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L’Art of Hosting è una metodologia altamente efficace per sfruttare la saggezza collettiva e la capacità di auto-organizzazione di gruppi di qualsiasi dimensione.
Sulla base dell'assunto che le persone diano la propria energia e prestino le proprie risorse a ciò che conta di più - in un lavoro come nella vita -, l'Art of Hosting mescola una serie di potenti processi di conversazione per invitare le persone a intervenire e affrontare le sfide che si presentano loro. Si focalizza, quindi, sull’invito a partecipare a conversazioni strategiche come driver per lo sviluppo e il cambiamento.

Più che una di serie di metodi, qui parliamo di una pratica. La chiamiamo l'Art of Hosting, perché è un'arte che ci fa diventare abili nell'aiutare noi stessi e gli altri a lavorare bene insieme, soprattutto in questi tempi di crescente complessità. Parliamo di 'hosting', perché ciò che viene offerto, ‘ospitato’, qui non è una tipica facilitazione o la moderazione di una sessione di lavoro. Qui si dà massima attenzione e cura a tutti gli aspetti del lavoro delle persone, intendendo aiutarli a svolgere con successo il lavoro comune, proprio come fa ogni persona che, accogliendo gli ospiti, assicura loro di avere tutto il necessario per rendere piacevole e feconda la loro visita.

L'Art of hosting conversations that matter, prende in considerazione l'intero processo - tutti i preparativi prima che i partecipanti si riuniscano, cosa succede mentre lavorano insieme e come i risultati della loro conversazione - il ‘raccolto’ (gathering) - sostengono passi successivi coerenti con il loro scopo e il loro contesto.

L'hosting è un modello e una pratica che ci permette di incontrare la nostra umanità in noi stessi e in ciascun altro - al contrario che cercare di essere macchine impersonali, quando ci incontriamo. E’ qualcosa che riguarda il diventare esperti su come promuovere relazioni, come alimentare la crescita e lo sviluppo. L'Art of Hosting, riunendo un insieme sciolto di strumenti, mappe, modelli e pratiche favorisce il pensare l'’intero’. Il dialogo è utilizzato per lavorare con la diversità per creare soluzioni emergenti, per mantenere confortevolmente i gruppi e le comunità nell'incertezza e nel timore del non sapere, per darsi il tempo di concordare, prototipare e progettare azioni sagge.

Si tratta di pratiche che abbracciano la complessità, sostengono la leadership individuale e collettiva e la resilienza in tempi di cambiamento, incertezza e paura. Alcune di loro vengono percepite come ‘nuove’quando invece, spesso, sono molto antiche: risalgono a quando abbiamo scoperto il fuoco, abbiamo cominciato a riunirci in cerchio e a formare i sistemi sociali. Come ha scritto Christina Baldwin: "Il cerchio è stato il cambiamento di paradigma alle fondamenta della nostra evoluzione umana e la conversazione collaborativa è il cambiamento paradigmatico che impedirà la nostra estinzione".

L'Art of Hosting lavora con una vasta gamma di metodi collaborativi - come Circle, World Café, Appreciative Inquiry, Open Space Technology, Pro Action Café, Storytelling e altro ancora. Ciascun professionista può adattare l'approccio al contesto e allo scopo.

Non potendo illustrare tutti i metodi citati, qui dedicheremo qualche parola al World Cafè e al Pro Action Cafè, rimandando all’articolo di Vito Garramone in questo stesso numero per l’Open Space Tecnology e immaginando più noti gli altri metodi citati.

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Cos'è, quindi, il World Café? E’ un metodo semplice per connettere i diversi modi di guardare a un determinato tema e sviluppare un pensiero comune più ampio e sfaccettato di quello che ciascuno singolarmente può avere. E' un metodo 'emerso' nel 1995, all'interno di un piccolo gruppo di uomini e donne di business e professori universitari, che si incontravano a casa di Juanita Brown e David Isaacs nella Mill Valley in California e che è rapidamente diventato un approccio, diffuso in tutto il mondo tra decine di migliaia di persone, che viene utilizzato per coinvolgere gruppi piccoli, grandi o grandissimi di persone, in discussioni che riguardano profondamente la vita di una comunità, o di un gran numero dei suoi membri, consentendo a tutti di partecipare portando il proprio contributo.

Il metodo del World Café è stato creato, infatti, per rispondere in maniera creativa e concreta principalmente a due domande fondamentali:

  • come possiamo migliorare la nostra capacità di parlare e pensare insieme in maniera più profonda sui temi più critici che la nostra collettività si trova ad affrontare?
  • come possiamo avere accesso all’intelligenza collettiva e alla saggezza necessarie per creare o percorrere le nuove strade che si aprono?

Presupposti del World Café sono:

  • la convinzione e la fiducia che tutte le persone abbiano già, dentro di loro, la saggezza e la creatività per affrontare anche le sfide più difficili
  • la consapevolezza che le conversazioni sono il modo più naturale attraverso il quale le persone scoprono cosa sanno e lo scambiano con gli altri e che, in questo processo, si crea nuova conoscenza per l’intera comunità o organizzazione
  • la creazione di uno spazio accogliente dà sicurezza e incoraggia la conversazione. Quando le persone sono a proprio agio pensano, ascoltano e parlano nel modo più creativo.

La principale caratteristica del World Café, quindi,  è quella di essere un 'contenitore' molto curato, un ambiente informale in cui le persone sono invitate a prendere spontaneamente parte ad una conversazione, aggregandosi in piccoli gruppi variabili e sollecitati con opportune domande, a dare il proprio contributo condividendo idee e riflessioni su un dato argomento.

Uno degli elementi realmente in grado di fare la differenza, pertanto, è la qualità dell’accoglienza. Per questo il facilitatore deve aver cura di trovare e allestire uno spazio che faccia sentire i partecipanti a proprio agio, in un clima in cui possano esprimersi liberamente e che stimoli il fluire dei loro pensieri. Anche i dettagli fisici dell’ambiente - l’arredamento, i colori, la disposizione degli oggetti – quindi, rivestono un ruolo non secondario. Tutto viene accuratamente valutato per creare la giusta atmosfera.

Il World Café è soprattutto un esercizio di esplorazione e di analisi di tematiche importanti con l’intenzione di arrivare alla 'scoperta' di proposte e soluzioni efficaci attraverso la contaminazione reciproca di idee, esperienze, riflessioni.
Fondamentale è che i partecipanti abbiano subito molto chiaro il motivo e la finalità della conversazione in cui saranno coinvolti. Condividere il 'perché' si è lì insieme è la base di partenza della condivisione.

Nella pratica dialogica - in una condizione di giocosa serenità e di confronto aperto e non giudicante - l’apporto di ognuno è determinante per pervenire, attraverso la combinazione dei contributi di tutti i partecipanti, a un pensiero 'nuovo' frutto del lavoro 'comune'.
La domanda è uno strumento centrale e il facilitatore avrà cura di formulare quelle più opportune affinché il dialogo possa essere profondamente generativo.

Per favorire la più ampia connessione tra le persone, la trasmissione di idee viene agevolata anche attraverso il movimento nello spazio e l’aggregazione reiterata in piccoli gruppi - 'tavoli' - diversi nel corso dell’incontro. Una delle peculiarità del World Café è, infatti, quella prevedere tre diversi round di conversazione a seguito di una domanda e di cambiare tavolo - e quindi interlocutori - a ogni domanda. In questo modo ciascuna persona presente si arricchisce delle riflessioni di un gran numero di altri partecipanti pur intrattenendo singole conversazioni in gruppi molto piccoli. In essi, proprio in virtù della dimensione, lo scambio diventa molto semplice ed effettivo.

In ciascun tavolo, un ruolo cruciale viene svolto da uno dei partecipanti alla prima conversazione che si mette al servizio degli altri accettando di essere l’ 'host del tavolo'. E’ l’unico che non cambia tavolo, raccogliendo, in tal modo, una gran varietà di punti di vista. Accogliendo, di volta in volta, i nuovi venuti, sintetizza loro quanto emerso dalla conversazione precedente favorendo così la condivisione tra tutti i partecipanti che, riconoscendosi come parte di un 'tutto', si influenzano reciprocamente facendo fluire il dialogo.

L’host, inoltre, ha anche il compito di incoraggiare i partecipanti a entrare nella conversazione, sempre nel pieno rispetto della volontà di ognuno di farlo e in quale misura. Il tavolo, poi, può essere dotato di alcuni particolari 'dispositivi' - per la gestione del tempo, delle obiezioni, della partecipazione - che agevolano l’attività.
Grazie alla pratica costante dell’ascolto condiviso, durante la quale emerge un’abbondanza riflessioni sulle tematiche scelte, si realizza una connessione di alto livello tra tutti e dopo alcune fasi di conversazione, ciascuna sollecitata da una buona domanda, il gruppo è pronto per una sintesi di quanto emerso dai diversi 'tavoli' e per un dialogo, realmente partecipato, che lo coinvolga nel suo insieme.

Il Pro Action Café, invece, è una miscela di due metodi: World Café e Open Space Technology. E’ stata ideata da Rainer von Leoprechting e Ria Baeck a Bruxelles per lavorare con gruppi della Commissione Europea.
Come processo conversazionale, il Pro Action Café è una metodologia innovativa collettiva, per ‘ospitare’ conversazioni su questioni e progetti che riguardano le persone che partecipano.
Queste conversazioni si collegano e si costruiscono l'una sull'altra mentre i partecipanti si muovono tra i tavoli generando una spontanea cross-impollination.
In tal modo ci si offre reciprocamente nuove viste e nuovi approfondimenti sui temi e sui problemi che sono sentiti  come più importanti nella propria vita, nel lavoro, nelle organizzazioni e comunità.

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Come processo, il Pro Action Café evoca e rende visibile l'intelligenza collettiva di qualsiasi gruppo, aumentando così la capacità delle persone di agire in modo efficace nel perseguimento del proprio obiettivo o nella realizzazione del proprio progetto.
Fondamentale, per la buona riuscita di un Pro Action Café è che ciascun ‘case giver’ – la persona che ospiterà al suo tavolo la conversazione sulla questione o il progetto che le sta a cuore – abbia molto chiaro qual è il tema su cui vuole effettuare un approfondimento, attraverso la conversazione con i partecipanti che si avvicenderanno al suo tavolo, e sia in grado di esporlo con chiarezza in non più di 2 minuti nella presentazione in plenaria dei diversi tavoli che introdurrà la sessione di lavoro in piccoli gruppi.
La presentazione è cruciale perché al tavolo arrivino le persone realmente interessate e utili e per questo va adeguatamente preparata.

Il Pro Action Cafè si propone come una metodologia tesa a costruire un ‘ponte creativo’ tra i soggetti portatori di un'idea (Case giver/Host) e i soggetti sensibili al tema proposto (partecipanti).
Ogni Host,  dopo aver proposto il proprio progetto a tutti i partecipanti in plenaria, siederà a un tavolo al quale lo raggiungeranno - per 3 round di conversazione e cambiando tavolo alla fine di ogni round – i partecipanti interessati al suo progetto/questione  e/o che ritengono di avere un contributo utile da portare e che, pertanto, dialogheranno  con l'Host e tra loro in maniera interattiva e informale.
La modalità ‘conversazione’ consente di condividere le difficoltà nello sviluppo di un progetto, di mettere al vaglio delle idee, di avere uno sguardo più ampio e ‘vergine’ sul progetto, di ricevere spunti creativi e di soluzione  ai problemi , ‘mettendo al lavoro’ un'intelligenza collettiva diversificata e orientata all'azione.

La metodologia, a differenza che nel World Café dove le domande sono pensate ad hoc per quella specifica conversazione, prevede che i tre round siano dedicati a rispondere a domande fisse. Queste sono:

  1. Qual è la finalità, l’obiettivo, la motivazione profonda che dà senso/sostiene l’idea/progetto? Ogni partecipante è invitato a sollecitare l'Host del tavolo a esplicitare ( e quindi a riflettere più profondamente su) quale sia il significato più profondo o quale il senso più generale della questione e cosa, in essa, lo ‘interroghi’
  2. Cosa manca (cosa renderebbe il quadro più completo, quali sono prospettive o opzioni non ancora considerate, ecc.)? Una domanda di scoperta una volta che la ricerca è stata ridefinita, per far emergere cosa può rendere l'immagine più completa
  3. Quale potrebbe essere lo step successivo? Come implementare il progetto?  Il terzo turno è per gli host il momento di consolidare i loro apprendimenti per procedere verso l’azione - Cosa ho imparato? Quali passi successivi intraprenderò? Il pensiero è sull’azione.

Al termine delle conversazioni ogni Host ha qualche minuto in plenaria per raccontare cosa è emerso dalle conversazioni tenutesi al suo tavolo per condividere tra tutti, tutte le conversazioni.

Come processi di conversazione, il World Café e il Pro Action Café sono metodologie innovative e semplici per ‘ospitare conversazioni’ su domande e progetti che interessano le persone che partecipano. Queste conversazioni si collegano e si fondono l'una sull'altra, mentre le persone si muovono tra i gruppi, incrociano le idee e scoprono nuovi approfondimenti sulle domande o sui problemi più importanti nella loro vita, lavoro o comunità.

Come nella tecnologia Open Space, gli argomenti vengono portati avanti dai partecipanti. Non esiste un ordine del giorno, solo questioni generali di guida, con l'intento di approfondire il processo di apprendimento di tutti i partecipanti. In questo modo viene evocata e resa visibile l'intelligenza collettiva di ogni gruppo, aumentando così la capacità delle persone di intraprendere azioni efficaci per perseguire obiettivi comuni. Ciò significa che durante questo evento partecipiamo a diversi argomenti di conversazione.

A seconda dello scopo, un World Café o un Pro Action Café possono prevedere un invito aperto a un numero elevato di persone o possono essere utilizzati come metodologia per un gruppo, un'organizzazione o una comunità specifici, per impegnarsi in una conversazione creativa e ispiratrice. In particolare in questo secondo modo, si rivelano ottimi strumenti per favorire la convergenza delle idee e l'adozione di azioni concrete.

Per concludere: quali sono i punti di forza di questi metodi che fannno si che siano sempre più adottati nel mondo per realizzare ‘conversations that matter’:

  • la brevità (con un centinaio di persone bastano poco più di due ore) e la velocità di produzione di idee
  • la capacità di creare in pochi momenti un'atmosfera calda e informale che favorisce l'espressione di tutte le intelligenze
  • l'orizzontalità della relazione e il coinvolgimento di tutti: ciascuno può e vuole esprimere il proprio pensiero
  • la possibilità di far emergere ciò a cui le persone tengono veramente
  • il fluire vivace e armonioso del dialogo in un modo che riesce a far diventare generativi anche i conflitti
  • la ricchezza incredibile degli output, che li colloca tra i metodi più generativamente produttivi
  • lo stupore e il benessere che vivono i partecipanti.


Bibliografia:

Christina Baldwin, Calling the Circle, Bantam Books 1994
Peter Block, Community: The Structure of Belonging, Berret Koheler Publishers, 2008
Margaret Wheatley, Finding Our Way, Berret Koheler Publishers, 2005
Harrison Owen, Open Space Technology, Berret Koheler Publishers, 2008
Juanita Brown and David Isaacs, The World Cafe, Shaping Our Futures Through Conversations That Matter, Berret Koheler Publishers, 2005

Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

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