Le metafore danno l’illusione di catturare significati profondi e, allo stesso tempo, forniscono fecondi stimoli riflessivi. Il “tetto agli stranieri” non è la ricerca di soluzioni abitative per migranti di recente approdo, bensì l’oggetto di una querelle mediatica e politica avviata nel 2010 e recentemente riaffiorata. Il dibattito pur lungo non è per nulla a fine corsa non avendo esaurito gli stimoli all’approfondimento.
La circolare ministeriale del 2010
Nel 2010 una circolare ministeriale (1) affrontava l’ingresso non programmato in corso d’anno di migliaia di studenti neo-arrivati (2) e le prime evidenze del divario di performance tra gli studenti (3). Contestualizzando quanto già previsto da fin dal 1999 (4) forniva “indicazioni e suggerimenti” ai dirigenti di scuole e ai collegi dei docenti tra cui si leggeva: “il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30% del totale degli iscritti, quale esito di una equilibrata distribuzione degli allievi con cittadinanza non italiana tra istituti che insistono sullo stesso territorio”. L’indicazione era resa flessibile in relazione ai livelli di conoscenza della lingua italiana, alla gradualità nella messa in opera e alle risorse professionali esistenti senza escludere l’impraticabilità per ragioni oggettive.
Pur sopravvissuta ai ricorsi al giudice ordinario e al Tribunale amministrativo regionale la circolare ha suscitato feroci obiezioni: accuse di inaccettabile discriminazione e di incostituzionalità e di negazione del diritto allo studio associate a perplessità sulla praticabilità (“disposizione mai messa in opera”, “conclamato fallimento”, “indicazioni non applicabili”, “esercizio di pattinaggio amministrativo”).
La gestione degli studenti di background migratorio rientra, in verità, nella questione ben ampia, rimasta in penombra, che riguarda l’equilibrata distribuzione degli studenti tra le scuole. Ad uno sguardo attento, oltre alla valanga polemica, l’intervento ministeriale ha rivelato un ritardo politico nell’azione pubblica in tema di diversità sociale, culturale ed etnica delle scuole.
La composizione sociale e culturale delle scuole
La ragionevole disomogeneità culturale, sociale ed etnica è condizione per favorire gli studenti di background disagiato senza, tuttavia, limitare i livelli di performance degli studenti di genitori in posizioni elevate. Ed è ritenuta fattore di cultura civica. La distribuzione degli studenti tra le scuole è un’area di decisione che va oltre il management di scuole ed investe scelte politiche.
Le tradizionali regolazioni amministrative in vari paesi, sono sempre più accompagnate da misure di rilievo: dalla disponibilità per ogni scuola dell’indicatore di posizione sociale delle singole scuole (5) al disegno, e ridisegno, della rete delle scuole accrescendo la pluralità sociale e contenendo la segregazione, dalla mobilità assistita tra i quartieri al monitoraggio continuo dei differenziali di esiti tra le scuole in relazione ai gruppi sociali ed etnici di appartenenza degli studenti.
Nella scuola italiana “la regolazione dei flussi di ingresso nelle scuole” è stata monopolio della tradizione amministrativa ed è sostanzialmente estranea all’agenda politica. Non poteva che apparire fuori luogo una circolare, timido, e in parte maldestro, tentativo nell’entrare in un’area di non-azione, in un contesto, peraltro, in cui passava inosservata la segregazione delle scuole per via dei processi di white flight (6).
Bacini di utenza, scelta della scuola e autonomia scolastica
L’impianto originale dei bacini di utenza è stato scardinato da tempo con la liberalizzazione delle iscrizioni. L’enfasi sulla scelta della scuola come prerogativa delle famiglie ha generato un quasi mercato dell’istruzione con dinamiche di mobilità tra scuole statali e scuole paritarie soprattutto da parte di alcuni gruppi sociali.
La variante italiana dell’autonomia scolastica, inoltre, ha trasformato, in modo tacito, l’aumento delle nuove domande di iscrizione in un indicatore di qualità per la singola scuola, creando problemi di coordinamento e di programmazione con gli enti locali competenti per le strutture edilizie.
La distribuzione degli studenti nelle scuole è avvenuta, ed avviene, così, al di fuori di ogni considerazione strategica sulla composizione sociale e culturale delle singole istituzioni con il rischio del formarsi di scuole ghetto.
La stratificazione sociale delle scuole
Categoria di interpretazione dei processi nell’istruzione la stratificazione sociale è familiare tra i sociologi, ma pressocchè sconosciuta dai policy-makers in un paese in cui la mixitè sociale non è oggetto di discussione o obiettivo da promuovere.
Si rivelano “segreganti” con un marcato posizionamento sociale le scuole superiori italiane. Il 44,5% degli studenti liceali ha genitori con laurea contro l’11,9% nei professionali. Il 33% degli studenti liceali proviene dalla classe elevata a fronte del 14% nei professionali (7). Non meno contrastanti sono le relative performance: l’80% degli studenti dei professionali non supera il livello base contro il 15% dei licei in Italiano (8).
L’assenza di un’azione pubblica di contrasto alla segregazione sociale e di promozione della diversità sociale contribuisce a produrre quelle “disuguaglianze fra le scuole addirittura superiori a quelle dei paesi anglosassoni, culturalmente più disponili ad accettare l’esistenza di istituti di serie A e di serie B” (9).
Il prezzo da pagare del laissez-faire non è pesante. La segregazione delle scuole, in qualche caso per via del white flight, può superare quella del quartiere in cui operano (10) a sconfessare la facile retorica della valenza pedagogica del territorio.
Investire i docenti, inoltre, della sfida educativa a fronte di classi a composizione con equilibrata può rivelarsi un sovraccarico improprio. Pur responsabili della distribuzione degli studenti tra le classi, le scuole risultano, tuttavia, impotenti rispetto ai processi di stratificazione sociale degli istituti. L’attivazione, inoltre, di un quasi mercato dell’istruzione, riduce gli spazi per il governo di un bene comune come è l’educazione non ha migliorato i livelli di performance degli studenti o fatto dei passi in avanti in equità, come dimostrano le Academies inglesi o le Charter Schools degli Stati Uniti.
Non si può, infine, ignorare l’impatto della composizione sociale ed etnica degli assetti urbani sulle scuole che non di rado subiscono i flussi degli insediamenti abitativi.
Un’occasione da non perdere
Analizzando il rapporto OECD 2024 Barbara Romano scrive: “Per quanto riguarda gli esiti degli studenti di origine straniera, il divario italiano è uno dei più contenuti, indizio che le politiche di inclusione hanno avuto più successo di quelle adottate in altri paesi, quali Francia e Germania, dove pur con tradizione di migrazioni di più lungo corso delle nostre i gap rimangono sensibilmente più marcati”(11). Constatando i risultati di una fatica non sprecata, è tempo di riprendere l’analisi sulla diversità sociale e culturale nelle scuole ponderando sotto questo profilo interventi strutturali in cantiere, come le filiere professionalizzanti, e mettendo in campo politiche attive.
Si potrebbe così dimostrare che una metafora (“tetto agli stranieri”), entrata tra le parole chiave di successo nel lessico politico, non soffoca l’analisi ma la stimola proficuamente.
Note
- MIUR, Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana, 8 gennaio 2010.
- Oltre 2.000 (su circa 40.000) erano le scuole con numerosi studenti di nazionalità non italiana Nel 2008/2009, si legge nella circolare, “490 sono state lo scorso anno le istituzioni scolastiche, concentrate soprattutto al Nord, che hanno avuto una presenza di alunni con cittadinanza non italiana superiore al 30%, mentre 1103 sono state quelle, sempre in prevalenza al Nord con presenza di allievi stranieri pari al 20/30%”.
- Sono richiamati nella circolare le analisi disponibili (INVALSI, Anno scolastico 200-2009- Esami di Stato I Ciclo- Prova nazionale 2008-2009 e INVALSI, Anno scolastico 200-2009 - Rilevazione degli apprendimenti nella scuola primaria. Prime analisi, in www.invalsi.it).
- Nel DPR firmato da Carlo Azeglio Ciampi del 31 agosto 1999 «il collegio dei docenti formula proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi: la ripartizione è effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri”.
- In Francia l'indice di "position sociale" di ogni liceo e di ogni collège è pubblico e viene calcolato facendo la media del profilo socio-economico di ogni singolo studente.
- Ranci C., Separati a scuola. La segregazione scolastica a Milano, Social Cohesion Paper Quaderni della coesione sociale, 1/2019, Osservatorio Internazionale per la Coesione e l’Inclusione sociale, Milano 2019.
- Cfr. il Rapporto Alma Diploma 2024, pp.18-19.
- I dati si riferiscono alla lingua italiana e il livello base è il raggiungimento del secondo dei cinque livelli considerati (cfr. il Rapporto Invalsi 2024, pp.71-73).
- Gavosto A., La Scuola bloccata, Laterza, Bari Roma 2022, p.27.
- Cfr. Ranci C. (a cura di), White flight a Milano, Franco Angeli, Milano 2017.
- Romano B., “ Nel rapporto Ocse lo stato di salute del sistema educativo italiano”, La voce.info, 3 ottobre 2024.