• Frontiere
  • Ambiti
  • Trasformazioni
  • Altre rubriche
  • Comitato di redazione
  • Contatti

Apprendimento e innovazione nella pandemia

Dettagli
Categoria: Gli articoli
Ci ricorderemo del 2020 come dell’”anno del covid”, uno spartiacque nei nostri ricordi. Allo stesso modo dei nostri vecchi che dividono il tempo in prima e dopo la Guerra (inutile dire quale).
Adesso, però, viviamo “in diretta” la strana circostanza di stare in mezzo. In mezzo alla pandemia, al cambiamento dei costumi e del modo di vivere, all’innovazione. In questi mesi, notiamo, molti di noi si sono sentiti liberi di pensare e, soprattutto, di fare cose nuove. Senza che nessuno si mettesse in mezzo a dire “non è il momento”.
“Storie di apprendimento e innovazione nella pandemia” nasce dai lunghi mesi di riflessione della Redazione di Formazione & Cambiamento sui temi dell’apprendimento, sulla centralità delle persone e sull’innovazione metodologica e tecnologica.
Sono mesi in cui la Redazione non è stata ferma. Si è riunita più e più volte per discutere degli effetti della pandemia e riflettere su nuovi modi di (ri)pensare l’apprendimento. In coerenza con l’ultimo numero, dedicato alle Tesi sull’Apprendimento, vogliamo condividere l’idea di co-progettare la formazione e il sistema di formazione. E raccontare storie di cambiamento, comportamenti e azioni che affrontano la profonda trasformazione dell'organizzazione del lavoro, dei processi di apprendimento e della stessa vita di relazione.
Raccontare le buone pratiche che nascono da esperienze di apprendimento nella Scuola, nelle Imprese, nelle Associazioni, nel Terzo Settore, nella Pubblica Amministrazione e nella vita sociale del nostro Paese. Esperienze, nate da una crisi, che la trasformano in una opportunità di innovazione, ponendo al centro dell’esperienza dell’apprendimento l’attore stesso dell’apprendimento e utilizzando metodologie e tecnologie come strumenti di supporto.
In questi mesi è sembrato spesso che la tecnologia fosse la priorità e a volte che lo fosse la metodologia. Ma non è tutto, perché i processi di apprendimento efficaci sono quelli che mettono al centro il cittadino, l’alunno, il lavoratore. Se questo cambiamento del paradigma caratterizza le esperienze di chi si occupa di processi di apprendimento, c’è da aggiungere che la maggior parte dei casi di successo si basano su un percorso di sperimentazione avviato da tempo. Infatti, i casi che presentiamo non possono essere contestualizzati esclusivamente in questo specifico periodo storico, ma hanno le radici in altre esperienze già avviate o in un approccio all’apprendimento particolarmente innovativo. Chi era già sul crinale dell’innovazione ha beneficiato delle sperimentazioni avviate e ha potuto individuare con maggiore velocità e minore difficoltà esperienze di apprendimento virtuali contestuali al periodo storico che stiamo vivendo. Ora quindi il tema è: come far arrivare sul crinale dell'innovazione anche chi ne è lontano?
Se pensiamo al nostro passato molto è cambiato: nel 1800 in Inghilterra la formazione avveniva per corrispondenza, negli anni '60 del XX secolo radio, tv e vhs erano l’avanguardia dell’innovazione, per essere sostituiti subito dopo da audiocassette e CD. Dagli anni ‘70 la formazione è diventata la modalità strutturata per trasferire conoscenze e sviluppare competenze. In tutti i casi, però, avevamo a che fare con un modello top-down dell’apprendimento, in cui un esperto (o un committente) decideva mentre un alunno, un allievo, un partecipante fruiva di scelte di altri. Piano piano, abbiamo assistito a una modifica degli equilibri, un cambio di paradigma: il modello dell’apprendimento passava da un approccio top-down ad uno bottom-up. 
Poi è arrivato il digitale e abbiamo iniziato a pensare “digitale” anche l’apprendimento. Un digitale del basso: non più “esperti” che guidano l’apprendimento, ma utenti con un ruolo attivo nella progettazione e produzione dei contenuti, senza intermediari. Creando relazioni orizzontali, come nelle community, nelle chat, nei wiki, che diventavano modelli credibili di relazione.
La transizione - senza ritorno - al digitale e il complesso cambiamento vengono raccontati in questo numero con le esperienze dei nostri autori organizzate per ambito tematico: Società, Scuola, Pubblica Amministrazione, Imprese.
Una frase per tutte, tratta da uno degli articoli, ci racconta il cambiamento: “vorrei passare meno tempo a spiegare e interrogare, e più tempo ad ascoltarli” (Simone Vacatello). Questi giorni e questi articoli raccontano come il cambiamento da potenziale stia diventando sostanziale. Come questo “vorrei” si concretizza in mille progetti concreti, che sbriciolano resistenze antiche.
Le parole chiave di questo numero possono essere: apprendimento circolare e in rete, percorsi di apprendimento multi-utente, personalizzazione, apprendimento aumentato, social e collaborative learning, apprendimento live.
Vi auguriamo buona lettura con l'auspicio di aprire un dibattito costruttivo nella community dei professionisti dell'apprendimento.
 

SCUOLA - Maurizio Carmignani intervista Dianora Bardi

Dettagli
Scritto da Maurizio Carmignani
Categoria: Gli articoli
Il coronavirus SARS-CoV-2 ha imposto, dapprima con il provvedimento del lockdown, successivamente attraverso i protocolli per il contenimento del contagio, il ricorso alla DAD per molti degli studenti italiani. La pandemia ha di fatto inondato le nostre vite di riunioni, sessioni di lavoro, webinar, classi virtuali e meetings, tutto rigorosamente online. Se da un lato le aziende in qualche modo stanno cogliendo le opportunità legate alla organizzazione della nuova normalità, cosa succede nella scuola? A che punto è la didattica digitale nelle scuole? Cosa abbiamo imparato a fare e su cosa invece siamo ancora indietro?
 
Maurizio Carmignani intervista Dianora Bardi chiedendole di raccontarci a che punto siamo su questo fronte su cui la pandemia ha impresso, obtorto collo, una grande accelerazione.
 
Dianora Bardi è Presidente del Centro Studi ImparaDigitale, per 42 anni docente nei Licei.
Formatrice a livello nazionale  e internazionale sulla didattica per competenze con le tecnologie.
Ideatrice e organizzatrice  del Tablet school – meeting nazionale degli studenti, coordinatrice del progetto Curriculum mapping, coordinatrice referente scientifica del progetto USR Lombardia Scuola Lombardia digitale e del progetto della regione Basilicata per la formazione dei formatori della Regione.
 
MCa: il 27 novembre 2020 hai organizzato la quinta edizione degli Stati Generali della Scuola Digitale. Chiaramente una edizione diversa, un evento non in presenza. La mia domanda è, a che punto è la notte? Dopo mesi di DAD che bilancio abbiamo? Cosa abbiamo imparato a fare e cosa ci manca?
 
DBa: È una domanda articolata. Prima di tutto l’organizzazione dell’evento è stata veramente molto complessa, tanti relatori e un pubblico vastissimo che non ci aspettavamo (https://www.statigeneraliscuoladigitale.it/)
Abbiamo tato fatto un po' il punto della situazione, è stata una giornata di riflessione sullo stato dell’arte. In sintesi, penso che la scuola abbia fatto dei miracoli nel periodo iniziato a marzo e conclusosi in maggio. Tutta la scuola in ogni suo componente. Siamo partiti a velocità differenti, c'erano delle persone e delle scuole più organizzate e più strutturate che avevano già gli strumenti pronti, essenzialmente le scuole secondarie con ragazzi più grandi che non avevano bisogno delle famiglie per potersi connettere.
Problemi molto più forti ci sono stati nella scuola primaria e forse secondaria di primo grado. Prima di tutto perché ci dovevano essere le famiglie ad accompagnare bambini e ragazzi nella didattica e questo ha comportato evidentemente delle difficoltà. La scuola primaria o secondaria di primo grado ha avuto delle difficoltà: raramente i bambini di otto, nove o dieci anni hanno un tablet, un PC o un notebook. La condizione necessaria per poter seguire la didattica insieme alla connessione internet.
Sul lato degli insegnanti, sostanzialmente, nessuno era preparato alla didattica a distanza. Prima della pandemia i docenti avevano fatto le uniche esperienze creando aule virtuali con gli studenti ad integrazione della didattica in presenza. Ma la vera didattica a distanza non l'aveva fatta nessuno. Alcuni insegnanti tra quelli meno strutturati hanno scambiato la didattica a distanza con il consegnare i compiti, che i genitori dovevano spiegare ai bambini con tutte le difficoltà del caso.
Però la Scuola si è impegnata e ha fatto un salto di competenze digitali veramente notevolissimo. 
Poi c'è stato il periodo estivo dove le scuole sono state tutte impegnate a organizzarsi da un punto di vista della sicurezza, degli arredi, della logistica.
Credo che i docenti fossero stravolti perché si sono trovati ad affrontare appunto una didattica a cui non erano preparati: creare le lezioni per una didattica a distanza è complicatissimo; parlare attraverso monitor non è così semplice, si perde la relazione e l'empatia.
Poi da settembre si è pensato, si è sperato, che il ritorno alla DAD arrivasse più in là. Invece è arrivata molto presto questa seconda ondata. La scuola si è trovata di nuovo impreparata perché per fare una vera didattica a distanza bisogna riprogettare la didattica, riprogettare l'orario, riprogettare il modo di comunicare e riflettere su quello che era stata l'esperienza precedente. Analizzare le criticità, sviluppare le positività. Ci doveva essere il momento della riflessione e della riprogettazione. 
 
MCa: Io non mi occupo di scuola ma di consulenza e formazione per le imprese. Devo dire che con deciso anticipo, 20 anni fa, con il gruppo con cui lavoravo, creammo un learning management system. Ho vissuto l'esperienza e la frustrazione di non riuscire a tramutare le possibilità in realtà prima per un problema infrastrutturale ma poi soprattutto per un problema culturale. In qualche modo ho visto invece come da aprile in poi le resistenze all'interno dell'organizzazioni siano crollate. Con il lockdown tutte le persone hanno iniziato a lavorare da casa e la formazione, soprattutto in un momento come questo di accelerazione continua e di grandi cambiamenti, assolutamente non poteva fermarsi.
La riflessione è stata fatta molto velocemente. La prima applicazione è stata cercare di appiccicare su un video quello che facevi in aula. 
I format si stanno modificando tantissimo e molte aziende rimarranno in smart working. Addirittura, qualche settimana fa la Vodafone ha annunciato che i suoi dipendenti non torneranno a lavorare negli uffici. Alcuni miei clienti mi hanno detto, dopo aver visto il conto economico, che non faranno più la formazione nelle modalità tradizionali.
Per le aziende oggi si è aperta di fatto l’era dell’apprendimento continuo attraverso la pervasività della formazione che può essere erogata digitalmente in modalità completamente diverse: on demand per alcuni contenuti, momenti di live dove si arriva preparati e si conversa su alcuni casi. Le modalità sono diverse i tempi di reazione nelle piattaforme di video comunicazione sono completamente diversi da quelli che ci sono in aula e il docente deve apprendere come utilizzare questi strumenti che una volta compresi possono offrire di più. In cosa il digitale può migliorare l'esperienza dell'apprendimento?
 
DBa: I docenti non sono stati preparati alla riprogettazione dei contenuti, hanno preso l'orario scolastico di sei ore in classe e lo hanno trasferito on line. Non è stata prestata attenzione alla riprogettazione. La scuola doveva rimanere in presenza. A fronte di una possibilità di scelta tra presenza ed online è chiaro che uno dice in presenza, non c'è nessun dubbio. Dato che c'è la necessità dell'online bisogna sviluppare i contenuti e le lezioni in un modo diverso. Io ho anche detto soprattutto a marzo, aprile e maggio: attenzione a fare stare i ragazzi 6 ore davanti al computer perché dopo i compiti in classe devono chattare con gli amici e poi devono guardare un film o giocare al videogioco. In totale stanno 12-13 ore davanti a un monitor. Moltissimi hanno avuto problemi di vista, altri hanno avuto problemi di salute. 
Quindi è chiaro che si poteva lavorare per nuclei tematici. Ad esempio, le compresenze tra docenti nella realtà sono difficilissime, ognuno ha il suo orario per la sua classe. Ma nella rete tutte le limitazioni che ci sono nella realtà vengono abbattute. Allora invece di fare quattro ore di lezione di discipline diverse se ne potrebbero fare due con quattro i docenti delle discipline che lavorano su un nucleo tematico unico.
Tutto questo riduce i tempi in cui si sta davanti a un monitor. Si trasmette ai ragazzi una visione olistica del sapere, si sviluppa di più il senso del noi. Nel dibattito si coinvolgono di più i ragazzi, ad esempio utilizzando la strategia di parlare per 15 minuti e poi fermandosi per coinvolgere gli studenti, e dopo si assegna una attività. 
 
MCa: Tutto questo non è stato fatto. Così per introdurre i nuovi format è necessario un cambiamento paradigmatico. Tu sei presidente del Centro Studi Impara Digitale. Raccontaci una bella storia che funziona così impariamo ...
 
DBa: Nel 2010 per la prima volta in Italia ho portato i tablet nelle classi. Nel 2010 ero solo io in Italia e ho ricevuto attacchi da tutte le parti. Però ho creduto in questa nuova modalità di apprendere e ho sviluppato sempre metodologie didattiche che seguissero molto i talenti dei singoli ragazzi. L’ho chiamata Classe Scomposta ed è diventato un metodo di lavoro che moltissime scuole mantengono. 
Io sono dell'idea che il docente debba essere liquido. Noi docenti siamo sempre stati abituati a andare a scuola con una idea di lezione, ci organizziamo mentalmente per erogarla. Noi invece dobbiamo guardare con gli occhi dei ragazzi e quindi metterci al loro servizio ascoltandoli. Si può avere un progetto unitario per far acquisire le conoscenze ai ragazzi di una certa disciplina ma bisogna accompagnarli uno per uno e far sviluppare i loro talenti. C'è il ragazzo molto chiuso che non sa collaborare con gli altri e ha bisogno di imparare ad interagire e ad acquisire senso critico. C'è l'altro ragazzo viceversa molto attivo e molto caotico ma non sa riflettere, non sa dibattere. Ognuno di loro ha delle caratteristiche.
Io sono dell'idea che bisognerebbe avere una scuola molto libera. Io l’ho fatto mettendo 14 classi nella mia scuola a lavorare tutte sugli stessi progetti con aule aperte. Con il designer Daniele Lago abbiamo trasformato la scuola: l’abbiamo costruita come se fosse una casa speciale, la loro casa speciale con divani, piante, tendaggi e lampade che scendevano dai soffitti. Nei corridoi c’erano i banconi con gli sgabelli dove i ragazzi si incontravano e lavoravano tutti insieme; non c'erano tecnologie, le tecnologie le avevano i ragazzi. Quando volevo approfondire un argomento invece di mettermi dietro la cattedra dibattevamo per terra perché avevamo messo dei materassi sul pavimento. Ecco questo è sempre stato il mio modo di lavorare e devo dire che in questi dieci anni ho avuto dei discreti risultati.
 
MCa: Leggo nelle tue parole una miscellanea di metodologie. Però adesso faccio un pò il provocatore. Come si trasferisce tutto questo all’intero corpo docente?
 
DBa: Come ci arriveranno i docenti è difficilissimo, ci concentriamo sempre troppo sullo strumento. Lo strumento invece è fine a sé stesso: impara l'app, impara a utilizzare il software, impara a utilizzare la piattaforma... Però che cosa ne faccio a livello progettuale, qual è lo scopo, qual è l'obiettivo, qual è il progetto che c'è dietro, questo non c’è. Non c'è perché non sono mai state date queste indicazioni in maniera seria. L'altro grandissimo errore è la focalizzazione sulle metodologie didattiche innovative, come se fossero la panacea in grado di risolvere tutti i problemi. 
 
MCa: Un'ultima domanda. C'è una particolare categoria di persone che hanno disturbi dell'apprendimento. Queste nuove modalità di didattica possono aiutarle?
 
DBa: Sicuramente per i bambini con disturbi di apprendimento la tecnologia può essere importantissima. Io ho sentito una volta una docente che mi raccontava di come aiuta i bambini autistici attraverso la realtà virtuale: La ricostruzione della virtualità permette ai bambini autistici le ripetizioni. Ancora di più la personalizzazione può portare i bambini con disturbi a superare lo scoglio dell’apprendimento in modo sempre più efficace.
 

IMPRESA - Tempo della cura, cura del tempo

Dettagli
Scritto da Myriam Ines Giangiacomo e Pamela D'Andrea
Categoria: Gli articoli
A marzo scorso ci siamo ritrovati, alcuni da giorni, alcuni da settimane, con tantissimo tempo a disposizione, che però trascorreva velocissimo, tranne nei momenti in cui si attorcigliava sugli stessi pensieri, come attorno a un chiodo arrugginito.
Stavamo, improvvisamente, in uno strano mo(n)do. Orfani di contatti e lontani persino dai vicini di casa.
"Come facciamo a stare insieme?"
È così che, in Bottega Filosofica, ci è venuta l’idea, un po' di pancia e poi più ordinata, di trovare dei modi per stare insieme anche da lontano, sfruttando internet e soprattutto le nostre competenze, offrendole a chi avesse avuto voglia di esserci e accogliendo quel che fosse venuto in cambio.
Volevamo un modo per liberare la mente, per non stare inchiodati in quella 'cosa' lì. Una rete di protezione.
E abbiamo organizzato laboratori, salotti virtuali e incontri di approfondimento e di scambio, insieme davvero.
 
Abbiamo immaginato e preparato modi per #restareacasa e stare comunque insieme, fare comunità, scambiare saperi, capacità, emozioni, adatti a quella particolare situazione, a quella gigantesca pausa, vuota e piena: vuota di routine e abitudini che sapessero di normalità, piena di sensazioni un po’ al limite, un po’ sconosciute, un po’ spiazzanti.
In effetti, far stare insieme è una delle capacità che servono più frequentemente nel nostro lavoro, e allora perché non mettere a disposizione questa competenza?
Così è nato Tempo della cura, cura del tempo.
 
Tempo della cura. Gli incontri sono state occasioni per acquisire abitudini che, spesso, non si aveva avuto il tempo di acquisire, fare quel che non si faceva perché “non avevamo tempo”. 
Cura nel senso più ampio del termine: del fisico, dello spirito, della mente, di noi come individui e delle relazioni. Per grandi e piccoli, ciascuno a suo modo.
 
Cura del tempo. A guardare bene, in quella primavera, non abbiamo avuto più tempo, ma tempo diverso. Eravamo consapevoli che il tempo in realtà fosse poco, in un certo senso minore di prima - anche se sembrava strano - e le energie erano ancora meno.
Le giornate erano faticose, se non per tutti fisicamente di certo mentalmente e emotivamente. Il nostro intento non è stato, quindi 'occupare' spazi ma alleviare e condividere. Prenderci cura di quel tempo, prendendoci cura di noi e delle relazioni. E facendolo in modo condiviso, veramente.
Ecco perché non sono state iniziative riempitive ma attività di tras-formazione adatte a questo modo di 'stare', così diverso da quello a cui la maggioranza di noi è abituata.
 
Cos'è è stato, in pratica?
Ci siamo dati appuntamento a piccoli gruppi – massimo 10 persone -, connessi in videoconferenza - e quindi tutti partecipanti attivi - per incontrarci e stare insieme in modi diversi: leggere insieme e chiacchierare, a partire da un libro, raccontare storie, fare insieme esercizi orientati al benessere fisico e non, laboratori di cucina e di arte per bambini, un mastermind group con altre PMI per interrogarci insieme sul futuro. Non eravamo ancora così tanto abituati a Zoom, per molti è stata una vera scoperta alla quale si sono avvicinati con meraviglia e un po' di titubanza che l'attenzione meticolosa che abbiamo messo nel creare spazi accoglienti e sicuri, sebbene virtuali, ha presto fatto superare.
 
Noi di Bottega Filosofica abbiamo messo a disposizione lo spazio digitale e le competenze, professionali e legate alle disposizioni di ognuna. E in più, abbiamo raccolto nella nostra rete chi aveva voglia di mettersi a servizio e creare occasioni di condivisione e inclusione nel campo di cui era competente. Ci siamo incontrat* in salotti virtuali contemporanei e condivisi: non si è trattato di videocorsi o di registrazioni, tutti i partecipanti erano presenti online contemporaneamente in uno spazio comune e potevano interagire tra loro. Se le abbiamo chiamate con-versazioni è perché lo sono state veramente.
 
Con lo stile semplice, onesto e minimale che ci contraddistingue e lo stesso spirito di servizio di sempre, abbiamo iniziato senza aspettarci che fosse tutto già perfetto. In quel momento particolare di fine marzo abbiamo preferito cominciare e migliorare man mano, piuttosto che ricercare la perfezione. Ma anche se sono stati tutti incontri gratuiti ci abbiamo messo lo stesso tempo, gli stessi materiali, lo stesso impegno, abbiamo proposto attività con la stessa qualità di cui i partecipanti avrebbero goduto se avessero pagato.
 
Noi ci abbiamo messo tutta la competenza e l'impegno e il resto lo abbiamo creato insieme a chi ha partecipato. Nella logica della co-costruzione - che ci contraddistingue - abbiamo iniziato, abbiamo sperimentato, abbiamo aggiustato, dandoci feedback reciproci per migliorare ciò che stavamo facendo insieme. Abbiamo sperimentato insieme la co-creazione dello spazio che ci ha accolto.
D’altra parte autenticità è una delle nostre parole d’ordine e questo era già l’anno del "fatto è meglio che perfetto".
E volevamo - come ancora vogliamo - che tutto andasse avanti in modo sostenibile: con quello che avevamo già e secondo ritmi che aiutassero si, a distrarre ma senza aggiungere ansia e pressione a giorni che già ne portavano abbastanza.
 
Abbiamo quindi offerto, sempre a distanza, opportunità molto diverse mettendoci in gioco tutte e anche come abbiamo detto, con la collaborazione di alcun* altr* professionist* nella nostra rete, che si sono mess* in gioco per portare, per la prima volta, le loro attività on line gettando il cuore oltre l’ostacolo ma potendo contare su solide competenze e una ancora più solida passione per gli altri.
Sono nati così, oltre al mastermind group del quale ho già accennato, un laboratorio di movimento e consapevolezza con una amica fisioterapista, un gruppo di lettura condivisa – che ancora vive e prospera -, un gruppo di auto-mutuo-aiuto condotto da una collega psicologa per riflettere su ciò che ci stava accadendo dentro in quel momento così sconcertante, un laboratorio di cucina per bambini e genitori e i workshop d’arte per bambini condotti da Pamela D’andrea, coautrice di questo articolo.

pARTEcipiamo!
 
E' stata una serie di laboratori artistici dedicati a bambini in età scolare ed è stato anche un invito a mettersi in gioco rivolto non solo ai bambini, ma a tutto il gruppo familiare che assisteva tramite la piattaforma Zoom a queste lezioni/laboratorio. Laboratorio Klimt.jpg
 
Quando in Bottega Filosofica ci siamo interrogate su cosa avremmo potuto fare fattivamente per aiutare le persone che, in maniera responsabile avevano accettato di rimanere in casa, a continuare a mantenere o intrecciare contatti con altre persone, volevamo che le occasioni fossero più vere e più varie possibili. E, dalle stesse riflessioni, è nata la decisione di anticipare alcune attività che avevamo previsto per settembre, adattandole alle necessità di quei giorni.
 
Il progetto più ampio si chiama Nutrire i germogli e prevede diverse attività per coinvolgere i giovanissimi - i bambini in età scolare - e introdurli, in maniera leggera ma competente, ad ambiti per loro stimolanti e sfidanti. Fa parte del nostro impegno di Società Benefit, è parte del nostro obiettivo di beneficio comune che in sintesi si concretizza nella diffusione, in tutti gli ambiti, nella diffusione di una cultura della sostenibilità che parte anche da una diversa offerta educativa a bambini e ragazzi. Sostenere, incubare, il progetto Nutrire i germogli è il nostro modesto contributo in questa direzione.

Una delle quattro attività che lo compongono – le altre sono musica, cucina, giardinaggio - quella di cui Pamela si occupa personalmente, data la sua formazione come storica dell’arte e l’esperienza come operatrice didattico-culturale prende la forma di laboratori artistici raccolti sotto il nome “pARTEcipamo!”.
Per la progettazione il compito di Pamela è stato innanzitutto quello di selezionare quali, tra i laboratori che aveva già condotto in alcuni spazi ospitanti della Capitale (quindi in presenza con i bambini partecipanti), potevano essere adattati a una versione in modalità web live che permettesse di seguire i passaggi che compongono la realizzazione di un’opera d’arte casalinga.

“Ho dovuto anche immaginare quale tipo di materiali di recupero potesse essere più facilmente reperibile nelle case di chi avrebbe partecipato, viste le restrizioni sempre maggiori che —certamente — avrebbero potuto rendere difficile trovare qualcosa che mancava. Così, cercando di non dare per scontato nulla, a volte insieme ai genitori (che, ripeto, non sono solo supervisori ma parte attiva nei laboratori) abbiamo cercato soluzioni alternative e improvvisate, per proseguire il lavoro con quello che si trovava in casa".
 
E così abbiamo sperimentato e continuato a farlo, scoprendo insieme dove ci portasse usare una particolare tecnica, confrontandoci sul risultato, aggiustando il tiro o abbracciando, con il giusto coraggio, ma sempre in maniera lieve ed ironica, anche l’errore ‘per vedere l’effetto che fa’, come diceva una famosa canzone.
 
I gruppi virtuali erano composti, in media, da sette famiglie che già nei primi appuntamenti hanno familiarizzato sia con Pamela e il suo modo di trasmettere le proprie conoscenze e dare indicazioni, che tra di loro, prendendo reciprocamente spunto dagli altri e osservandone i lavori, per comprendere meglio come fare.
 
laboratori Pamela.jpgPerché, come a Pamela è caro sottolineare a chi partecipa, è importante che questi laboratori siano un pretesto per accostarsi al percorso dell’artista che si incontra in quella settimana ma è altrettanto importante, che comunque, dopo aver capito quale stile, quali colori, quale resa egli/ella proponeva, si possa serenamente provare a interpretare i passaggi per rendere l’opera che si sta eseguendo più vicina alla sensibilità artistica di ciascuno.
 

Al termini del laboratorio, i genitori, ricevono una e-mail che riassume brevemente i passaggi dell’attività che è stata svolta, per poter recuperare quel che può essere sfuggito ed essere in grado di eseguire nuovamente il lavoro, unitamente a riferimenti di testi o video o altro che sia stato citato durante l’incontr - utili per un approfondimento - e la lista dei materiali che saranno usati nel laboratorio successivo, per avere il tempo di raccoglierli.
 
Alla fine dell’ora trascorsa insieme Pamela ha sempre raccolto dai bambini le impressioni sulle loro realizzazioni e sul modo in cui hanno vissuto l’esperienza: “I feedback che preferisco sono le espressioni gioiose di chi condivide orgoglioso il suo lavoro con me e le altre famiglie”.  ma accanto a questi ci sono le foto delle opere realizzate in una breve ora e i commenti dei genitori come, ad esempio, questo " Ciao Pamela, visto che ci vendiamo sempre in bianco e nero, abbimo pensato di inviarti le foto a colori delle produzioni di Davide (che ha appeso ai muri di casa). Lui aspetta con trepidazione l'apppuntamento del venerdì. E non è scontato. A lui non piace disegnare. E 'arte e immagine' è l'unica materia che a scuola non gli va granché...."  o questo "Carissima Pamela, nel ringraziarti per il tuo lavoro, bello e appassionante, volevo dirti che la volta scorsa Pietro era radioso: lui ha una buona manualità che usa spesso nel realizzare giochi di vario tipo, spesso ispirati alla tecnica. Si è sempre considerato estraneo all'arte e a ogni arte ficurativa. Invece l'ho visto partecipare con convinzione e ci ha mostrato con orgoglio per giorni la sua scultura".
Una famiglia ha addirittura creato una 'galleria' con le opere dei vari laboratori sulla porta di casa. 
 
Questa possibile soddisfazione è stata alla base della volontà di Pamela di mettersi in gioco in quel particolare momento, di superare reticenze e buttare il cuore oltre l’ostacolo: “La sfida non è stata solo loro, è stata anche la mia e spero che questo processo di crescita portato avanti insieme possa contribuire a cambiare in qualche modo tangibile la percezione delle cose nel nostro prossimo futuro. Prendermi cura di quel gruppo di famiglie durante quei mesi è stato il mio piccolo contributo per un mondo migliore”.
 
Nel frattempo, grazie al passaparola, il numero dei partecipanti aumentava tanto da dover programmare altre edizioni, sempre gratuite, naturalmente.
 
 

gallery laboratori Pamela.jpg

 
 

SCUOLA - La Scuola in emergenza: serve visione e strategia

Dettagli
Scritto da Mirta Michilli
Categoria: Gli articoli
La phyrtualità
Uno dei punti di forza storici della Fondazione Mondo Digitale (FMD) è l'animazione territoriale, perché cerchiamo di rendere sempre e ovunque le persone protagoniste di ogni iniziativa, con una presenza viva, radicata e diffusa anche nella realtà locali. Quindi l'impatto dell'emergenza sanitaria Coid-19, con le misure di distanziamento fisico, è stato sicuramente molto forte e limitante, ma non ci ha colto impreparati. 
Da diversi anni, per potenziare tutte le azioni, abbiamo elaborato il concetto di phyrtualità, integrazione di dimensione fisica e virtuale, e questo ci ha permesso di rielaborare velocemente i progetti in una nuova dimensione di "distanza ravvicinata". Così abbiamo sostenuto la didattica a distanza, aiutando i docenti con meno familiarità con le tecnologie, e continuato ad ampliare l’offerta formativa delle scuole con le nostre attività progettuali. In tempi brevi abbiamo realizzato oggetti e strumenti formativi molto diversi per attività, generi, temi, contenuti, tecnologie e aree disciplinari. Sono corsi on line, materiali multimediali, playlist, attività, buone pratiche, strumenti ecc. Si possono scaricare e condividere liberamente e secondo le modalità previste dalla licenza Creative Commons (non commerciale). 
Per indicare attività fisiche e digitali si sta diffondendo l'espressione phygital. Noi preferiamo il termine phyrtual, perché virtuale non coincide con digitale. È una dimensione più ampia e articolata, che può essere abitata come spazio di apprendimento. 
Il concetto di firtualità è parte del nostro modello di Educazione per la vita, elaborato dal direttore scientifico Alfonso Molina, che ha contribuito a fondare l'organizzazione alla sua nascita come Consorzio Gioventù Digitale. Il modello, rappresentato di seguito (figura 1), integra conoscenze codificate, competenze e valori con tre dimensioni fondamentali dell'apprendimento (in tutti gli ambiti della vita, lungo l'intero arco della vita e in modalità trasformativa), tiene conto delle riflessioni più recenti su apprendimento e istruzione e arricchisce il quadro delle competenze per il 21° secolo con l’auto-imprenditorialità e con la firtualità, in quanto capacità di integrare dimensione fisica territoriale e virtuale in un solo approccio di pensiero e azioni strategiche. Una competenza che diventa sempre più preziosa. 
 
Il modello di Educazione per la vita è stato pensato proprio per rispondere alla complessità crescente del nostro mondo, sempre più accelerato nei cambiamenti e nelle trasformazioni, attraversato da lunghi periodi di crisi e ora da un'emergenza sanitaria che ci ha colti impreparati. La velocità di propagazione del virus ha messo in luce le carenze strutturali del paese, costringendo gli italiani a un adattamento tempestivo, complicato e spesso impacciato. E la scuola ne ha pagato le conseguenze. 
Ci sono esperienze innovative, quali ad esempio le 1.200 scuole di “Avanguardie educative” selezionate dall’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Innovativa (Indire), oppure le organizzazioni della società civile che collaborano con il mondo scolastico. Manca però un modello diffuso che unisca le conoscenze curricolari con lo sviluppo di competenze specifiche e trasversali che consentano ai giovani di imparare a interpretare i cambiamenti in atto e di gestire le trasformazioni del 21esimo. 
La chiusura delle scuole ha conseguenze disastrose sul piano dell’apprendimento e sul futuro dei giovani. Secondo uno studio della Banca mondiale, ogni anno di istruzione in più aumenta le prospettive di guadagno future di uno studente del 10%. Tre mesi e mezzo di lockdown della scorsa primavera potrebbero quindi tradursi in una perdita di oltre 21mila euro nell’arco della vita lavorativa. Ma ovviamente non è solo un problema economico. Non si possono sottovalutare gli effetti della chiusura delle scuole e di una didattica a distanza che non riesce a raggiungere tutti.
 
Sostenere il cambiamento
In questa situazione di difficoltà, la FMD ha cercato durante la prima ondata di sostenere il rapido cambiamento con iniziative formative e con la creazione di reti solidali. Ci siamo confrontati con un mondo con poca familiarità con la didattica online: né gli insegnanti, né la struttura scolastica nel suo complesso erano preparati a continuare a fare lezione a distanza con le scuole chiuse. Da subito abbiamo intensificato una serie di azioni di sostegno, per garantire il diritto allo studio nonostante tutto. E con webinar, risorse online e altri strumenti abbiamo anche proseguito i progetti di innovazione sociale in corso, che arricchiscono l’offerta formativa delle scuole e rinforzano il ruolo della comunità educante. 
La prima sfida è stata quella di accompagnare i docenti all’uso delle piattaforme di formazione a distanza come Microsoft Teams, Google Classroom, Meet, Webex o GoToWebinar. E abbiamo attivato uno sportello multicanale per i docenti, accessibile anche con i principali servizi di messaggistica come WhatsApp o Telegram. Poi abbiamo affrontato il problema di come rimodulare i contenuti e riadattarli in modalità sincrona e asincrona. Questo è un aspetto fondamentale, perché non è possibile concepire la DAD come la brutta copia della scuola in presenza.
Un’altra questione importante da affrontare è stata la mancanza di dispositivi adeguati e di connessioni in tutte le famiglie. Non è un caso che l’Unesco abbia indicato, tra le "nove idee per l’azione pubblica" in risposta all’emergenza Covid-19, quella di espandere la definizione di "diritto all’educazione", integrandola con "diritto alla connettività". Molti studenti si sono adattati usando il proprio smartphone, che però non è lo strumento più adatto; da qui l'esigenza di produrre anche materiali fruibili in modalità asincrona sul canale YouTube. 
Nonostante tutto, il bilancio conclusivo è comunque positivo: durante i cinque mesi di emergenza sanitaria, abbiamo formato 9.378 studenti, 2.830 genitori e 7.568 docenti. Ma non solo. Ci siamo cimentati anche in alcune sfide che all'inizio sembravano molte complesse, se non impossibili: uno sportello digitale per gli anziani fragili di un centro diurno; RadioIncolla, un podcast comunitario per dare voce alle comunità educanti delle periferie; un’aula virtuale con oltre 1.000 studenti animata da esperti della salute; webinar aperti a tutti sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale; percorsi di progettazione condivisa con gli studenti, come un chatbot per la spesa degli anziani; e infine le video lezioni di una maestra su YouTube con missioni tecnologiche affidate ai bambini per aiutare i nonni a non rimanere isolati.
 
Sperimentare la didattica innovativa
Alla riapertura dell'anno scolastico abbiamo lanciato una call per i docenti. Abbiamo coinvolto gli insegnanti in un importante progetto di didattica innovativa, valorizzando il loro ruolo di agenti del cambiamento pedagogico e sociale. Intendiamo creare percorsi didattici che facciano leva sull’uso di soluzioni digitali per trasformare l’apprendimento delle discipline in un’esperienza coinvolgente e trasformativa, in grado di sollecitare quelle conoscenze, competenze e valori centrali nel modello educativo che FMD porta avanti da sempre. Il lavoro, da svolgere individualmente o in piccoli gruppi coadiuvati dai coach e dai ricercatori FMD, consiste nel proporre una selezione dei migliori strumenti digitali e/o delle più valide risorse multimediali e nell’ideare modalità di integrazione in moduli didattici per le singole discipline. Tutte le risorse selezionate devono essere accessibili gratuitamente alle scuole e disponibili in italiano (o eventualmente in inglese). I moduli o percorsi didattici ideati devono presentare un reale valore aggiunto per la didattica mista (online/in presenza) delle discipline. 
 
Dalla resilienza alla consapevolezza innovativa
Dall'inizio della pandemia siamo stati coinvolti in numerosi dibattiti e confronti. Non mi sono mai stancata di ripetere l'urgenza di trasformare la resilienza dimostrata dalla scuola in una diffusa consapevolezza innovativa, e poi in una visione progettuale a breve e lungo periodo. Il professor Tullio De Mauro, insigne linguista ed a lungo Presidente della Fondazione Mondo Digitale, diceva che la scuola è l’organizzazione più complessa di un paese. Per rinnovarla occorre una rivoluzione sistemica. E abbiamo bisogno di un nuovo modello educativo che faccia da cornice a ogni intervento, non solo in emergenza. Noi lo stiamo già sperimentando con successo.
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - La formazione ai tempi della pandemia: l’esperienza della Scuola Nazionale dell’Amministrazione

Dettagli
Scritto da Sabrina Bandera
Categoria: Gli articoli

1. Il percorso di introduzione della didattica a distanza alla SNA

La Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), nel quadro di un più ampio intervento di innovazione delle sue attività formative (1), ha promosso, a partire dal secondo semestre del 2017, un percorso strutturato per lo sviluppo della formazione a distanza, considerata un asset fondamentale anche per il long life learning della pubblica amministrazione. La SNA ha, infatti, come missione il reclutamento e la formazione di dirigenti e funzionari pubblici, in particolare dei ministeri e delle amministrazioni centrali (2).

Partendo da alcune esperienze pilota sviluppate in precedenza, e in considerazione delle crescenti esigenze manifestate dalle amministrazioni e dai partecipanti ai corsi, nel 2017 è stata avviata un’azione volta a incrementare progressivamente la quota di formazione fruibile a distanza.

Il percorso ha previsto, nella prima fase (2017-2018), l’approfondimento e l’individuazione delle modalità di formazione a distanza, sincrona e asincrona, più adeguate per i destinatari delle attività formative della Scuola; un’azione formativa interna di introduzione alle metodologie e agli strumenti eLearning, dedicata ai docenti e al personale di supporto; l’acquisizione delle piattaforme e l’integrazione delle stesse con i sistemi gestionali della Scuola.

Nella seconda fase (2018-2019) sono state definite le caratteristiche delle tipologie di corso (in aula, blended, interamente in eLearning); l’uso di Moodle è stato integrato all’interno di tutta l’offerta didattica, creando un’aula virtuale per ciascun corso; è stata avviata la progettazione e realizzazione dei primi contenuti online (video-lezioni), prodotti internamente.

2. La reazione all’emergenza Covid-19 e lo sviluppo di nuovi modelli didattici

Il percorso realizzato ha permesso alla SNA di affrontare in maniera proattiva l’emergenza Covid-19: a metà marzo, in una sola settimana, tutti i corsi previsti in aula sono stati riprogrammati a distanza, premettendo alla Scuola di proseguire regolarmente con l’erogazione di tutti i corsi previsti nel catalogo dell’offerta formativa per il 2020: 226 corsi, articolati in oltre 300 edizioni (3).

Oltre alla elevata numerosità, la particolarità dei corsi SNA è data dal fatto che coprono conoscenze e competenze in ambiti tematici fortemente diversi e che ad essi partecipano discenti con profili professionali differenziati e provenienti da una pluralità di amministrazioni, con la conseguente necessità di trovare modalità didattiche il più possibile adeguate a gestire una così elevata eterogeneità.

A seguito della pandemia, i corsi SNA sono stati realizzati secondo tre modalità principali (figura 1):

  • Corsi interamente sincroni: composti da webinar, con sessioni della durata massima di due ore;
  • Corsi interamente asincroni: strutturati in contenuti digitali fruibili autonomamente dai corsisti in un periodo di tempo predefinito;
  • Corsi sincroni-asincroni: che prevedono una combinazione, in misura variabile, di webinar sincroni e contenuti digitali asincroni.

I corsisti accedono a tutte le tipologie di attività previste per ciascun corso dalla piattaforma Moodle, dove è previsto un ambiente online dedicato per ciascuna edizione (cd. aula virtuale), nel quale sono disponibili anche: programma del corso, materiali e contenuti didattici di approfondimento, registrazione dei webinar (dopo la lezione sincrona), test di valutazione e questionario finale di gradimento del corso. Per alcuni corsi sono inoltre previste attività ulteriori, quali forum di discussione e tutoraggio a distanza.

Figura 1 - Modalità corsi SNA marzo-ottobre 2020

Nel secondo semestre 2020 è stata avviata anche la progettazione e realizzazione di corsi con modalità scheduled (4) e di corsi self-paced. Il primo modello è attualmente in fase di sperimentazione su 12 corsi relativi ad ambiti tematici diversi: sviluppo sostenibile, politiche di coesione, big data, comunicazione, gestione dei gruppi di lavoro, protezione dei dati personali, transizione digitale. Tali corsi, che hanno durate molto diverse, sono stati selezionati con l’obiettivo di aumentare l’interazione tra partecipanti e tra partecipanti e docenti. Accanto a momenti di didattica sincrona, i corsi prevedono, in combinazioni diverse, video di ingaggio introduttivi, podcast, attività da realizzare su Moodle o in piccoli gruppi su Teams (simulazioni, presentazioni etc.), una prova di valutazione finale che, nei corsi più lunghi, può essere anche un project work.

Il modello didattico self-paced è stato applicato ai corsi asincroni che forniscono conoscenze di base in materia di: analisi delle politiche pubbliche, contabilità pubblica, diritto amministrativo, economia pubblica, management pubblico, statistica, trasformazione digitale. Ciascun corso è composto da video-lezioni (da 5 a 8, di cui la prima introduttiva al tema) curate da docenti diversi; test di auto-valutazione al termine di ciascun video (3 domande a scelta multipla), il cui superamento è indispensabile per passare al video successivo; articoli e altri materiali di approfondimento; forum di discussione attraverso la piatttaforma Moodle, con la possibilità sia di dialogare tra pari sia di porre questioni ai docenti; un test di valutazione finale (20 domande a risposta multipla) (5).

Da aprile 2020 è stato inoltre promosso il progetto “Solidarietà formativa” che mette a disposizione delle amministrazioni, gratuitamente e in ottica di riuso, i contenuti digitali asincroni disponibili nel catalogo SNA. Il progetto ha coinvolto, sino a ora, 7 amministrazioni, per oltre 200 contenuti in riuso. Tale iniziativa ha permesso di rendere disponibili i contenuti dell’offerta formativa a un parterre ancora più ampio di dipendenti pubblici, creando, grazie al supporto metodologico offerto dalla Scuola, percorsi dedicati a singole amministrazioni e a differenti categorie professionali. In considerazione dell’interesse con il quale le amministrazioni hanno accolto questo progetto, la SNA sta valutando la realizzazione di alcuni MOOC su temi di interesse trasversale per la PA, quali trasformazione digitale, comunicazione pubblica, prevenzione della corruzione e contratti pubblici.

3. I primi risultati e i fattori critici di successo

Tra il 2019 e il 2020 (dati aggiornati a ottobre) i corsi in modalità eLearning sono passati da 28 a 179, le edizioni da 57 a 270 e le ore di formazione a distanza da 1.885 a circa 4.000 (figura 2).

Complessivamente, tra marzo e ottobre 2020 sono state realizzate 1.026 sessioni di webinar (a fronte delle 128 del 2019) (figura 3), mentre il catalogo dei contenuti digitali asincroni è stato ulteriormente sviluppato e conta oggi 388 learning objects (6).

Figura 2 - Corsi, edizioni e ore eLearning SNA 2017-2020

Figura 3 - Sessioni webinar SNA 2019-2020

I dati relativi al gradimento dei corsi, monitorati attraverso questionari al termine di ciascun scorso, hanno registrato un apprezzamento positivo di queste modalità: lo SNA Quality Index - indice che sintetizza le variabili di qualità monitorate - del II quadrimestre 2020 ha registrato il livello più elevato (86,4 su 100) da quando viene registrato (7).

Tali risultati sono stati possibili grazie al coinvolgimento attivo dei diversi attori del processo formativo della SNA: docenti, tutor e partecipanti. Dal punto di vista organizzativo, la riprogettazione ed erogazione dei corsi ha fatto capo ai cinque Dipartimenti didattici, con un ruolo trasversale svolto dall’eLearning Lab, il centro interno di competenze, creato nel 2018, che ha come obiettivi la promozione e lo sviluppo della formazione online della Scuola, grazie ad attività combinate di supporto metodologico, tecnologico e di gestione delle piattaforme

Docenti e tutor sono stati attivamente coinvolti in percorsi di peer learning: i primi sono stati supportati nella riprogettazione dei contenuti dei propri corsi grazie a momenti formativi dedicati alle piattaforme utilizzate dalla Scuola e alla predisposizione di linee guida per la realizzazione dei webinar e dei contenuti didattici asincroni; i secondi sono stati costantemente accompagnati dall’eLearning Lab grazie a iniziative formative dedicate e a interventi individuali di capacity implementation.

I tutor hanno rappresentato un asset fondamentale nel supporto ai docenti e ai partecipanti nell’erogazione dei corsi. L’impegno è stato particolarmente rilevante in considerazione dell’elevato numero di docenti coinvolti (oltre 500), spesso incaricati per una sola lezione, e del numero e tipologia di partecipanti, che nel 2020 sono stati oltre 25.000 (8): dirigenti e funzionari con una età media elevata, abituati a modalità di apprendimento tradizionali e in molti casi con scarsa dimestichezza nell’uso delle piattaforme tecnologiche.

La necessità di adattare i programmi dei corsi, inizialmente progettati per una fruizione prevalentemente in presenza, ha inoltre permesso di avviare una sempre maggiore integrazione delle piattaforme utilizzate dalla Scuola (Moodle, Adobe Connect e Microsoft Teams) e ha evidenziato al contempo gli aspetti critici da affrontare e migliorare.

4. Lessons learned e sviluppi

Il percorso di sviluppo della formazione a distanza ha rappresentato per la SNA una innovazione fondamentale perché ha permesso alla Scuola di aumentare in maniera significativa il numero di discenti che essa è in grado di raggiungere, superando il limite “fisico” delle aule e le problematiche connesse ai costi delle missioni, ma ha imposto anche un progressivo ripensamento delle metodologie didattiche.

In considerazione del perdurare dello stato di emergenza sanitaria, le attività formative SNA per il 2021 (262 corsi di formazione continua) sono state prudentemente organizzate ancora interamente a distanza per il primo semestre e con la previsione di un ritorno graduale in presenza a partire da settembre-ottobre (9).

L’esperienza sviluppata nel 2020 e qui sinteticamente presentata ha coinvolto la Scuola in un percorso di progressivo incremento delle proprie competenze e capacità, nella direzione di un “modello di didattica integrata” tra attività in presenza e a distanza e attività sincrone e asincrone. In tale modello le attività in aula dovranno essere progettate, in particolare, come momenti formativi che presuppongono il coinvolgimento attivo del discente (laboratori, testimonianze, presentazione e discussione di casi proposti dai partecipanti a partire dalla loro esperienza lavorativa), mentre le attività a distanza dovranno essere sviluppate ancora più in funzione della natura specifica, degli obiettivi formativi e del numero di partecipanti di ciascun corso, permettendo nel contempo una maggiore personalizzazione delle relative esperienze d’uso.

A partire dai risultati delle sperimentazioni in corso, la SNA intende proseguire il suo impegno nel percorso di rafforzamento e innovazione delle metodologie didattiche e per la definizione di adeguati modelli di long life learning per le amministrazioni pubbliche, grazie anche a una sempre maggiore integrazione tra le sue attività di formazione e ricerca.

 

 

 

1. Si veda Battini S. e Bandera S., L’esperienza recente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione nel dialogo con le amministrazioni destinatarie della formazione, in Atti del convegno AIPDA (Pisa, ottobre 2019), in corso di pubblicazione.

2. Nata nel 1957, come Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA), è parte integrante della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nella sua configurazione attuale è stata definita nel 2014 a seguito dell’accorpamento delle scuole di formazione dei diversi ministeri: Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze, Istituto diplomatico "Mario Toscano", Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno, Centro di Formazione della Difesa e Scuola Superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche.

3. Tra marzo e maggio 2020 sono state realizzate a distanza anche tutte le attività del VII Corso-concorso per il reclutamento di 125 nuovi dirigenti pubblici, che erano state originariamente previste presso la sede della SNA di Caserta. Sulla riorganizzazione di tali attività a distanza si veda Limongelli V., Moodle e Corso-concorso, in Atti del convegno MoodleMoot Italia 2020 (novembre 2020), in corso di pubblicazione.

4.Watson W.R., Yu J.H., Watson S.L., Perceived Attitudinal Learning in a Self-Paced versus Fixed-Schedule MOOC, in “Educational Media International”, 55(2), 2018, pp. 170-181.

5. Per un approfondimento sulle sperimentazioni in corso si rinvia a Bandera S., D’Antoni C., Limongelli V., Micale F., Sviluppare la formazione a distanza nella PA: l’esperienza della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, in Atti del convegno MoodleMoot Italia 2020 (novembre 2020), in corso di pubblicazione.

6. Il catalogo è disponibile sul sito SNA: http://sna.gov.it/it/tutte-le-news/formazione/dettaglio-news-formazione/article/smart-learning-alla-sna-disponibile-il-nuovo-catalogo-delle-video-lezioni/

7. Lo SNA Quality Index (SQI) è l’indice sintetico che permette di monitorare i fattori fondamentali di valutazione di ciascun corso da parte dei partecipanti (che compilano un apposito questionario nell’ambiente online Moodle): percezione globale della qualità, qualità della docenza, soddisfazione delle attese ed erogazione del servizio.

8. Il dato relativo ai partecipanti è aggiornato a ottobre 2020.

9. Il catalogo dei corsi 2021 è disponibile sul sito SNA: http://paf.sna.gov.it/

 

 

SCUOLA - Non esistono giorni di scuola ordinari

Dettagli
Scritto da Simone Vacatello
Categoria: Gli articoli
Il luogo “aperto” per eccellenza
Da quando la casualità mi ha messo seduto per la prima volta dietro a una cattedra, ho provato a conservare la prospettiva che avevo allora, e cioè quella di un ex studente, di un individuo che fino a quel momento aveva contemplato una percezione esclusivamente fruitiva della scuola. Ho cercato insomma di tutelare in me lo sguardo di chi è lì per imparare, per colmare la distanza emotiva tra me e le classi, e per non cedere mai un’oncia di entusiasmo a quello che, nei miei giorni da studente, mi era sembrato l’avversario più difficile da affrontare, quello che più alzava il filtro affettivo tra me e l’istruzione: la struttura chiusa della scuola. Sono ancora persuaso che questa, con i suoi orari fissi e le sue scadenze, i suoi resoconti numerici e le sue maglie burocratiche, non ti prepari alla società adulta, ma ti costringa piuttosto ad adattarti ad essa. Il fatto che la scuola sia stata una delle prime istituzioni a chiudere, alla vigilia del disastro umano che stiamo attraversando, è altresì simbolico della fragilità della sua ratio fondante nel passato.
 
Quello che dovrebbe essere il luogo “aperto” per eccellenza, in cui costruire un’alternativa virtuosa a certi vicoli ciechi sociali e civili, è stato invece – perlomeno fino ai giorni che hanno preceduto il virus – troppo spesso un’imitazione isomorfica delle ingiustizie che affliggono la società. Una sorta di profezia autoavverantesi in cui la cultura non sempre si è fatta aggregazione armoniosa di una comunità in fieri, bensì merce di scambio tesa a garantire una retribuzione, che fosse in termini di voti, crediti, o posti di lavoro futuri.
 
Chiusi dentro quattro mura
Nel frattempo, la società dell’accumulo stipava di fatto per anni il capitale pre-adulto dentro quattro mura, mentre all’esterno depauperava la sanità e mortificava la cultura fino a rendere cedevoli le sue strutture fondanti. Poi, di fronte al rischio del collasso, si è affrettata a chiudere quelle quattro mura poiché incapace di tutelarle. Da quel momento, e non si sa ancora per quanto tempo, siamo tutti ostaggio della Didattica a Distanza. 
Da insegnante, la mia idea sulla DaD è abbastanza noiosa, e cioè che abbia lo stesso valore etico di ogni strumento umano: dipende dall’uso che se ne fa e dal contesto che ne richiede l’uso. A volte è efficace e a volte no. A volte ci sono problemi di connessione reale, e a volte i problemi di connessione sono soltanto emotivi. Le ore passate davanti allo schermo si susseguono senza sosta, spesso all’inseguimento di programmi statali da completare o di trimestri che richiedono il loro tributo di numeri. Dall’una e dall’altra parte del terminale, però, ci sono persone sottoposte a uno stress gravissimo le cui conseguenze sono ancora inesplorate. 
Non riesco a fare un torto a uno studente che finge problemi tecnici per reclamare uno suo spazio di affrancamento da una didattica, che pretende di rimanere uguale a sé stessa mentre tutto intorno a essa è cambiato, forse per sempre. È già paradossale il fatto che si debba accedere a un modem privato per potersi garantire la fruizione tranquilla di un diritto costituzionale. In questi giorni mi capita di osservare i ragazzi e le ragazze separati, compressi in un condominio di finestre virtuali, con la voce distorta da filtri e filtri di tecnologia impersonale, e mi rendo conto che vorrei passare meno tempo a spiegare e interrogare, e più tempo ad ascoltarli. Ci provo, ma non basta, perché lo spazio non basta, il tempo non basta, le scadenze lo impediscono. Insomma, non basta aver costruito una società che non è in grado di tutelare il loro percorso formativo dal disastro, non basta non avere alternative al chiedergli di rinunciare alla socialità, pretendiamo anche che si adeguino ai piani d’emergenza di una classe dirigente adulta che li ha, di fatto, traditi.
 
Creare un laboratorio di ascolto permanente
Io stesso, dall’alto della mia vita adulta e delle pressioni alle quali questa è sottoposta, spesso durante la DaD mi sono presentato davanti al monitor con la presunzione di avere qualcosa di importante, di imprescindibile, da insegnare. Come se fosse un ordinario giorno di scuola. Confrontandoci con l’imprevisto della dimensione privata in cui sono immersi, stiamo invece imparando dai ragazzi che non esistono, e non devono esistere, giorni ordinari di scuola.
Mi rendo conto che rinunciare a un’ora di programma a settimana, alla ricerca di un momento di aggregazione, di condivisione, di dialogo, di redenzione della propria solitudine obbligata, non è un passo indietro, ma uno in avanti. È questa l’innovazione che auspico per la scuola in un momento così disorientato e disorientante: fare della scuola un laboratorio di ascolto permanente. Elastico, consensuale, reciproco. Un luogo in cui la didattica viene proposta e non imposta, in cui anche gli stessi studenti possano imparare ad ascoltarle, queste proposte. Proprio in virtù del fatto che lo stress emotivo e psicologico che stiamo affrontando è lo stesso da entrambi i lati della cattedra. 
 
Ripensare la società insieme agli studenti
In questi giorni di collasso stiamo sperimentando tutti ciò che a qualcuno di noi è sempre stato chiaro: i sistemi lavorativi ed economici sono fatti per agevolare l’esistenza, non per condizionarla. Nel momento in cui ciò avviene, è bene ricordare che questi sistemi sono fragili quanto la condizione umana che li determina. Pensare soltanto a sopravvivere alla pandemia per poi riprendere la propria attività così come era prima è un atto legittimo, ma se rimane un gesto fine a sé stesso, col tempo, verrà considerato egoistico.
La crisi che stiamo attraversando mi sta invece insegnando che, per ripensare la società che verrà, non importa quanto lontana, è necessario farlo insieme agli studenti. Confrontarsi e lavorare perché questa non sia più basata sull’identificazione con la propria produttività, ma sulla condivisione delle risorse, siano esse materiali, culturali, intellettuali o emotive. D’altronde, Covid o no, la scuola non è altro che uno specchio della società in cui questa sorge. Una società, che bada alle proprie strutture solo per conservarle e non per renderle virtuose o farle progredire, farà più fatica a garantire ai propri giovani un futuro al sicuro dalle proprie contraddizioni.
C’è bisogno allora che la società, così come la scuola, torni a considerare prioritario l’ascolto. Anche a scapito dei programmi, delle scadenze, dei consuntivi.
Domattina avrò la prima ora, non posso preparare venti tazzine di caffè e bermele tutte da solo, ma preparerò una tazzina di caffè da condividere con la classe. La metterò sul tavolo, a favore di telecamera, e la offrirò simbolicamente a chiunque voglia esprimere il proprio pensiero sul momento che stiamo vivendo, su cosa vorrebbe cambiare e su tutto ciò che invece gli/le manca, e a cui non vede l’ora di tornare. D’altronde, ognuno di noi sarà a casa sua. Tanto vale provare a sentircisi davvero.
 

SOCIETA' - Pasticceri si diventa

Dettagli
Scritto da Michela Lipari
Categoria: Gli articoli
Tra nuovi assaggi e scoperte gastronomiche
I dolci io li ho sempre snobbati.
Radicalmente. In cucina come a tavola.
E ho sempre sfoggiato ottime prestazioni in entrambe le discipline. Sono quella a cui "meglio regalarti un vestito che portarti a cena fuori" perché mai sazia, sempre pronta a trovare uno spazio per nuovi assaggi e scoperte gastronomiche... Purché non si tratti di dessert. Difficile da credere, lo so.
Da quando ho fatto il primo sugo, il mio impegno ai fornelli é massimo. Tempo, cura, energia: dalla ricerca dell'ingrediente giusto, fino alla presentazione del piatto. Quando cucino non mi risparmio... Purché non si tratti di dolci. Quelli no, non li mangio neanche a colazione, figuriamoci se li cucino! Nelle mie ricette preferite lo zucchero presenzia solo nella caponata e nelle cipolle in agrodolce. Le cene da me sono rinomate occasioni di gaudio e gozzoviglio, ma chi vuole il dolce, sa di doverlo portare. Perché la latitanza dei dessert é scientifica.
Trincerata dietro la romantica giustificazione che, senza amore, é impossibile sfornare buona cucina, ho sempre difeso la mia posizione con tenacia e ottusa convinzione.
La verità é che i dolci spaventano. Perché sono difficili. Con i dessert non c'è margine di errore, né la possibilità di correggersi in corsa: la ricetta é vincolante, l'improvvisazione preclusa. "Non fa per te", con queste parole, l'insicurezza, mia fedelissima compagna di vita, mi ha sempre impedito qualsiasi interazione con la pasticceria. Ed io le ho sempre dato ascolto. Per forza, l'idea stessa della bilancia mi mette ansia. Impossibile confinare la regina dell'approssimazione in una prigione fatta di rigore e metodo, dove qualche grammo in più o in meno fanno davvero la differenza. Giammai. La creatività ai fornelli per me é tutto. Replicare lo stesso piatto mi annoia, seguire le ricette senza cambiarle almeno un pochino mortifica la mia fantasia perché, in cucina, io voglio sperimentare. Spensieratamente. Senza regole. Libera. Anche di sbagliare.
 
Mettersi in discussione
Poi é arrivato il lockdown a togliermi la libertà. 
A imprigionarmi davvero.
E a farmi capire che sbagliavo.
Mi é servita una pandemia per mettermi in discussione, demolire le impalcature dei miei no e aprirmi a una nuova, sorprendente, opportunità. 
Sì, durante il lockdown di marzo, per merito delle sue giornate fluide, complice l'ansia d'approvvigionamento, cavalcando il must nazionale del "fatto in casa" e rincorrendo l'ultima bustina di lievito disponibile, ho ceduto. E, dopo il pane e la pizza, ho fatto un dolce. Un ciambellone senza pretese. Facile.
Basso profilo e tanta umiltà.
Una ricetta a prova di principiante che non la sbaglierebbe neanche mia figlia di 8 anni e, soprattutto, una ricetta in cui si usa un vasetto di yogurth come unità di misura evitando così di dover pesare gli ingredienti. Perfetta per me: passi il ciambellone, ma la bilancia no, non mi avrà. Mi impegno molto, miscelo i miei vasetti neanche fossi un chimico alle prese con la combinazione di elementi eterogenei, seguo la ricetta senza cedere alla tentazione di aggiungere un mio tocco e sforno un risultato di tutto rispetto.
A casa, il successo é clamoroso; il ciambellone é buono e in due giorni ne restano solo le briciole.
Ed io ne faccio subito un altro. Ottimo.
Poi, un altro. Meglio, più soffice.
E ancora un altro. Con le gocce di cioccolato.
Di nuovo un altro. Variegato al cacao.
Sono tutti squisiti, uno meglio di un altro. 
Ed io compro la bilancia.
 
Inizia la metamorfosi: dal salato al dolce
Ed è così che è iniziata la metamorfosi: sono entrata in lockdown mangiando pizza e caciotta a colazione e ne sono uscita Nonna Papera.
Il colpo di fulmine é scattato con una rivelazione che ha capovolto ogni mia convinzione: dolcificare é creatività allo stato puro. Non importa quanto sia vincolante la ricetta, il divieto alla libera sperimentazione e la bilancia non contano perché, quando fai un dolce, crei qualcosa che prima non esisteva. Letteralmente, crei. 
Nella cucina salata non é così. Puoi fare un arrosto buonissimo, puoi dargli "quel non so che di speciale" con la salsa, il grado di cottura, gli aromi, ma non hai creato niente. Perché l'arrosto, il pezzo di carne, già c'era; hai avuto bisogno del macellaio e, prima di lui, della mucca, per dar vita al piatto. Il dolce, invece, prima del nostro intervento, non esiste. É solo farina, zucchero, burro, uova. Che potrebbero diventare una frittata, ci si potrebbe condire la pasta insieme al parmigiano, si potrebbe mettere nel caffè, ci si potrebbero friggere le alici... e invece no, vengono fusi in una precisa combinazione e diventano quel dolce lì che prima non c'era. C'é qualcosa di magico in tutto questo (senza scomodare la religione, nel mio immaginario, solo i maghi creano le cose) e, da quando l'ho capito, ho tradito la mia insicurezza e mi sono permessa di provarci. Libera. Anche di sbagliare. Davvero.
La magia é che difficilmente sbaglio un dolce.

Ciambelloni, muffin, crostate, biscotti: la nostra casa inizia a profumare di pasta frolla e i prodotti industriali per la colazione spariscono progressivamente dagli scaffali della cucina. 

Imparare e attrezzarsi
Stordita da un ego con i super poteri (confesso di aver pensato per un istante che anche il pezzo di marmo con cui Michelangelo ha fatto il David, in fondo, già c'era... Un po' come l'arrosto), decido di essere pronta a fare sul serio.
E la serietà presuppone due step:
1. Lo studio
2. Gli strumenti.
Primo passo, lo studio. Se é vero che con i dolci non s'improvvisa, é arrivato il momento di scoprire le regole del gioco, la grammatica della pasticceria. Per ambire a varcare i confini dei ciambelloni, ho bisogno di competenza e approfondimento. La pratica ora esige la teoria. Le giornate infinite del lockdown sono dalla mia parte e ne approfitto per documentarmi e leggere molto: tecniche di base, creme, glasse, preparazioni, storia e aneddoti su questo o quel dessert e, soprattutto, tante, tantissime ricette. Le scrivo e le analizzo. Ne ricavo criteri e ne deduco prassi, individuo schemi e norme, capisco la logica che disciplina le diverse preparazioni e realizzo i processi specifici alla base dei diversi risultati. 
Capisco che in base alla modalità di trattamento e alla tempistica di assemblaggio, gli stessi ingredienti possono diventare dolci diversi. Invertendo l'ordine degli addendi, insomma, il risultato cambia e le combinazioni sono potenzialmente infinite. Tutto questo mi esalta e, alla fine dei miei studi, padroneggio così bene la teoria che, con stupore e orgoglio, sfato un tabù e azzardo una nuova consapevolezza: se li conosci davvero, i dolci puoi persino improvvisarli. Datemi degli ingredienti ed io vi farò una torta commestibile, anche senza seguire una ricetta. Oggi posso farlo.
Sazia di nozioni e digerito tutto lo scibile, smanio per passare alla fase due: gli strumenti. Ora so esattamente ciò di cui ho bisogno e sono perfettamente in grado di distinguere il vezzo, l'utile e l'indispensabile. Pochi clic su Amazon e il vuoto degli scaffali in cucina si riempie di stampi, cutter per biscotti, tegami, teglie specifiche per specifici dolci, pirottini in silicone, sac-a-poche con relativi beccucci e, infine ... le più desiderate, le più attese, le più importanti: le fruste elettriche, imprescindibili per fare il salto di qualità, perché, per quanto forti di braccio e determinati a fare tutto a mano, il risultato cambia. Con lo zampino dell'elettrodomestico, l'impasto incorpora più aria, monta, cresce in maniera diversa, solo così la meringa o la torta saranno davvero perfette, impalpabili, una nuvola al palato. Con delle buone fruste elettriche si può affrontare con successo praticamente qualsiasi dolce, anche Nonna Papera sarebbe d'accordo. Il passo successivo é la Planetaria, con lei si bussa alla porta del professionismo ma é costosa e gli scaffali della cucina sono pieni. Posso aspettare... per il momento.
Ultimo, ma fondamentale strumento, un libro firmato da una chef danese, dal titolo emblematico, Torte semplicissime, che nasconde tantissime chicche golose, torte originali, tutt'altro che semplicissime ma, tradotte in ricette essenziali, raccontate in uno stile, quello sì, semplicissimo. Il testo perfetto, insomma, per sgombrare il campo dalla retorica e avvicinare alla pasticceria anche il più accanito degli scettici. 
Ed io le ricette le testo praticamente tutte. Viaggio al ritmo di tre torte al giorno. In famiglia, c'é chi aggiunge un buco alla cinta e chi evoca lo spettro del diabete, ma io, incurante di tutto, mantengo il ritmo e proseguo dritta per la mia strada. 
 
Un nuovo lavoro
Capisco di dover allargare il giro degli assaggi quando una fetta di torta finisce nella spazzatura. Se l'offerta supera la domanda, serve una soluzione ed io la trovo, come sempre nella vita, nei miei amici. Fortunatamente ne ho tanti e sono abbastanza golosi da sfidare, autocertificazione alla mano, i posti di blocco disseminati in città. Io li premio confezionando con cura e amore i dolci e calandoli in un paniere dalla finestra. Funziona. La consegna é a rischio zero, l'incontro una gioia per tutti e i dolci un successone. Così prendo il via: compleanni, anniversari e ricorrenze diventano l'occasione perfetta per mettermi al lavoro e addolcire il lockdown delle persone che amo. Fioccano complimenti, la gratificazione é massima e l'autostima lievita. Condividere la mia nuova passione, aprirmi all'esterno mi permette di effettuare un ulteriore scatto di crescita: ora sono cosciente dei miei mezzi. Convinta. A tratti presuntuosa. Finalmente sicura.
Tanto sicura da accogliere l'idea balenata in un giorno qualunque della mia quarantena. Una scintilla. Una domanda "buttata lì" che, invece di dissolversi, si cristallizza prepotentemente nella mente: "E se diventasse un lavoro?".
Normalmente, mi sarei censurata. Avrei zittito i pensieri e liquidato la questione, ma nel lockdown non c'è niente di normale, solo tanto tempo per pensare e a me ne é servito pochissimo per respingere ogni obiezione e capire che l'idea é buona. Vendere dolci, a prezzi più accessibili di una pasticceria, ad una ristretta cerchia di amici e conoscenti per salvare la mia famiglia dall'iperglicemia e mettere a frutto le mie nuove competenze e il mio inaspettato talento. Funziona. Il progetto regge. Perché non solo sono brava e veloce, ormai, sono anche attenta alla forma e traduco le ispirazioni iconografiche tratte dal mio studio in torte esteticamente notevoli.
E, soprattutto, perché faccio tutto con il sorriso. Senza fatica. Sempre. Perché per me fare dolci é terapeutico, un antistress naturale, la migliore medicina contro ansia e claustrofobia da quarantena perché non c'è negatività o malumore che resista all'impasto che monta e trasformare tutto questo in una professione sarebbe come... mettere la ciliegina sulla torta. Provarci é d'obbligo.
Così, da un giorno all'altro, scelgo un nome, DolceMente, ed elaboro dei biglietti da visita on line che arrivano in meno di una settimana; definisco uno stile in linea con il biglietto da visita, fotografo secondo quell'atmosfera i miei dolci e creo dei volantini digitali; compro scatole, involucri e accessori per disporre di un packaging degno di una pasticceria; calcolatrice alla mano, faccio conti, quoto torte e porzioni, valuto le spese, ragiono e redigo un listino prezzi; infine, condivido il tutto con la ristretta cerchia di cui sopra. 
E sono felice. Adrenalinica. Orgogliosa e fiera di me.
DolceMente mi dà subito ragione. Funziona. Gli ordini fioccano, fatico quasi ad accontentare tutti, ma prendo il ritmo e, finalmente, domanda e offerta coincidono.
Sono passati mesi, siamo di nuovo, più o meno, in lockdown e DolceMente non teme il coprifuoco. Funziona ancora. Ho appena finito di aggiornare il listino con le offerte natalizie. Accidenti quante ne faccio. Quanta varietà e quanto ho imparato. Mai avrei immaginato di poter arricchire le mie, già variopinte competenze, di un nuovo talento. Almeno, ho un motivo per ringraziare questa odiosa pandemia.
Per la cronaca, i dolci io continuo a non mangiarli ... ma a Natale, mi regalo una planetaria.
 

 

 

 

 

 

 
 
 
  1. SOCIETA' - Dea - Donnecheammiro. Il momento è adesso per creare reti e costruire il futuro
  2. IMPRESA - La facilitazione, ai tempi della distanza
  3. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Attuare la Strategia per le competenze digitali nel periodo dell’emergenza sanitaria

Firma anche tu il Manifesto e rimani aggiornato sulle nostre attivita'

Aderisci ora

Ho preso visione dell'informativa privacy

Frontiere

  • Politiche dell'apprendimento

  • Learning Design

  • Professioni e competenze

Ambiti

  • Pubblica Amministrazione

  • Impresa

  • Terzo settore

  • Sanità

  • Scuola

trasformazioni

  • Green transformation

  • Digital transformation

  • DEI e Sostenibilità umana e sociale

  • NUOVI MODELLI ECONOMICI, SOCIALI, ORGANIZZATIVI E D'IMPRESA

altre rubriche

  • Libri

Formazione & Cambiamento © 2015

Via Carlo Denina 72, 00179 Roma | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. | Tel. +39 06 7842819

Privacy Policy - Cookie Policy

Tutti i contenuti sono protetti da copyright, ne è vietata la copia anche parziale

sito sviluppato da soluzioni smart