- Frontiere
- Ambiti
- Trasformazioni
- Altre rubriche
- Comitato di redazione
- Contatti
È dall'invenzione delle parole, dei graffiti rupestri, della scrittura e poi delle tavolette d'argilla, che la produzione, la conservazione e la diffusione della conoscenza fanno uso di tecnologie. È per questo che la discussione "tecnologia sì/tecnologia no" è del tutto priva di senso. Quelli che "sono contrario al computer", stanno semplicemente preferendo una tecnologia a un'altra.
Dalle tecnologie non si può prescindere: per quelli che hanno a che fare con la conoscenza (cioè tutti) si tratta di un fattore determinante che separa il possibile dall'impossibile.
Tutto come sempre, allora? Non proprio: qualcosa di nuovo è accaduto.
Fino a pochi decenni fa, le tecnologie delimitavano un recinto piuttosto ristretto, che si allargava con grande lentezza. Nell'antichità e fino alla diffusione di massa della stampa, per trasmettere i concetti chiave della religione (e della ragion di Stato) era necessario costruire un tempio e riempirlo di statue, mosaici e affreschi. La diffusione di papiri, pergamene e altri codici era limitata a poche élite, mentre gli altri non sapevano leggere. La musica, poi, era solo dal vivo.
È andata molto meglio con la penna, la stampa, la radio, il cinema, il grammofono e, infine, la televisione. Tutte tecnologie che "formatori" del tempo hanno potuto assimilare con la dovuta lentezza, in decenni di pratica, senza salti generazionali troppo evidenti (qualcuno ha mai visto citare nelle cronache dell'epoca il concetto di "nativo radiofonico"?).
All'interno del "recinto del possibile", tecnologie e metodi progredivano insieme senza strappi evidenti, con i formatori che avevano il tempo di inventare, sperimentare e raffinare qualcosa di nuovo (anche radicalmente nuovo, come il metodo Montessori) in un mondo relativamente stabile.
Quando iniziavo ad andare a scuola, la penna i libri e i quaderni erano di uso comune, mentre i "sussidi audiovisivi" cominciavano ad affacciarsi, ma piano piano: un giradischi (per tutta la scuola), un proiettore (nell'apposita sala) e un televisore (nell'ufficio del preside). Niente che richiedesse (o consentisse) una nuova didattica.
Rifiuto e vecchi metodi
Con l'informatica, la telematica e infine i dispositivi mobili è cambiato tutto. Il recinto si è allargato vertiginosamente e in pochissimo tempo, spiazzando tutti. Producendo i due fenomeni che vediamo ogni giorno sotto i nostri occhi:
Il rifiuto
Ricordo un vecchio (allora) e bravissimo professore di elettronica che sosteneva che "la calcolatrice serve solo a fare le addizioni". Per tutto il resto bisognava usare il regolo calcolatore (chi se lo ricorda?). Un atteggiamento del genere è comprensibile, ma non giustificato: chi vuole fare il professionista dell'apprendimento deve essere un buon apprenditore.
Vecchi metodi con nuovi strumenti
Come quando vediamo usare potentissimi strumenti interattivi e multimediali per presentare lunghissime sequenze di slide spacciate per contenuti digitali. Qui il problema è serio, ma l'atteggiamento è più comprensibile, perché per inventare nuovi metodi ci vuole tempo. E ci vuole un'attitudine all'innovazione metodologica continua che i formatori, per la loro storia millenaria, non sono abituati a coltivare.
Oggi abbiamo già territori sterminati da esplorare e altri la tecnologia promette (o minaccia, a seconda dei punti di vista) di aprirne in futuro. Siamo in arretrato e non possiamo nemmeno fermarci a smaltirlo.
In questo numero
Che si fa? Questo numero di Formazione & Cambiamento ha una proposta: portiamoci avanti col lavoro. Cerchiamo di andare oltre il recinto attuale, per immaginare il futuro (almeno il futuro prossimo) delle tecnologie per l'apprendimento.
Abbiamo chiesto a quelli che se ne occupano quotidianamente (ricercatori, consulenti e persone d'azienda) di rispondere brevemente a due domande:
Poi, per arricchire il quadro, abbiamo aggiunto tre contributi sulle competenze digitali nella scuola, sulla pianificazione formativa nella Regione Lazio e sulla transizione dei giovani al lavoro. E, infine, un "controcanto" che sottolinea il pericolo di cercare l'innovazione tecnologica in sé, senza un metodo che la renda efficace. Molti degli articoli hanno a corredo una bibliografia (a volte una "infografia"), con link a siti e documenti che consentono di andare a fondo nelle argomentazioni e nelle visioni.
Da tutto l'insieme emerge che i futuri possibili sono diversi, ma con importanti punti in comune. Uno scenario che aiuterà tutti noi a pensare e, visto che abbiamo due anni di tempo, a prepararci con un po' di anticipo.
Sami Paavola, ricercatore e docente presso il CRADLE (Center for Research on Activity, Development and Learning) mi riceve nel suo ufficio in modo cordiale. Sono davanti a uno dei ricercatori che ha ispirato il mio lavoro di tesi magistrale e, finalmente, posso abbinare un volto e una voce a un nome letto e scritto molte volte…
Qual è il suo status attuale?
Sono un docente associato presso l'Università di Helsinki, i miei insegnamenti spaziano dalla metodologia all'expertise, ma sono anche coinvolto in molti progetti di ricerca. In particolare riguardo l'uso delle tecnologie nell'istruzione superiore e, di recente, in progetti di implementazione del Building Information Model (BIM) nell'industria edile.
Quali saranno gli sviluppi del "Technology Enhanced Learning" in Finlandia nei prossimi due anni?
La domanda è complessa, perché stanno avvenendo moltissimi cambiamenti in diverse aree di ricerca tra loro confinanti. Posso parlare dalla mia personale prospettiva e alcune di queste idee sono più che altro speranze… In questo momento, almeno in Finlandia, le tecnologie digitali sono garantite negli ambienti educativi e sono parte della didattica ormai ovunque.
Che cosa vedo nel futuro? Il nostro gruppo di ricerca si è focalizzato sugli usi della tecnologia e su come organizzare il processo di apprendimento in modo più ragionevole. Il problema è che spesso le tecnologie sono utilizzate, ma con pratiche pedagogiche antiquate, come un'insegnante che dice qualcosa e un alunno che tenta di ripetere la risposta giusta nei compiti in classe. È importante considerare come le tecnologie possono supportare gli studenti nell'acquisizione di pratiche tipiche degli ambienti professionali, andando oltre la mera riproduzione di pedagogie superate, modificando le pratiche di apprendimento, rendendole più "ingaggianti" e in linea con ciò che accade al di fuori della scuola.
Oggi ci sono tante tecnologie: non è un problema iniziare a utilizzarle. Ma abbiamo bisogno di riflettere su quali sono i nostri scopi in materia di educazione. I social media, come Facebook, saranno sempre più utilizzati negli ambienti educativi. Possono supportare la partecipazione degli studenti tramite commenti, condivisione di notizie e opinioni, ma non sono gli strumenti più adatti per sviluppare collaborativamente qualcosa di nuovo. Penso che, in questo momento, non ci siano molti sistemi a supporto di tale "creazione di conoscenza". Anche a livello tecnologico è necessario sviluppare strumenti a supporto del lavoro collaborativo attorno a "oggetti" condivisi.
Inoltre dovremmo riflettere anche sui "learning analytics", che stanno diventando sempre più popolari nell'educazione. Costituiscono ancora un campo nebuloso e talvolta sono considerati semplicemente un mezzo per osservare e controllare gli studenti. Tuttavia potrebbero essere usati a supporto della didattica. Allo stato attuale, i learning analytics sono utilizzati soprattutto dai ricercatori e una sfida futura sarà comprendere come possano supportare i docenti nel proprio lavoro.
Cosa sta facendo e come ha intenzione di supportare lo sviluppo del "technology-enhanced learning" nel suo lavoro?
Nelle nostre ultime ricerche, abbiamo lavorato nell'industria edile in cui soprattutto architetti e ingegneri utilizzano il BIM per realizzare i progetti degli edifici. Non in tutte le organizzazioni, ma specialmente nelle grandi aziende edili la tecnologia è una parte naturale del processo di collaborazione e per questo è davvero difficile immaginare quel mondo senza tecnologie. Nell'apprendimento organizzativo, la ricerca adotta un approccio orientato alla pratica e credo che lo stesso approccio dovrebbe essere usato anche nei contesti scolastici.
Nell'esperienza del KP-Lab (un grande progetto che abbiamo svolto sul technology enhanced learning), ho partecipato allo sviluppo di "design principles" per l'approccio trialogico all'apprendimento. Ma, durante il nostro progetto, avremmo dovuto coinvolgere gli insegnati in una riflessione sulle proprie pratiche professionali e non semplicemente fornire loro un modello pedagogico "preconfezionato". I design principles possono essere usati dagli insegnati per riflettere sulle proprie pratiche e trasformarle in una prospettiva collaborativa supportata da tecnologie adeguate. Vorrei essere coinvolto in questo tipo di collaborazione con i docenti sia dal punto di vista del mio personale insegnamento sia all'interno di progetti di ricerca.
Oggi il problema è che, spesso, le tecnologie per la collaborazione sono pensate indipendentemente dalle pratiche d'uso. In futuro dovremo fronteggiare una sfida comune nella formazione professionale e scolastica: pensare in maniera più ragionevole a come utilizziamo le tecnologie e a come organizzare tali usi.
A conclusione dell'intervista, il professor Paavola mi invita con i suoi colleghi a bere caffè e assaggiare uno speciale torta al cioccolato… Una torta italiana!
Infografia
Hannele Kerosuo e altri, 2015, "Challenges of the expansive use of Building Information Modelling (BIM) in construction projects".
KP-Lab project.
Rejo Miettinen, Sami Paavola, 2014, "Beyond the BIM utopia: Approaches to the development and implementation of building information modeling", Automation in construction, 43.
Sami Paavola, Kay Hakkarainen, 2005, "The knowledge creation metaphor–An emergent epistemological approach to learning", Science & Education, 14(6).
Sami Paavola, Kay Hakkarainen, 2009, "From meaning making to joint construction of knowledge practices and artefacts: A trialogical approach to CSCL", Proceedings of the 9th international conference on Computer supported collaborative learning-Volume 1, International Society of the Learning Sciences.
Trialogical Learning Approach.
Da più di dieci anni all'interno di un gruppo di ricerca mi occupo di processi di apprendimento a distanza, nuove tecnologie per la formazione con particolare interesse agli ambienti e-learning, simulazioni e serious game virtuali per favorire la formazione, lo sviluppo e la valutazione di soft skill, partendo dalla modellizzazione di teorie psicologiche per progettare scenari e percorsi di apprendimento.
Role-playing per l'apprendimento
Mi riferisco in modo specifico alle simulazioni per l'apprendimento basate sulle tecniche del role-play per lo sviluppo di videogiochi che riproducono ambienti virtuali grafici. Sono progettate per condurre esperienze didattiche formative basate sulla metodologia del gioco di ruolo per l'educazione, la formazione e lo sviluppo delle soft skill, competenze trasversali espressione di un continuum rispetto alle sfere della vita personale, professionale e sociale (per esempio comunicazione, leadership, negoziazione). In materia di competenze chiave per l'educazione, la formazione e l'apprendimento permanente, l'attenzione si è spostata dalle hard skill, competenze relative a un determinato dominio di conoscenza, alle soft skill: sono numerose le ricerche empiriche che hanno accertato l'efficacia del role-playing in ambito formativo e anche il mondo dell'e-learning si sta progressivamente avvicinando a tale ambito.
Il role-playing definisce la simulazione di una situazione che prevede l'interazione verbale e comportamentale tra due o più partecipanti chiamati a interpretare un ruolo, a ipotizzare soluzioni e prendere decisioni. Quando il gioco di ruolo viene trasposto in ambiente digitale si assiste a una simulazione della simulazione: i processi e i principi del role-playing vengono riprodotti nei termini di un linguaggio simbolico-formale, offrendo la possibilità di agire sulla realtà riprodotta graficamente sullo schermo del computer (fig. 1) e di osservare le conseguenze delle proprie azioni sotto la guida di un tutor reale o virtuale (fig. 2).
La tecnica del role-play è stata adottata e adattata in una serie diversificata di ambiti, discipline e contesti applicativi e indica diverse tipologie di esperienze che vanno dall'ambito terapeutico a quello formativo e ludico. Prevedono il coinvolgimento di un gruppo di persone o di un solo partecipante: in ambiente digitale definiscono, rispettivamente, i giochi di ruolo multiutente - multiplayer e per giocatore singolo - single-player.
Il nostro interesse di ricerca e intervento ruota intorno alla progettazione di una serie di sistemi e metodologie on-line, single e multiplayer, per la formazione, lo sviluppo e la valutazione di una serie di soft skill: comunicazione, negoziazione, problem solving, leadership e decision making.
I risultati delle nostre ricerche, sintetizzate nel recente lavoro edito da Springer (Dell'Aquila et al., 2017), indicano che tali sistemi saranno in grado di fornire un notevole impulso a medio-lungo termine nell'ambito del Technology Enhanced Learning. Tali applicazioni sono frutto della collaborazione con il laboratorio NAC dell'Università Federico II di Napoli e L'Università di Plymouth (GB). La solidità di questi sistemi è garantita da alcuni elementi imprescindibili e interconnessi:
Sono quindi frutto di un lavoro interdisciplinare. Tali aspetti ne garantiscono l'applicazione in maniera congiunta e integrata ai metodi di formazione e sviluppo tradizionali o come strumento a sé stante (Marocco et al., 2015).
Facilitare la trasferibilità nella realtà quotidiana
La sfida costante consiste nella progettazione di palestre di formazione e valutazione scientificamente robuste e altamente personalizzate per una vasta comunità di attori sociali, istituzionali e non, così da facilitare la trasferibilità dei comportamenti e delle competenze apprese nella realtà quotidiana. In un nuovo progetto europeo ACCORD svilupperemo un single-player per la risoluzione di conflitti in ambito interculturale per gli insegnanti.
Il punto di forza di tali applicazioni risiede nella loro flessibilità e nell'implementazione di metodologie formative e di feedback facilmente accessibili e gestibili. I nostri risultati mostrano che questi sistemi possono:
Bibliografia
Elena Dell'Aquila, Davide Marocco, Michela Ponticorvo, Andrea di Ferdinando, Massimiliano Schembri, Orazio Miglino, 2017, Educational Games for Soft-Skills Training in Digital Environments: New Perspectives, Springer.
Carl E. Hollander, 1978, "Psychodrama, role playing and sociometry: living and learning processes", in D.W. Kurpius (a cura di), Learning: Making learning environments more effective, Accelerated Development Inc.
Ian McGill, Liz Beaty, 1995, Action Learning: a guide for professional, management & educational development, Psychology Press.
Davide Marocco, Daniela Pacella, Elena Dell'Aquila, Andrea Di Ferdinando, 2015, "Grounding Serious Game Design on Scientific Findings: The Case of ENACT on Soft Skills Training and Assessment", in G. Conole, T. Klobucar, C. Rensing, J. Konert, É. Lavoué, Design for Teaching and Learning in a Networked World. Lecture Notes in Computer Science, vol. 9307, Springer.
Jacob Levi Moreno, 1946, Psychodrama, Fourth Edition with New Introduction (1977), Beacon House.
M. E. Shaw, R. J. Corsini, R. R. Blake, J. S. Mouton, 1980, Role playing: A practical manual for group moderators, University Associates.
David Turner, 1992, Roleplays: A sourcebook of activities for trainers, Kogan Page.
Morry Van Ments, 1999, The effective use of role-play: Practical techniques for improving learning, Kogan Page.
Nei prossimi due anni (o poco più) cambierà un aspetto fondamentale della nostra vita. E non solo come formatori. Cambierà quello che siamo abituati a chiamare realtà.
Perché ci sono almeno sei tecnologie che convergono, concorrendo a lacerare il confine tra reale e virtuale. Per fortuna non è la prima volta: mi chiedo cosa pensavano i nostri nonni quando alla presenza fisica, concreta, di un visitatore (a cui si poteva/doveva offrire un caffè o un bicchiere di vino) si sostituiva la voce metallica della cornetta in bachelite di un telefono.
Sei tecnologie
Ecco le sei tecnologie pronte a minare per sempre le nostre certezze.
La realtà aumentata, che consente di percepire a colpo d'occhio, oltre alle quattro che conosciamo, una quinta dimensione fatta di informazioni associate agli oggetti (e alle persone).
La realtà virtuale, che costruisce mondi artificiali, ma concretamente percepibili in modo convincente e immersivo con almeno due, forse tre, dei nostri sensi.
L'internet delle cose, legata al passaggio del protocollo IP dalla versione 4 alla versione 6, che può fornire un indirizzo (e quindi la possibilità di entrare autonomamente in rete) a circa 3.4 x 1038 diversi elementi. Praticamente a ogni granello di sabbia.
La robotica, in grado di esaudire oggi i sogni dei cibernetici degli anni '50, rendendo "attivi" e "senzienti" gli oggetti. Tutto grazie a una miriade di sensori e motori dal costo di qualche euro.
La stampa 3D, che trasforma in modo diretto i pensieri (e i progetti) in "cose" da maneggiare e utilizzare.
Gli automi conversazionali, che possono interloquire con noi su argomenti specifici. Come fa Paolo che dal sito della mia banca si propone continuamente come interlocutore affidabile.
Per ora, Paolo è stupido in maniera sconcertante, come ho verificato personalmente quando cercavo di indurlo a riflettere sulla propria condizione esistenziale.
Ma, parlando di innovazione, ci sono sempre due aspetti di cui tenere conto:
Probabilmente, finiremo per vivere e lavorare in una "realtà" molto diversa da quella che abbiamo conosciuto finora. Che ci costringerà a cambiare un'altra volta mestiere.
Una nuova release del formatore
Il formatore 1.0 è (era?) un detentore e dispensatore di sapere e, nei casi migliori, di saper fare/essere. Un maestro, qualche volta un condottiero.
Il formatore 2.0 è un po' in tutti noi. O almeno in quelli che applicano davvero il modello del facilitatore dell'apprendimento, sviluppando percorsi, progettando esperienze, stimolando e indirizzando processi cognitivi ed emotivi, reperendo materiali o realizzando ambienti virtuali.
Ma come sarà il formatore 3.0, quello che si troverà a operare in questa strana realtà colonizzata dal virtuale? Sarà sempre un facilitatore dell'apprendimento, solo che questa facilitazione avverrà in forma diretta, come oggi, ma anche indiretta.
Il formatore 3.0, applicando fino in fondo il paradigma costruttivista, sarà un costruttore di mondi: mondi per l'apprendimento, mondi esperienziali reali/virtuali, mondi concreti, ma in qualche modo "intelligenti", interattivi e senzienti, che entrano in relazione con le persone, fornendo tutte le informazioni che servono e consentendo di sperimentare. Un po' biblioteche, un po' palestre, un po' laboratori e un po' qualcos'altro che oggi è difficile prefigurare con esattezza.
È molto tempo che mi occupo (tra le altre cose) di simulazioni e altri sistemi interattivi multimediali, soffrendo molto lo sciagurato "dogma dell'autoconsistenza" dei learning object, che sono stati chiusi dentro asfittiche piattaforme di e-learning, impedendo loro qualunque interazione con l'ambiente esterno.
Per sviluppare queste simulazioni, in assenza di sistemi commerciali efficaci (efficienti, sì…) ho realizzato alcuni anni fa una particolare architettura basata su moduli "prefabbricati", i Learning brick. Da poco la libreria si è arricchita di alcuni brick che consentono di interagire col mondo social e col web. Ma il progetto è di consentire a un serious game di entrare in contatto anche con il mondo fisico, interrogando sensori e arrivando a pilotare alcuni aspetti dell'ambiente del fruitore. Così, ogni tanto immagino un personaggio dei miei giochi che dice "Non dovresti stare al buio davanti al computer. Lascia che ti accenda la luce…"
Bibliografia
Vindice Deplano, 2012, "Tablet, ovvero la V dimensione", For Rivista per la formazione, n. 92, FrancoAngeli.
Vindice Deplano, 2013, "Quando i muri parlano: l’infosfera e la nuova 'realtà'", in Cinzia Ciacia (a cura di), Prepararsi al Futuro, Palinsesto.
Vindice Deplano, 2015, "Il 'grande travaso': l'ipertesto concreto", Tecnologie Didattiche, n. 64, Menabò.
Vindice Deplano, 2016, "La piattaforma Moodle e l'inopportuna abdicazione", For Rivista per la formazione, n. 99, FrancpoAngeli.
Donald A. Norman, 1998, Il Computer invisibile, Apogeo.
Saymour Papert, 1980, Mindstorms. Bambini computer e creatività, Emme edizioni.
Ogni qual volta entro in azienda, ed in particolare quando parlo con i responsabili HR e L&D, quel che spesso osservo è quanto sia necessario diffondere nei processi di capacity building metodologie e strumenti pensati per ottenere il massimo da ciò che è diventato "normale" per le persone (the new normal).
Ma cosa è diventato "normale" nella vita delle persone? L'osservazione di come noi tutti stiamo cambiando, suggerisce la risposta: l'essere collegati in rete con i pari, ma anche con i capi o con gli esperti di determinati contenuti; cercare in Internet ciò che occorre nel momento in cui serve; "parlare" con Google usando frasi e correlazioni; fare domande o sottoporre problemi in chat (su Skype, Messenger, WhatsApp, Slack et similia), ai propri colleghi, collaboratori e capi, creare contenuti, "taggarli" e metterli a disposizione di altri presenti nella grande rete.
Il digitale è entrato nella nostra routine "normale" di persone. La tecnologia si è fatta abitudine e relazione quotidiana. Il web è sempre più "conversativo".
Creare connessioni tra formal & informal learning
E nelle aziende? Accanto alla formazione formale (corsi in aula, corsi e-learning, webinar e aule virtuali, etc.), emerge l'esigenza di orientare, valorizzare e mettere "in trasparenza" i processi di apprendimento informale, che possono accelerare lo sviluppo di competenze on the job. Ci sono di mezzo gli stili di apprendimento, il ricambio generazionale, la necessità di adeguare competenze e crearne di nuove prima ancora che si sia arrivati a definirle e a codificarle. Skill gap e skill shortage: l'acquisizione di nuove competenze richiede affiancamento, feedback costante, contaminazione, learning-by-doing, fare e risolvere insieme.
Si parla di "crossover learning": creare connessioni tra apprendimento formale e informale, arricchire la conoscenza con la forza dell'esperienza; dare senso alle attività informali per aumentare l'impatto dell'apprendimento. Penso che nei prossimi due anni ci attendano due importanti sfide:
"Itinerari" di lavoro
Negli ultimi venti anni le teorie dell'apprendimento, i paradigmi e le applicazioni hanno seguito l'evoluzione dei modi di apprendere delle persone e il cambiamento della società (vedi Learning Theory Map citata in calce). Oggi siamo di fronte a nuove scoperte e nuovi dilemmi. L'intelligenza artificiale, il machine learning, l'automazione spinta sono già realtà. Difficile essere del tutto preparati di fronte alle trasformazioni di un'epoca accelerata. Possiamo però cercare di essere pronti: fondamentale è condividere e confrontarsi esperienze, aprire la mente a nuove scoperte. Noi stiamo lavorando in particolare su tre iniziative di innovazione, che cercano di cogliere le novità presenti nel quadro sinteticamente tracciato.
Processi di apprendimento informali con i chatbot
Chatbot è oramai già una parola dal forte hype mediatico. Vi sono tanti diversi sistemi intelligenti e piattaforme: sarà interessante vedere l'evoluzione dei software capaci di chattare fluidamente con l'utente in linguaggio naturale, rispondere direttamente alle domande, registrare e incorporare la conoscenza informale, generata dalle interazioni e dalle conversazioni. Seguiamo questo tema da quasi dieci anni, partendo da un progetto di ricerca europeo e da un tutor virtuale dotato di un sistema di algoritmi intelligenti e non ci siamo più fermati, il cuore è il laboratorio di ricerca AREA Science Park a Trieste
Ambienti di apprendimento digitale
Neuroscienze e digitale aprono nuove progettualità. Dall'incontro con un team di psicologi esperti di processi di cambiamento (HC), a Trieste in AREA Science Park è nata la suite digitale "Dive Immersive Change", pensata per supportare processi di coaching, mentoring e feedback, ancorati a rigore psicologico, contenuti e modalità in grado di dare all'utente aiuto individuale e personalizzato. Un sistema che vuole mantenere "human touch", utilizzando le tecnologie innovative.
Competenze dei formatori
Da una Knowledge Alliance europea, nasce un modello formativo basato sulle OER (Open Educational Resources) e le e-tivities, per processi di apprendimento in comunità di pratica. Cambiano le skills dei manager (e-leadership), deve evolvere e ampliarsi il portfolio delle competenze dei formatori: content curation e online facilitation sono le nuove skills, su cui costruire e sperimentare un ambiente digitale di lavoro per il formatore e un ambiente di apprendimento per manager e studenti universitari.
Infografia
Dialogue Review, 2016, "The way we learn tomorrow", in DialogueReview.com, 3 novembre.
Lead3.0 Academy.
Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, David Weinberger, 1999, The Cluetrain Manifesto (Un testo decisamente visionario sulla realtà che stiamo vivendo).
Stefan Kojouharov, 2016, "This is how Chatbots will Kill 99% of Apps" (Per avvicinare il mondo dei chatbot. Già nel 2016, le conversazioni tra gli utenti svolte via chat hanno superato quelle svolte attraverso i social. Si inizia a parlare di era post-APP).
Holistic Approach to Technology Enhanced Learning (Per un colpo d'occhio su teorie dell'apprendimento, ricercatori e studiosi di riferimento, paradigmi o "world views" e concetti-chiave correlati).
Internet Live stats (Per i numeri in tempo reale sul "Big Bang" della iperconnettività e della omnicanalità).
In Italia Lavoro - ora Anpal Servizi - abbiamo portato avanti una politica ormai decennale per la diffusione dell'e-learning tra gli operatori pubblici e privati del mercato del lavoro, da sempre uno dei target privilegiati delle attività aziendali. Negli anni è stato necessario cambiare più volte piattaforme tecnologiche, standard e modalità per la produzione di corsi da diffondere online con rapidità, un po' per rincorrere la naturale evoluzione delle tecnologie e anche per rispondere a un'esigenza, più o meno esplicita, di sperimentare qualcosa di nuovo per poi metterlo a disposizione delle iniziative più ampie di politica attiva che l'azienda mette in campo. Di formazione "technology enhanced" ne abbiamo vista e sperimentata tanta, insieme a qualche delusione su quanto non ha avuto l'efficacia che ci si aspettava.
Sperimentazione e consolidamento
L'esperienza di quelli più "technology oriented", con la pazienza e la volontà un po' carbonara di creare innovazione, è confluita negli ultimi anni nel progetto aziendale ProDiGeo, dove, per necessità, abbiamo dato meno spazio alle sperimentazioni, consolidando quanto avevamo già realizzato, integrandolo nelle azioni quotidiane. Questo perché l'esperienza ci ha insegnato che il ciclo di vita di un'innovazione nel Technology Enhanced Learning è piuttosto lungo ed è sempre più difficile sviluppare idee e testarle nel corso di un breve progetto. Meglio irrobustire quanto già disponibile e utilizzabile oggi.
Un esempio è la piccola SkillyApp, sviluppata nel 2013 su piattaforma Android, Mac e Windows Phone, la nostra "testa d'ariete" per entrare nelle scuole romane e parlare del lavoro del futuro a ragazzi delle terze superiori. Un serious game, che introduce alla terminologia e alle dinamiche del lavoro odierno, con quattro mini-giochi che restituiscono pillole formative sotto forma di bonus per avanzare nel gioco e che ci ha consentito stimolanti interazioni tra gioco e aula.
Un altro esempio è l'uso massiccio di webinar, una soluzione aziendale pratica per portare rapidamente formazione e aggiornamento su tutto il territorio a centinaia di utenti sui temi come il "sistema duale" nell'alternanza scuola lavoro o le nuove funzionalità del portale Anpal.
Come piattaforma e-learning, la base dei servizi offerti, abbiamo scelto Moodle e anche questo non è una grande novità. Però con Moodle ci siamo avvantaggiati del lavoro degli sviluppatori della sua open community: abbiamo testato gli Open Badge e stiamo provando le funzionalità di Competency-based education (CBE) per capire cosa possiamo ricavarne. Ma soprattutto stiamo usando Moodle Mobile, in versione Android e Mac, customizzato su misura per la diffusione dei nostri contenuti formativi in mobilità, per guadagnare qualche minuto libero degli utenti e trasformarlo in aggiornamento sui temi del lavoro.
Soluzioni cloud
Per tutti i servizi sono state adottate soluzioni cloud, affidandoli a fornitori di tecnologia ben più esperti di noi: questo ci ha consentito di dedicare tutta l'attenzione alla qualità dei contenuti formativi superando problematiche di scalabilità e di sistema e di trovare strade più semplici arrivare agli utenti. Per esempio, spostando i video formativi su YouTube, perché è lì che ci portano i nostri PC e i tablet, smettendo di realizzare "sfogliapagine" in Flash e restituendo i contenuti poco più che testuali al formato Pdf, che tutti riescono a leggere, salvo realizzare prodotti multimediali in Html5 quando realmente necessario.
Le competenze digitali
Per il futuro, coinvolti come lavoratori nella Rete dei Servizi per il lavoro, speriamo che la didattica potenziata dalle tecnologie giochi un ruolo significativo. Nel frattempo ci prepariamo lavorando sulle nostre competenze: a partire dagli strumenti cloud di Microsoft Office 365, con i suoi ambienti collaborativi e di storage, sino a ragionare sui modelli di smart-working, secondo la normativa sul lavoro agile attualmente in discussione in Italia, che richiederanno un approccio BYOD (bring your own device).
Quest'anno, pensando alle professionalità degli operatori pubblici e privati del mercato del lavoro, abbiamo realizzato un pacchetto di corsi basato sul DigComp, il framework europeo sulle competenze digitali. È una prima risposta per rendere tutti più consapevoli degli oggetti che teniamo in tasca e sulla scrivania per l'accesso in mobilità. Su questi ci sembra necessario scommettere per il prossimo futuro, cominciando a lavorare sulla didattica, mettendo in cantiere formazione e aggiornamento sulle problematiche di sicurezza, privacy e gestione dei propri dispositivi una volta connessi alle reti aziendali. Perché, al di là di quale tecnologia si svilupperà più efficacemente nei prossimi anni (internet delle cose, realtà virtuale o aumentata, ecc. – tutte ancora troppo distanti per l'uso comune), ci sembra che l'urgenza – se non l'emergenza – sia quella di garantire la sicurezza, oggi piuttosto fragile, di queste tecnologie e di quanto vorremo veicolarci all'interno.
Infografia
Anpal Servizi – Società in house della Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro.
Sandra Troia, 2016, DigComp 2.0. Una breve presentazione in italiano.
Progetto ProDiGeo.
SkillyApp.
"L'interiorità è imprendibile, come il tempo che la abita. Inesauribile, come l'immaginazione che la alimenta" (Antonio Prete)
Seguo e sperimento in rete da molti anni, in progetti di community dedicati alle imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, le dinamiche di comunicazione e apprendimento nelle attività di formazione e consulenza e in esperienze "social" di costruzione partecipata della conoscenza. Spesso vedendo vivere queste esperienze accanto ai più tradizionali momenti di condivisione e apprendimento che abitano le aule, i luoghi sociali di prossimità fisica e le attività esperienziali in outdoor. Sono partita, nell'ultimo decennio del ‘900, occupandomi di formazione a distanza e approdando poi a un approccio al coaching e all'ascolto nelle organizzazioni che associa sempre una modalità di intervento narrativa (una narrazione che deve sapersi dare a se stessi e all'altro) come occasione di progettazione attraverso la capacità di dirsi e dire. In modo connotato e non ambiguo.
Una mappa potente
Le tecnologie e i servizi di interconnessione in rete, che dagli anni '90 hanno abitato e invaso i costumi sociali e organizzativi, hanno sedimentato, nella consulenza e nelle esperienze organizzative e personali, cognitive ed emotive, una mappa di opportunità e sconvolgimenti per i saperi e i vissuti sorprendentemente potente. Potente nel trasformare il lavoro, il sapere, il vivere, il comunicare e persino l'amare. Nulla di questo è accaduto fuori dal crollo dell'ottimismo capitalistico e molto di questo si esprime come risposta individuale al bisogno di sopperire al mutamento delle organizzazioni e del lavoro, realtà che hanno smesso di essere dimora duratura. Tutto questo accade attraverso la tentazione di costruire una comunità di vissuti, più che di competenze, per rispondere con il fattore umano al disastro di una memoria collettiva senza rappresentanza.
Il dato inquietante, difficile da metabolizzare e legare a una riflessione più ampia sul futuro del Technology Enhanced Learning, è lo scollamento fra la proliferazione di strumenti e occasioni e la capacità matura di utilizzarli in senso individuale e collettivo. Le community aziendali (a differenza di quelle sorte spontaneamente passando tra le maglie della rete con contenuti, linguaggi e interazioni intorno alla gratuità delle piattaforme e della produzione di contenuti), soffrono di una dimensione che parte sempre verticale, spesso con una sponsorship debole e ambigua. Sono proposte prima che si sia sedimentata una passione per la trasgressione delle regole formali della comunicazione nei luoghi, che è il sale e il motore del successo dei social.
Se parte della formazione sui contenuti riesce a supportare il lavoro con ambienti di knowledge sharing e la creazione di momenti che possono essere "vissuti" e non solo fruiti con grande libertà, la scommessa che si perde è sul fronte delle relazioni, che per essere interamente umane hanno bisogno di sfuggire alle logiche di ruolo e di status tipiche delle organizzazioni e del lavoro. I meccanismi di controllo, che non sono mutati nel tempo, se mai hanno spezzato l'alleanza che derivava dal "crescere" in una organizzazione.
Metafore deboli e narrazione
La debolezza delle metafore scelte dalle organizzazioni per parlare di sé al proprio interno, privilegiando quelle orientate al marketing e al cliente, non sa stare nel patto dell'autenticità che, nel bene e nel male, fonda le relazioni nel mondo dei media. Nei social, nella rete, nella pubblicità e nel customer care sono cambiate le letterature. Nel mondo della collaborazione per il lavoro, la gratuità dell'economia prosumer (Tapscott, 2007), che ha tanto fatto crescere la comunicazione in ogni campo, stravolgendo le regole della politica, della solidarietà e della produzione culturale, non riesce a passare. Quella pornografia delle emozioni (Ippolita, 2016) che è il rischio di un'interazione che non sa darsi una direzione compiuta e mette a rischio molto del pudore esistenziale che fonda la con-vivenza, non sa manifestarsi nella comunità delle tecnologie per il lavoro e per la formazione, se non in modo del tutto parziale.
Ma questo ha a che fare più che con la ricerca intorno a tecnologie e ambienti, con una riflessione epistemologica, che usi le tecnologie per facilitare i processi di condivisione del lavoro fra persone allocate in nazioni e contesti socioculturali di grande distanza, che le metta al servizio dei bisogni specifici (di apprendimento, di espressione e produttività), ma che al contempo scopra la non riproducibilità tecnica delle relazioni, senza il supporto dei linguaggi para-poetici della narrazione, della parola e dello stupore. E le organizzazioni, spesso, non sono luoghi di stupore e di incanto, quanto piuttosto di paura, precarietà e disincanto. Una consulenza e una ricerca che vogliano agire per il bene e la dignità del lavoro, da questa consapevolezza, penso e temo, debbano partire. Stupore e tremori, narrava la Nothombe, quando non si è a capo di nessuno. Stupore e tremore sani nell'autentico della competenza a narrare, è forse, invece, la proposta.
Bibliografia
Ippolita, 2016, Anime elettriche, Jaca book.
Amélie Nothomb, 1998, Stupore e tremori, Guanda.
Antonio Prete, 2016, Il cielo nascosto, Boringhieri.
Don Tapscott e Anthony D. Williams, 2007, Wikinomics, Rizzoli.