Il lavoro che cambia: gli impatti sulla salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici

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*Sono coautrici dell'articolo, con Emma Pietrafesa, Rosina Bentivenga e  Sara Stabile Ricercatrici Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale

 

 

Premessa

Secondo recenti dati della International Data Corporation (IDC), nel corso del 2018 la spesa mondiale in tecnologie per la trasformazione digitale delle aziende sfiorerà i 1.300 miliardi di dollari, con una crescita del 17% rispetto all’anno precedente. Oltre la metà della spesa in tecnologie sarà destinata alla trasformazione dei modelli operativi,con interventi mirati a rendere i processi aziendali più innovativi ed efficienti all’interno di un ecosistema digitale di prodotti/servizi, asset, risorse umanee partner.

Questa quarta rivoluzione industriale[i]consente di superare di fatto l’idea fordista di lavoro, determinando per i lavoratori nuovi paradigmi in relazione a ruoli, mansioni e competenze. I cambiamenti socio-demografici, la globalizzazione dei mercati e le innovazioni tecnologiche, oltre ad offrire grandi opportunità di sviluppo e accrescimento della competitività delle aziende, hanno infatti portato a una ridefinizione del mondo del lavoro e dei processi produttivi[ii]. A fronte di tali cambiamenti, secondo i dati della School of Management del Politecnico di Milano, l’Italia è uno di quei Paesi che dovrà maggiormente impegnarsi nel processo di trasformazione digitale poiché nei prossimi anni i nostri lavoratori dovranno innovare e modificare circa il 40% delle proprie competenze.

 

I cambiamenti nel mondo del lavoro

Il World Economic Forum (WEF) sostiene che entro il 2020 saranno a rischio di sostituzione oltre 7 milioni di posti di lavoro, a fronte della creazione di oltre 2 milioni di nuovi posti legati prevalentemente allo sviluppo delle tecnologie digitali. Le condizioni e gli ambienti di lavoro si sono trasformati sempre più negli ultimi anni a ritmi frenetici anche a seguito dei cambiamenti apportati dalle nuove modalità di interfaccia uomo-macchina, dal monitoraggio dei parametri lavorativi e dall’utilizzo di nuovi materiali intelligenti. Queste trasformazioni accompagnano una nuova concezione di lavoro caratterizzata da una maggiore flessibilità relativamente a tempi e luoghi. In passato la sicurezza del luogo di lavoro, ad esempio, veniva definita in termini di stabilità, oggi invece non esiste più né un unico rapporto di lavoro per tutta la vita, né un unico luogo in cui svolgere la propria prestazione, né un orario fisso; si assiste inoltre al proliferare di svariati modelli di lavoro attraverso l’utilizzo sempre più crescente di spazi di lavoro virtuali e condivisi quali crowd-working, co-working, cloud, lavoro a richiesta elavoro digitale. L’uso pervasivo delle Information and Communication Technologies(ICT) nella quasi totalità dei settori economico-produttivi impone mutamenti anche in ambito gestionale organizzativo, con un impatto rilevante su comportamenti sociali, dinamiche di potere e creazione di nuovi modelli relazionali anche all’interno di questi “nuovi” luoghi di lavorononché sulle abitudini di vita dei lavoratori. 

I numeri dello smart working in Italia

La flessibilità distingue e caratterizza i nuovi modelli di lavoro, che sempre più devono adeguarsi ai costanti mutamenti del contesto economico e sociale. Allo stato attuale il lavoro agile è già previsto in molti contratti collettivi/accordi di rinnovo comead esempio il settore alimentare, energetico, bancario-assicurativo, trasporto, telecomunicazioni e nelle organizzazioni altamente tecnologiche. Nello specifico, le richieste di sgravio presentate dalle aziende italiane nel 2017 sono state 314 e di queste ne sono state accolte 313[iii]. Risulta interessante sottolineare che 231 richieste erano principalmente rivolte alla flessibilità in entrata e in uscita più che alla possibilità di lavorare in remoto. All’interno di questa categoria le misure organizzative hanno riguardato: il lavoro agile (inserito nel contratto da 114 aziende), la flessibilità oraria (introdotta da 147 aziende, il part-time (utilizzato da 100 aziende), la banca delle ore (attivata da 66 aziende), la cessione solidale (prevista da 29 aziende).

Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, attualmente in Italia, sono oltre 300 mila i lavoratori subordinati che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo. Il 36% delle grandi imprese, il 7% dellepiccole e medie imprese (PMI) e il 5% delle PA hanno, inoltre, già attivato progetti strutturati di smart working. L’interesse per il lavoro agile, infine, risulta in aumento soprattutto tra le PMIma ancora con un approccio prevalentemente informale:,infatti il 22% delle imprese ha già in corso progetti di smart working, ma solo il 7% ha realizzato iniziative strutturate.

Cosa cambia in termini di salute e sicurezza

Alla fine degli anni Novanta con la Legge 191/1998 venivano disciplinate le prime forme di lavoro a distanza nella PA, legate quindi all’uso delle ICT. La legge 81 del 2017ultimamente ha introdotto la possibilità di ricorrere al lavoro agile, inteso come una nuova combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione anche nell’esecuzione delle attività di lavoro subordinato. La prestazione del lavoratore agile viene regolarmente svolta al di fuori dei locali dell’azienda, sebbene parte della dottrina rilevi che non sussista, ad oggi, alcuna differenza sul piano giuridico in termini di disciplina applicabile al telelavoro e al lavoro agile, se non in due circostanze: quando la prestazione al di fuori dei locali aziendali sia resa senza il supporto di strumentazioni informatiche o telematichee quando l’alternanza tra lavoro nei locali aziendali e lavoro in altri luoghi sia del tutto episodica e cioè occasionale o comunque non programmata.Il dibattito, invece, è ancora in corso in relazione alla misurazione e predeterminazione del tempo della prestazione di lavoro agile e della natura mobile e non fissa della postazione di lavoro utilizzata all’esterno dei locali aziendali. In ogni caso, la legge assicura la totale parità del trattamento normativo, retributivo e previdenziale anche dal punto di vista della tutela in materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL), del lavoratore agile rispetto a quello di chi svolge le stesse mansioni all’internodei locali dell’organizzazione. 

Un primo passo in questa direzione è rappresentato dalla direttiva n. 3 del 2017, emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, contenente le linee guida in materia di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ai fini della sperimentazione di queste nuove modalità lavorative. Le linee guida forniscono, inoltre, indicazioni importanti anche in merito alle infrastrutture tecnologiche e abilitanti per il lavoro agile, alla protezione dei dati, alla loro custodia e riservatezza,con l’auspicio che anche i dispositivi mobili siano sempre configurati dall’amministrazione per ragioni di sicurezza e protezione della rete. 

Una trasformazione così importante, che impatta sui lavoratori e sull’organizzazione del lavoro, puòperò comportare l’introduzione di nuovi fattori di rischio in ambito lavorativo, tenendo anche conto dei cambiamenti della composizione della forza lavoro che sarà sempre più multigenerazionale, multiculturale e ageing. Secondo l’Agenzia Europea per la salute e la sicurezza (EU-Osha), infatti, entro il 2030, la popolazione europea decrementerà in relazione alla forza lavoro attiva,inoltre l’attuale calo delle nascite, il progressivo invecchiamento della popolazione e dell’età pensionabile impatteranno sempre più sulla composizione della forza lavoro determinando maggiori malattie croniche nei luoghi di lavoro, minore agilità fisica e più lentezza di reazione da parte dei lavoratori over 60, maggiori disordini muscolo-scheletrici e un maggiore decadimento delle funzioni intellettive[iv]. D’altra parte secondo l’International Labour Organization (ILO), entro il 2030 la crescita della popolazione mondiale supererà gli 8 miliardi di individui, determinando un ingresso sul mercato del lavoro di circa 40 milioni di persone all’anno e la compresenza di ben cinque diverse generazioni di lavoratori[v]. Questo comporterà una sempre maggiore diversificazione rispetto all’uso delle ICT: le nuove generazione di lavoratori, infatti, sono più orientate ad un uso costante, anche mediante i propri dispositivie ciò può implicare una diversa percezione dell’attività lavorativa, del luogo e del tempo di lavoro (always on, bring your own device, lavoro agile, virtual workplace, crowd-working). Già adesso di fatto si assiste ad una progressiva perdita delle competenze digitali di base rispetto a una crescente domanda di competenze avanzate che renderebbero possibile una migliore occupabilità. La mancanzadell’acquisizione di tali competenze contribuirà ad accrescere il fenomeno del divario digitale e a determinare il rischiodi costituzione di una digital élite.

Nuovi fattori di rischio per i lavoratori

L’aumento dell’internalizzazione e della concorrenza, il maggiore utilizzo delle ICT, i cambiamenti della forza lavoro, la flessibilità e le nuove pratiche organizzative hanno cambiato la natura e le caratteristiche del lavoro. È importante, pertanto, monitorare i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e studiarne gli effetti sulla SSL, tenendo conto che non è sempre semplice distinguere tra le problematichelegateall’uso delle ICT in ambito lavorativo e quelle riferite all’uso continuo a livello personale. Indubbiamente lavorare in modo più flessibile rappresenta un’opportunità e una necessità per le organizzazioni complesse, con conseguente aumento della produttività aziendale e un miglioramento del benessere e della soddisfazione per i lavoratori in termini di work life balance e performance, senza tralasciare gli effetti sulla sostenibilità ambientale della mobilità urbana data dalla riduzione del traffico e dell’inquinamento. Tuttavia, è necessario ad esempio valutare attentamente anche gli aspetti legati al possibile isolamento del lavoratore agile, che svolgendo la propria attività all’esterno potrebbe non sentirsi partecipe delle logiche aziendalie quelli relativi all’organizzazione del lavoro poiché sussiste ancora oggi una forte correlazione tra carriera, avanzamento e presenza. Questi aspetti hanno ripercussioni soprattutto in ottica di genere poiché si riscontrano spesso proprio in relazione ai periodi di astensione dal lavoro delle donne per motivi di gravidanza e cure familiari. Non deve essere, infine, sottovalutata la dinamica dell’always on che può avere conseguenze negative anche in termini di dipendenza e di abuso fino a determinare, come alcuni studi internazionali hanno evidenziato, una relazione tra uso eccessivo e alti livelli di ansia, depressione e stress[vi].

I nuovi fattori di rischio legati all’uso delle ICT sul lavoro sono indicati in tabella 1.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia 

EU-OSHA. Key trends and drivers of change in information and communication technologies and work location. Luxembourg: Publications Office of the European Union; 2017
Eurofound & ILO (International Labour Office). Working anytime, anywhere: The effects on the world of work, 2017
Pietrafesa E, Bentivenga R, Stabile S, Persechino B, Iavicoli S. L’utilizzo di piattaforme social e collaborative in ambito lavorativo: nuovi fattori di rischio. In: Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia ed. Lavoro sano e produttivo per il benessere di tutti i cittadini e del Paese; Roma, 21-23 Settembre 2016. Pavia: SIMLII, 2016. 162.
Pietrafesa E., Stabile S., Bentivenga R. ICT: nuove modalità di lavoro, Inail 2017, Roma, ISBN 978-88-7484-589-7
Pietrafesa E., Stabile S., Bentivenga R. ICT: piattaforme social e di collaborazione sul lavoro, Inail 2017, Roma, ISBN 978-88-7484-585-9
Pietrafesa E, Bentivenga R, Stabile S, Persechino B, Iavicoli S. ICT e lavoro in ottica di genere: l’impatto sullo sviluppo professionale e sul work-life balance. In: Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia ed.; Padova 20-22 settembre 2017.Pavia: SIMLII, 2017. 76
Stabile S, Bentivenga R, Ghelli M, Dentici MC, Pietrafesa E, Milana C, Iavicoli S. L’uso delle ICT negli ambienti di lavoro in un’ottica di salute e sicurezza. In: Giornale Italiano di medicina del lavoro ed ergonomia ed. Lavoro salute ambiente di nuovo al centro; Milano, 25-27 Novembre 2015. Pavia: SIMLII, 2015;106(II)
Stabile S., Bentivenga R., Pietrafesa E. ICT e lavoro: nuove prospettive di analisi per la salute e la sicurezza sul lavoro, Monografia Inail, 2017, (pp. 111)


[i]Il termine Industria 4.0 (o in inglese Industry 4.0) indica una tendenza dell’automazione industriale che integra alcune nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti. Secondo una definizione del nostro Ministero per lo Sviluppo economico, la quarta rivoluzione industriale consiste nella “connessione tra sistemi fisici e digitali, analisi complesse attraverso Big Data e adattamenti real-time”,ovvero del risultato prodotto dall’enorme crescita di Internet, sia per quanto riguarda la portata del traffico dati che per la sua diffusione, combinata con la cosiddetta Internet of Things. Con questa espressione, usata per la prima volta alla Fiera di Hannover nel 2011 in Germania, ci si riferisce alla possibilità di connettere alla rete oggetti che raccolgono informazioni e le scambiano tra di loro, dai semplici elettrodomestici ad apparecchi più complessi

[iii]È quanto emerge dai primi dati relativi all’applicazione della legge 81 del 2017 sul lavoro agile, anticipati da Italia Oggi Sette che sono stati analizzati attraverso una lettura critica del fenomeno riconducendo la causa di questo scarso utilizzo ad un approccio ancora troppo cauto da parte delle aziende, ma anche dei lavoratori, che spesso vedono l’allontanamento dal posto di lavoro come anticamera del licenziamento oppure temono che il lavoro fuori dall’ufficio finisca per coinvolgere eccessivamente anche la propria vita privata. Un’altra ragione che può spiegare il limitato utilizzo di queste misure nel 2017 è legata ai tempi molto stretti per effettuare le richieste di sgravi contributivi. Le domande per ottenere gli sgravi contributivi, infatti, dovevano essere presentate entro 15 novembre 2017 e dovevano essere riferite ai contratti collettivi depositati da gennaio a ottobre dello stesso anno. Ma la normativa sul lavoro agile è entrata in vigore il 14 giugno e il decreto che disciplinava le modalità per la richiesta degli incentivi è arrivato solo a settembre del 2017. Infine, la richiesta presupponeva un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, condizione che non sempre è possibile realizzare in tempi rapidi (https://www.italiaoggi.it/news/dai-primi-dati-lo-smart-working-si-rivela-un-flop-2266548).

[vi]Per maggiori approfondimenti sul tema è possibile consultare e scaricare dal sito Inail la monografia ICT e Lavoro: nuove prospettive di analisi per la salute e la sicurezza sul lavoroe le Factsheet relative a: L’impatto e la diffusione delle ICT.

 

 
 

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