quanto breadwinner, spesso se ne chiama fuori, rifugiandosi nel lavoro, a distanza o in presenza che sia.
Il secondo limite è quello che vede i nostri figli dipendenti dai genitori, e non solo dal punto di vista economico, spesso anche oltre la maggiore età. Eppure la Montessori ci insegna che anche il bambino in età scolare non ci chiede altro che essere aiutato a fare da solo, anzi, in una sorta di reverse mentoring precoce, spesso è proprio il bambino ad insegnare al genitore come accedere alla piattaforma della classe, come collegare il telefonino al pc, insomma quelle competenze digitali necessarie a tutte le generazioni, nessuna esclusa.
Livia è fortunata, perché grazie a classi particolarmente piccole, e ad un’attenta osservanza dei rigidi protocolli anti-Covid, può ancora beneficiare di una didattica inclusiva in presenza assieme ai suoi compagni di classe, anche durante questa seconda ondata che pende come una spada di Damocle sulle nostre teste. Però continua a svolgere una parte dei compiti a casa su Google Classroom, costantemente monitorata dalle sue insegnanti. La DAD, in alternanza alla didattica in presenza, farà comunque parte del new normal di molti bambini, ma questo sembra spaventare più i loro genitori che i bambini stessi. Questa "scialuppa di salvataggio", che a volte ha funzionato, a volte meno, comunque è pronta a trarre in salvo i naufraghi della scuola nelle situazioni di emergenza: invece di demonizzarla, andrebbero rimossi gli ostacoli che rendono la nostra scuola pubblica ancora troppo poco inclusiva, sia in presenza che a distanza.
Qualche link
Sinappsi - Connessioni tra ricerca e politiche pubbliche, Inapp
SCUOLA - Non esistono giorni di scuola ordinari


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Attuare la Strategia per le competenze digitali nel periodo dell’emergenza sanitaria


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - La formazione ai tempi della pandemia: l’esperienza della Scuola Nazionale dell’Amministrazione
1. Il percorso di introduzione della didattica a distanza alla SNA
La Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), nel quadro di un più ampio intervento di innovazione delle sue attività formative (1), ha promosso, a partire dal secondo semestre del 2017, un percorso strutturato per lo sviluppo della formazione a distanza, considerata un asset fondamentale anche per il long life learning della pubblica amministrazione. La SNA ha, infatti, come missione il reclutamento e la formazione di dirigenti e funzionari pubblici, in particolare dei ministeri e delle amministrazioni centrali (2).
Partendo da alcune esperienze pilota sviluppate in precedenza, e in considerazione delle crescenti esigenze manifestate dalle amministrazioni e dai partecipanti ai corsi, nel 2017 è stata avviata un’azione volta a incrementare progressivamente la quota di formazione fruibile a distanza.
Il percorso ha previsto, nella prima fase (2017-2018), l’approfondimento e l’individuazione delle modalità di formazione a distanza, sincrona e asincrona, più adeguate per i destinatari delle attività formative della Scuola; un’azione formativa interna di introduzione alle metodologie e agli strumenti eLearning, dedicata ai docenti e al personale di supporto; l’acquisizione delle piattaforme e l’integrazione delle stesse con i sistemi gestionali della Scuola.
Nella seconda fase (2018-2019) sono state definite le caratteristiche delle tipologie di corso (in aula, blended, interamente in eLearning); l’uso di Moodle è stato integrato all’interno di tutta l’offerta didattica, creando un’aula virtuale per ciascun corso; è stata avviata la progettazione e realizzazione dei primi contenuti online (video-lezioni), prodotti internamente.
2. La reazione all’emergenza Covid-19 e lo sviluppo di nuovi modelli didattici
Il percorso realizzato ha permesso alla SNA di affrontare in maniera proattiva l’emergenza Covid-19: a metà marzo, in una sola settimana, tutti i corsi previsti in aula sono stati riprogrammati a distanza, premettendo alla Scuola di proseguire regolarmente con l’erogazione di tutti i corsi previsti nel catalogo dell’offerta formativa per il 2020: 226 corsi, articolati in oltre 300 edizioni (3).
Oltre alla elevata numerosità, la particolarità dei corsi SNA è data dal fatto che coprono conoscenze e competenze in ambiti tematici fortemente diversi e che ad essi partecipano discenti con profili professionali differenziati e provenienti da una pluralità di amministrazioni, con la conseguente necessità di trovare modalità didattiche il più possibile adeguate a gestire una così elevata eterogeneità.
A seguito della pandemia, i corsi SNA sono stati realizzati secondo tre modalità principali (figura 1):
- Corsi interamente sincroni: composti da webinar, con sessioni della durata massima di due ore;
- Corsi interamente asincroni: strutturati in contenuti digitali fruibili autonomamente dai corsisti in un periodo di tempo predefinito;
- Corsi sincroni-asincroni: che prevedono una combinazione, in misura variabile, di webinar sincroni e contenuti digitali asincroni.
I corsisti accedono a tutte le tipologie di attività previste per ciascun corso dalla piattaforma Moodle, dove è previsto un ambiente online dedicato per ciascuna edizione (cd. aula virtuale), nel quale sono disponibili anche: programma del corso, materiali e contenuti didattici di approfondimento, registrazione dei webinar (dopo la lezione sincrona), test di valutazione e questionario finale di gradimento del corso. Per alcuni corsi sono inoltre previste attività ulteriori, quali forum di discussione e tutoraggio a distanza.
Figura 1 - Modalità corsi SNA marzo-ottobre 2020
Nel secondo semestre 2020 è stata avviata anche la progettazione e realizzazione di corsi con modalità scheduled (4) e di corsi self-paced. Il primo modello è attualmente in fase di sperimentazione su 12 corsi relativi ad ambiti tematici diversi: sviluppo sostenibile, politiche di coesione, big data, comunicazione, gestione dei gruppi di lavoro, protezione dei dati personali, transizione digitale. Tali corsi, che hanno durate molto diverse, sono stati selezionati con l’obiettivo di aumentare l’interazione tra partecipanti e tra partecipanti e docenti. Accanto a momenti di didattica sincrona, i corsi prevedono, in combinazioni diverse, video di ingaggio introduttivi, podcast, attività da realizzare su Moodle o in piccoli gruppi su Teams (simulazioni, presentazioni etc.), una prova di valutazione finale che, nei corsi più lunghi, può essere anche un project work.
Il modello didattico self-paced è stato applicato ai corsi asincroni che forniscono conoscenze di base in materia di: analisi delle politiche pubbliche, contabilità pubblica, diritto amministrativo, economia pubblica, management pubblico, statistica, trasformazione digitale. Ciascun corso è composto da video-lezioni (da 5 a 8, di cui la prima introduttiva al tema) curate da docenti diversi; test di auto-valutazione al termine di ciascun video (3 domande a scelta multipla), il cui superamento è indispensabile per passare al video successivo; articoli e altri materiali di approfondimento; forum di discussione attraverso la piatttaforma Moodle, con la possibilità sia di dialogare tra pari sia di porre questioni ai docenti; un test di valutazione finale (20 domande a risposta multipla) (5).
Da aprile 2020 è stato inoltre promosso il progetto “Solidarietà formativa” che mette a disposizione delle amministrazioni, gratuitamente e in ottica di riuso, i contenuti digitali asincroni disponibili nel catalogo SNA. Il progetto ha coinvolto, sino a ora, 7 amministrazioni, per oltre 200 contenuti in riuso. Tale iniziativa ha permesso di rendere disponibili i contenuti dell’offerta formativa a un parterre ancora più ampio di dipendenti pubblici, creando, grazie al supporto metodologico offerto dalla Scuola, percorsi dedicati a singole amministrazioni e a differenti categorie professionali. In considerazione dell’interesse con il quale le amministrazioni hanno accolto questo progetto, la SNA sta valutando la realizzazione di alcuni MOOC su temi di interesse trasversale per la PA, quali trasformazione digitale, comunicazione pubblica, prevenzione della corruzione e contratti pubblici.
3. I primi risultati e i fattori critici di successo
Tra il 2019 e il 2020 (dati aggiornati a ottobre) i corsi in modalità eLearning sono passati da 28 a 179, le edizioni da 57 a 270 e le ore di formazione a distanza da 1.885 a circa 4.000 (figura 2).
Complessivamente, tra marzo e ottobre 2020 sono state realizzate 1.026 sessioni di webinar (a fronte delle 128 del 2019) (figura 3), mentre il catalogo dei contenuti digitali asincroni è stato ulteriormente sviluppato e conta oggi 388 learning objects (6).
Figura 2 - Corsi, edizioni e ore eLearning SNA 2017-2020
Figura 3 - Sessioni webinar SNA 2019-2020
I dati relativi al gradimento dei corsi, monitorati attraverso questionari al termine di ciascun scorso, hanno registrato un apprezzamento positivo di queste modalità: lo SNA Quality Index - indice che sintetizza le variabili di qualità monitorate - del II quadrimestre 2020 ha registrato il livello più elevato (86,4 su 100) da quando viene registrato (7).
Tali risultati sono stati possibili grazie al coinvolgimento attivo dei diversi attori del processo formativo della SNA: docenti, tutor e partecipanti. Dal punto di vista organizzativo, la riprogettazione ed erogazione dei corsi ha fatto capo ai cinque Dipartimenti didattici, con un ruolo trasversale svolto dall’eLearning Lab, il centro interno di competenze, creato nel 2018, che ha come obiettivi la promozione e lo sviluppo della formazione online della Scuola, grazie ad attività combinate di supporto metodologico, tecnologico e di gestione delle piattaforme
Docenti e tutor sono stati attivamente coinvolti in percorsi di peer learning: i primi sono stati supportati nella riprogettazione dei contenuti dei propri corsi grazie a momenti formativi dedicati alle piattaforme utilizzate dalla Scuola e alla predisposizione di linee guida per la realizzazione dei webinar e dei contenuti didattici asincroni; i secondi sono stati costantemente accompagnati dall’eLearning Lab grazie a iniziative formative dedicate e a interventi individuali di capacity implementation.
I tutor hanno rappresentato un asset fondamentale nel supporto ai docenti e ai partecipanti nell’erogazione dei corsi. L’impegno è stato particolarmente rilevante in considerazione dell’elevato numero di docenti coinvolti (oltre 500), spesso incaricati per una sola lezione, e del numero e tipologia di partecipanti, che nel 2020 sono stati oltre 25.000 (8): dirigenti e funzionari con una età media elevata, abituati a modalità di apprendimento tradizionali e in molti casi con scarsa dimestichezza nell’uso delle piattaforme tecnologiche.
La necessità di adattare i programmi dei corsi, inizialmente progettati per una fruizione prevalentemente in presenza, ha inoltre permesso di avviare una sempre maggiore integrazione delle piattaforme utilizzate dalla Scuola (Moodle, Adobe Connect e Microsoft Teams) e ha evidenziato al contempo gli aspetti critici da affrontare e migliorare.
4. Lessons learned e sviluppi
Il percorso di sviluppo della formazione a distanza ha rappresentato per la SNA una innovazione fondamentale perché ha permesso alla Scuola di aumentare in maniera significativa il numero di discenti che essa è in grado di raggiungere, superando il limite “fisico” delle aule e le problematiche connesse ai costi delle missioni, ma ha imposto anche un progressivo ripensamento delle metodologie didattiche.
In considerazione del perdurare dello stato di emergenza sanitaria, le attività formative SNA per il 2021 (262 corsi di formazione continua) sono state prudentemente organizzate ancora interamente a distanza per il primo semestre e con la previsione di un ritorno graduale in presenza a partire da settembre-ottobre (9).
L’esperienza sviluppata nel 2020 e qui sinteticamente presentata ha coinvolto la Scuola in un percorso di progressivo incremento delle proprie competenze e capacità, nella direzione di un “modello di didattica integrata” tra attività in presenza e a distanza e attività sincrone e asincrone. In tale modello le attività in aula dovranno essere progettate, in particolare, come momenti formativi che presuppongono il coinvolgimento attivo del discente (laboratori, testimonianze, presentazione e discussione di casi proposti dai partecipanti a partire dalla loro esperienza lavorativa), mentre le attività a distanza dovranno essere sviluppate ancora più in funzione della natura specifica, degli obiettivi formativi e del numero di partecipanti di ciascun corso, permettendo nel contempo una maggiore personalizzazione delle relative esperienze d’uso.
A partire dai risultati delle sperimentazioni in corso, la SNA intende proseguire il suo impegno nel percorso di rafforzamento e innovazione delle metodologie didattiche e per la definizione di adeguati modelli di long life learning per le amministrazioni pubbliche, grazie anche a una sempre maggiore integrazione tra le sue attività di formazione e ricerca.
1. Si veda Battini S. e Bandera S., L’esperienza recente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione nel dialogo con le amministrazioni destinatarie della formazione, in Atti del convegno AIPDA (Pisa, ottobre 2019), in corso di pubblicazione.
2. Nata nel 1957, come Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA), è parte integrante della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nella sua configurazione attuale è stata definita nel 2014 a seguito dell’accorpamento delle scuole di formazione dei diversi ministeri: Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze, Istituto diplomatico "Mario Toscano", Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno, Centro di Formazione della Difesa e Scuola Superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche.
3. Tra marzo e maggio 2020 sono state realizzate a distanza anche tutte le attività del VII Corso-concorso per il reclutamento di 125 nuovi dirigenti pubblici, che erano state originariamente previste presso la sede della SNA di Caserta. Sulla riorganizzazione di tali attività a distanza si veda Limongelli V., Moodle e Corso-concorso, in Atti del convegno MoodleMoot Italia 2020 (novembre 2020), in corso di pubblicazione.
4.Watson W.R., Yu J.H., Watson S.L., Perceived Attitudinal Learning in a Self-Paced versus Fixed-Schedule MOOC, in “Educational Media International”, 55(2), 2018, pp. 170-181.
5. Per un approfondimento sulle sperimentazioni in corso si rinvia a Bandera S., D’Antoni C., Limongelli V., Micale F., Sviluppare la formazione a distanza nella PA: l’esperienza della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, in Atti del convegno MoodleMoot Italia 2020 (novembre 2020), in corso di pubblicazione.
6. Il catalogo è disponibile sul sito SNA: http://sna.gov.it/it/tutte-le-news/formazione/dettaglio-news-formazione/article/smart-learning-alla-sna-disponibile-il-nuovo-catalogo-delle-video-lezioni/
7. Lo SNA Quality Index (SQI) è l’indice sintetico che permette di monitorare i fattori fondamentali di valutazione di ciascun corso da parte dei partecipanti (che compilano un apposito questionario nell’ambiente online Moodle): percezione globale della qualità, qualità della docenza, soddisfazione delle attese ed erogazione del servizio.
8. Il dato relativo ai partecipanti è aggiornato a ottobre 2020.
9. Il catalogo dei corsi 2021 è disponibile sul sito SNA: http://paf.sna.gov.it/
IMPRESA - Tempo della cura, cura del tempo
Stavamo, improvvisamente, in uno strano mo(n)do. Orfani di contatti e lontani persino dai vicini di casa.
"Come facciamo a stare insieme?"
È così che, in Bottega Filosofica, ci è venuta l’idea, un po' di pancia e poi più ordinata, di trovare dei modi per stare insieme anche da lontano, sfruttando internet e soprattutto le nostre competenze, offrendole a chi avesse avuto voglia di esserci e accogliendo quel che fosse venuto in cambio.
Volevamo un modo per liberare la mente, per non stare inchiodati in quella 'cosa' lì. Una rete di protezione.
E abbiamo organizzato laboratori, salotti virtuali e incontri di approfondimento e di scambio, insieme davvero.
In effetti, far stare insieme è una delle capacità che servono più frequentemente nel nostro lavoro, e allora perché non mettere a disposizione questa competenza?
Così è nato Tempo della cura, cura del tempo.
Ecco perché non sono state iniziative riempitive ma attività di tras-formazione adatte a questo modo di 'stare', così diverso da quello a cui la maggioranza di noi è abituata.
Ci siamo dati appuntamento a piccoli gruppi – massimo 10 persone -, connessi in videoconferenza - e quindi tutti partecipanti attivi - per incontrarci e stare insieme in modi diversi: leggere insieme e chiacchierare, a partire da un libro, raccontare storie, fare insieme esercizi orientati al benessere fisico e non, laboratori di cucina e di arte per bambini, un mastermind group con altre PMI per interrogarci insieme sul futuro. Non eravamo ancora così tanto abituati a Zoom, per molti è stata una vera scoperta alla quale si sono avvicinati con meraviglia e un po' di titubanza che l'attenzione meticolosa che abbiamo messo nel creare spazi accoglienti e sicuri, sebbene virtuali, ha presto fatto superare.
D’altra parte autenticità è una delle nostre parole d’ordine e questo era già l’anno del "fatto è meglio che perfetto".
E volevamo - come ancora vogliamo - che tutto andasse avanti in modo sostenibile: con quello che avevamo già e secondo ritmi che aiutassero si, a distrarre ma senza aggiungere ansia e pressione a giorni che già ne portavano abbastanza.
Sono nati così, oltre al mastermind group del quale ho già accennato, un laboratorio di movimento e consapevolezza con una amica fisioterapista, un gruppo di lettura condivisa – che ancora vive e prospera -, un gruppo di auto-mutuo-aiuto condotto da una collega psicologa per riflettere su ciò che ci stava accadendo dentro in quel momento così sconcertante, un laboratorio di cucina per bambini e genitori e i workshop d’arte per bambini condotti da Pamela D’andrea, coautrice di questo articolo.
pARTEcipiamo!

Una delle quattro attività che lo compongono – le altre sono musica, cucina, giardinaggio - quella di cui Pamela si occupa personalmente, data la sua formazione come storica dell’arte e l’esperienza come operatrice didattico-culturale prende la forma di laboratori artistici raccolti sotto il nome “pARTEcipamo!”.
Per la progettazione il compito di Pamela è stato innanzitutto quello di selezionare quali, tra i laboratori che aveva già condotto in alcuni spazi ospitanti della Capitale (quindi in presenza con i bambini partecipanti), potevano essere adattati a una versione in modalità web live che permettesse di seguire i passaggi che compongono la realizzazione di un’opera d’arte casalinga.
“Ho dovuto anche immaginare quale tipo di materiali di recupero potesse essere più facilmente reperibile nelle case di chi avrebbe partecipato, viste le restrizioni sempre maggiori che —certamente — avrebbero potuto rendere difficile trovare qualcosa che mancava. Così, cercando di non dare per scontato nulla, a volte insieme ai genitori (che, ripeto, non sono solo supervisori ma parte attiva nei laboratori) abbiamo cercato soluzioni alternative e improvvisate, per proseguire il lavoro con quello che si trovava in casa".

Al termini del laboratorio, i genitori, ricevono una e-mail che riassume brevemente i passaggi dell’attività che è stata svolta, per poter recuperare quel che può essere sfuggito ed essere in grado di eseguire nuovamente il lavoro, unitamente a riferimenti di testi o video o altro che sia stato citato durante l’incontr - utili per un approfondimento - e la lista dei materiali che saranno usati nel laboratorio successivo, per avere il tempo di raccoglierli.
IMPRESA - Il digitale: non un'opzione, ma una necessità
Mi sentite? Ti sentiamo!
Si vede il mio schermo? Sei freezato! È andato giù! No ci sono!
Quante volte nei training online organizzati durante l’emergenza sanitaria ci è capitato di ripetere queste frasi, quasi un rito di iniziazione alle call.
Eppure, nonostante le immancabili difficoltà, fa impressione pensare che il mondo intero sia rimasto (iper)connesso attraverso la Rete, e che questa abbia incredibilmente sostenuto quotidianemente i flussi dati e la capacità produttiva di noi tutti. Ma proprio tutti!
È da qui che farei iniziare la condivisione della mia storia di apprendimento. Dal mezzo, lo strumento a cui tutti siamo dovuti ripiegare, pur di mantenere la nostra operatività in un periodo di forzato isolamento.
Da qualche decade anche la formazione ha iniziato il proprio percorso di avvicinamento al digitale. Siamo partiti dai corsi frammentati in tanti floppy disk, poi li abbiamo incisi su CD e DVD ed infine abbiamo adottato piattaforme digitali di apprendimento (o Learning Management System).
Insomma, non è da oggi che la tecnologia è a supporto dei processi di apprendimento ed anzi, il mercato era già prospero di offerte ed il settore dell’elearning in costante crescita, prima dell’attuale emergenza sanitaria. Basti pensare alla quantità e varietà di corsi disponibili sul web, da Coursera a Linkedin Learning, da Udemy a Getsmarter, per non parlare dell’offerta on demand proposta dalle Business School verso post-graduate ed executives.
E quindi, cosa è cambiato? È cambiato il modo di vedere questo tipo di offerta. Non più un'opzione, ma una necessità. Non più un’occasione, ma una abitudine.
Dicevamo: “perchè mai rinunciare ad un corso in aula a vantaggio di un corso online?”
Diciamo: “perchè andare in aula se posso farlo online?”
Dall'aula all'online
Quando la formazione migra dall’aula verso l’online, resta comunque ferma e imprescindibile la necessità di focalizzare i nostri interventi formativi non solo sulla qualità del contenuto che vogliamo trasferire, ma soprattutto sull’experience del partecipante, garantendo ai nostri destinatari la fattiva possibilità di partecipare ai training, mantenendo la loro attiva partecipazione attraverso il coinvolgimento e l’interazione.
(L'immagine è tratta da:
https://universityinnovation.org/wiki/Priorities:IE_University_Student_Priorities/ https://www.ie.edu/madeofchange/).
In tal senso, tanti sono i piccoli accorgimenti che possiamo adottare per migliorare la riuscita dei nostri live training online:
- verifica dell’inquadratura, frontale e centrale, anche se utilizziamo la webcam del pc
- punto di osservazione sulla camera e non sullo schermo, in modo da creare un contatto visivo con i nostri partecipanti da remoto
- scelta della location e dello sfondo, soprattutto quando siamo in casa
- verifica dei rumori di fondo, perchè anche il tintinnio del nostro cellulare è sempre in agguato
- illuminazione (mai da dietro)
- tono di voce narrativo e cadenzato (un test sul microfono è sempre raccomandabile)
- abbigliamento, per risaltare rispetto allo sfondo
- avere a portata di mano alcuni oggetti quali penna, blocco notes ed orologio, tante volte non potessimo usare i fogli elettronici ed il timing del nostro PC.
Ultimo punto, ma fondamentale, è la verifica che la banda internet sia disponibile ed il segnale wifi non sia debole.
Se abbiamo intenzione di presentare dei contenuti, meglio avere un secondo dispositivo connesso alla stessa live session. Il primo dispositivo, ad esempio il nostro personal computer, ci servirà per presentare i nostri files, mentre il secondo ci consentirà di monitorare chat ed alzata di mano, funzionalità disponibili negli strumenti di meeting che di solito risultano meno visibili quando si passa in modalità presentazione. In questo modo avremo la facoltà di dar seguito alle richieste o ai dubbi dei nostri partecipanti, similmente a quanto accade in una aula in presenza. Se durante la nostra presentazione vogliamo poter scrivere direttamente sui contenuti presentati e mostrarli real-time a tutti i partecipanti, il dispositivo utilizzato per condividere i nostri files deve necessariamente essere touch. Fortunatamente i repository in cloud ci vengono in soccorso e ci permettono di recuperare facilmente i nostri archivi di files da qualsiasi dispositivo web based, anche senza il supporto di chiavette ed hard-disk esterni.
Se il numero di destinatari dell’intervento formativo live è contenuto e vogliamo migliorare l’empatia con i nostri partecipanti è molto utile che tutti abbiano la propria camera attiva. Vedersi faciliterà l’interazione. Un breve giro di presentazioni consentirà di rompere il ghiaccio e far emergere, prima di iniziare, eventuali difficoltà da parte di qualcuno dei partecipanti a prendere la parola o ad usare il proprio microfono. Potrà comunque interagire attraverso la chat. Questo breve check migliorerà la riuscita del training prevenendo eventuali successive interruzioni legate alle difficoltà di intervento di costoro.
Mentre gli interventi in aula da parte di docenti e guest potevano anche essere lunghi e strutturati, a distanza è necessario siano più brevi e con frequenti momenti di attivazione dei partecipanti, recap o verifica di quanto trasferito.
Andare online non pregiudica la possibilità di erogare esercitazioni e workshop. Andranno, come sempre, progettati preventivamente definendo obiettivi e modalità. Potremo prevedere attività di gruppo, attraverso la creazione di live session dedicate, ed il passaggio del docente da una sessione all’altra consentirà di monitorare e supportare ciascun gruppo. La chat potrà rappresentare lo strumento di contatto attraverso cui interagire con tutti i nostri partecipanti e, una volta terminata l’attività di gruppo, ci si potrà ritrovare nella room principale per condividere i risultati raggiunti. Gli strumenti di file sharing in cloud consentiranno di collezionare gli elaborati prodotti, che potranno essere redatti attraverso il contributo congiunto e simultaneo di tutte le risorse afferenti a ciascun gruppo.
Laddove le condizioni lo consentano, è auspicabile sviluppare delle Web Simulation destinate al singolo partecipante o a gruppi di essi, che potranno sperimentare in un ambiente “protetto” le dinamiche relazionali, di business o di management progettate nel software. La possibilità di sperimentare tali dinamiche in gruppo permetterà di amplificare le caratteristiche interpersonali e le soft skill dei singoli anche in relazione al gruppo, nonchè al docente di poterne valutare le dinamiche. Qualsiasi simulazione che possa essere erogata in distance, potrà tanto più essere erogata in aula, con il vantaggio di garantire in entrambi i casi la memorizzazione e storicizzazione dei dati relativi alle diverse sessioni erogate. Inoltre, l’uso delle simulazioni permetterà ai partecipanti di cimentarsi ed esercitarsi anche a latere delle sessioni di live training previste dal docente, in momenti in cui il puntuale supporto del docente potrebbe anche non essere previsto. All’aumentare del numero di volte in cui la simulazione sarà utilizzata, aumenteranno le informazioni (anonime!) raccolte, a beneficio dell’analisi dei dati e della ricerca. Il beneficio di disporre di strumenti di simulazione web based da portare nelle nostre iniziative formative è elevato in quanto introducono interazione, coinvolgimento tra i partecipanti e didattica esperenziale. La possibilità di riuso, poi, consente anche al singolo partecipante di cimentarsi più volte con la medesima simulazione, specie se caratterizzata da scenari o bivi in quanto “giocate” diverse potrebbero portare a step e risultati ben diversi. Se ben progettata, la simulazione avrà alcune funzionalità di “configurazione” che, sapientemente gestite dal docente, permetteranno di modificare il comportamento della simulazione stessa con l’obiettivo di accentuare alcune caratteristiche o rendere più o meno complesse le scelte che ciascun partecipante dovrà affrontare durante la propria esperienza simulata. Di fatto, questa opzione consente di avere più simulazioni in una, semplicemente intervenendo su alcuni parametri di configurazione.
Oltre alla possibilità di variare la configurare della simulazione è molto importante disporre di funzionalità di reportistica che consentano al docente di visualizzare informazioni sia analitiche che aggregate su come ciascun partecipante o ciascun gruppo ha approcciato la propria esperienza formativa con la simulazione. Avere dei dati sulle scelte fatte, i tempi impiegati, gli eventuali ripensamenti, permetterà di personalizzare la fase di debrief ed aggiungere ulteriore valore all’esperienza formativa nel suo complesso, riprendendo la teoria per condividere le scelte corrette rispetto alle scelte adottate da ciascun partecipante.
Quindi il solo parametro utile per valutare la sostenibilità di uno sviluppo su misura di un software che simuli le dinamiche che vogliamo far sperimentare ai nostri partecipanti è il rapporto tra il costo da sostenere per svilupparlo rispetto al numero di riusi (inteso come il numero complessivo di partecipanti cui sarà destinato). Più il risultato di questo rapporto sarà basso, più sarà sostenibile. Poichè tutti i software sono soggetti ad obsolescenza, l’arco temporale in cui avranno luogo i riusi deve essere contenuto in un intervallo certo e definito. Difficile dare un numero senza sapere cosa si andrà a realizzare e con quale tecnologia, ma il numero tre è considerato un numero magico in molte culture, per cui mi sentirei di dire che ogni anno di erogazione di una simulazione dopo il terzo, senza che sia necessario apportare interventi manutentivi, è un anno guadagnato!
Non è più "futuro"
Riepilogando: poichè tutto il mondo si è indirizzato verso gli strumenti di meeting e di live session, qualsiasi docente o formatore non può più accontentarsi “solo” si erogare la propria attività formativa attraverso uno strumento di meeting. Ce ne sono diversi sul mercato e ciascun vendor ha investito ingenti fortune pur di migliorarne le funzionalità ed il posizionamento. Ciascun formatore scelga quello che meglio si adatta alla propria modalità di fare didattica, ma è molto importante conoscerlo a fondo. È utile fare delle prove, con pochi fedeli adepti, che possano restituirci un feedback sincero, sia tecnico (qualità audio/video) che sulla nostra capacità di stare davanti ad una videocamera, che sulla nostra capacità di coinvolgere. Sono disponibili molti tool, anche gratuiti che consentono di incrementare l’interazione con i nostri partecipanti e raccogliere feedback: dagli istant poll, ai questionari, agli assessment digitali. Opportunamente proposti ed intervallati alla presentazione dei nostri contenuti, possono migliorare (e di molto) la percezione lato partecipante del livello di qualità della formazione erogata.
Il progresso non si ferma, la tecnologia neanche. Per quanto non accessibile a tutti, sono già disponibili soluzioni multi screen e multi utente che permettono ad un docente durante un live training di attivare l’interazione con i partecipanti semplicemente “toccando” uno schermo (o una sua sezione). Nel contempo dati aggregati su test, poll e feedback consentono al docente di gestire real time mediante una unica soluzione l’interazione con i destinatari dell’intervento formativo. Nel mentre appaiono le misurazioni dei livelli di attenzione dei partecipanti (attraverso la face recognition). Pensate sia il futuro? Beh, qualcuno questo futuro lo sta già sperimentando...
IMPRESA - Un "Laboratorio per un nuovo mondo", perché il Prima non tornerà più
Partiamo da una constatazione: non c’è una persona al mondo che non si sia trovata in un modo o nell’altro impattata della Pandemia. Potremmo ipotizzare un eventuale Robinson Crusoe, ma non mi pare un esempio significativo. Parliamo più in generale e di generale ne abbiamo una considerevole quantità e discrete qualità. Il Covid-19 e il modo in cui viene gestito da nazioni e singoli, è presente da svariati mesi e scandisce una nuova routine, delle nuove esigenze, spesso anche un diverso stato d’animo. Esiste un Prima. Si parla e forse ancor più si pensa al Prima sia che si aspetti il suo ritorno, uguale, conosciuto, rassicurante (la nostalgia fa anche questi effetti), sia che si pensi che un Prima uguale a prima, non ci sarà più.
Tutto questo riguarda anche la società per cui lavoro, una realtà globale operante nei settori farmaceutico e chimico. In modo abbastanza repentino ci si è trovati in una nuova situazione, ha preso vita e consistenza una nuova parola: lockdown. Ci si è trovati chiusi in casa e senza la possibilità di incontrare i propri interlocutori e colleghi. Almeno… non poterli incontrare di persona. L’unica era passare al virtuale. Ma come? Non mi riferisco alle infrastrutture; reti e computer esistevano già, anche se forse utilizzati per altri scopi che non per "lavorare" dal proprio salotto, o cucina, o stanza dei bambini. È nato così il "Digital Lab", un progetto voluto e promosso dai Direttori dell’azienda, con l’obiettivo di rifocalizzare l’impatto sugli interlocutori esterni e anche su quelli interni. Dopo una prima fase di stasi e di attesa, si è palesata la necessità di creare nuove modalità di lavorare e soprattutto nuove forme di interazione, dunque, delle nuove abilità per interagire. Questo progetto, messo in piedi in pochissimo tempo, è stato un modo di reagire al lockdown, ma non solo. Verosimilmente, quando il virus e/o il lockdown saranno un ricordo, rimarranno delle modalità di lavoro miste e quanto imparato e scoperto in questo periodo, resterà come espansione, non sostituzione, delle modalità precedenti presenziali.
Il progetto ha riguardato 110 persone, organizzate in 19 gruppi transfunzionali che si incontravano da remoto in contemporanea, discutendo su come svolgere il proprio lavoro, quello stesso di prima, con modalità nuove. Ogni gruppo aveva un capogruppo a cui venivano date le indicazioni e i materiali per i lavori della sessione successiva e soprattutto la responsabilità della facilitazione. Questa formula ha funzionato molto bene, sia nella fase di brainstorming, sia nella messa a terra dei piani d’azione. Il piccolo gruppo condotto da un collega ha limitato le resistenze e facilmente spronato il mettersi in gioco. I punti salienti emersi nei lavori di gruppo venivano poi riportati in plenaria, dove partecipavano anche le figure apicali dell’azienda, curiosi e spesso stupiti della qualità delle idee prodotte e dei risultati finali. Nelle plenarie sono state anche fatte delle brevi sessioni formative sulla tecnologia e sulla filosofia del lavoro da remoto che poi venivano discussi, sperimentati e impostati nei piccoli gruppi. Parallelamente le funzioni deputate all’interno dell’azienda hanno lavorato per produrre contenuti e materiali che potessero essere fruiti da remoto, quindi anche da questo punto di vista, serviva un nuovo approccio.
Un progetto di impatto sul mindset
Questo però non è stato solo un progetto sull’utilizzo del digitale per creare degli ambienti virtuali, supportati da contenuti fruibili virtualmente, in mancanza della possibilità di andare a incontrare di persona i propri interlocutori. Prima di ogni altra cosa questo è un progetto di impatto sul mindset: ci siamo trovati davanti a un mondo che è cambiato ed è da qui che siamo partiti. Se pensiamo al mindset non come una scatola dove si deve cambiare o aggiustare qualcosa, ma come il consolidato della nostra storia di abitudini e comportamenti che abbiamo attuato e reiterato nel tempo, che ci orientano e agevolano nel mondo, diventa evidente che nel momento in cui il mondo cambia, se non vogliamo rispondere e comportarci nel "nuovo mondo" con un modo di pensare "vecchio", bisogna trovare delle risposte e dei comportamenti che funzionano meglio in questa realtà.
Il fatto è che non ci sono risposte certe di fronte a tali rivoluzioni, nessuno le ha, si possono però cercare, immaginare, realizzare. Si può imparare e tenere quello che funziona e smettere di fare quello che non funziona. Questo è stato il primo asset del progetto: creare questo nuovo approccio, questa nuova angolatura da cui osservare e interpretare sia la realtà, sia le possibilità che quindi vi vedo e mi do.
Come prima cosa la realtà diversa va compresa e vanno compresi soprattutto gli atteggiamenti con cui ci si predispone. Si può prendere atto della situazione "così com’è" e decidere che l’unica effettiva risposta è cambiare noi stessi, oppure semplicemente resistere e attendere che passi. È stato interessante notare come sin da subito, la popolazione si sia divisa in due, bastava ascoltare le varie conversazioni: quelle dove si parlava di tutto ciò come di una situazione esterna, transitoria, brutta certo, ma che terminerà, speriamo presto, con tanto di spiegazioni sul perché le cose non funzionano e non si possono fare. Conversazioni che di fatto non producono soluzioni e lasciano un senso di frustrazione, di impotenza e anche di rabbia. Oppure conversazioni e questionamenti su cosa si può fare per raggiungere un determinato scopo, su quali ipotesi si possono perseguire e sperimentare. Conversazioni che spiegano oppure conversazioni che si interrogano. Conversazioni dove si parla del passato o del futuro. Conversazioni dove si vede il mondo come più piccolo e limitato perché ci hanno sottratto la possibilità di agire come agivamo, o come un modo espanso con delle possibilità da costruire.
Cosa serve fare nel nuovo mondo
Il sottotitolo del Lab è "Laboratorio per un nuovo mondo": si è lavorato su "cosa serve fare" nel nuovo mondo, poi, a seguire, sul come farlo. I canali e gli strumenti digitali sono venuti dopo e sono stati appresi in maniera molto più fluida in quanto non si imparava a usare un nuovo tool, ma era il mezzo che mi consentiva di arrivare dove mi ero preposto.
Il progetto si è esteso per cinque settimane e parlando di metodologia di lavoro, i piccoli gruppi sono stati impostati con i seguenti step, reiterati in più fasi, partendo dagli interlocutori e dagli scenari meno complessi e aumentando man mano il grado di difficoltà:
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Analisi dello scenario: cosa stava cambiando in generale e come stava cambiando lo scenario per gli interlocutori. Cosa si sapeva e cosa andava approfondito. Cosa indagare. Cosa domandare.
a. Ipotesi su bisogni e nuove esigenze.
b. Ipotesi sulle nuove possibilità da offrire/costruire.
c. Modi per intercettare gli interlocutori lavorando da remoto e attraverso quali canali. - Messa a terra: proposte, obiettivi da perseguire e piani d’azione da sperimentare e verificare sul campo.
- Fase di interazione da remoto: contatti attraverso i vari canali e verifica delle ipotesi. Comprensione e aggiornamento sulla realtà degli interlocutori. Proposte di collaborazione adeguate e rispondenti alla nuova realtà.
- Feedback nei gruppi: cosa ha funzionato, cosa no, cosa rifare e cosa lasciare, e quali nuove ipotesi e nuove proposte si potevano formulare e azzardare a seguire.
Ora siamo in una nuova fase dopo qualche mese dalla chiusura del progetto. I risultati sono stati i più variegati, di fatto più o meno felicemente, più o meno efficacemente, tutti i partecipanti si sono organizzati per interagire e/o per costruire progetti soprattutto in modalità virtuale. Alcuni sono stati un copia-incolla delle modalità precedente, quelle che funzionavano prima e, ahimè, anche quelle che non funzionavano, adattate come possibile ai nuovi mezzi. Altre invece sono state iniziative innovative, con risultati misurabili in termini di raggiungimento degli obiettivi, rispetto dei tempi e di soddisfazione e che indicano un nuovo modo di pensare, di proporre e di raccogliere.
In questa seconda fase la sfida è di pensare a quale futuro arriverà, cosa si vuole costruire, a cosa si può rinunciare e a cosa no. Chi si vuole essere. In un contesto diverso forse anche l’identità, o quanto meno il modo di stare al mondo, di vedersi agire e costruire, va ripensato, riadattato.
Cosa continueremo a fare da remoto, quando non ci saremo più costretti?
Ipotizzo che sia il momento di tornare all’idea di tecnologia, semplicemente definita come espansione del proprio corpo, dunque cosa ci consente di fare, dove ci consente di arrivare. Non si tratta di "imparare" a usare nuovi strumenti tecnologici, ma di pensare quali scenari ci troveremo e quali possiamo costruire. Di fatto nei momenti in cui gli schemi saltano, e mi pare che il momento attuale possa essere descritto anche così, servono nuovi schemi. Arriveranno comunque nuovi schemi, che noi lo decidiamo o no. Anzi, viviamo una realtà "diversa" da orami parecchio tempo. Abbiamo bisogno anche di cose diverse e, soprattutto, di tante ci siamo resi conto che ne possiamo fare a meno. Stiamo imparando a vivere, lavorare, interagire, fare la spesa, attraverso uno schermo, non tutto è un sostituibile, ma in certi casi funziona meglio di prima. Stiamo anche prendendo dimestichezza con gli strumenti, sempre più si sta familiarizzando e capendo le peculiarità e le possibilità che ci sono nell’utilizzarli. Chissà cosa continueremo a fare da remoto, quando non ci saremo più costretti… Sì perché l’ideale e saper scegliere, capire cosa funziona meglio da una parte e cosa dall’altra, tenere il buono dell’una e dell’altra.
La verità è che al di là delle ipotesi nessuno sa come sarà il nostro futuro e che ne sarà del virus e della/e pandemia, possiamo fare e accettare scommesse. Possiamo anche però farci delle domande su come vogliamo essere noi, che cosa ci renderà soddisfatti e che cosa possiamo realizzare. Forse dobbiamo semplicemente fare quello che l’Umanità (notare la maiuscola) ha sempre fatto, imparare a stare al mondo e cercare di prosperare.
IMPRESA - Il Fondo Nuove Competenze e la formazione professionale
A fine novembre 2020 è finalmente operativo il Fondo Nuove Competenze (FNC) oggetto di un apposito avviso di ANPAL. Questo strumento era previsto dal DPCM di maggio 2020 che, tra i vari interventi previsti relativi al COVID-19, disegna questo Fondo, costituito presso l’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), con una dotazione iniziale di 230 milioni di euro a valere sul Programma Operativo Nazionale SPAO (Sistemi Politiche Attive per l’Occupazione), dotazione giunta ora a 730 milioni e che molti osservatori ritengono che molto probabilmente verrà ulteriormente ampliata per il 2021.
FNC serve a incentivare percorsi formativi che si svolgano durante una parte dell’orario di lavoro e che derivino da intese tra le Parti Sociali sulla rimodulazione dell’orario stesso per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa. Le relative attività di formazione e riqualificazione possono essere sviluppate per un massimo di 250 ore per ciascun lavoratore.
Si tratta un’iniziativa in parte in linea con le politiche di questo Governo, fortemente orientate alle politiche passive, anche se concilia l’ennesimo intervento di integrazione al reddito con la formazione e soprattutto con la certificazione delle competenze, elementi tipici delle politiche attive per l’occupazione. Di fatto FNC si pone come alternativa alla Cassa Integrazione Guadagni, perché le ore di formazione sono totalmente a carico dallo Stato e viene salvaguardato il reddito del lavoratore.
Cosa finanzia FNC
Il Fondo copre esclusivamente gli oneri relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali. A tale Fondo potranno destinare una quota delle risorse disponibili nell’ambito dei rispettivi bilanci e previa intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, i Programmi Operativi Nazionali e Regionali di Fondo Sociale Europeo, i Fondi Paritetici Interprofessionali nonché, per le specifiche finalità, il Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori attivato presso l’INPS.
Il contributo per l’attività formativa è a carico dell’azienda oppure può essere oggetto di cofinanziamento di risorse da parte dei Programmi Operativi Nazionali e Regionali di Fondo Sociale Europeo, nonché, per le specifiche finalità, del Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 o costituire un cofinanziamento di interventi finanziati con le risorse sopra richiamate.
Come accedere a FNC
Preliminarmente alla richiesta, va stipulato tra imprese e rappresentanti dei lavoratori un accordo collettivo da sottoscrivere, per ora, entro il 31 dicembre 2020, che deve prevedere i progetti formativi, il numero di lavoratori coinvolti nell’intervento e la quantità di ore (comprese nell’orario di lavoro) da destinare a percorsi formativi e soprattutto le modalità di certificazione delle competenze secondo le normative regionali sui relativi profili di competenza (ove esistenti).
Infatti tutto l’intervento è incentrato sulle competenze, dunque gli accordi devono individuare i fabbisogni del datore di lavoro in termini di nuove o maggiori competenze, in ragione dell’introduzione di innovazioni organizzative, tecnologiche, di processo di prodotto o servizi in risposta alle mutate esigenze produttive dell’impresa, e del relativo adeguamento necessario per qualificare e riqualificare il lavoratore in relazione ai fabbisogni individuati, di norma, anche al fine del conseguimento di una qualificazione rispetto al Quadro Europeo delle Qualifiche - EQF di livello 3 o 4, in coerenza con la Raccomandazione europea sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze per gli adulti del 19 dicembre 2016. Gli accordi possono prevedere lo sviluppo di competenze finalizzate ad incrementare l’occupabilità del lavoratore, anche al fine di promuovere processi di mobilità e ricollocazione in altre realtà lavorative coerenti con il sistema regionale di individuazione, validazione e certificazione delle competenze regionali.
Una volta stipulato l’accordo, le imprese devono fare domanda di contributo ad ANPAL, dove la richiesta verrà valutata "a sportello", secondo l’ordine cronologico di presentazione. L’erogazione del contributo avrà cadenza trimestrale per il tramite di INPS nei limiti dell’importo massimo riconosciuto.
In coerenza con gli indirizzi italiani e comunitari in materia di innalzamento dei livelli di competenze degli adulti, il progetto deve dare evidenza:
a) delle modalità di valorizzazione del patrimonio di competenze possedute dal lavoratore, anche attraverso servizi di individuazione o validazione delle competenze;
b) delle modalità di personalizzazione dei percorsi di apprendimento, sulla base della valutazione in ingresso, a partire dalla progettazione per competenze degli interventi coerente con gli standard professionali e di qualificazione definiti nell’ambito del Repertorio nazionale;
c) delle modalità di messa in trasparenza e attestazione delle competenze acquisite in esito ai percorsi e dei soggetti incaricati della messa in trasparenza e attestazione.
Entro 90 giorni dall'approvazione dell'istanza da parte dell'ANPAL le imprese dovranno concludere i percorsi formativi. Il limite temporale si allunga a 120 giorni se sono coinvolti anche i Fondi Interprofessionali.
ANPAL
L’ANPAL a fine novembre ha pubblicato sul proprio sito internet istituzionale un Avviso che ha definito termini e modalità per la presentazione delle istanze, nonché i requisiti per l’approvazione delle stesse. Tuttavia non ha emesso un formulario specifico, quindi le domande vanno costruite secondo delle linee guida molto generali, quali quelle illustrate più avanti.
L’ANPAL, sentita la Regione interessata dal progetto (procedura che prevede il silenzio – assenso dopo 10 giorni), provvederà a valutare l’istanza di contributo in termini di conformità formale e sostanziale ai requisiti previsti dal decreto.
La valutazione delle istanze di contributo avverrà secondo il criterio cronologico di presentazione e, previa valutazione da parte dell’Agenzia dei requisiti previsti, verrà successivamente comunicata all’impresa la regolarità e conformità della stessa.
A ogni istanza di contributo, riferito alla quota di retribuzione e contribuzione oraria oggetto di rimodulazione, è allegato un progetto per lo sviluppo delle competenze con l’individuazione degli obiettivi di apprendimento in termini di competenze, dei soggetti destinatari, del soggetto erogatore, degli oneri, della modalità di svolgimento del percorso di apprendimento e della relativa durata, che può anche protrarsi oltre il 31 dicembre 2020 a condizione che il percorso di apprendimento abbia avuto inizio entro la medesima data.
In esito alla verifica di conformità dell’istanza di contributo, l’ANPAL, tenuto conto di quanto comunicato dall’azienda e nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, determina l’importo massimo riconoscibile al datore di lavoro, distinto tra il costo delle ore di formazione e i relativi contributi previdenziali e assistenziali. Tale importo, in fase di consuntivazione finale, potrà essere rideterminato in riduzione per cause di impossibilità sopravvenuta alla partecipazione agli interventi proposti.
L’erogazione del contributo avviene con cadenza trimestrale per il tramite di INPS nei limiti dell’importo massimo riconosciuto e comunicato da ANPAL e in ragione della natura delle componenti del contributo medesimo.
Il ruolo degli Enti di Formazione
Sono definiti come soggetti erogatori dei percorsi formativi, tutti gli enti accreditati a livello nazionale e regionale, ovvero altri soggetti, anche privati, che per statuto o istituzionalmente, sulla base di specifiche disposizioni legislative o regolamentari anche regionali, svolgono attività di formazione, ivi comprese le università statali e le non statali legalmente riconosciute, gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, i Centri per l'Istruzione per Adulti-CPIA, gli Istituti Tecnici Superiori (I.T.S.), i centri di ricerca accreditati dal Ministero dell’Istruzione, anche in forma organizzata in reti di partenariato territoriali o settoriali.
Può svolgere il ruolo di soggetto erogatore della formazione la stessa impresa che ha presentato domanda di contributo, laddove sia previsto dall’accordo collettivo, purché dimostri il possesso dei requisiti tecnici, fisici e professionali di capacità formativa per lo svolgimento dei progetti.
Il ruolo dei Fondi Interprofessionali e degli altri Enti
I Fondi Interprofessionali possono partecipare al Fondo Nuove Competenze, anche a seguito dell’approvazione dell'istanza di contributo presentata dalle imprese da parte di ANPAL, attraverso il finanziamento di attività formative su Conto Formazione Aziendale e/o attraverso la pubblicazione di Avvisi (es. Conto Sistema), il primo Fondo che ha emesso un avviso in tal senso è Fonservizi con l’Avviso 2/2020, seguito da Fon.Ter con l’Avviso 40/2020.
Gli Avvisi Fonservizi e Fon.Ter si pongono come "paralleli" a quello ANPAL e non prevedono che il Fondo possa presentare "anche" la domanda di finanziamento per il costo del lavoro presso ANPAL, che resta dunque a carico dell’impresa, compreso la concertazione sindacale specifica.
Fonditalia al contrario con l’Avviso 1/2021 prende in carico l’intera pratica e ne gira la parte FNC ad ANPAL, mentre Fonarcom rimborsa il costo della formazione alle imprese che hanno fatto domanda per l’FNC.
Infatti, nel caso in cui le imprese accedano al Fondo Nuovo Competenze per il tramite di avvisi su conto sistema, il fondo interprofessionale può presentare istanza cumulativa di accesso al Fondo Nuove Competenze, in nome e per conto delle imprese aderenti, il cui personale è destinatario delle attività formative.
In teoria alla realizzazione degli interventi possono partecipare anche le Regioni tramite i Programmi operativi nazionali e regionali (PON / POR) del Fondo sociale europeo (FSE), ma su questo i tempi non sono compatibili, a meno che non ci siano proroghe (date per probabili da molti).
Ma perché i Fondi Interprofessionali no?
Il modello a cui si ispira il FNC è quello di legare più saldamente gli interventi di politica passiva con quelli di politica attiva (tentativo in corso da anni ma con scarso successo – vedasi il Reddito di Cittadinanza, navigators, etc.), ma per questo forse si poteva lavorare con strumenti già esistenti. Infatti questa operazione che va di fatto a duplicarsi con iniziative simili che già sono in capo ai Fondi Interprofessionali dal 2009, quando il Dlgs 2/09 li metteva in grado di erogare anche la formazione ai cassintegrati, arrivando addirittura al sostegno al reddito.
Inoltre si vengono a distogliere ulteriori risorse a questi Fondi, già tassati dallo Stato dal 2014 con un prelievo fisso di 120 milioni l’anno sulle spettanze dello 0,30, che corrispondono grosso modo al 20% del totale attuale. Ricordiamo inoltre che su tale importo inoltre non vi è nessun vincolo di legge per lo Stato ad utilizzarlo per Politiche Attive o Passive del Lavoro e non ne è ben chiaro il suo utilizzo.
Nulla da eccepire sul fatto che ci si possa accordare per utilizzare l’orario di lavoro per riqualificare i lavoratori, ma ci sembra che questa mobilitazione di risorse avrebbe meritato una riflessione più approfondita, anche con le Parti Sociali, sugli strumenti di finanziamento già disponibili, che vanno potenziati e non ulteriormente indeboliti o peggio messi in ulteriore concorrenza tra di loro.
Le "trappole" del FNC
Certamente il successo dell’iniziativa dipende molto da come ANPAL giudicherà le domande, vista la grande discrezionalità data dal suo Avviso (non esistono ad esempio punteggi massimi e minimi di ammissibilità)
Si registra inoltre una certa preoccupazione sulla tempistica, in quanto le imprese dovranno attivare gli accordi (che hanno spesso tempi imprevedibili) entro il 31 dicembre, quando l’Avviso ANPAL è uscito a fine novembre, inoltre dal testo sembra desumersi che sempre entro fine anno dovrebbero iniziare anche le attività formative e non si capisce come questo possa avvenire in attesa dell’approvazione da parte di ANPAL sui cui tempi ovviamente non c’è chiarezza, è molto probabile che si inizierà "a rischio" delle imprese. Si prevede un dicembre molto caldo in proposito, perché se dovessero muoversi le grandi Aziende (e sembra proprio che lo stiano facendo), il budget relativamente magro a disposizione potrebbe esaurirsi subito, specie a danno delle medie imprese, probabilmente il target più "sensibile" a questo strumento, peraltro troppo complesso per le PMI. Siamo di fronte quindi quasi ad un "click-day" procedura che rappresenta quanto di più incerto ed inaffidabile si possa prevedere.
Altro dubbio notevole è rappresentato dalla certificazione delle competenze, citata all’art. 2 ("anche al fine del conseguimento di una qualificazione di livello EQF 3 o 4"), che pochi Enti possono garantire e su cui ANPAL ha dato chiarimenti nelle FAQ.
Va infatti sottolineato che una qualificazione non è la certificazione o ancor meno l’attestazione delle competenze che qualsiasi Ente di formazione può rilasciare a seguito del corso attivato ad hoc per il progetto finanziato da FNC, ma è un insieme di procedure di valutazione delle skill che siano in linea con i profili di competenze che alcune Regioni (non tutte) hanno deliberato negli anni corsi. Come molti sanno non esiste un sistema nazionale, c’è solo un Repertorio (Atlante del Lavoro e delle Qualificazioni) dove vengono elencate (anche in maniera incompleta) a livello regionale dove ci sono.
Di conseguenza se i lavoratori sono in una Regione che ha profili ufficiali, bisogna attrezzarsi per certificarli tramite Soggetti (Enti o talvolta singoli Professionisti accreditati) riconosciuti da quella Regione, resta il vuoto normativo per quelle Regioni (specie al Sud) che siano prive di questi profili. Molto complicato diventa quando una stessa impresa ha lavoratori in Regioni differenti, con diverse modalità di profilazione.
Come accennato dalla Direttrice di ANPAL, Paola Nicastro, certamente questa iniezione di denaro non viene vista come un semplice sostegno a reddito, ma è pensata proprio per avere in cambio competenze certificate (da qui anche il nome dello strumento "Nuove Competenze") per i lavoratori che molto probabilmente a breve saranno di nuovo sul Mercato.
Se ci è consentita la battuta dobbiamo quindi aspettarci che ANPAL, che nella gestione dei grandi Avvisi si trova oggettivamente in difficoltà non avendone grande esperienza, invece sulla questione EQF sarà perfettamente in grado di giudicare.
Qualche link
Avviso Anpal
Avviso Anpal FAQ (Fondo Nuove Competenze)
Avviso Fonservizi su FNC
Avviso Fon.Ter su FNC (Home / Avvisi di Gara / Attivi / Avvisi a Sportello / Avviso N. 42/2020 "Nuove competenze")
Avviso Fonditalia (Avviso 1.2021)
IMPRESA - La facilitazione, ai tempi della distanza





IMPRESA - Dica Europa: le opportunità del Terzo Settore
È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.
A. Einstein
Einstein credeva che la crisi ci spingesse al merito, alla lotta e al superamento delle sfide. Affrontiamo ogni giorno situazioni che ci mettono alla prova, come professionisti e come persone.
Studio Saperessere, in collaborazione con altri partner (Prodos, Lega Ambiente, CittadinanzAttiva e Arci), ha già accettato una sfida: rafforzare il ruolo degli enti del Terzo Settore grazie ad un progetto tutto dedicato a loro dal titolo DICA Europa! - "Dialogo, Integrazione, Competenze e Abilità nel nuovo Terzo settore”.
Abbiamo proposto un percorso di formazione specialistica sulla progettazione europea e sulle politiche di Coesione dell'Unione per aiutare i volontari, gli associati e gli occupati delle organizzazioni non-profit ad accedere alle risorse finanziarie dell'Unione Europea. Lo scopo del progetto è quello di dare al Terzo Settore l'opportunità di accrescere le proprie strategie per la sostenibilità e utilizzarle per lo sviluppo futuro delle associazioni, soprattutto quelle presenti nelle Regioni italiane meno sviluppate.
Il nostro gruppo di lavoro ha da subito elaborato una proposta in anticipo sui tempi: sin dall'inizio il progetto ha previsto una formazione blended, che alternasse momenti di lezioni frontali e incontri in presenza a strumenti quali FAD (formazione a distanza) e webinar tematici (seminari online). Inoltre, al fine di supportare i partecipanti al progetto e dare loro libero accesso a contenuti e strumenti, abbiamo previsto lo sviluppo di un'applicazione da scaricare sul proprio smartphone. Il nostro intento è quello di favorire l'apprendimento, incrementare il senso di autoefficacia e costruire network tra professionisti aperti ad un dialogo sociale con Enti pubblici, partner economici e territorio. Abbiamo inteso la co-progettazione la chiave per migliorare la qualificazione professionale e stimolare le organizzazioni del Terzo Settore ad acquistare maggiore consapevolezza delle opportunità e delle responsabilità che fanno parte del loro ruolo sociale.
A marzo 2020 la crisi sanitaria causata dal Covid-19 ci ha posto davanti a un'ulteriore sfida: mantenere attivo il progetto e validi i suoi obiettivi nonostante il cambiamento da affrontare. Così, ci siamo impegnati a ripensare tutte le fasi del percorso formativo, mettendoci in discussione, senza mai perdere di vista gli aspetti qualitativi del progetto e gli interessi dei nostri destinatari. Per fare questo il gruppo di lavoro ha predisposto alcune variazioni dei servizi e delle attività, trasformandole in modalità virtuale e adattandole alle esigenze dei partecipanti.
Gli strumenti
Il progetto prevede i seguenti strumenti di apprendimento e collaborazione:
- Formazione a distanza, erogata tramite video-lezioni online su una piattaforma web dedicata al progetto. Tali video-lezioni sono programmate in orari giornalieri durante i quali è possibile attivare una chat room virtuale che consente ai partecipanti di avere chiarimenti in tempi reali dai tutor presenti. Inoltre, vi è la possibilità di consultare documenti e materiale didattico per approfondire le tematiche di interesse.
- Webinar tematici per approfondire le politiche europee e l'utilizzo dei finanziamenti a disposizione del Terzo Settore. Esempi concreti e best practices potranno essere di ispirazione per gli operatori e, quindi, guidarli nella scelta dei programmi più adeguati alla mission della propria organizzazione. Le sessioni sono live per consentire ai partecipanti di intervenire e dialogare con gli esperti ed esprimere gli eventuali dubbi emersi durante le lezioni.
- I Project Lab sono laboratori pratici di euro-progettazione, in parte in presenza e in parte in modalità virtuale, con lo scopo di stimolare la capacità di analisi e di utilizzo delle tecniche acquisite attraverso le video-lezioni per mettere in campo l’esperienza concreta imparando a “saper fare”. I partecipanti, suddivisi in gruppi, avranno la possibilità di sperimentare lo scambio di esperienze, visioni e prospettive al fine di realizzare un project work in cui redigere una proposta progettuale in risposta ad un bando aperto. Quelli che riscontreranno maggiore interesse e potenziali adesioni saranno selezionati e presentati ad un evento di networking rivolto alle associazioni che si terrà a Bruxelles.
- I Dica Caffè sono incontri virtuali dedicati allo scambio di informazioni, esperienze e conoscenze in cui le sfide presentate possono essere affrontate grazie alla forza del pensiero collettivo e in cui è possibile dar vita a conversazioni e lavori costruttivi su problemi concreti per trovare, nella condivisione, idee pratiche e innovative. Uno scambio di idee, pratiche, punti di vista, intuizioni e riflessioni, che arricchiscono tutti i partecipanti ai Dica Caffè in un’ottica di ascolto reciproco, apprendimento collettivo e valorizzazione del contributo dato dalla diversità di ciascuno.
Le nostre scelte sono state dettate dalla convinzione di quanto sia utile imparare facendo. Il "learning by doing" è l'approccio teorico che ha guidato la costruzione del progetto. Infatti, pensiamo che l'esperienza diretta sia una delle migliori modalità formative per fissare nella mente concetti e apprendimenti. Ovviamente, perché tale metodo sia utile, occorre incoraggiare i partecipanti a prendere consapevolezza delle azioni e ad elaborare attivamente delle idee innovative. Per questo motivo è stato importante, in fase di progettazione, porre costante attenzione all'alternarsi tra apprendimento di contenuti ed esperienze laboratoriali pratiche.
Collaborazione e co-progettazione
Tutto questo è possibile solo grazie alla collaborazione di tutti i partner del progetto, con i quali abbiamo veramente messo a frutto il concetto di co-progettazione. In un'ottica di supporto dei partecipanti e nel rispetto dei principi di chiarezza e trasparenza che abbiamo stabilito, ci siamo soffermati sull'importanza di un valido processo comunicativo con azioni strategiche per la visibilità dell'iniziativa e dei risultati raggiunti. Le iniziative che abbiamo messo a punto sono state:
- 10 Infoday – tenuti in parte online - organizzati per dare visibilità e promuovere le opportunità offerte dalla partecipazione al corso. Durante questi eventi è stata rivolta particolare attenzione al coinvolgimento di giovani under 35, donne e over 55.
- L'attivazione di un Ufficio Stampa responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne con media e organi istituzionali.
- L'invio periodico di Newsletter agli Enti aderenti al progetto contenente informazioni utili e aggiornamenti.
- La realizzazione di un video promozionale realizzato da tutti i partener per raccontare le finalità e le aspettative del nostro progetto.
- Lo sviluppo di un sito web interamente dedicato a Dica Europa! in cui trovare news, informazioni e approfondimenti. Il sito è interconnesso con la piattaforma digitale destinata alla Formazione a distanza.
- La creazione di un’app mobile che contiene tutti gli eventi a cui è possibile prenotarsi, i materiali di approfondimento e le informazioni utili ai partecipanti. Inoltre, l'applicazione permette l'accesso diretto alla piattaforma dedicata alla FAD.
Tutte le iniziative hanno richiesto lo sforzo da parte di ciascuno di noi per superare sfide sempre nuove. Ma non ci siamo mai fermati, mossi dalla necessità di contribuire a migliorare la qualità dell'offerta formativa nel Terzo Settore, fornendo ai destinatari del progetto conoscenze, strumenti e abilità professionali con lo scopo di favorire una maggiore qualificazione professionale. La nostra priorità è stata, fin dall’inizio, quella di incontrare le necessità di un settore non sempre sostenuto dalle politiche territoriali e riprogettare la formazione sulla base delle reali esigenze lavorative.
Ogni riunione organizzativa, ogni telefonata, ogni e-mail ha permesso di adattarci ai continui cambiamenti del tempestoso periodo che stiamo vivendo, spingendoci a non soccombere, come dice Einstein, alla crisi più pericolosa di tutte, cioè "...la tragedia di non voler lottare per superarla"
A. Bacci, F.R. Frieri, S. Sparaco, Trasformazione Digitale & Smart Working nella Pubblica Amministrazione. Visioni e pratiche, Roma, Maggioli Editore, 2020

Zygmunt Bauman, Memorie di classe. Preistoria e sopravvivenza di un concetto, a cura di E. Bevilacqua, M. A. Pirrone, Pmedizioni, Genova, 2020
Il sociologo Zygmunt Bauman è noto per aver offerto un'efficace interpretazione della società globale definendo "liquide" le relazioni sociali che ciascuno di noi vive in questo momento storico. Questa categorizzazione ha avuto una vasta eco poiché esprime sinteticamente la condizione di transitorietà e indeterminatezza che caratterizza l'identità odierna. Lo stesso Bauman è autore di un importante classico della sociologia contemporanea dal titolo Memorie di classe, di cui la casa editrice PM ha meritoriamente dato alle stampe una nuova edizione a cura di Emiliano Bevilacqua e Marco Antonio Pirrone. Questo libro è una conferma retrospettiva della grande capacità del sociologo polacco di offrire affreschi suggestivi delle più rilevanti vicende sociali del nostro tempo. I protagonisti di Memorie di classe sono le classi sociali e la memoria storica e, sebbene siano osservati in prospettiva storica, entrambi ci spingono a riflettere sul presente.
Le lotte operaie del XIX secolo vengono descritte ed analizzate ricorrendo a una documentazione stimolante e variegata (articoli di giornale, commenti in magazine, materiale propagandistico e, naturalmente, libri) e sono discusse da Bauman per mostrare come l'encomiabile energia degli uomini e delle donne che le hanno alimentate fosse mossa dall'obiettivo di conquistare una vita non soltanto più dignitosa ma anche e soprattutto più libera, in grado di autodeterminarsi non soltanto nel lavoro ma anche in altri ambiti della vita sociale; sta di fatto, però, che un sistema economico fondato sulle suggestioni del mercato e sul fascino perverso del profitto, argomenta l'autore, è riuscito a stemperare l'impeto di liberazione del conflitto sociale seducendo progressivamente i dirigenti sindacali e gli stessi lavoratori, sempre più attratti dalle sirene di una vita all'insegna del denaro e del consumismo. Bauman mostra nel dettaglio i controversi processi sociali che hanno condotto le classi popolari ad introiettare i valori rappresentati da una razionalità strumentale e utilitaristica. Le perniciose conseguenze della storia narrata in Memorie di classe contribuiscono a formare, dunque, proprio quello scenario di destabilizzazione valoriale, crisi identitaria e crescita delle disuguaglianze la cui descrizione ha reso noto al grande pubblico molte delle successive opere baumaniane.
Un aspetto affascinante della prosa di Zygmunt Bauman è nella capacità di catturare, al margine dell'impetuoso scorrere della storia, il punto di vista del comune cittadino, le sue aspirazione e le sue debolezze. La maestria baumaniana nel restituire i grandi fenomeni sociali ma anche lo spirito del tempo si coglie a pieno in questa acuta ricostruzione del rapporto tra i movimenti dei lavoratori e la cultura del capitalismo: è la memoria, in questo caso, ad essere indagata evidenziando come l'azione suadente del sapere ufficiale e della comunicazione scritta abbia condotto le nuove generazioni dei salariati a fraintendere e infine dimenticare il ricordo degli episodi di emancipazione caratteristici del proprio glorioso passato. Memoria, dunque, come campo di intervento del potere, come luogo pubblico ma anche interiore in cui si gioca il futuro delle aspirazioni alla giustizia e all'eguaglianza. Memoria come contraltare, apparentemente impalpabile eppure incredibilmente solido, al ben più concreto e ruvido scontro di classe. Lo sguardo sociologicamente provveduto e culturalmente attento del Bauman intellettuale cosmopolita trova quindi in Memorie di classe un punto di maturazione che racchiude in nuce l'intero percorso intellettuale dell'autorevole sociologo polacco.
S. Boccanfuso, Ursula Hirschmann. Una donna per l'Europa, Ultima Spiaggia, Ventotene, 2019
