* In “Formazione & Cambiamento”, Nuova serie, n. 12, 2018

Un punto va chiarito fin dall’inizio: competenza digitale non è sinonimo di competenza informatica. Mentre l’ultima è principalmente riferita alla capacità di utilizzare uno strumento, una tecnologia come un PC o un qualsiasi altro device o un software, la prima è la capacità di essere, in modo consapevole e partecipe, attori nella Società della conoscenza e dell’innovazione che, per l'appunto, è da alcuni decenni una società digitale, una società 5.0 in piena economia 4.0.

In Europa, da più di un lustro si discute di competenze digitali, e dal 2013 sono stati elaborati tre documenti progressivi a proposito: Digcomp nel 2013, Digcomp 2.0 nel 2016 e Digcomp 2.1 nel 2017.

Di questi tre documenti tratteremo in seguito, non dopo aver introdotto un altro argomento sul quale per molti annisi è dibattuto per giungere, ancora prima, a elaborare una comune definizione di competenza, in assenza di un unico sistema di classificazione europeo.

Infatti, la competenza è uno dei concetti sul quale da tempo dibattono molti attori, tra questi gli educatori e i formatori, i decisori politici, gli imprenditori. Oggetto di attenzione da sempre degli studiosi umanisti, oggi si parla di competenza nei documenti europei e in quelli dei manager aziendali. E, ovviamente, nelle scuole. Così è su questo concetto che oggi convergono esperienze talvolta distanti, se non divergenti, quelle delle istituzioni formative, delle istituzioni politiche, delle imprese e delle organizzazioni.

In questo contributo per un numero sulla Scuola, il nostro interesse non va soltanto agli aspetti statici del concetto di competenza, ai problemi definitori o a quelli meramente teorici; il nostro interesse è piuttosto rivolto alla competenza come concetto dinamico, come indicatore di sviluppo personale e professionale e di innovazione sociale e organizzativa. E confrontare le visioni statiche o dinamiche del concetto di competenza ci conduce dentro una questione interessante, quella dei saperi necessari e indispensabili per i cittadini della società della conoscenza e dell’apprendimento, che la Scuola è chiamata a interpretare ed elaborare di continuo come sua missione precipua.

La Società della conoscenza è una definizione ormai diffusa, uscita dai documenti europei di Lisbona 2000 per giungere nei media e per entrare nel linguaggio comune. Ma proprio mentre si andava diffondendo questa cultura della centralità della conoscenza, l’Europa forniva nei suoi documenti e diffondeva con le sue politiche una nuova definizione più articolata di quella che alla fine viene oggi indicata come Società della conoscenza e dell’apprendimento.

Ad una prima lettura, distratta, le due definizioni potrebbero sembrare simili, se non intercambiabili, mentre sono l’integrazione l’una dell’altra. E se il dibattito sulla Società della conoscenza aveva portato ad una classificazione dei requisiti distintivi e dei criteri per essere dentro o fuori la società avanzata, i contributi sulla Società dell’apprendimento stanno spostando l’attenzione dall’oggi al domani, dall’avere la conoscenza all’essere competente.

Può risultare utile, a questo punto, soffermarci sul significato che viene attribuito al concetto di competenza e ai due indirizzi teorici che hanno fornito su questo il contributo più significativo, quello americano e quello inglese.

I due indirizzi si differenziano già dal termine che viene utilizzato: competence (al plurale competences) per gli inglesi, competency (al plurale competencies) per gli americani.

Ma la distinzione è più che nominale:

  • competence per l’indirizzo inglese indica una capacità, una attitudine soggettiva, necessaria e indispensabile per svolgere una attività; le competenze sono così direttamente legate a un compito e alle skill del lavoratore
  • competency identifica invece una prestazione eccellente del singolo nello svolgimento di una attività; la competenza la capacità dell’individuo di raggiungere una prestazione elevata, e viene utilizzata anche per selezionare e premiare le migliori prestazioni aziendali.

In Italia, è l’INAPP, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubblichea fornire una definizione, una classificazione e un modello per le competenze, per agganciare il più possibile il nostro paese all’Europa. Per l’INAPP:

 “competenza è l’insieme delle conoscenze teoriche e pratiche, delle abilità e delle capacità che consentono a un individuo un adeguato orientamento in uno specifico campo d’azione. La competenza si connota quindi come conoscenza in azione: in essa emerge la componente operativa della conoscenza, ossia la presenza di un costante orientamento a saldare sapere e saper fare, anche in situazioni contraddistinte da un elevato livello di complessità, che quindi esigono schemi altrettanto complessi di pensiero e di azione.”[1]

Basato su questa definizione, è il sistema di classificazione delle competenze, nel quale l’INAPP utilizza tre macro-categorie: competenze di base, competenze tecnico professionali, competenze trasversali.

Le competenze di base, ritenute indispensabili per lo svolgimento efficace ed efficiente di una attività lavorativa, sono le seguenti: Lingua inglese, Informatica di base, Organizzazione aziendale, Diritto sindacale e del lavoro, Tecniche di ricerca attiva del lavoro, Economia di base.

Le competenze tecnico professionali variano da un settore lavorativo ad un altro, e vanno mappate e classificate empiricamente con una attenta analisi dei processi lavorativi, del loro svolgimento e della loro innovazione tecnica.

Le competenze trasversali sono[2] "un insieme di abilità di ampio spessore che sono implicate in numerosi tipi di compiti, dai più elementari ai più complessi, e che si esplicano in situazioni tra loro diverse e quindi ampliamente generalizzabili. La loro individuazione può essere frutto dell'analisi e della scomposizione dell'attività del soggetto al lavoro posto di fonte al compito. Tale analisi consente di enucleare tre grandi tipi di operazioni che il soggetto compie, fondate su processi di diversa natura (cognitivi, emotivi, motori) e che:

  • fanno "riferimento ad operazioni fondamentali proprie di qualunque soggetto posto di fronte ad un compito lavorativo (e non)"
  • sono presenti in tutte le esperienze del soggetto non solo in quelle lavorative
  • "non sono connesse specificamente ad una determinata attività o posizione lavorativa", ma "entrano in gioco nelle diverse situazioni" e condizionano "la possibilità degli individui di esprimere comportamenti professionali <<abili>> o <<esperti>> e di trasferire competenze da un ambito lavorativo ad un altro
  • "consentono all'individuo di sviluppare la propria competenza in attività differenti (transfer)"
  • si apprendono per via formale, informale, non formale
  • possono sempre essere potenziate con appositi percorsi formativi
  • la prima è la base delle altre due, la terza presuppone le altre due.

E ancora, le competenze trasversali sono:

  • "diagnosticare le caratteristiche dell'ambiente e del compito", analizzare capire rappresentare la situazione, il problema, se stessi (le risorse che possono essere utilizzate o incrementate all'occorrenza) come condizione indispensabile "per la progettazione e la esecuzione di una prestazione efficace" (abilità cognitive)
  • relazionarsi, "mettersi in relazione adeguata con l'ambiente", le persone e le cose di un certo contesto per rispondere alle richieste (abilità interpersonali o sociali: insieme di abilità emozionali, cognitive e stili di comportamento, ma anche abilità comunicative) 
  • affrontare, fronteggiare, "predisporsi ad affrontare l'ambiente e il compito, sia mentalmente che a livello affettivo e motorio", "intervenire su un problema (uno specifico evento, una criticità, una varianza e/o una anomalia) con migliori probabilità di risolverlo", costruire e implementare le "strategie di azione, finalizzate al raggiungimento degli scopi personali del soggetto e di quelli previsti dal compito".

La crescente attenzione alle competenze trasversali è indicata anche dall’ampio spazio riservato allo standard del CV Europass, che come sviluppo del CV Europeo, richiede di descrivere in dettaglio le competenze sociali (come la capacità di lavorare in gruppo, agire in contesti multiculturali, comunicare in modo efficace, ecc.), quelle organizzative (es. leadership, organizzazione del lavoro, gestione di gruppi e progetti), quelle artistiche (nella musica, nella scrittura, nel disegno, ecc.), oltre che quelle linguistiche, informatiche e tecniche.

Sempre riguardo le competenze è indispensabile ricordare che esistono in ambito nazionale e europeo diverse classificazioni sulle competenze chiave per l’apprendimento, non sovrapponibili.

Nel 2006 è stata pubblicata la raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a otto “competenze chiave per l’apprendimento permanente”, che sono: la comunicazione nella madrelingua; la comunicazione nelle lingue straniere; la competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; la competenza digitale; l’imparare a imparare; le competenze sociali e civiche; lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità; la consapevolezza ed espressione culturale.

In Italia la raccomandazione è stata recepita nel 2007, ma con modifiche sostanziali per il vincolo generato da una divisione rigida tra le diverse discipline molto marcata nel nostro sistema scolastico. Sono stati così definiti da un lato gli Assi culturali (asse dei linguaggi, asse matematico, asse scientifico-tecnologico, asse storico e sociale) e dall’altro otto “competenze chiave per la cittadinanza”: imparare ad imparare; progettare; comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile; risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni; acquisire e interpretare l’informazione.

Ma torniamo alle competenze digitali, rispetto alle quali i dati in Europa non sono molto rassicuranti: benché il 95% dei cittadini tra il 16 e i 24 anni sia un regolare utilizzatore di Internet, meno della metà degli studenti usa strumenti digitali per l’apprendimento. Per qualcuno non potrà sembrare un problema, per altri forse potrebbe essere meglio così, ma nella realtà la mancanza di competenze digitali diventa poi una barriera nell’età lavorativa e un ostacolo per una cittadinanza piena per la popolazione, soprattutto la più anziana. competenze digitali.jpg

Analizziamo brevemente l’ultima versione del DigComp 2.1: The Digital Competence Framework for Citizens: with eightproficiency levels and examples of use del 2017[3], che ha aggiornato in modo significativo i precedenti documenti del 2016 e 2013.

Nella versione DigComp 2.1 viene posta, anche con l’uso di un’efficace infografica di sintesi (Imparare a nuotare nell’Oceano Digitale), una particolare attenzione a quelli che sono individuati come gli 8Livelli di padronanza, già proposti in altri documenti europei. Ma, in particolare, viene fatta proprio una integrazione dei diversi modelli utilizzati per la descrizione e analisi della professione, fino al recupero della ben consolidata Bloom’sTaxonomy (dalla quale è stata omesso il dominio cognitivo Analyzing): Remembering; Understanding; Applying; Evaluating; Creating.Che nella versione italiana dell’Agid, che qui utilizzeremo, diventano: Ricordo, Comprensione, Applicazione, Valutazione, Creazione.

digcomp2-1.png

Fonte:DigComp 2.1:Il Quadro dellecompetenzeeuropeedigitali periCittadini

Interessante è poi il richiamo ai documenti correlati al DigComp, nella versione Educatori, Organizzazioni e Consumatori: Digital competence frameworks for educators (DigCompEdu); Educational organisations (DigCompOrg); Consumers (DigCompConsumers).

Per un maggior dettaglio, il DigComp Framework ha cinque dimensioni:

  • Dimensione 1: Aree di competenze individuate come facenti parte delle competenze digitali
  • Dimensione 2: Descrittori delle competenze e titoli pertinenti a ciascuna area
  • Dimensione 3: Livelli di padronanza per ciascuna competenza
  • Dimensione 4: Conoscenze, abilità e attitudini applicabili a ciascuna competenza
  • Dimensione 5: Esempi di utilizzo sull’applicabilità della competenza per diversi scopi

Nel DigComp si individuano 5 Aree di competenze (Dimensione 1), che raggruppano 21 Competenze (Dimensione 2):

  • Area delle competenze 1: Alfabetizzazione su informazioni e dati
  • Area delle competenze 2: Collaborazione e comunicazione
  • Area delle competenze 3: Creazione di contenuti digitali
  • Area delle competenze 4: Sicurezza
  • Area delle competenze 5: Risolvere problemi

Nella tabella che segue riportiamo uno schema di sintesi del 2016, confermato nel 2017, delle 5 Aree di competenze (Dimensione 1) e del dettaglio delleCompetenze (Dimensione 2):

 

Aree di Competenza (Dimensione 1)

Competenze (dimensione 2)

   1. Alfabetizzazione su informazioni e dati

1.1 Navigare, ricercare e filtrare dati, informazioni e contenuti digitali

1.2 Valutare dati, informazioni e contenuti digitali

1.3 Gestire dati, informazioni e contenuti digitali

   2. Comunicazione e collaborazione

2.1 Interagire attraverso le tecnologie digitali

2.2 Condividere informazioni attraverso le tecnologie digitali

2.3 Esercitare la cittadinanza attraverso le tecnologie digitali

2.4 Collaborare attraverso le tecnologie digitali

2.5 Netiquette

2.6 Gestire l’identità digitale

  3. Creazione di contenuti digitali

 

3.1 Sviluppare contenuti digitali

3.2 Integrare e rielaborare contenuti digitali

3.3 Copyright e licenze

3.4 Programmazione

  4. Sicurezza

4.1 Proteggere i dispositivi

4.2 Proteggere i dati personali e la privacy

4.3 Proteggere la salute e il benessere

4.4 Proteggere l’ambiente

  5. Risolvere problemi

 

5.1 Risolvere problemi tecnici

5.2 Individuare fabbisogni e risposte

5.3 Utilizzare in modo creativo le tecnologie digitali

5.4 Individuare divari di competenze digitali

 

A queste Dimensione 1 e Dimensione 2, come anticipato, il DigComp 2.1 del 2017 associa 8 Livelli di padronanza (Dimensione 3):

  • 1 e 2 Base
  • 3 e 4 Intermedio
  • 5 e 6 Avanzato
  • 7 e 8 Altamente specializzato.

Gli 8 Livelli di padronanza sono stati definiti attraverso i risultati dell'apprendimento (utilizzando i verbi di azione e i domini cognitivi della tassonomia di Bloom) e ispirati alla struttura e al vocabolario del Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF). Inoltre, ogni descrizione di livello contiene conoscenze, abilità e atteggiamenti, espressi con un singolo descrittore per ogni livello di ogni competenza. Tutto questo porta alla individuazione di 168 descrittori (8 per 21 risultati di apprendimento).

Il DigComp 2.1 prosegue con la descrizione di tutte le cinque Dimensioni, con tabelle molto dettagliate, utili per la classificazione delle competenze nella formazione e nell’esercizio di una professione.


[1] La definizione è tratta dal sito INAPP, www.INAPP.it

[2] Questo ampio brano è tratto dal volume di Gabriella Di Francesco (a cura di), Unità capitalizzabili e crediti formativi. Metodologie e strumenti di lavoro eI repertori sperimentali, INAPP, Franco Angeli, Milano 1998