A proposito di DEI forte

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Visto da vicino, nessuno è normale

F. Basaglia/C. Veloso


Ho due idiosincrasie rispetto ai temi DEI (diversità, equità/eguaglianza, inclusione): la prima è la confusione, comunque colpevole, intenzionale o no, tra equità ed eguaglianza e la seconda associare un termine violento come inclusione alle questioni connesse con la diversità.


Equita'/Uguaglianza

Al cuore del dibattito su equità e uguaglianza, risuona il pensiero di Don Lorenzo Milani: "Non c'è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali". Queste parole, incisive nella loro semplicità, aprono una finestra su una delle questioni più cruciali nell'ambito dell'educazione e della gestione aziendale - come trattare equamente le individualità per permettere un accesso giusto con giusti mezzi. Se l'uguaglianza tratta ogni persona allo stesso modo, l'equità, invece, mette al centro le circostanze uniche di ciascuno, cercando di bilanciare li dove il peso delle diverse condizioni si fa più gravoso.

Nel linguaggio quotidiano si tendono a fare coincidere i due termini, equità ed eguaglianza; ma se il comune sentire può essere, in qualche modo, giustificato, lo stesso non può dirsi per i contesti dove considerare questa differenza è cruciale.

È fondamentale addentrarsi nell'esplorazione di come, attraverso l'adozione di politiche orientate all'equità piuttosto che all'uguaglianza, sia possibile realizzare ambienti di lavoro, di studio e, in generale, una società più giusti e attenti alle differenze e alla loro coesistenza.

Riconoscere le specificità individuali, è la chiave per sbloccare il pieno potenziale di ogni individuo, promuovendo allo stesso tempo un senso più profondo di giustizia e appartenenza. Consideriamo, per esempio, le politiche salariali che, fortunatamente già da tempo, dovrebbero tener conto di alcune delle specificità del lavoratore (familiari a carico, anzianità, etc.) oppure la possibilità di creare percorsi di carriera flessibili che possano vincolare le esigenze personali, come responsabilità familiari o sfide legate alla disabilità; sempre in ambito organizzativo riuscire a fornire risorse e supporto differenziato, come orari flessibili o telelavoro, per accogliere varie circostanze personali dei dipendenti; purtroppo questa attenzione all’equità nel contesto lavorativo, pur con previsioni di legge, lascia molto a desiderare.

Anche se la legge vieta esplicitamente di discriminare i lavoratori in base a fattori come genere, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età e orientamento sessuale, forme di discriminazione diretta o indiretta si realizzano con fin troppa facilità; ad esempio, politiche sfavorevoli per i lavoratori part-time possono indirettamente discriminare le donne, che spesso rappresentano la maggioranza in questa categoria di lavoratori.

In ambito scolastico, dove molto è stato fatto, il riferimento è ai programmi specifici per studenti con bisogni educativi speciali (BES), all’adattamento del materiale didattico alle diverse esigenze di apprendimento degli studenti e, infine, a sistemi di valutazione che considerino le diverse capacità e il background degli studenti.

DEI forte/DEI debole

Considerando tutti i contesti, numerosi invero, in cui questa confusione, intenzionale o meno, è presente, propongo una aggettivazione aggiuntiva: DEI forte o debole, a seconda che si adotti, rispettivamente, il termine equità o eguaglianza. I termini non sono intercambiabili e questo deve essere chiaro: linguisticamente, "equità" (dal latino "aequitas") e "uguaglianza" (da "aequalitas") condividono una radice comune in "aequus", che significa "uguale". Tuttavia, la loro evoluzione semantica ha portato a sfumature distintive: l'equità implica un trattamento giusto e appropriato in base alle circostanze individuali, mentre l'uguaglianza si riferisce a un trattamento identico per tutti, indipendentemente dalle differenze di ognuno.

Non è accettabile, per una Società che vuole definirsi attenta alle differenze, confondere questi due modi di tutelare la diversità; tanto meno dovrebbe essere considerata accettabile come scorciatoia sul posto di lavoro; perché di scorciatoia si tratta: è più semplice fornire a tutti gli stessi mezzi che tenere conto della diversità di ognuno.



Inclusione/Coesistenza

E nel trattare la diversità non possiamo non superare il concetto di inclusione in favore di quello di coesistenza delle differenze. Senza voler arrivare alla definizione di Hannah Arendt (Le origini del totalitarismo) la parola "inclusione" porta con sé una connotazione di violenza implicita, suggerendo l'idea di un ambiente in cui esiste un "dentro" e un "fuori", un "noi" e un "loro". In questo contesto, dove "ragionare in termini di inclusione è rassicurante per chi deve includere, lo stesso non può dirsi per l'incluso" (Letizia Scrobogna), si permette a qualcuno di entrare in uno spazio da cui era precedentemente escluso, mantenendo inalterata la struttura di base di quel contesto.

La coesistenza delle differenze, al contrario, implica un approccio radicalmente diverso. Non si tratta più di includere qualcuno in un sistema preesistente, ma di riconoscere e valorizzare la diversità come elemento fondamentale e costitutivo di ogni ambiente sociale, lavorativo o educativo. Questo approccio richiede un cambiamento di paradigma: non è la persona che deve adattarsi al sistema, ma è il sistema stesso che deve essere riconfigurato per accogliere e valorizzare le differenze.

Il concetto di inclusione richiama la fagocitosi cellulare, un processo di assimilazione forzata, mentre quello che immagino somiglia a un network, in cui ogni nuovo punto che si aggiunge non si limita a inserirsi in una struttura preesistente, ma contribuisce attivamente alla creazione di una nuova rete. Ogni individuo, con la sua unicità, non solo si aggiunge al sistema ma lo trasforma e lo arricchisce.

In un contesto lavorativo, ad esempio, l'arrivo di un nuovo dipendente con un diverso background culturale o con esperienze uniche non è semplicemente un'aggiunta al team esistente, ma un'opportunità per rivedere processi, idee e strategie, arricchendo così l'intera organizzazione. Analogamente, in un ambiente educativo, ogni studente contribuisce alla creazione di un contesto di apprendimento unico, dove la diversità di pensiero e di esperienza diventa una risorsa preziosa per tutti.

La coesistenza delle differenze richiede un impegno attivo nel riconoscere e valorizzare le varie identità, esperienze e prospettive. Questo approccio promuove un senso più profondo di appartenenza e di comunità, in cui ogni individuo è visto e apprezzato per ciò che è, piuttosto che essere costretto a conformarsi a un ideale omogeneo.

Non solo correttezza morale

L'adozione di un approccio basato sull'equità e sulla coesistenza delle differenze non è solo una questione di correttezza morale, ma è fondamentale per lo sviluppo di una società veramente giusta, aperta e sostenibile. Dobbiamo stabilire un legame nuovo tra gli elementi che compongono la DEI, definire una nuova visione per i temi che sono coinvolti e superare il concetto che ci sia “una misura per tutti ma piuttosto che tutti siano la misura".

Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

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