Le ‘classi pollaio’: falso problema o criticità irrisolta?

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Neologismo dal 2018 nel dizionario della Treccani, “classi pollaio” è una metafora infelice: come si fa a paragonare gli studenti ai polli ingabbiati? Le immagini, tuttavia, possono avere itinerari improbabili, soprattutto se forgiate all’insegna della comunicazione di persuasione.

Affacciatesi nel lessico giornalistico e nella critica della scuola le “classi pollaio” sono entrate nel linguaggio politico. All’inizio è un ricorso amministrativo del Codacons nel 2011 contro le misure di contrazione degli organici della scuola da parte del governo a guida berlusconiana. Successivamente non c’è ministro dell’istruzione che non abbia in programma la lotta alle classi sovraffollate: un impegno indiscusso e incontrastato al punto da non richiedere analisi elaborate di supporto.

Dal 2013 diventa la flagship del Movimento 5 Stelle. Con la ‘Buona scuola’ Matteo Renzi proclama “Stop alle classi pollaio” e demanda la soluzione ai dirigenti di scuola attraverso l’organico di potenziamento: misura rivelatasi incompatibile con l’architettura complessa delle classi. A gennaio del 2020 “Cancellerò le classi pollaio”, annuncia la neo-ministra Lucia Azzolina, richiamando la propria proposta di legge del 2018, dimenticandosene, poi, nel programma per la scuola del futuro che lascia in eredità al termine del proprio mandato (1). L’economista Patrizio Bianchi, successivo ministro dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022, prima sposa incautamente l’ideale delle classi con 10-15 alunni (2), poi ripiega sui parametri fissati dalle norme prendendo atto che a superare i 27 alunni sono meno nel 3% del totale delle classi attivate. Le misure anti-covid all’insegna della sicurezza sanitaria scalfiscono appena le “classi pollaio” la cui abolizione è anche inserita tra gli obiettivi del PNRR (3). Con l’appello all’avvento salvifico dell’andamento decrescente della popolazione scolastica il tema si eclissa nella tornata elettorale del 2022, senza, tuttavia, sparire del tutto. Riprendono il tema la sottosegretaria Paola Frassinetti (4) e il ministro Giuseppe Valditara che annuncia la sperimentazione di mini-classi (“Sezioni da 10 alunni in 150 scuole”) (5) con uno sguardo all’esperienza francese (6).


La class size fa la differenza?

Ha fatto notizia la ricetta di classi di 10-15 alunni sostenuta dal filosofo Umberto Galimberti (7). Le posizioni prevalenti, tuttavia, tra gli scienziati che si sono occupati del tema non sono univoche. Negli anni 1960 e 1970 la maggior parte dei ricercatori non assegnava grande importanza alla class size. Nel decennio successivo le posizioni favorevoli alle classi di dimensioni limitate non erano condivise da tutti. Con gli anni 1990 aumentano le evidenze sui benefici delle piccole classi, senza tuttavia che si riducano le convinzioni degli scettici.

Programmi ambiziosi varati in alcuni stati negli USA dopo il periodo in cui il movimento era in auge presso la maggioranza dei governatori, sono stati via via abbandonati. Gli studi condotti concludono sui vantaggi delle dimensioni di 10 e 15 studenti, ma escludono la garanzia di un beneficio al di sopra di tali valori (8).

Con il nuovo secolo analisi condotte sulla base dei risultati delle valutazioni standardizzate globali fanno riemerge un orientamento verso la indifferenza degli alunni per classe rispetto ai livelli di apprendimento. Andreas Schleicher ritiene un mito da sfatare quello delle classi piccole (9).

In realtà l’approccio econometrico volto a misurare i legami tra la numerosità di alunni per classe e i livelli di apprendimento degli studenti non dice nulla di quanto avviene nelle classi variandone la composizione. Recentemente nuove sintesi della ricerca sembrano ribaltare le posizioni a favore di un approccio più funzionale e meno generalista alla questione. Con una più sistematica attenzione ai processi di interazione (10) si aprono prospettive per interventi calibrati e circoscritti.


“Belle ma impraticabili su larga scala”

Nei sistemi scolastici di oggi la generalizzazione di classi di dimensioni ritenute ideali non è percorribile. I costi, diretti e indiretti, sono il primo stumbling block, difficilmente superabile (11) e sono, peraltro, collegati con i livelli stipendiali degli insegnanti (12). In un paese peraltro come il nostro in cui sono precari quasi 1/5 dei docenti, l’aumento del fabbisogno aggraverebbe le difficoltà del reclutamento. I tempi medio-lunghi, inoltre, del necessario adeguamento edilizio allontana i tempi della messa in opera, senza contare le carenze esistenti a cui è prioritario porre rimedio. La programmazione, peraltro, in questo campo, deve tener conto dell’inverno demografico che investe le scuole. Rimane anche da chiarire quale sia il valore aggiunto delle piccole classi rispetto ad alternative più efficaci.

Le difficoltà maggiori riguardano le pratiche di insegnamento, variabile cruciale per sviluppare il potenziale delle dimensioni contenute: in una popolazione docente con età media elevata diventa problematica una riconversione professionale su larga scala e il ricambio, comunque, avverrà in un ciclo medio-lungo di anni.


Mutamenti lenti ma convergenti

Storicamente la grammatica di base della scuola (classi, raggruppamenti per età, programmi comuni, libri di testo…) è rimasta dominante; la numerosità degli studenti nelle singole classi è andata, invece, diminuendo dalle mega classi di 40-60 componenti ai valori più contenuti di oggi proprie dei paesi dell’area OCSE. Anche i sistemi scolastici con classi comparativamente più numerose (Corea del Sud, Giappone, Singapore, Shanghai…) tendono a ridurne la composizione per rendere possibile un lavoro più personalizzato.

Agli insegnanti viene lasciato il compito di affrontare la varietà di interessi, di motivazioni e di esperienze precedenti nei microcosmi delle classi operando con gruppi nella scuola primaria e secondaria di primo ciclo rispettivamente in media di 21 e 23 studenti nei paesi OECD, 19 e 21 nei paesi dell’Unione europea (13).


Ritualismi e inerzie

La vicenda di oltre un decennio delle ‘classi pollaio’ è disseminata di contrasti tra la sequenza di annunci e l’inazione nei fatti, tra le narrazioni pubbliche e le evidenze scientifiche, tra gli standard normativi e le pratiche didattiche e pedagogiche, senza sensibili cambiamenti. Nell’anno 2022-23 alle superiori con più di 27 studenti sono ancora il 3,8% del totale delle classi come dieci anni prima.

Il connubio tra retorica e inazione, non raro nelle liturgie del nostro policy style, non è senza conseguenze. Ha escluso, innanzitutto, la ricerca di soluzioni prammatiche per superare le situazioni critiche di quel 2/3% delle classi esaminando la distribuzione sul territorio del servizio scolastico, collaborando con i dirigenti scolastici, ascoltando seriamente le voci degli insegnanti. Si è assistito alla rincorsa di misure placebo, dall’organico rinforzato dell’autonomia alle proposte di legge per la modifica degli standard normativi, dalle nuove classi attivate per il distanziamento nell’epoca del covid al consolidamento delle dotazioni di personale pur con il calo degli studenti. L’azione pubblica si è arenata nell’intreccio tra sentenze della giustizia amministrativa, pareri del Consiglio di Stato e difficile conciliazione tra norme sul numero massimo di alunni per classe e regolazioni per ragioni di sicurezza. Si sono, così, ignorate esplorazioni recenti della ricerca legittimando l’opinione di chi riduce l’intero fenomeno delle ‘classi pollaio’ ad una ‘mistificazione’ mediatica (14), lasciando in eredità il panico nazionale sulla questione (15). Ancora oggi sopravvive il miraggio delle classi a 10-15 studenti. L’influencer Enrico Galiano scrive per il futuro della scuola: “… chiederei che il numero massimo degli studenti per classe non fosse più di 15, ma per fare una cosa del genere si dovrebbe raddoppiare il numero di insegnanti e per questo servono investimenti”(16). Il richiamo al sovraffollamento delle classi del presidente della Repubblica (17) riflette il radicamento di un marchio nella percezione collettiva della scuola.


Note

(1) L. Azzolina, La vita insegna Dalla Sicilia al Ministero Il viaggio di una donna che alla scuola deve tutto Baldini+Castoldi, Milano 2021, pp.163-169.

(2) Dichiarazioni di Patrizio Bianchi a Radio Popolare il 29 aprile 2020.

(3) “Stop classi pollaio” dichiara la sottosegretaria Paola Frassinetti nell’intervista di Alessandro Giuliani su Tecnica della scuola del 31 Ottobre 2022.

(4) “Stop classi pollaio” dichiara la sottosegretaria Paola Frassinetti nell’intervista di Alessandro Giuliani su Tecnica della scuola del 31 Ottobre 2022.

(5) Intervista concessa a La Repubblica il 24 Dicembre 2022.

(6) Sull’iniziativa di sdoppiamento delle classi nella scuola francese cfr. mariogiacomodutto.it/sdopppiare-le-classi-cinque-anni-di-esperienza-in-francia.

(7) Sulla risonanza in ambito scolastico cfr. A. Giulini, “Non oltre 15 alunni per classe e docenti in cattedra solo se sanno coinvolgere, la ricetta del filosofo Umberto Galimberti”, Tecnica della scuola, 22 Ottobre 2018 e V. Brancatisano,”Galimberti, la ricetta: ‘Docenti selezionati con test personalità, genitori espulsi da scuola e 12 alunni a classe’” Orizzonte scuola.it, 21 Settembre 2020.

(8) Per una sintesi ragionata delle esperienze condotte negli USA cfr. T.A. Hacsi, Children as Pawns. The Politics of Education Reform, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 2002, pp.103-143.

(9) A. Schleicher, Una scuola di prima classe. Il Mulino, Bologna 2020, p.62ss.

(10) Cfr. La meta-analisi realizzata da Blatchford, P. e A. Russell in Rethinking Class Size. The complex story of impact on teaching and learning, UCL Press, London 2020.

(11) Sul tema cfr. OECD, “How much would it cost to reduce class size by one student?”, Education Indicators in focus, 66, January 2019.

(12) L’analisi dell’OECD evidenzia che “countries with higher teachers’ salaries tend to have bigger class sizes” (OECD, Education at a Glance 2021: OECD Indicators, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/b35a14e5-en p.319).

(13) OECD 2021, op.cit.p.354.

(14) Cfr. A. Gavosto, La scuola bloccata, Laterza, Bari Roma 2022, p.91.

(15) Secondo un’indagine demoscopica condotta nel 2021 il 39% dei rispondenti colloca le classi sovraffollate tra le principali carenze della scuola italiana. Cfr. A. Carli, “Dai programmi obsoleti alle classi pollaio: i 5 nodi della scuola italiana”, Il Sole 24 ore, 15 settembre 2021.

(16) Cfr. Orizzonte scuola, 10 ottobre 2023.

(17) Si veda l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico 2023/2024 (Forlì, 18 settembre 2023).

Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

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