Siamo tutti creativi: apprendere e valorizzare la creativita'

CONDIVIDI SU:

Il Rapporto 2023 del World Economic Forum sul futuro dell’occupazione prevede che entro il 2027 quasi un quarto degli attuali posti di lavoro cambierà. La trasformazione digitale e l’impetuoso ingresso della generative AI sono, lo sappiamo tutti, le ragioni più significative di questo ricambio nel mercato del lavoro.  Quali sono le competenze più adatte a trasformare l’aumento delle incertezze in crescita delle opportunità? Tra le tante sulle quali è necessario ragionare ne ho scelta una che è presente, a livello speculativo o colloquiale, in ogni stanza, aula o ambiente in cui si parla di apprendimento e formazione: la creatività.

Creatività e conoscenza pratica

La convenzionale relazione logica di causa/effetto ci ha sempre raccontato - e il fatto che noi formatori e consulenti non ci crediamo non significa che la narrazione si sia interrotta - che chi ha più creatività raggiunge risultati lavorativi migliori di chi ne ha di meno. Se ribaltiamo questa relazione e consideriamo la creatività non come causa ma come conseguenza delle conoscenze pratiche, dell’esperienza, del contesto, delle reti di relazioni emerge che non è una competenza esclusiva ma assolutamente comune e che, soprattutto, può essere rafforzata, valorizzata, appresa e ricercata. Tutti possono essere creativi, a patto di non vivere in una società repressiva, in una famiglia repressiva, in una scuola repressiva, diceva L. S. Vygotskij. La conoscenza pratica è uno dei propulsori della creatività. È conoscenza incardinata nell’esperienza -è conoscenza tacita, è saper fare, è credenza, visione, schema percettivo, vissuto, modello di pensiero, sistema di valori, cultura personale, immagini, memoria corporea - che rende capaci di agire sul futuro. È una conoscenza appresa dall’azione e dalla relazione che troppo spesso rimane muta. Far emergere la conoscenza tacita/pratica (userò qui i due termini, anche se non lo sono affatto, come sinonimi) è scomodo come riposare su un materasso non cardato perché non è supportata dal linguaggio formale e risente della mancanza dello status socioculturale attribuito da sempre alla conoscenza teorica.

Nelle attività lavorative, o anche più generalmente umane, ci focalizziamo sul risultato finale, sull’obiettivo raggiunto e ci arrovelliamo nella ricerca del modo più corretto e oggettivo per valutarlo. Ma l’analisi dell’esito di un processo non spiega il processo stesso e l’eziologia delle azioni, positive e negative, semplici o complesse, in esso contenute. Quali riflessioni sono state fatte, quali saperi utilizzati? Le conoscenze tacite emergono grazie a un salto nel silenzio, salto che permette di far emergere quella creatività che poi, a seconda delle diverse attitudini di ognuno, si esprime in vari modi: dallo sviluppo di un software all’allestimento di un banco di frutta al mercato rionale, dall’elaborazione di una nuova procedura organizzativa alla progettazione di una piazza.

Creatività e scelta delle informazioni

Anche la capacità di scegliere le informazioni - e non solo di produrle - genera creatività. Scegliere significa leggere, riflettere, ascoltare, connettere tutto questo alla propria conoscenza pratica e innescare un processo creativo capace di generare qualcosa di nuovo, che sia un prodotto o un punto di vista. Senza allenare la capacità di scelta degli oggetti su cui riflettere, saremmo sopraffatti da una “voracità ermeneutica” distraente, foriera di immobilismo e ben poco creativa. La capacità di scegliere all’interno della massa di dati e di informazioni ciò che è pertinente ad un obiettivo o utile a sé stessi e agli altri ci rende più creativi e anche in grado di resistere al regime dell’informazione (rimando all’articolo Byung-Chul Han. Infocrazia. Le nostre vite manipolate dalla rete di Domenico Lipari pubblicato qui).

Creatività come processo collettivo

La creatività deriva dall’attività di ricerca, di osservazione e di interazione con gli altri, è un processo collettivo, non è l’improvvisa e artistica illuminazione del singolo. L’ha spiegato bene Goethe che, poco prima di morire, nel marzo 1832, disse a un giovane studioso: “Ho raccolto e utilizzato tutto ciò che ho visto con i miei occhi, ascoltato con le mie orecchie e percepito con i miei sensi. Migliaia di individui hanno contribuito alla creazione delle mie opere – saggi e stolti, persone d’intelletto e sempliciotti, bambini, giovani e vecchi. Spesso ho raccolto ciò che altri avevano seminato. Il lavoro della mia vita è frutto di un collettivo”.  Eppure, colleghiamo ancora la creatività all’insight inatteso o a un tratto immodificabile della personalità (è un/una creativo/a!). In realtà, senza la possibilità di studiare o lavorare in un contesto che promuove la collaborazione, la creatività si spegne come una candela sotto una campana di vetro.

Apprendere la creatività: il progetto Prometheus

Si può veramente apprendere la creatività? Se la creatività si regge su tre pilastri – riflettere e far emergere le conoscenze pratiche, setacciare e scegliere le informazioni e operare in un contesto abilitante nel quale avviare relazioni, collaborazioni e partnership – è chiaro che si tratta di qualcosa di assolutamente migliorabile. Prima che sia troppo tardi, prima che le opportunità si assottiglino troppo.  Per questo è fondamentale aiutare i giovani che si affacciano nel mondo del lavoro o chi già opera all’interno di realtà organizzate a prendersi cura della propria creatività. Il Progetto Prometheus (1) , al quale ho collaborato in qualità di consulente nella società capofila Skill Up srl, ha provato a farlo. Il progetto nasce dal fabbisogno espresso dalle aziende di trovare, nei giovani neoassunti, delle competenze trascurate dai percorsi formali educativi e formativi (dall’istruzione scolastica ai training aziendali) e che sono generalmente acquisite in modo informale. Prometheus, dopo aver selezionato e individuato le 12 competenze più importanti per lo sviluppo dei comportamenti sociali e organizzativi, ha fornito alla comunità dei docenti e dei formatori un portfolio di sviluppo delle competenze soft, tra le quali primeggia la creatività. Tutte le attività di ricerca, assessment e formazione si sono focalizzate su un obiettivo: accrescere l'occupabilità agevolando l’inserimento professionale di giovani che provengono da situazioni di disagio sociale ed economico. Abbiamo trovato soluzioni definitive? Assolutamente (e volutamente) no. Abbiamo trovato, attraverso il partenariato tra tre società europee, buone pratiche, nuovi punti di vista e attività di sviluppo innovative per dare più solidità e concretezza a competenze, come la creatività, che sono molto meno soft di quello che appare.

Note

(1) "PROMETHEUS - Bringing Soft Skills in VET" è un progetto Erasmus+: N. 2022-2-IT01-KA210-VET-000101250.

https://drive.google.com/drive/folders/1u3h0lEC3eglUAgsgyY6ynLgc80BZaf-F?usp=drive_link


Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

Vindice Deplano