Tra poco il Coronavirus va via per sempre.
Tra poco torniamo a scuola
E troviamo i bambini con la faccia felice
Ogni giorno aumenta la felicità
ogni giorno
ogni settimana
ogni mese
ogni anno
aumenta la felicità.
Tra poco c’è l’estate
andiamo al mare
con le mascherine
tra poco finisce la scuola
e andiamo in montagna
con la famiglia in vacanza…
Ci mancano solo 3 mesi
per tornare a scuola
e il Coronavirus sarà distrutto
per sempre
e noi toglierem le mascherine
e noi non ci arrendiam
anzi noi VINCEREMO!
noi VINCEREMO!


Livia, una bambina di terza elementare, ballando in diretta davanti alla webcam del computer dei genitori, canta e segna in Lis questa canzone, dal titolo "Via via coronavirus", interamente scritta, musicata e coreografata da lei, per il talent show organizzato su Google Meet dalla sua insegnante come compito di classe per il saggio di fine anno scolastico 2019-2020. Nulla di eccezionale, se non il fatto che questa bambina è sorda profonda dalla nascita, e una cosa del genere sarebbe stata letteralmente impensabile fino a una decina di anni fa, prima dell’avvento degli impianti cocleari, della rivoluzione digitale, della didattica a distanza.
Facciamo un passo indietro. Come rispondere alla repentina chiusura su tutto il territorio nazionale dei servizi educativi per l’infanzia, delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e di formazione superiore, previste dal DPCM 4 marzo 2020? Una combinazione di pragmatismo e creatività nell’utilizzo della DAD è la risposta che emerge dalle interviste  effettuate a insegnanti, operatori e genitori degli alunni della scuola Isiss Magarotto di via Nomentana a Roma, una scuola specializzata nell’inclusione scolastica dei bambini sordi.

Il testo integrale dell’indagine è reperibile in Filosa G. e Parente M., “Cosa resterà della DAD? Strategie inclusive durante il Covid: uno studio di caso”, Sinappsi n. 3/2020, Inapp

Efficacia della progettazione

Una accurata progettazione didattica si è rivelata essenziale per rendere la DAD il più efficace ed inclusiva possibile. A partire dalla fase di preparazione: si è effettuata una ricognizione dei dispositivi informatici posseduti dai ragazzi, per poi distribuire computer e altri device a tutte le famiglie che ne avessero bisogno. Una volta scelta una piattaforma accessibile a tutti, nella fase operativa spesso si anticipavano i contenuti delle lezioni caricando dei video che potessero facilitarne la comprensione.
Il materiale da utilizzare è stato talvolta reperito su internet, privilegiando quello maggiormente fruibile per quel particolare target di studenti. Altre volte lo si è preparato ad hoc, con informazioni corredate da immagini e da piccole, brevi spiegazioni, e concetti chiave ben evidenziati. L’assistente alla comunicazione (Asco) ha segnato per i bimbi sordi i testi dei video o dei libri utilizzati, i racconti e le consegne degli insegnanti. A volte gli alunni con disabilità uditiva avevano due schermi: uno con cui partecipavano alla lezione, l’altro con cui seguivano l’Asco. I bambini che lo necessitavano, inoltre, sono stati seguiti anche individualmente con incontri modellati in base alle loro competenze.
È stato previsto un numero di ore di lezione sincrona sufficiente ad offrire una scansione del tempo che ricordasse la routine scolastica, e a dare continuità con quanto appreso in classe. Tuttavia, uno dei rischi maggiormente avvertiti nell’utilizzo della DAD è stato quello di affaticare eccessivamente gli alunni facendoli stare troppo tempo davanti al computer. Per questo motivo si è privilegiato l’aspetto ludico delle lezioni anche nella modalità on line, così come si faceva già in presenza: il gioco, infatti, considerato come risorsa e strumento didattico abituale, è stato ritenuto utile anche e soprattutto nelle situazioni di difficoltà, per mantenere alta l’attenzione dei bambini. Sono stati in particolare utilizzati, anche per alcune verifiche, i giochi interattivi educativi on-line, accessibili tramite link, come ad esempio Wordwall, Powtoon e Learning up.
Un altro elemento essenziale di questa esperienza di DAD è stata l’acquisizione, da parte degli studenti, di un’abitudine metodologica utile a districarsi nei contenuti multimediali. Tale acquisizione è stata facilitata dall’assegnazione di compiti-stimolo, di obiettivi da raggiungere o problemi da risolvere tramite l’utilizzo delle tecnologie: una ricerca corredata da immagini, un esperimento o, come si è visto, la preparazione di una performance per un talent show.
Del resto la cultura digitale, seppure resa necessaria dalla pandemia, non era sconosciuta in quel contesto scolastico. L’Isiss Magarotto, infatti, aveva già lavorato in tal senso, con laboratori di coding e l’ausilio della lavagna interattiva multimediale, perché le tecnologie che integrano l’elemento testuale con quello visivo sono di notevole beneficio, specie per i bambini non udenti.
Consapevoli dello stress generato dalla crisi sanitaria e del rischio di dipendenza dal pc per le molte ore di lezione on line, ci si è avvalsi di uno sportello con una psicologa segnante, organizzando incontri periodici con ogni classe, per raccogliere le sensazioni dei bambini, il loro vissuto, anche sotto forma ludica.
L’utilizzo della DAD, anche per il futuro, sarà una vera e propria necessità per gli studenti plurihandicap, con problemi di salute o provenienti da altre aree geografiche: nelle altre sedi della scuola (Padova e Torino) sono del resto già attive delle piattaforme e la Preside ne prevede l’utilizzo per continuare a veicolare i contenuti a prescindere dalla situazione pandemica. Se ne rileva l’utilità anche in momenti differenti dalla didattica, come quello delle riunioni dei docenti, soprattutto per quelli che risiedono lontano dalla scuola o hanno bambini piccoli.
Tuttora la scuola fa largo uso della piattaforma Google Classroom e di G-suite per le riunioni, gli incontri con i genitori e i compiti a casa: i bambini sono stati abituati ad utilizzarla in piena autonomia, a controllare i compiti assegnati e a caricare i file e le foto dei compiti svolti. In tal modo i nativi digitali imparano concretamente ad utilizzare le piattaforme, a scrivere con un word processor, ad impostare presentazioni con immagini e informazioni prese da internet, insomma a sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, senza le preoccupazioni luddistiche dei loro genitori, che spesso si traducono in un digital divide che si autoavvera.
Pur nella consapevolezza di rappresentare, con classi poco numerose, un’isola felice nel panorama scolastico italiano, si è trattato di affrontare una sfida importante alla quale il corpo docente ha risposto rivedendo le proprie strategie didattiche. Si è verificato, infatti, un cambio di prospettiva rispetto al passato, con i ragazzi molto più partecipi, grazie al modello dell’assistant classroom, cioè la classe capovolta, e tanta formazione da parte dei docenti che hanno saputo rimettersi in gioco.

Un'impostazione didattica inclusiva

Sarebbe stato impossibile cogliere efficacemente tale sfida senza un’impostazione didattica che ponesse già l’inclusione scolastica dei bambini (in particolare quelli con disabilità uditiva e/o di origine straniera) al centro dell’offerta formativa. Certo è vero che i loro genitori, durante il lockdown, hanno spesso avuto difficoltà a conciliare la DAD con lo smartworking, specie in assenza dei nonni, declassati in poco tempo da insostituibile pilastro del nostro welfare familiare a categoria fragile bisognosa di protezione. Ed è anche vero che a doversi districare tra compiti dei figli e lavoro a domicilio sono state soprattutto le mamme, come hanno più volte evidenziato diverse indagini. Ma ciò non deve indurci ad archiviare troppo frettolosamente e ideologicamente esperienze di innovazione didattica (e organizzativa) che pure sono state positive. Anzi, il problema è quello di superare alcuni limiti culturali e infrastrutturali.
Dei secondi, ovvero della necessità di una banda larga capillare e non a macchia di leopardo come quella attuale, se ne parla ampiamente, da tempo, ed è un limite di cui le scuole, soprattutto al sud e nelle isole, sono le principali vittime, oltre alle famiglie. I limiti culturali invece sono nella nostra testa, e proprio per questo forse ancora più difficili da superare. Innanzitutto è da superare l’assunto in base al quale ad occuparsi dei bambini, compiti inclusi, debbano essere soprattutto le madri. Il padre, in quanto breadwinner, spesso se ne chiama fuori, rifugiandosi nel lavoro, a distanza o in presenza che sia.
Il secondo limite è quello che vede i nostri figli dipendenti dai genitori, e non solo dal punto di vista economico, spesso anche oltre la maggiore età. Eppure la Montessori ci insegna che anche il bambino in età scolare non ci chiede altro che essere aiutato a fare da solo, anzi, in una sorta di reverse mentoring precoce, spesso è proprio il bambino ad insegnare al genitore come accedere alla piattaforma della classe, come collegare il telefonino al pc, insomma quelle competenze digitali necessarie a tutte le generazioni, nessuna esclusa.
Livia è fortunata, perché grazie a classi particolarmente piccole, e ad un’attenta osservanza dei rigidi protocolli anti-Covid, può ancora beneficiare di una didattica inclusiva in presenza assieme ai suoi compagni di classe, anche durante questa seconda ondata che pende come una spada di Damocle sulle nostre teste. Però continua a svolgere una parte dei compiti a casa su Google Classroom, costantemente monitorata dalle sue insegnanti. La DAD, in alternanza alla didattica in presenza, farà comunque parte del new normal di molti bambini, ma questo sembra spaventare più i loro genitori che i bambini stessi. Questa "scialuppa di salvataggio", che a volte ha funzionato, a volte meno, comunque è pronta a trarre in salvo i naufraghi della scuola nelle situazioni di emergenza: invece di demonizzarla, andrebbero rimossi gli ostacoli che rendono la nostra scuola pubblica ancora troppo poco inclusiva, sia in presenza che a distanza.

Qualche link

Isiss Magarotto

Sinappsi - Connessioni tra ricerca e politiche pubbliche, Inapp