Durante gli anni ’60, la comunità professionale degli operatori della cooperazione internazionale per lo sviluppo si è posta questa domanda: “Perché molto spesso gli interventi, i progetti finanziati dai Paesi donatori non riescono a generare un vero e duraturo sviluppo?”.  Era ed è una domanda “da un milione di dollari”, tuttavia se vogliamo rimanere al livello tecnico delle metodologie di progettazione, la risposta, valida ancora oggi, è che “il punto di vista adottato nella fase della progettazione è quello del Paese donatore, senza che si tengano in debito conto le esigenze, i problemi e le “vision” percepiti ed espressi dalle controparti locali e dai beneficiari finali”.
La soluzione fu di elaborare, soprattutto ad opera della Agenzia nazionale di cooperazione allo sviluppo tedesca GTZ (oggi ITZ),  una metodologia di progettazione (GOPP, Goal Oriented Project Planning, progettazione per obiettivi in italiano) che ribaltasse la prassi tradizionale secondo cui il progetto di sviluppo veniva ideato e scritto da un esperto della materia ma che permettesse di impostare il progetto sin dall’inizio sulla base dei problemi, bisogni, e istanze dei beneficiari.
Questo nuovo approccio mira a elevare la qualità dei progetti e degli interventi di sviluppo, migliorandone:
•    la pertinenza, e cioè l’aderenza dei progetti ai problemi reali e quotidiani dei beneficiari finali;
•    la coerenza interna, e cioè la reale capacità dei progetti di raggiungere un determinato risultato mettendo in campo adeguate risorse;
•    la sostenibilità, ovvero la capacità dei progetti di dare vita a meccanismi virtuosi che producano uno sviluppo “autogenerato” senza ricorrere a ulteriori finanziamenti “esogeni”.
Dal punto di vista operativo, la metodologia GOPP prevede che stakeholders, beneficiari e altri “attori-chiave” si riuniscano in un incontro di lavoro (identification workshop) nel quale, assistiti da un facilitatore esperto del metodo ma neutrale rispetto ai contenuti, definiscono in modo chiaro e soprattutto condiviso le caratteristiche fondamentali di un progetto di sviluppo nel loro ambito, settore o territorio. Il workshop GOPP dura circa 2/3 giornate e il numero massimo di partecipanti è 20.

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Il funzionamento del processo decisionale nel GOPP è per consenso: il facilitatore assicura a ogni attore-stakeholder lo stesso peso in termini di contributo al lavoro di gruppo e alla discussione e le decisioni finali devono costruirsi col consenso di tutti i soggetti partecipanti.
Il percorso di lavoro previsto dalla metodologia GOPP si articola in due fasi:

  • la fase di analisi
  • la fase di progettazione

Nella prima, gli attori-chiave presenti sono chiamati in primo luogo a rendere espliciti da un lato le risorse e i contributi che loro stessi possono offrire al progetto (es. capacità di mobilitazione dei beneficiari, disponibilità di locali e strutture, informazioni, fondi, know-how specifico ecc.) e, dall’altro, l’interesse che li muove a sostenerlo e impegnarcisi.

In fase di analisi l’operazione fondamentale che i partecipanti compiono con l’ausilio del facilitatore, e che determina importanti implicazioni per le successive scelte progettuali, è l’analisi del contesto o del settore o del territorio, che il GOPP definisce più precisamente come Analisi dei Problemi.
In generale il problema principale è “dato” (elevata obesità infantile, inquinamento delle falde acquifere, disoccupazione giovanile, scarso sviluppo turistico, tanto per fare degli esempi) e il lavoro dei partecipanti è identificare le cause di questo problema articolandole in un diagramma di causa-effetto denominato Albero dei Problemi.
L’approccio “per problemi” dovrebbe garantire una maggiore aderenza del progetto ai veri problemi dei beneficiari o del territorio in cui si sta progettando e una maggiore possibilità di risolverli.
Un esempio di Albero dei Problemi, immaginando un progetto sull’obesità infantile, è questo:

 

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Nella fase di progettazione, attori-chiave e stakeholders, sulla base del risultato dell’analisi (Albero degli Obiettivi) e sempre assistiti dal facilitatore, definiscono in modo condiviso gli elementi fondamentali del progetto utilizzando lo strumento del Quadro Logico (1).

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Il Quadro Logico aiuta a definire in maniera chiara:

  • la Logica di Intervento del progetto, vale a dire la maniera con cui verrà raggiunto l’obiettivo principale del progetto, che dovrebbe sempre descrivere un miglioramento il più possibile reale e anche tangibile per i beneficiari finali. Il Quadro Logico prevede che tale obiettivo sia ottenuto dai beneficiari grazie ai servizi (competenze, informazioni, mobilità, accesso al credito o a servizi sanitari ecc.) che loro ricevono dal progetto (Risultati) e che per fornire tali servizi sia necessario predisporre specifiche Attività;
  • gli Indicatori (Indicatori Oggettivamente Verificabili), ovvero dati empirici osservabili nella realtà presso specifiche Fonti di Verifica che dimostrino in modo il più possibile oggettivo che quell’Obiettivo o Risultato è stato raggiunto o che quell’Attività è stata realizzata;
  • le Ipotesi, e cioè le condizione esterne al progetto che tuttavia contribuiscono al suo successo.

Un esempio di Quadro Logico, sempre sul tema dell’obesità infantile, è riportato nella fig. 1.

Il facilitatore GOPP mette in campo diversi fattori per la buona riuscita di un workshop:

  • neutralità; l’assioma su cui si basa il “contratto” tra i partecipanti e il facilitatore è la sua indipendenza e “distanza” dagli interessi in gioco:
  • gestione della discussione: in un workshop GOPP il facilitatore usa tecniche di comunicazione interpersonale (parroting, paraphrasing, ascolto attivo ecc.) finalizzate a fare sì che i partecipanti si comprendano efficacemente tra loro, “educandoli” di fatto al rispetto delle opinioni altrui;
  • visualizzazione; il lavoro di progettazione è costantemente visualizzato su un tabellone dove le cards scritte dai partecipanti sono apposte per creare i vari diagrammi schemi della metodologia GOPP;
  • gestione dello spazio: i partecipanti siedono a forma di ferro di cavallo di fronte al facilitatore, il quale lavora in piedi e fa uso di un appropriato linguaggio del corpo per stimolare e coinvolgere i partecipanti.

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La metodologia GOPP è divenuta, a partire dagli anni ’60, sempre più uno standard di riferimento nel settore della cooperazione allo sviluppo. Questo approccio, che assembla la partecipazione dei beneficiari e l’uso di strumenti strutturati, è stato adottato da numerose Agenzie nazionali di cooperazione allo sviluppo (oltre alla già citata GTZ la danese Danida, la svedese Sida e la norvegese Norad) e da alcune Agenzie dell’ONU quali FAO e UNIDO con il nome di LFA Logical Framework Approach, intendendo con questo un insieme di concetti e di strumenti che, nella gestione di programmi e di interventi di sviluppo, offrisse questi vantaggi:

  • attenzione ai beneficiari; le modalità partecipative di applicazione del GOPP e i suoi stessi strumenti (in primis il Quadro Logico) inducono i gruppi di progettazione a “ragionare e a parlare dal punto di vista dei beneficiari”;
  • linguaggio comune; nella babele dei linguaggi del mondo della progettazione, il Quadro Logico è apparso subito come uno strumento che, ancorando i propri termini tecnici a precise fasi o elementi del progetto, favorisse l’adozione di un linguaggio comune tra tutti gli operatori che ai diversi livelli si occupano dei progetti di sviluppo (gestori dei programmi presso gli enti finanziatori, progettisti, valutatori ecc.)
  • valutazione più attenta dei risultati e degli impatti degli interventi; la verifica del successo dei progetti tramite l’uso di indicatori oggettivi ha lo scopo di rendere meno soggettivo il lavoro di valutazione finale.

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Nei decenni successivi, in particolare da quando la Commissione europea ha reso pienamente operativa la Direzione Generale Cooperazione allo sviluppo (EuropeAid), lo stesso approccio è stato adottato in ambito comunitario prima da questa e in seguito anche da altre Direzioni Generali, sebbene con modalità e intensità variabili (DG Ambiente, DG Lavoro e affari Sociali, DG Istruzione, DG PMI).
Nella Commissione europea questo approccio è stato denominato PCM, Project Cycle Management (Gestione del Ciclo del Progetto) e più recentemente PPCM, Programme and Project Cycle Management, e poi ancora RBM, Results Based Management (Gestione orientata ai risultati). E’ importante chiarire, anche per spiegare l’acronimo PCM riferito alla gestione del ciclo del progetto, che PCM (o RBM) costituisce un approccio complessivo alla gestione di programmi e di progetti che applica strumenti diversi in tutte le fasi del loro ciclo di vita (programmazione, progettazione, realizzazione, valutazione) e non solo in quella di progettazione, dove si applica il metodo GOPP. Essendo e rimanendo tuttavia la metodologia GOPP lo strumento più utilizzato e conosciuto tra quelli del PCM, i due termini spesso sono usati come sinonimi (“abbiamo progettato con il PCM”).
Semmai, è sorprendente costatare come l’approccio PCM/GOPP resti ancora l’unico metodo strutturato di progettazione nell’ambito dei fondi pubblici.

A più di 50 anni dalla sua nascita, è difficile fare un bilancio dell’applicazione del GOPP nel settore dei fondi pubblici per lo sviluppo. Certamente il metodo ha denotato alcuni limiti, soprattutto dal punto di vista della sua effettiva attuazione come metodo partecipativo: la numerosità del gruppo di lavoro (massimo 20 persone) restringe il campo di applicazione del GOPP ad ambiti circoscritti; la relativa lunghezza di tutto il procedimento (2/3 giornate di lavoro) rende oneroso l’impegno di progettazione soprattutto se il finanziamento al progetto non è assicurato; il suo approccio “per problemi” a 360° lo rende sovradimensionato nel caso di progetti di fatto già incentrati su elementi di natura soft, intangibile o trasversale.
Il valore aggiunto dell’approccio PCM/GOPP è stato ed è di offrire agli addetti ai lavori, a tutti i livelli, un quadro di riferimento condiviso per una riflessione più strutturata e meno episodica sulla qualità degli investimenti pubblici per lo sviluppo.

Fig. 1 Il Quadro Logico del nostro esempio

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(1) Nel 2015 la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo della Commissione europea ha diffuso una nuova versione del Quadro Logico, che differisce da quella tradizionale proposta in questo articolo per due aspetti: omette il livello degli Obiettivi Generali e introduce un nuovo livello per i Prodotti (outputs, deliverables).

Bibliografia essenziale

European Commission, Aid Delivery Methods, Project Cycle Management Guidelines, Volume I, Marzo 2004.
Formez, Project Cycle Management, Manuale per la formazione, Strumenti Formez n. 04, Marzo 2002.
Bussi, Federico, Progettare in partenariato, Guida alla conduzione di gruppi di lavoro con il metodo GOPP, F. Angeli, Milano, 2001.
Stroppiana, Andrea, Progettare in contesti difficili, Una nuova lettura del Quadro Logico, F. Angeli, Milano, 2009.
Santos, Rui Miguel, Project Cycle Mangement and the Development Aid Industry.

Risorse web

Projects  for change!, Gruppo di discussione Linkedin dedicato a professionisti che ai diversi livelli utilizzano l’approccio PCM/GOPP
https://www.linkedin.com/groups/1578607
LFA Workshop Moderators, Gruppo di discussione Linkedin dedicato ai facilitatori di workshop GOPP
https://www.linkedin.com/groups/2119404