Per descrivere una sessione di LEGO® SERIOUS PLAY® è necessaria una breve premessa che aiuti a mettere a fuoco il gioco serio che il metodo LSP rappresenta. Non è frequente, ma è già accaduto, che i LEGO® abbiano varcato le soglie di un’azienda per essere utilizzati in momenti di team building o di divertissement organizzativo da parte di qualche creativo addetto alle Human Resources. Qualche appassionato ha provato a creare momenti ludici per disinnescare tensioni o sviluppare clima positivo all’interno dei team, ma questo genere di attività non è paragonabile a ciò che si genera con LSP.
Una condizione necessaria ma non sufficiente
L’attività ludica, che certamente appartiene ed è cardine anche di questo metodo, non ne è, infatti, condizione sufficiente nonostante possa favorire creatività e coesione. Da queste esperienze “artigianali” è derivata l’equazione fuorviante per la quale la sola presenza dei mattoncini è assimilata ad altre attività tipiche di taluni team building. Se si sommano i bias su LSP al fatto che, come molte attività partecipative, non è facile da descrivere a chi non l’ha mai sperimentato, si comprende la necessità di sottolineare la differenza fra un gioco con i mattoncini e l’applicazione strutturata di un metodo.
Un facilitatore LSP chiarisce al potenziale committente, in modo inequivocabile, cosa LSP NON è, e cosa non può fare. Nella propria proposta il facilitatore si sofferma sugli output raggiungibili, sugli elementi tangibili e, in modo generico, sul processo specifico poiché viene sempre personalizzato attraverso l’analisi della domanda del cliente.
Sfida, costruzione, condivisione
Una sessione può durare da poche ore fino a diversi giorni e avere un numero variabile di partecipanti, da piccolissimi a grandissimi gruppi, in funzione della complessità della tematica di cui è oggetto l’attività. Nonostante ogni workshop abbia una sua specifica costruzione, esiste una sequenza che lo caratterizza.
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La sfida.
In base agli obiettivi del workshop il facilitatore costituisce una serie di “sfide”, costruzioni individuali o di gruppo, per permettere ai partecipanti di aprirsi alla riflessione e alla condivisione. La scelta delle sfide è fondamentale per la riuscita del workshop. -
La costruzione.
Per rispondere alle sfide presentate, grazie al principio “pensa con le tue mani”, le persone usano il tempo a disposizione per costruire il proprio modello. Accedendo alle storie insite nei LEGO®, ogni partecipante si impegna nel costruire un modello che rappresenta la metafora 3D di quanto richiesto dal facilitatore. -
La condivisione.
Quando il tempo è terminato, tutti hanno costruito un modello che possono raccontare a turno. Il facilitatore guida il processo di riflessione attraverso alcune domande “aperte” su quanto costruito. Anche gli altri partecipanti sono invitati a porre domande per innescare un circolo virtuoso di ideazione e consapevolezza a partire dalla metafora costruita.
I campi di applicazioni sono eterogenei e spaziano attraversando diversi contesti, per citarne alcuni esempi:
- Evoluzione e condivisione dell’identità e della vision aziendale.
- Sviluppo di modelli di business.
- Esplorazione di scenari aziendali futuri.
- Gestione del cambiamento.
- Costruzione e sviluppo dei team.
Proviamo ad approfondire quest’ultimo punto per fotografare un esempio reale di sessione.
Un esempio reale
Ipotizziamo un gruppo di 10 lavoratori di un’organizzazione, chiamati a riflettere sul proprio neo-team per “costruirne” l’identità condivisa, in un’attività di 6 ore.
Nel primo step della sessione di LSP, la fase di skill building, ai partecipanti si chiede di costruire una torre e alcuni modelli individuali in grado di aiutarli a entrare in contatto con il metodo e a capire il nuovo paradigma di riflessione. Questo è il momento in cui vengono interiorizzate le regole di LSP e si comprende che non ci sono risposte giuste o sbagliate a priori.
Le altre sfide si possono fondare, successivamente, su una complessità crescente, in cui ai partecipanti viene chiesto di costruire modelli legati alle competenze possedute o ai valori che ognuno considera come conditio sine qua non per il team.
La fase di costruzione collettiva può vedere i partecipanti impegnati nell’elaborare un’ulteriore realizzazione che si avvicini all’idea del loro team ideale. In questo modo si può avviare una condivisione degli obiettivi e dei fattori interni ed esterni che contribuiscono al successo o al fallimento del lavoro di gruppo.
Una coltivazione di metafore
Come è naturale, questo breve esempio non può rendere l’energia creativa, la potenza generatrice e le interconnessioni fra persone e idee, che sono elementi percepibili solo attraverso la sperimentazione in prima persona. Si tratta di una tipica situazione in cui, da un’iniziale domanda di team building, il facilitatore ha co-costruito una domanda più coerente con le reali attese e, quindi, un processo di maggiore complessità, restituendo - attraverso le metafore - maggiore consapevolezza sull’identità del team.
Una “sana coltivazione di metafore”, minimo comune denominatore di tutte le sessioni di LSP, rappresenta il punto d’inizio per superare narrazioni stereotipate o didascaliche del lavoro e dell’organizzazione, e uscire dall’abbiamo sempre fatto così. Da qui parte il nuovo viaggio verso una destinazione che ha riguarda molti aspetti di crescita: potenziare competenze trasversali, ridisegnare obiettivi, ripensare strategie e aumentare appartenenza, motivazione e gratificazione personale.
Bisogna solo essere disposti a pensare con le mani!