A marzo scorso ci siamo ritrovati, alcuni da giorni, alcuni da settimane, con tantissimo tempo a disposizione, che però trascorreva velocissimo, tranne nei momenti in cui si attorcigliava sugli stessi pensieri, come attorno a un chiodo arrugginito.
Stavamo, improvvisamente, in uno strano mo(n)do. Orfani di contatti e lontani persino dai vicini di casa.
"Come facciamo a stare insieme?"
È così che, in Bottega Filosofica, ci è venuta l’idea, un po' di pancia e poi più ordinata, di trovare dei modi per stare insieme anche da lontano, sfruttando internet e soprattutto le nostre competenze, offrendole a chi avesse avuto voglia di esserci e accogliendo quel che fosse venuto in cambio.
Volevamo un modo per liberare la mente, per non stare inchiodati in quella 'cosa' lì. Una rete di protezione.
E abbiamo organizzato laboratori, salotti virtuali e incontri di approfondimento e di scambio, insieme davvero.
 
Abbiamo immaginato e preparato modi per #restareacasa e stare comunque insieme, fare comunità, scambiare saperi, capacità, emozioni, adatti a quella particolare situazione, a quella gigantesca pausa, vuota e piena: vuota di routine e abitudini che sapessero di normalità, piena di sensazioni un po’ al limite, un po’ sconosciute, un po’ spiazzanti.
In effetti, far stare insieme è una delle capacità che servono più frequentemente nel nostro lavoro, e allora perché non mettere a disposizione questa competenza?
Così è nato Tempo della cura, cura del tempo.
 
Tempo della cura. Gli incontri sono state occasioni per acquisire abitudini che, spesso, non si aveva avuto il tempo di acquisire, fare quel che non si faceva perché “non avevamo tempo”. 
Cura nel senso più ampio del termine: del fisico, dello spirito, della mente, di noi come individui e delle relazioni. Per grandi e piccoli, ciascuno a suo modo.
 
Cura del tempo. A guardare bene, in quella primavera, non abbiamo avuto più tempo, ma tempo diverso. Eravamo consapevoli che il tempo in realtà fosse poco, in un certo senso minore di prima - anche se sembrava strano - e le energie erano ancora meno.
Le giornate erano faticose, se non per tutti fisicamente di certo mentalmente e emotivamente. Il nostro intento non è stato, quindi 'occupare' spazi ma alleviare e condividere. Prenderci cura di quel tempo, prendendoci cura di noi e delle relazioni. E facendolo in modo condiviso, veramente.
Ecco perché non sono state iniziative riempitive ma attività di tras-formazione adatte a questo modo di 'stare', così diverso da quello a cui la maggioranza di noi è abituata.
 
Cos'è è stato, in pratica?
Ci siamo dati appuntamento a piccoli gruppi – massimo 10 persone -, connessi in videoconferenza - e quindi tutti partecipanti attivi - per incontrarci e stare insieme in modi diversi: leggere insieme e chiacchierare, a partire da un libro, raccontare storie, fare insieme esercizi orientati al benessere fisico e non, laboratori di cucina e di arte per bambini, un mastermind group con altre PMI per interrogarci insieme sul futuro. Non eravamo ancora così tanto abituati a Zoom, per molti è stata una vera scoperta alla quale si sono avvicinati con meraviglia e un po' di titubanza che l'attenzione meticolosa che abbiamo messo nel creare spazi accoglienti e sicuri, sebbene virtuali, ha presto fatto superare.
 
Noi di Bottega Filosofica abbiamo messo a disposizione lo spazio digitale e le competenze, professionali e legate alle disposizioni di ognuna. E in più, abbiamo raccolto nella nostra rete chi aveva voglia di mettersi a servizio e creare occasioni di condivisione e inclusione nel campo di cui era competente. Ci siamo incontrat* in salotti virtuali contemporanei e condivisi: non si è trattato di videocorsi o di registrazioni, tutti i partecipanti erano presenti online contemporaneamente in uno spazio comune e potevano interagire tra loro. Se le abbiamo chiamate con-versazioni è perché lo sono state veramente.
 
Con lo stile semplice, onesto e minimale che ci contraddistingue e lo stesso spirito di servizio di sempre, abbiamo iniziato senza aspettarci che fosse tutto già perfetto. In quel momento particolare di fine marzo abbiamo preferito cominciare e migliorare man mano, piuttosto che ricercare la perfezione. Ma anche se sono stati tutti incontri gratuiti ci abbiamo messo lo stesso tempo, gli stessi materiali, lo stesso impegno, abbiamo proposto attività con la stessa qualità di cui i partecipanti avrebbero goduto se avessero pagato.
 
Noi ci abbiamo messo tutta la competenza e l'impegno e il resto lo abbiamo creato insieme a chi ha partecipato. Nella logica della co-costruzione - che ci contraddistingue - abbiamo iniziato, abbiamo sperimentato, abbiamo aggiustato, dandoci feedback reciproci per migliorare ciò che stavamo facendo insieme. Abbiamo sperimentato insieme la co-creazione dello spazio che ci ha accolto.
D’altra parte autenticità è una delle nostre parole d’ordine e questo era già l’anno del "fatto è meglio che perfetto".
E volevamo - come ancora vogliamo - che tutto andasse avanti in modo sostenibile: con quello che avevamo già e secondo ritmi che aiutassero si, a distrarre ma senza aggiungere ansia e pressione a giorni che già ne portavano abbastanza.
 
Abbiamo quindi offerto, sempre a distanza, opportunità molto diverse mettendoci in gioco tutte e anche come abbiamo detto, con la collaborazione di alcun* altr* professionist* nella nostra rete, che si sono mess* in gioco per portare, per la prima volta, le loro attività on line gettando il cuore oltre l’ostacolo ma potendo contare su solide competenze e una ancora più solida passione per gli altri.
Sono nati così, oltre al mastermind group del quale ho già accennato, un laboratorio di movimento e consapevolezza con una amica fisioterapista, un gruppo di lettura condivisa – che ancora vive e prospera -, un gruppo di auto-mutuo-aiuto condotto da una collega psicologa per riflettere su ciò che ci stava accadendo dentro in quel momento così sconcertante, un laboratorio di cucina per bambini e genitori e i workshop d’arte per bambini condotti da Pamela D’andrea, coautrice di questo articolo.

pARTEcipiamo!
 
E' stata una serie di laboratori artistici dedicati a bambini in età scolare ed è stato anche un invito a mettersi in gioco rivolto non solo ai bambini, ma a tutto il gruppo familiare che assisteva tramite la piattaforma Zoom a queste lezioni/laboratorio. Laboratorio Klimt.jpg
 
Quando in Bottega Filosofica ci siamo interrogate su cosa avremmo potuto fare fattivamente per aiutare le persone che, in maniera responsabile avevano accettato di rimanere in casa, a continuare a mantenere o intrecciare contatti con altre persone, volevamo che le occasioni fossero più vere e più varie possibili. E, dalle stesse riflessioni, è nata la decisione di anticipare alcune attività che avevamo previsto per settembre, adattandole alle necessità di quei giorni.
 
Il progetto più ampio si chiama Nutrire i germogli e prevede diverse attività per coinvolgere i giovanissimi - i bambini in età scolare - e introdurli, in maniera leggera ma competente, ad ambiti per loro stimolanti e sfidanti. Fa parte del nostro impegno di Società Benefit, è parte del nostro obiettivo di beneficio comune che in sintesi si concretizza nella diffusione, in tutti gli ambiti, nella diffusione di una cultura della sostenibilità che parte anche da una diversa offerta educativa a bambini e ragazzi. Sostenere, incubare, il progetto Nutrire i germogli è il nostro modesto contributo in questa direzione.

Una delle quattro attività che lo compongono – le altre sono musica, cucina, giardinaggio - quella di cui Pamela si occupa personalmente, data la sua formazione come storica dell’arte e l’esperienza come operatrice didattico-culturale prende la forma di laboratori artistici raccolti sotto il nome “pARTEcipamo!”.
Per la progettazione il compito di Pamela è stato innanzitutto quello di selezionare quali, tra i laboratori che aveva già condotto in alcuni spazi ospitanti della Capitale (quindi in presenza con i bambini partecipanti), potevano essere adattati a una versione in modalità web live che permettesse di seguire i passaggi che compongono la realizzazione di un’opera d’arte casalinga.

Ho dovuto anche immaginare quale tipo di materiali di recupero potesse essere più facilmente reperibile nelle case di chi avrebbe partecipato, viste le restrizioni sempre maggiori che —certamente — avrebbero potuto rendere difficile trovare qualcosa che mancava. Così, cercando di non dare per scontato nulla, a volte insieme ai genitori (che, ripeto, non sono solo supervisori ma parte attiva nei laboratori) abbiamo cercato soluzioni alternative e improvvisate, per proseguire il lavoro con quello che si trovava in casa".
 
E così abbiamo sperimentato e continuato a farlo, scoprendo insieme dove ci portasse usare una particolare tecnica, confrontandoci sul risultato, aggiustando il tiro o abbracciando, con il giusto coraggio, ma sempre in maniera lieve ed ironica, anche l’errore ‘per vedere l’effetto che fa’, come diceva una famosa canzone.
 
I gruppi virtuali erano composti, in media, da sette famiglie che già nei primi appuntamenti hanno familiarizzato sia con Pamela e il suo modo di trasmettere le proprie conoscenze e dare indicazioni, che tra di loro, prendendo reciprocamente spunto dagli altri e osservandone i lavori, per comprendere meglio come fare.
 
laboratori Pamela.jpgPerché, come a Pamela è caro sottolineare a chi partecipa, è importante che questi laboratori siano un pretesto per accostarsi al percorso dell’artista che si incontra in quella settimana ma è altrettanto importante, che comunque, dopo aver capito quale stile, quali colori, quale resa egli/ella proponeva, si possa serenamente provare a interpretare i passaggi per rendere l’opera che si sta eseguendo più vicina alla sensibilità artistica di ciascuno.
 

Al termini del laboratorio, i genitori, ricevono una e-mail che riassume brevemente i passaggi dell’attività che è stata svolta, per poter recuperare quel che può essere sfuggito ed essere in grado di eseguire nuovamente il lavoro, unitamente a riferimenti di testi o video o altro che sia stato citato durante l’incontr - utili per un approfondimento - e la lista dei materiali che saranno usati nel laboratorio successivo, per avere il tempo di raccoglierli.
 
Alla fine dell’ora trascorsa insieme Pamela ha sempre raccolto dai bambini le impressioni sulle loro realizzazioni e sul modo in cui hanno vissuto l’esperienza: “I feedback che preferisco sono le espressioni gioiose di chi condivide orgoglioso il suo lavoro con me e le altre famiglie”.  ma accanto a questi ci sono le foto delle opere realizzate in una breve ora e i commenti dei genitori come, ad esempio, questo " Ciao Pamela, visto che ci vendiamo sempre in bianco e nero, abbimo pensato di inviarti le foto a colori delle produzioni di Davide (che ha appeso ai muri di casa). Lui aspetta con trepidazione l'apppuntamento del venerdì. E non è scontato. A lui non piace disegnare. E 'arte e immagine' è l'unica materia che a scuola non gli va granché...."  o questo "Carissima Pamela, nel ringraziarti per il tuo lavoro, bello e appassionante, volevo dirti che la volta scorsa Pietro era radioso: lui ha una buona manualità che usa spesso nel realizzare giochi di vario tipo, spesso ispirati alla tecnica. Si è sempre considerato estraneo all'arte e a ogni arte ficurativa. Invece l'ho visto partecipare con convinzione e ci ha mostrato con orgoglio per giorni la sua scultura".
Una famiglia ha addirittura creato una 'galleria' con le opere dei vari laboratori sulla porta di casa. 
 
Questa possibile soddisfazione è stata alla base della volontà di Pamela di mettersi in gioco in quel particolare momento, di superare reticenze e buttare il cuore oltre l’ostacolo: “La sfida non è stata solo loro, è stata anche la mia e spero che questo processo di crescita portato avanti insieme possa contribuire a cambiare in qualche modo tangibile la percezione delle cose nel nostro prossimo futuro. Prendermi cura di quel gruppo di famiglie durante quei mesi è stato il mio piccolo contributo per un mondo migliore”.
 
Nel frattempo, grazie al passaparola, il numero dei partecipanti aumentava tanto da dover programmare altre edizioni, sempre gratuite, naturalmente.
 
 

gallery laboratori Pamela.jpg