Sviluppo senza lavoro

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I fattori strutturali della jobless growth

A partire dagli anni '90, diversi autori hanno suggerito come i fattori strutturali potrebbero essere alla base del fenomeno della jobless growth, lo sviluppo senza lavoro, la crescita economica senza creazione di posti di lavoro. Altri studiosi, ritengono addirittura che lo sviluppo tecnologico comporti necessariamente una riduzione dell’intensità occupazionale della crescita economica, fino a portare all’era della “fine del lavoro”.

Recentemente l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha espresso preoccupazione per il fenomeno della crescita senza occupazione. Secondo il Rapporto World Employment and Social Outlook: Trends 2024 (1), l’ILO prevede un aumento della disoccupazione globale nel 2024, segnalando sfide emergenti nel mercato del lavoro. Il rapporto evidenzia disparità tra paesi ad alto e basso reddito, sottolineando tassi di disoccupazione e povertà più elevati nei paesi a basso reddito. Le preoccupazioni principali includono l’impatto dell’inflazione sui redditi reali, specialmente nei paesi del G20, e il peggioramento della disuguaglianza del reddito. A titolo d’esempio, sempre ILO ci dice che un top manager guadagna 600 volte di più di un impiegato medio.



Fonte: Ilo, 2024



Gli ultimi trenta anni del grafico presentato fanno davvero scalpore. Come scrive De Masi in Lavorare gratis lavorare tutti, edito da Rizzoli nel 2017, nel Brasile degli anni ‘50 il progettista di Brasilia, l’architetto Oscar Niemeyer, volle una retribuzione pari al salario medio di un operaio muratore. In Italia negli stessi anni Adriano Olivetti volle che il suo stipendio da Presidente non superasse di 5 volte quello di un suo operaio. Nella Fiat degli anni ‘60 l’AD Valletta elevò il rapporto a 20. Da lì divario esponenziale, tanto che nella stessa Fiat nel 2010 Marchionne guadagnava 435 volte di più di un operaio della allora Fiat. Giusto come esempio. Ma oggi purtroppo c’è di peggio.

Tornando al citato rapporto ILO vediamo i dati principali:

  • sebbene la disoccupazione sia diminuita al livello più basso dall’inizio della pandemia, con un tasso globale del 5,1% nel 2023, al 2024 si prevede un aumento della disoccupazione globale;
  • il rapporto identifica una “lacuna occupazionale” significativa con 435 milioni di persone che desiderano lavorare ma non riescono a trovare impiego, che rappresentano più del doppio del numero di persone ufficialmente disoccupate;
  • l’aumento del numero di lavoratori nell’economia informale ha superato i due miliardi nel 2023, altro aspetto preoccupante per la società ma che esce dalle statistiche mondiali. Sebbene si preveda una leggera diminuzione della quota di lavori informali nel 2024, la qualità di molti di questi lavori rimane bassa, il che è motivo di preoccupazione per lo sviluppo sostenibile e la costruzione della giustizia sociale;
  • il numero assoluto di lavoratori che vivono in estrema povertà non è affatto diminuito, abbiamo più di 241 milioni di lavoratori che vivono in famiglie con meno di 2,15 dollari USA per persona al giorno.

Insomma il quadro dell’occupazione rimasta non sembra essere incoraggiante, in più il fenomeno della jobless growth continua.


Molti sono gli studi recenti sulla mancata correlazione tra crescita economica e occupazione. Ne segnalo due.

"When and for Whom Does Growth Becomes Jobless?" (2) è uno studio che conferma come i giovani e i meno istruiti debbano affrontare maggiormente le conseguenze della crescita senza lavoro. Affrontando il tema dell’automazione e delle sue implicazioni sull’occupazione, esamina l’elasticità dell’occupazione, ovvero la capacità di risposta dell’occupazione ai cambiamenti nell’economia. I risultati dello studio forniscono importanti spunti per l'analisi della crescita senza occupazione, concentrandosi sull'intensità dell'occupazione nel corso del ciclo economico e sottolineando l'importanza del genere, dell'età e del livello di istruzione.


"The Nexus between Employment and Economic Growth: A Cross-Country Analysis" (3) è un articolo che analizza la relazione tra occupazione e crescita economica in paesi sviluppati e in via di sviluppo dal 1970 al 2019. I risultati evidenziano come la crescita economica nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo sia stata meno generatrice di posti di lavoro rispetto ai paesi sviluppati, anche se si osserva un'elevata crescita economica nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, indicando però una crescita senza occupazione. I principali risultati di questo studio rivelano che l'elasticità dell'occupazione rispetto al PIL è positiva e significativa nei paesi in via di sviluppo e sviluppati. Ma nei paesi in via di sviluppo, l'elasticità dell'occupazione è relativamente molto bassa (da 0,11 a 0,15) rispetto ai paesi sviluppati (da 0,43 a 0,48), il che ha portato alla conclusione che esiste una possibilità di crescita senza occupazione in questi paesi.

La relazione tra crescita economica e crescita occupazionale, dunque non è meccanica e predeterminata. Ormai sappiamo che dipende da diversi fattori quali:

  • le riforme del mercato del lavoro (4);
  • gli investimenti in istruzione e formazione;
  • gli incentivi alle imprese;
  • le politiche di sostegno al reddito: come il salario minimo o il reddito di cittadinanza;
  • la promozione dell’innovazione e della ricerca;
  • la ridistribuzione del lavoro riducendone l’orario.

Queste soluzioni richiedono un impegno congiunto da parte dei governi, delle imprese e della società civile per essere efficaci. Non esiste una soluzione unica per tutti i contesti, le strategie devono essere adattate alle specificità di ciascun paese e settore economico.


Note

https://www.ilo.org/publications/flagship-reports/world-employment-and-social-outlook-trends-2024

https://www.mdpi.com/2227-7099/12/1/19

 https://www.mdpi.com/2071-1050/15/15/11955

https://www.secondowelfare.it/povert-e-inclusione/working-poor-le-proposte-del-gruppo-di-lavoro-per-contrastare-la-poverta-lavorativa/







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