Premessa

In questo articolo utilizzerò il termine formazione per indicare le attività che hanno come obiettivo la crescita di conoscenze, competenze, capacità delle persone, soprattutto nell’ambito delle soft skill e il termine facilitazione per indicare le attività che hanno come obiettivo aiutare i gruppi a trovare soluzioni condivise, a condividere le proprie conoscenze, competenze. Il docente diventa: formatore quando ha dei contenuti da trasferire, facilitatore quando presidia il processo della comunicazione, della condivisione.
La facilitazione, in quanto strumento che permette ai gruppi di far emergere le proprie conoscenze, sia quelle dichiarate, che quelle implicite e più nascoste, può essere di valido aiuto nei percorsi di formazione.

Utilizzando le metodologie facilitative in un percorso formativo si possono raggiungere gli obiettivi didattici in maniera più coinvolgente e valorizzando al massimo il contributo delle persone in aula. Questo permette ai partecipanti di sentirsi protagonisti del percorso e non solamente spettatori passivi. Per cercare di comprendere meglio cosa sia possibile fare, e come, scomporrò schematicamente il percorso formativo in tre momenti ed indicherò per ognuno il possibile utilizzo delle tecniche facilitative:

  • all’inizio del percorso per far emergere le conoscenze che il gruppo ha al suo interno (una sorta di “analisi dei bisogni” realizzata in aula);
  • durante il percorso formativo per far prendere consapevolezza al gruppo delle sue conoscenze, sia quelle precedenti al momento formativo che quelle apprese durante il percorso;
  • alla fine del percorso formativo per fissare i concetti che sono stati trattati in aula.

Per ognuno di questi punti farò un esempio, ovviamente non esaustivo, di cosa sia possibile fare.

All’inizio del percorso

Il momento iniziale di un corso è sempre un momento “delicato”.
All’inizio del percorso le persone non sempre si conoscono e, anche quando si conoscono, ognuno tende ad assumere un comportamento coerente con le attese che il gruppo ha nei suoi confronti.
Il momento formativo è momento di riflessione rispetto ai comportamenti di ruolo e, a volte (penso ai corsi sul cambiamento, sulla comunicazione interpersonale, sulla gestione del gruppo, ecc.) anche sui comportamenti della persona tout court; riflessione che può portare a dei significativi insight del partecipante rispetto ad alcune sue dinamiche.

Kant esemplifica il nostro orientarci nel pensiero, facendo questo esempio: “Nell’oscurità sono in grado di orientarmi in una stanza a me nota toccando un unico oggetto di cui ricordo la posizione. Ma è chiaro che in questo caso mi giovo esclusivamente della facoltà di determinare le posizioni in base ad un criterio di distinzione soggettivo, dal momento che non vedo affatto gli oggetti di cui devo determinare la posizione” (1) . Riprendendo la metafora kantiana, una significativa riflessione può portare anche a spostare quei mobili e, conseguentemente, a doversi ri-orientare all’interno del proprio schema di pensiero.

In questo contesto, quale il vantaggio nell’utilizzo di una tecnica facilitativa?
Permette ai partecipanti di potersi esprimere senza doversi mettere in gioco personalmente; aiuta a “scoprire le carte”, favorendo l’espressione del vissuto e delle percezioni individuali e di gruppo; permette un confronto non pericoloso.
Un esempio di cosa si potrebbe fare. Dividere il gruppo d’aula in piccoli sotto gruppi; chiedere ad ogni sottogruppo di scrivere le parole chiave relative al tema su dei post-it grandi e posizionarle sulla lavagna a fogli mobili. Si possono utilizzare dei post-it con colori differenti per ogni gruppo di lavoro.
Tornati in plenaria i sottogruppi presenteranno il proprio lavoro. Dopo la presentazione il docente/facilitatore raggrupperà le parole utilizzate nei post-it in aree omogenee. Il cluster si realizzerà attraverso una fase di parroting, in cui il docente/facilitatore si assicurerà che tutti i partecipanti siano d’accordo sul significato delle parole presenti sulla lavagna a fogli mobili. In questa fase non è necessario cercare un accordo sui contenuti emersi, ma solamente fare in modo che tutti abbiano esattamente compreso cosa gli altri gruppi intendevano utilizzando quelle parole. Condiviso il significato si chiede di raggruppare queste in aree omogenee e di dargli un titolo.
I cluster emersi evidenziano le conoscenze e le aree di approfondimento che il gruppo riconosce come proprie. Si può utilizzare questo lavoro introduttivo come base per tarare il corso sulle esigenze specifiche dei partecipanti presenti, pur mantenendo intatta la struttura e l’organizzazione dello stesso.

Durante il percorso formativo

Inserire momenti facilitati all’interno del percorso formativo “spezza” la fatica della formazione.
La facilitazione si presta molto ad essere “gamificata”, soprattutto se utilizziamo metodi di facilitazione visuale.
Durante il percorso formativo si possono prevedere dei momenti, o un momento, in cui si fa il “punto nave” insieme ai partecipanti, per vedere dove si è arrivati e cosa c’è bisogno di riprendere per chiarificare ed approfondire ulteriormente. Normalmente c’è, nella giornata d’aula, uno o più momenti in cui ci si ferma e si pongono le domande: è tutto chiaro? C’è qualche argomento che dobbiamo riprendere? Ci sono domande in sospeso?
Se c’è qualche partecipante che ha dei dubbi solitamente prende la parola e li esprime (sto dando per scontato che il docente abbia creato un clima d’aula tale per cui le persone si sentano libere di intervenire). Può darsi che qualcun altro, un poco più timido, tenda a tenere per se le proprie perplessità e a non esprimerle o ad esprimerle alla fine del corso stesso, quando il tempo non ci permette di essere esaustivi come vorremmo.

Come ovviare e “gamificare” questo momento? Si prepara un cartellone sul quale si disegna una figura con la quale intendiamo rappresentare il ruolo ricoperto dalle persone in aula. Si predispongono dei fogli sui quali si chiede di indicare di posizionare gli ostacoli che si incontrano nello svolgimento del lavoro e gli strumenti che mettono in condizione di superare questi ostacoli nel migliore dei modi. Quando si realizza il lavoro sugli strumenti, si chiede di evidenziare se e come questi si siano modificati a seguito dell’attività di formazione.
Alla fine del lavoro avremo un tabellone che, appeso su una parete dell’aula, rimarrà come visualizzazione di quanto esperito fino a quel momento e potrà essere utilmente implementato durante la successiva attività formativa, mantenendo traccia del lavoro mano a mano che si avanza nel percorso.

Alla fine del percorso formativo

Chiudendo il percorso si ha bisogno di riassumere i contenuti trattati durante il corso; gestire il distacco emotivo dei partecipanti, soprattutto se si è creato un buon clima di gruppo, che ha coinvolto non solo a livello cognitivo ma anche a livello emotivo le persone. È anche opportuno avere un clima finale di leggerezza e gioco, per evitare di avere un effetto alone negativo determinato da chiusure troppo brusche.

Una possibile tecnica facilitativa utilizzabile. Realizzare un grande cartellone da appendere ad una parete con sopra disegnata una strada che rappresenti metaforicamente quanto il gruppo ha realizzato dall’inizio del percorso a questo momento. Si può chiedere ai partecipanti, in sotto gruppi o tutti insieme, di aggiungere gli elementi emersi durante il corso. Si chiederà di lavorare metaforicamente. È possibile scrivere, disegnare, attaccare delle foto; bisogna lasciare la massima libertà di espressione. Il focus sarà sicuramente sui contenuti del corso, ma bisogna lasciare spazio anche all’espressione di quanto emerso nelle relazioni fra i partecipanti. Qualcuno potrebbe disegnare all’inizio della strada delle persone che viaggiano da sole e alla fine tutte con la stessa maglietta come un gruppo o una squadra. Qualcun altro potrebbe disegnare lungo la strada dei sassi, o dei muri, che possono rappresentare le difficoltà incontrate. Qualcuno potrebbe mettere dei cartelli, con sopra le parole significative di quanto avvenuto durante il percorso. Alla fine della strada potrebbero scrivere i concetti più “forti”, creando una valigetta virtuale che ognuno si possa portare al suo rientro nel luogo di lavoro.
Lasciamo il gruppo libero e fidiamoci della sua capacità creativa. È opportuno fare una fotografia dei partecipanti con il cartellone alle loro spalle e poi spedirla a tutti.

Alcune ultime considerazioni

Le facilitazioni proposte in questo articolo hanno un valore puramente esemplificativo.
La base principale per realizzare una buona facilitazione è una corretta progettazione. Ancora maggiore attenzione si deve porre quando inseriamo una tecnica facilitativa all’interno di un percorso di formazione, per evitare che il passaggio da una all’altra venga vissuto come confuso. Bisogna avere molto chiari i motivi che spingono ad utilizzare questo tipo di metodologia, che richiede una attenzione differente rispetto al momento formativo.

Quando si utilizza la facilitazione il “docente” è, in realtà, un consulente di processo rispetto alla modalità che il gruppo utilizza nel confrontarsi per arrivare al risultato richiesto. L’approfondimento formativo diventa un momento conseguente al lavoro svolto dai partecipanti.
Nel momento in cui si realizzano i cartelloni, che bisogna preparare prima e portare in aula già pronti, è buona norma fare delle fotografie, sia del cartellone che del gruppo al lavoro e del gruppo davanti al cartellone finito. Alla fine del percorso queste fotografie verranno spedite ai partecipanti. Questo rafforza quanto già detto sull’aspetto progettuale, sia a livello cognitivo che di realizzazione dei materiali. È un bel ricordo del momento formativo e di rinforzo di quanto appreso.

Quali le possibili controindicazioni all’utilizzo di queste metodologie?
La controindicazione maggiore è il tempo. Le metodologie facilitative richiedono tempo per essere utilizzate e, in periodi in cui si tende a diminuire il tempo dedicato alla formazione chiedendo corsi sempre più compressi, può sembrare controproducente inserire esercitazioni che costringono ad ampliare lo spazio dedicato alla formazione. Per ridurre al minimo il tempo è necessaria una corretta progettazione, come già più volte sottolineato.

L’utilizzo di queste metodologie permette di rendere ludico il momento apprenditivo, e sappiamo che quando l’apprendimento avviene giocando, agganciando un’emozione positiva a quanto si sta sperimentando, rimane maggiormente impresso.
I vantaggi che si ottengono sono sicuramente maggiori delle difficoltà che si possono incontrare.

Le tecniche facilitative rendono le persone protagoniste, non sono più solamente discenti a cui viene spiegato qualcosa, ma partecipano attivamente alla costruzione di un sapere condiviso. Il docente è, nell’ottica dell’andragogia così come magistralmente spiegato da Malcom Knowles , un primus inter pares al servizio del gruppo, che porta la sua competenza della materia per aiutare il gruppo stesso ad implementare la propria conoscenza e, soprattutto, per aiutare le persone ad utilizzare quei comportamenti che le aiuteranno a lavorare e, possibilmente, a vivere meglio.

(1) Immanuel Kant, Che cosa significa orientarsi nel pensiero, Adelphi Editore - pag. 48, 49