Premessa
Le tecnologie dell’informazione (Internet, il web 2.0 e la cosiddetta “terza piattaforma” (1) …) stanno modificando radicalmente la società, il modo di vivere, lavorare e fare azienda perché modificano il modo di produrre e gestire le informazioni e quindi intervengono altrettanto radicalmente su modi, costi, tempi e competenze necessari alla produzione, gestione e utilizzo delle risorse che sono basate su di essa.
Le risorse basate sull’informazione, note come risorse invisibili (o intangibili (2)) , sono fondamentali per il buon funzionamento (e quindi per il successo) di Aziende e Pubbliche Amministrazioni, tra esse: la fiducia degli utenti, l’immagine del brand, la capacità di gestire sia persone e processi interni che relazioni e processi verso clienti, fornitori e partner.
Le risorse invisibili più rilevanti come la reputazione aziendale, la conoscenza del mercato o le competenze interne, sono “incorporate” nelle persone che interagiscono con l’organizzazione (clienti, dipendenti, rete commerciale…), sfuggono alla gestione esplicita dell’organizzazione e vengono trasmesse sui canali formali e informali a disposizione degli individui: passaparola, social networks, posta elettronica, riunioni, incontri diretti con clienti, colleghi, fornitori e partner. Per questo motivo la gestione delle persone e dell’organizzazione del lavoro, proprio a causa della tecnologia, diventa un fattore sempre più critico per il successo delle organizzazioni.

Risorse invisibili e processi operativi: perché la trasformazione digitale del lavoro
La rilevanza delle risorse basate sull’informazione nelle economie avanzate è dimostrata dal fatto che più del 60% della forza lavoro e oltre il 70% del costo del lavoro in paesi come Stati Uniti, Germania, Inghilterra e Francia sono dedicati ad attività basate sull’informazione (3) .
Le risorse invisibili possono essere suddivise in tre tipologie: ambientali, interne e aziendali.

  • Le risorse ambientali  si originano nell’ambiente (4) e sono usate dall’organizzazione: le richieste dei consumatori, la percezione del prodotto/servizio da parte degli utenti, l’immagine dell’azienda,...
  • Le risorse interne si originano e vengono usate all’interno dell’organizzazione: la conoscenza del mercato e dei concorrenti, le conoscenze operative e di processo,…
  • Le risorse aziendali si originano nell’organizzazione e vengono da essa trasferite all’ambiente: le comunicazioni di marketing, il supporto ai clienti, le interazioni della front-line con i clienti,…

Le risorse ambientali sono l’input dell’ambiente verso l’organizzazione, la quale le elabora internamente integrandole con le informazioni che emergono dai processi (risorse interne) per generare le informazioni (i.e. risorse) aziendali da trasferire all’ambiente secondo gli obiettivi/compiti dell’organizzazione.
Così ad esempio, nel caso venga rilevato dagli utenti un problema in un prodotto/servizio (informazione ambientale), le informazioni relative vengono raccolte e analizzate alla luce delle informazioni interne, vengono apportate le modifiche necessarie al prodotto e/o ai processi interessati e le informazioni che ne derivano, i.e. la soluzione del problema, vengono comunicate agli utenti interessati (informazione aziendale), contribuendo a modificare soddisfazione degli utenti, immagine del brand, etc.. Questo tipo di interazione tra utenti e organizzazioni è cambiato radicalmente nella forma e nella sostanza con il diffondersi delle nuove tecnologie, ad esempio dei social networks.
In generale sono i processi interni a generare il contenuto da trasferire all’ambiente e quindi ad avere un ruolo chiave nel ciclo con cui l’organizzazione elabora l’input ambientale e reagisce (i.e. comunica) efficacemente verso l’ambiente; l’accelerazione di questo ciclo prodotta dalla tecnologia sta rapidamente trasformando i processi interni, e quindi il lavoro e la sua organizzazione, nell’anello debole della catena con cui le organizzazioni interagiscono con l’esterno; tempestività, qualità e accuratezza delle informazioni prodotte dai processi interni, devono necessariamente essere tali da generare informazioni (e quindi interazioni) aziendali verso l’ambiente coerenti nei tempi e nei modi con le aspettative di un contesto ormai abituato ai tempi e modi della nuova comunicazione interpersonale, come per esempio quella dei social network, pena la marginalizzazione (se non la scomparsa) dell’intera organizzazione.

La tecnologia è la risposta, ma qual è la domanda?
Se l’organizzazione vuole essere in grado di interagire adeguatamente con l’ambiente è abbastanza evidente che l’uso, anche internamente all’organizzazione, degli stessi paradigmi tecnologici utilizzati nell’ambiente può essere d’aiuto, a condizione che si tenga presente che l’obiettivo non è tanto l’utilizzo della tecnologia in quanto tale, quanto la capacità dell’organizzazione di reagire alle informazioni ambientali nei modi e nei tempi consentiti dalla tecnologia.
Non è quindi questione di uso di una tecnologia, ma di uso delle tecnologie disponibili in funzione degli obiettivi (di servizio) da raggiungere. La tecnologia è un fattore strategico di successo solo a condizione che l’organizzazione abbia la chiara percezione dell’esistenza, del ruolo e dell’importanza delle proprie risorse intangibili e un’altrettanto chiara strategia su come utilizzarle per il conseguimento dei propri fini.
È la gestione delle risorse invisibili, soprattutto interne per i motivi visti sopra, e non la tecnologia (anche se tramite la tecnologia) a essere un fattore chiave per l’affermazione dell’organizzazione nel proprio ambiente e nel nuovo contesto tecnologico: mercato per le aziende, società per le pubbliche amministrazioni.

Perché il lavoro non è più un posto?
La fabbriche nascono con la prima rivoluzione industriale come luogo dove poter disporre economicamente e simultaneamente dei fattori di produzione necessari alla produzione di beni e/o servizi: forza lavoro, macchinari, materie prime, competenze delle persone.
In origine lo stessa valeva per le informazioni (le risorse invisibili): prima dell’introduzione delle tecnologie informatiche la gestione dell’informazione coincideva con la gestione fisica dei suoi supporti. Così le informazioni venivano raccolte su carta, sintetizzate ed elaborate in documenti sempre cartacei e conservate negli uffici aziendali. Conseguentemente, anche le attività concettuali potevano essere svolte solo dove (i supporti de) le informazioni e le competenze dei colleghi erano disponibili: negli uffici.
Questo non è cambiato quando, in tempi più recenti, le informazioni, anche se in formato digitale, venivano (e in gran parte vengono ancor oggi) gestite utilizzando infrastrutture informatiche private accessibili per la maggior parte, per legittimi motivi di costi e di sicurezza, solo all’interno degli edifici aziendali. Tutti i processi produttivi, di beni e servizi, la loro organizzazione e la gestione delle relative informazioni sono stati progettati a partire da questi presupposti.
Con la trasformazione dell’economia (globalizzazione, delocalizzazione, terziarizzazione,…), risulta sempre più difficile concentrare l’intero ciclo produttivo di un bene o di un servizio in uno stesso luogo fisico e sotto il governo della stessa organizzazione: sempre più spesso un singolo processo coinvolge risorse tangibili e intangibili (e quindi anche persone) collocate in sedi diverse e appartenenti o meno alla stessa organizzazione (5).
In questo caso sedi e strutture tecnologiche private si trasformano in barriere, anche di costo, all’evoluzione dei processi e alla trasformazione in senso competitivo dell’organizzazione, trasformando il poter/dover disporre in uno stesso luogo fisico di tutte le informazioni necessarie allo svolgimento delle attività (comprese le competenze delle persone) da vantaggio economico a generatore di inefficienza se non di malfunzionamenti. Una buona misura di questo fenomeno è l’aumento esponenziale delle attività di comunicazione (riunioni, trasferte, e-mail, video conferenze, etc…) tra sedi, funzioni e unità organizzative della stessa azienda, di clienti, fornitori e/o partner, problematica che affligge la quasi totalità delle organizzazioni.
Le nuove tecnologie, essendo basate su standard pubblici (Internet) e garantendo livelli di sicurezza ormai adeguati all’uso aziendale, si propongono come una valida soluzione consentendo di affrontare e risolvere in maniera soddisfacente, anche dal punto di vista dei costi oltre che dell’efficienza, il problema della gestione e dell’utilizzo delle informazioni (e quindi delle risorse invisibili) quando i processi si svolgono tra luoghi e organizzazioni diverse. La loro adozione si rivela quindi necessaria nello svolgimento della maggior parte delle attività lavorative (i.e. quelle legate al trattamento delle informazioni) nel nuovo contesto economico; l’affermarsi di nuove forme di organizzazione del lavoro come lo smart working e il lavoro agile è tra i primi segni di questa trasformazione.

Perché la tecnologia è solo una (piccola) parte della risposta
Tuttavia, se le tecnologie possono essere uno strumento valido e necessario per gestire le informazioni legate anche ai processi interni, esse non sono sufficienti per garantire un’interazione adeguata alle aspettative dell’ambiente; esse incidono sui tempi e i modi di gestione e trasferimento delle informazioni, ma solo indirettamente sui tempi e la qualità dei processi nel loro insieme, fattori che sono invece fortemente connessi al modo in cui è organizzato il lavoro e gestita l’organizzazione, a cominciare dai processi decisionali.
Poter trasferire le informazioni in frazioni di secondo, quando livelli e tempi di decisione rimangono immutati, genera frustrazione nel personale, rende inutili i vantaggi resi possibili dalla tecnologia e uno spreco i relativi investimenti.
Adottare nuove tecnologie di comunicazione (e di gestione dell’informazione in genere) può infatti risultare controproducente dal punto di vista del risultato se non si mette mano ai processi e alla gestione delle persone nel loro insieme, riprogettandoli attorno ai nuovi modi di comunicare e gestire le informazioni, ovvero se processi e organizzazione non sono coerenti con i nuovi modi e strumenti del comunicare all’interno dell’organizzazione e tra le organizzazioni, se cioè non si passa dalla semplice adozione delle tecnologie digitali alla trasformazione digitale del lavoro.

(Conclusioni)
L’intera economia sta subendo una profonda trasformazione legata alla diffusione delle tecnologie digitali rese disponibili dalla rete. Questo processo tocca essenzialmente la gestione delle risorse intangibili che hanno nell’informazione la loro materia prima e che costituiscono una parte crescente del mix di prodotti e servizi erogati da Aziende e Pubbliche Amministrazioni
L’interazione delle organizzazioni con gli utenti muove dalle informazioni originate nell’ambiente e si chiude con le informazioni trasmesse dall’organizzazione all’ambiente frutto delle attività interne, del lavoro e della sua organizzazione.
Affinché questa interazione sia tempestiva e qualitativamente adeguata è necessario che il lavoro e la sua organizzazione subiscano una trasformazione analoga a quella intervenuta nell’interazione tra l’organizzazione e il mondo esterno. Questa trasformazione non può essere limitata alla sola adozione di tecnologie simili alle tecnologie utilizzate dagli utenti, ma deve prevedere necessariamente anche il ridisegno dei processi e dell’organizzazione attorno alle possibilità offerte dalle tecnologie; smart working e lavoro agile sono solo i primi segni di questa trasformazione.

(1) http://en.wikipedia.org/wiki/Third_platform
(2) Il ruolo delle risorse invisibili nella gestione aziendale è stato ben descritto alla fine degli anni ’80 da Y. Itami
(3) SI tratta della somma delle attività codificate di elaborazione di informazioni (attività di tipo transattivo: es. impiegati, cassieri di banca,…) e delle attività che richiedono che richiedono interazioni con altri, giudizio indipendente o comunque non standardizzabili (es. manager, professionisti, venditori,…).
(4) Per ambiente intendiamo il contesto in cui l’organizzazione si muove: utenti, partecipanti, fornitori, partner, istituzioni, parti sociali,…
(5) Da uno studio del CEB (http://www.cebglobal.com/) basato su circa 23.000 interviste di dipendenti di aziende dei paesi industrializzati risulta che, nel 2012, sono significativamente aumentati: le attività che richiedono collaborazione attiva (67%), il numero di persone coinvolte nei processi decisionali (50%), il numero di colleghi di altre sedi con cui collaborare (57%). Risulta inoltre che il 60% di essi collabora con più di 10 persone, mentre il 65% gestisce relazioni con persone esterne all’azienda nello svolgimento delle proprie attività