Il primo numero di Formazione & Cambiamento del 2018 lo dedichiamo – senza voler essere esaustivi e con l'obiettivo della redazione di ritornare a parlarne nei prossimi numeri – alla progettazione della formazione, un tema noto e polifonico che sta subendo una profonda trasformazione da alcuni anni. "Dalla piramide alla rete. La sperimentazione di nuovi metodi di progettazione" ha l'obiettivo di avviare una riflessione sul senso del progettare attraverso l'analisi di modelli, approcci, pratiche ed esperienze.
Le metafore della piramide e della rete sono strumentali per ragionare insieme sul processo progettuale, sugli attori coinvolti, sugli output prodotti. Da un lato, la piramide, un approccio progettuale strutturato che grazie al metodo rigoroso del progettista produce un "disegno" composto da obiettivi, contenuti, metodologie didattiche, risultati attesi. Dall'altro, la rete, un approccio nuovo che destruttura il processo classico della progettazione coinvolgendo molteplici attori nello sviluppo del progetto, valorizzandone il contributo soggettivo. Entrambi approcci validi, che sono però contestuali alla fase della "storia" della formazione in cui si sono affermati. Possiamo, infatti, sostenere che la piramide è l'approccio valido e ricorrente a partire dagli anni '80 del secolo scorso, mentre la rete si manifesta nel terzo millennio (anche se le prime sperimentazioni sono degli anni '90) sotto la spinta delle nuove tecnologie e del loro utilizzo ma soprattutto grazie alla possibilità per ciascuno di noi di essere prosumer1 di prodotti e – perché no  – di contenuti. Da un lato, la piramide, una logica verticale e sistemica, in cui la progettazione è definita dagli “esperti” che definiscono obiettivi, contenuti, metodologie, strumenti, destinatari ma anche dispositivi, regole, conformità. Dall'altro, la rete, un processo orizzontale e circolare in cui gli utenti della formazione insieme ai progettisti e ai committenti, svolgono un ruolo attivo nell'individuazione dei fabbisogni, nella progettazione dei percorsi e nella produzione dei contenuti.
Nel 1998 in un importante libro di riferimento della comunità dei formatori, Professione Formatore, Massimo Bruscaglioni e Vanna Olivieri – due dei curatori del volume2 – scrivono "L'attività di progettazione è forse quella che vede il formatore più implicato e più solo; committenti, partecipanti, esperti di contenuto sono interfacce con cui stretta è la collaborazione in tutte le fasi della processo formativo: ma il momento della progettazione è quello in cui tale collaborazione si fa inevitabilmente meno centrale d in cui emerge come protagonista quasi unica la capacità del formatore". Gli autori evidenziano anche che la letteratura disponibile sull'attività di progettazione era in quel periodo limitata. Non dobbiamo dimenticare che era l'epoca in cui il formatore d'aula era l'indiscusso protagonista del processo di sviluppo. Sul versante della progettazione è l'"epoca" in cui i formatori si pongono domande come: Come si progetta un corso di formazione per gli adulti? Quali sono gli obiettivi di apprendimento? Quali strategie espositive è opportuno utilizzare? A quali tecniche didattiche si può ricorrere per raggiungere gli obiettivi? Come il docente può essere funzionale all'apprendimento dei "discenti"?
È anche l'epoca in cui la progettazione può essere paragonata, anche se impropriamente, alla progettazione architettonica di un edificio. Infatti, sulla base delle indicazioni del committente e delle competenze del progettista, si imposta un “disegno” da trasferire poi a chi deve eseguire la realizzazione dell’edificio. Attraverso la macro e la micro-progettazione viene elaborato il percorso formativo delle figure professionali da formare: si definiscono gli obiettivi formativi, si individua l’articolazione del percorso in termini di durata e modalità di svolgimento, vengono selezionati gli argomenti da trattare e i relativi docenti, si decide l'equilibrio tra teoria e pratica, sono definiti gli aspetti operativi e logistici. "Un complesso processo, in parte sintetico e non solo analitico, di iterazione e reiterazione delle varie fasi, di composizione anche intuitiva dei dati del problema, do trasformazione anche non sempre lineare di input in output. Il progettista ha tutto in mente..."3.
Nel tempo le pratiche legate alla progettazione formativa attribuiscono valore alle dinamiche organizzative, alla necessità di contestualizzare la formazione rispetto ai fabbisogni espressi, al bisogno di conseguire risultati in base a obiettivi definiti in anticipo4. La progettazione si manifesta come una pratica processuale, sicuramente con l'obiettivo di risolvere un problema attraverso l'individuazione di un piano di azione, ma comunque pratica ingegneristica, fatta di fasi concatenate e centrata su obiettivi anche essi concatenati e sequenziali.
Oggi la progettazione non può essere un processo rigido e determinato da obiettivi fissi e immutabili dal progettista – anche se in collaborazione con il committente – ma un processo flessibile, che si basa sull'ascolto del contesto e sull'osservazione attenta dei soggetti coinvolti. Se, come sostiene Tacconi5 progettare "significa gettare in avanti il pensiero per pensare un'azione positiva, ma anche seminare per raccogliere in seguito dei frutti", allora il focus della progettazione si sposta dal trasferimento di conoscenze all'individuazione dei problemi e degli ostacoli da superare6. Rispetto alla pianificazione ingegneristica e deterministica si aprono dunque possibilità di azione e di co-progettazione.
Si passa così dalla centralità del formatore alla centralità del soggetto formato, dal protagonismo dei professionisti della formazione all'affermarsi dell'individuo in formazione che si riappropria del proprio processo di apprendimento. In questo passaggio il formatore rimane il regista7, colui che riconosce autonomia e libertà al soggetto in formazione e lo supporta nel far emergere necessità e intenzioni. È così che i termini "discenti" e "partecipanti" appaiono superati e lasciano il passo a espressioni come "soggetti in formazione" che diventano co-autori del processo di apprendimento, esprimendo fabbisogni e collaborando attivamente alla produzione di strumenti e contenuti.
La co-progettazione si realizza attraverso i processi di comunicazione tra soggetti in formazione e formatori, in un processo peer to peer in cui sono possibili le relazioni tra soggetti e la produzione di informazioni e conoscenze. Emerge quindi un modello a rete in cui tutti i soggetti collaborano per produrre valore e co-innovano. Lipari8 nel classificare le culture organizzative e le rispettive culture formative ha parlato di approcci postindustriali o postmodernisti per intendere "azioni progettuali ispirate a logiche non deterministiche, flessibili, meno legate a obiettivi predefiniti e a prefigurazioni sequenziali delle azioni da svolgere, aperte al nuovo, all'imprevisto...".
L'apprendimento si manifesta così come un processo di negoziazione finalizzato a costruire un percorso progettuale grazie al ruolo di facilitatore del formatore. Si superano così i perimetri d'azione. L’interazione tra attori diversi permette lo sviluppo di un processo di innovazione non lineare caratterizzato da un’interazione non sequenziale e dallo scambio di feed-back tra stakeholder, formatori e committenti.
Il lavoro sistematico metodico del formatore classico, arricchito da una certa capacità creativa, evolve e richiede l'integrazione di nuove forme di soggettività che comprendano anche le intenzionalità degli degli stakeholder di progetto.
Sta al professionista dell'apprendimento “attrezzarsi” con nuove skills e aprirsi alla sperimentazione per poter essere l’attore del recupero della centralità della cultura, dell’educazione e della formazione e poter svolgere una funzione etica di presidio dei processi formativi.
 

Note

1 A. Toffler, The ThIrd Wave, Bantam Books, Usa, 1980
2 AA.VV., Professione formazione, Franco Angeli, Milano, 1998
3 M. Bruscaglioni, V. Olivieri, "La progettazione dell'azione formativa", in AA.VV., Professione Formatore, Franco Angeli, Miano, 1998
4 D. Lipari, Formatori. Etnografia di un arcipelago professionale, Franco Angeli, Milano, 2012
5 G. Tacconi, "Progettazione", D. Lipari, S. Pastore (a cura di), Nuove parole della formazione, Edizioni Palinsesto, Roma, 2014
6 J. Dewey, Esperienza ed educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1967; J. Dewey, Come pensiamo, La Nuova Italia, Firenze, 1961
7 G. Tacconi, ibidem
8 D. Lipari, ibidem

 

L'immagine di questo numero è un particolare del Giardino delle Delizie, un'opera di Hieronymus Bosch del 1480-1490 circa.