Investire nel mercato della formazione continua in Italia?

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Chi volesse approcciare, come imprenditore o investitore, il mercato italiano della formazione continua potrebbe prendere in esame alcune considerazioni che riporto qui, principalmente sulla base della mia esperienza personale, partendo da un inquadramento dello scenario.


Il vero “valore” della formazione in Italia

La formazione per gli italiani non è un valore profondamente condiviso, questo lo sappiamo tutti. Infatti, quando le cose vanno male si dice “la scuola dovrebbe insegnare…”, ma nessuno ci crede veramente.

La formazione è vista sostanzialmente come una cosa noiosa e una perdita di tempo, un po’ per abitudine mentale, ma soprattutto per un motivo fondamentale: è una leva di cambiamento potente. E, se c’è una cosa che non sopportiamo, è proprio di rimettere in discussione le nostre certezze e i nostri equilibri. Soprattutto all’interno di un’azienda o un’organizzazione - di qualsiasi tipo - che tende, per natura, all’autoconservazione.

Da qui la valanga di frasi fatte tipo “siamo-i-migliori-del-mondo-non-abbiamo-tempo-da-perdere-per-fare-formazione-tanto-sappiamo-già-tutto” (sotto insieme: prendiamo-solo-persone-già-skillate). Per questo la formazione si fa solo se siamo obbligati (per esempio, corsi sulla sicurezza oppure “devo-rispondere-ad-un-bando-che-chiede-le-certificazioni-entro-domattina”).

Se proprio si deve fare la formazione, allora dev’essere la più innocua possibile per gli equilibri dell’organizzazione (per paura di dover promuovere le persone, per paura di perderle e via dicendo.).

Meglio dunque avere tanti dipendenti ignoranti e inefficienti, ma fedeli e poco costosi.


La “massa” delle PMI italiane

È ovvio che queste impostazioni culturali, presenti in tutte le aziende in varia misura, sono molto evidenti nelle microimprese e nelle PMI che rappresentano una fetta importantissima del potenziale mercato della formazione continua. Sono imprese di solito impermeabili al cambiamento e lo scarso numero di addetti è un’ottima scusa per non fare nulla (“se-i-miei-pochi-dipendenti-sono-in-formazione-chi-lavora?”).


La “giungla” dei finanziamenti

Non esiste un corpo normativo unico sulla formazione continua, perché non ci sono leggi che obbligano all’aggiornamento professionale complessivo di tutti i lavoratori, esclusi i temi legati alla sicurezza o alcune normative di settore.

Di fatto tutto è demandato al datore di lavoro che decide se fare o meno formazione. Di solito l’aspetto economico ha un grosso peso, in quanto le imprese raramente sanno che esistono dei finanziamenti e, anche in quel caso, raramente vi accedono.

Inoltre, gli strumenti di finanziamento sono caotici ed esistono numerosi soggetti che possono finanziare la formazione continua. Per esempio: 19 Fondi Interprofessionali, 21 Regioni e Provincie Autonome, vari Ministeri (Lavoro, Trasporti, Attività Economiche, ecc.), l’Unione Europea, molte Fondazioni private, diversi Enti Bilaterali...

Non c’è però un reale, effettivo, coordinamento delle politiche di questi Enti che agiscono in modo indipendente, quando non in vera e propria concorrenza tra loro, con colpi bassi e sotterfugi per accaparrarsi le imprese. Che restano comunque quasi del tutto inconsapevoli degli strumenti a loro diposizione in quanto nessuno di questi soggetti fa una vera e propria campagna informativa “universale”.


L’“ignoranza” delle imprese

Anche i consulenti di fiducia delle aziende (a partire dai consulenti del lavoro e dai commercialisti) sono poco informati e spesso finiscono per sconsigliare le aziende di rivolgersi alla formazione finanziata, perché non la conoscono e non sanno come gestirla.

Lo Stato non comunica tramite i media le opportunità - almeno quelle offerte dalle norme e dalle Pubbliche Amministrazioni. E né a scuola, né all’Università ci sono molti corsi specifici per chi volesse occuparsi della parte tecnica di supporto alla formazione.

Gli imprenditori quindi, in molti casi, mettono mano al portafoglio per pagare interventi formativi che potrebbero essere tranquillamente finanziati, se solo lo sapessero o se qualcuno li aiutasse.


La “parte” delle Parti Sociali

Tramite i Fondi Interprofessionali, gli Enti Bilaterali e anche con la concertazione dei progetti presentati alla Pubbliche Amministrazioni, le Parti Sociali (Sindacati dei lavoratori e Associazioni dei datori di lavoro) avrebbero un ruolo molto importante nel coinvolgimento delle imprese e dei lavoratori nel processo formativo, ma talvolta si ha la sensazione che anche qui l’interesse verso la formazione sia scarso (ad esempio c’è una scarsa consapevolezza tra i vertici sindacali e datoriali dell’operatività dei fondi a cui essi stessi partecipano).

Se proprio si deve parlare di risorse per le politiche del lavoro, meglio parlare di quelle per le politiche passive (come la cassa integrazione e le varia indennità)

Inoltre sembra che molti siano più impegnati a farsi “concorrenza” tra loro che nella diffusione delle politiche a tutti i potenziali destinatari. La mancanza di regole chiare sulla rappresentanza (e la relativa proliferazione di sigle, Fondi, Enti Bilaterali, ecc.) ha inoltre la conseguenza di rendere più difficile a imprese e lavoratori la comprensione del ruolo delle stesse Parti Sociali nel processo della formazione finanziata.


Cosa “vedono” i beneficiari finali

Altro elemento critico sono gli utenti stessi, che raramente richiedono di essere formati e che subiscono gli interventi spesso in maniera passiva o addirittura critica, perché, viste le premesse dei punti precedenti, la scarsa attenzione all’aggiornamento professionale fa in modo che molto spesso la formazione finisca fuori target, aggravandoli di impegni ma senza costrutto effettivo rispetto a quelle competenze che ritengono necessario acquisire o aggiornare.


Fin qui una descrizione, ben poco rassicurante, di un panorama normativo e culturale di cui dobbiamo comunque imparare a prendere le misure. Descrizione che completeremo presto parlando di e-learning e di mercato.

Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

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