Confesso che l’ho comprato solo perché ne avevo sentito dire un gran bene, ma non sapevo, se non a grandi linee, di cosa trattasse. Ed ero anche scettico.
Mi chiedevo, che c’entrasse uno scrittore affermato con la trasformazione digitale.
Ora lo so. E posso dire che è stata una lettura fulminante, forse la più interessante del 2019 (mia personale classifica).
Perché la trasformazione digitale la vivo tutti i giorni da almeno 35 anni e finora mi ero uniformato al comune sentire: la digitale ha portato una modifica radicale del nostro modo di pensare. È, quindi, la conseguenza di un modo diverso di lavorare, di informarsi e anche di vivere le relazioni, che lo vogliamo o no.
Ci sono libri che amiamo per una sola idea, lasciando tutto il resto sullo sfondo. E The Game è uno di questi.
Quale idea? Semplice (si fa per dire): ribaltare il rapporto causa-effetto. La rivoluzione digitale (perché di rivoluzione si tratta) non è la causa, ma il risultato di nuove idee che avevano come obiettivo il ribaltamento del pensiero novecentesco, imbevuto di Patria, nazione, sacri confini e ideologie. Quelle che hanno portato a due guerre mondiali, la più grande carneficina della storia, più altre decine di conflitti "secondari". Guerre che col senno di poi appaiono, semplicemente, senza alcun senso. Senza vincitori, solo vinti (certo, qualcuno più vinto di altri).
È abbastanza per creare una tensione verso qualcos’altro.
Ed ecco la rivoluzione digitale (chiamiamola proprio "rivoluzione") con le sue caratteristiche fondanti: la smaterializzazione, i confini abbattuti da reti che avvolgono tutto il mondo senza soluzione di continuità, le élite superate dalla partecipazione dal basso, la complessità nascosta dalla disarmante semplicità d’uso degli strumenti (uno per tutto: il nostro smartphone), la creazione di un "oltremondo" (così lo chiama Baricco) virtuale, che ha permesso di vivere le nostre vite su due binari paralleli. Ma entrambi reali.
Con questa idea in testa, Baricco ripropone la storia del digitale che abbiamo vissuto dalla fine del ‘900 a oggi, partendo da caposaldi indimenticabili: il Commodore 64, il videogioco Space Invaders, la digitalizzazione della musica e delle immagini con il CD, l’Mp3 e le macchine fotografiche digitali Fuji. Poi internet, il web (chi si ricorda di Mosaic, il primo browser?) e i motori di ricerca che lo hanno reso alla portata di tutti.
Una rivoluzione sviluppata evitando qualunque contrapposizione frontale, cioè quel modello che nel ‘900 la ha portato le tragedie che sappiamo. Una rivoluzione portata avanti con una geniale intuizione tattica: non agitare le ideologie, ma proporre strumenti concreti, quelli che hanno prodotto il mondo del XXI secolo, prima ancora che capissimo cosa stava veramente accadendo.
Un mondo nuovo, privo di veri confini, da cui non si può tornare indietro e con il quale dobbiamo fare i conti.
Con buona pace dei rigurgiti sovranisti: una convulsione (non a caso nata dalla "pancia") destinata a spegnersi come tutte le battaglie di retroguardia.