Quello che le imprese non capiscono del Fondo Nuove Competenze (e anche noi facciamo fatica...)

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Il Fondo Nuove Competenze (FNC) è uno degli strumenti più potenti e al contempo complessi che siano stati messi a disposizione per il finanziamento della formazione continua negli ultimi anni.

Anche per questo motivo, è un oggetto che nasce complicato e che a ogni sportello si complica di più, senza tuttavia raggiungere lo scopo di eliminare gli usi impropri delle risorse o gli squilibri nella loro distribuzione.

A queste problematiche avevo già dedicato un articolo su Formazione e Cambiamento (“Il Fondo Nuove Competenze 2024: come ci piacerebbe”) che purtroppo è rimasto quasi completamente disatteso.

Per chi come noi ha il compito di raccontare le regole del FNC e tutti i minuti adempimenti richiesti alle imprese perché possano accedervi correttamente, il lavoro è difficilissimo. L’Avviso infatti è scritto in modo totalmente autoreferente nel linguaggio e nei principi e dà pienamente l’idea del gap tra Paese reale (imprese e lavoratori) e come si pone lo Stato anche quelle rare volte che viene in loro aiuto (e sempre grazie al PNRR, che resta un debito).

FNC, infatti, è uno strumento ancora molto “novecentesco” legato a terminologie e principi vecchi e lontani dalle prassi aziendali che si evolvono alla stessa velocità con cui si evolve la società.

Facciamo alcuni esempi pratici.


Le modalità della concertazione

Oggi il mondo della Rappresentanza sociale intesa come presenza di sindacati in azienda è molto vario, ben diverso da quello a cui ancora si ispirano tanti strumenti ministeriali (peraltro ancora in mancanza di una seria normativa sul tema della rappresentatività).

Poca è la consapevolezza reale di cosa sia tutto questo, è un problema anche generazionale:, gli under 50 ormai hanno una conoscenza molto bassa delle regole della concertazione e della sindacalizzazione in genere.

L’inserimento “a forza” dei Fondi Interprofessionali all’interno del processo FNC, che già richiede una “sua” concertazione specifica, rende tutti questi aspetti estremamente incomprensibili per i datori di lavoro.

Ecco un esempio: per presentare una istanza FNC un’azienda che non abbia RSA (Rappresentanti Sindacali Aziendali) deve raccogliere una firma dall’Associazione Datoriale territoriale, possibilmente quella firmataria del Contrato Nazionale di Lavoro (CCNL) adottato dall’impresa, e una firma di un sindacalista territoriale della categoria del suo CCNL.

Ma non basta. Perché, se aderisce a un Fondo Interprofessionale di quelli promossi da CGIL CISL UIL, sarà comunque costretta a concertare il piano formativo anche con i tre sindacati territoriali di categoria. Anche in caso di presenza di RSA, bisognerà poi vedere questo a quale sindacato appartiene, perché comunque le tre sigle di cui sopra devono firmare.

Mi fermo qui: era giusto per far capire.

Difficile dunque spiegarlo anche a imprese di media grandezza, disposte si a concertare, ma che fanno fatica a capire il perché di cinque firme e soprattutto la genesi e la motivazione di tutto questo lavoro, quando in fondo si tratta di corsi di formazione e non del rinnovo del contratto nazionale di categoria.


Il DNA del Fondo: il termine “rimodulazione dell’orario di lavoro"

L’Avviso parla sempre di “rimodulazione dell’orario di lavoro” perché nel DNA del testo c’è il contratto di solidarietà anziché un normale strumento per la formazione continua (quale invece è di fatto).

Già questo termine, nei rari casi in cui viene compreso dall’azienda, evoca appunto stati di crisi, contratti di solidarietà, casse integrazioni etc. cose del tutto diverse dal FNC, che è un normale strumento per contribuire alla formazione, ma sotto forma di rimborso delle ore del personale.

Capiamo bene che questa terminologia è un escamotage probabilmente dovuto a problematiche amministrative, ma resta veramente incomprensibile per le imprese e soprattutto non è realmente inerente alle motivazioni di base del Fondo stesso.


Il DNA del Fondo: i lavoratori di fatto non sostituibili

Sempre da questo strano DNA solidaristico viene l’impostazione “nominale” della progettazione, una delle cose più bizzarre dell’Avviso, ovvero il fatto che le istanze devono contenere - già in fase di richiesta - i nomi e cognomi degli allievi, più un set dettagliatissimo di informazioni che li riguardano.

Tali nominativi devono essere legati in modo preciso a ciascun modulo formativo e non possono variare a pena della perdita di tutto il contributo previsto per ciascuno di loro.

Nel terzo sportello è prevista la possibilità di modificarli (prima volta per FNC), ma in modo praticamente virtuale, solamente nel breve lasso di tempo tra l’approvazione da parte del Ministero e l’invio al Fondo Interprofessionale. In ogni caso, questo avviene con mesi di anticipo rispetto a quando verrà approvato il progetto e chi può dire se il lavoratore sarà ancora in azienda al momento dell’avvio della formazione?

Nella realtà del mercato del lavoro, e non solo nel settore turistico, il turn over del personale è sempre elevato, specie considerando che i corsi non inizieranno prima di settembre – ottobre 2025, ovvero almeno 5-6 mesi dopo aver inserito l’istanza. È statisticamente impossibile mantenere tutto lo stesso organico in questo periodo e poi per i 12 mesi successivi, durante lo svolgimento dei corsi.

Non potendo sostituire i nominativi, i contributi richiesti per gli allevi non più in organico andranno comunque perduti (la mia stima personale è di una media del 20%, basandomi sullo sportello precedente sui quali il mio gruppo ha presentato 42 piani).


Ancora grande confusione sulle modalità formative

Altra cosa veramente incomprensibile ai più è la limitazione della Formazione a Distanza (FAD) per le imprese senza Fondo Interprofessionale, senza peraltro distinzione tra FAD sincrona e asincrona.

Queste regole purtroppo non servono a prevenire le truffe o a migliorare la didattica, ma mettono semplicemente in difficoltà le imprese e soprattutto i lavoratori, specie se lavorano da casa o in sedi periferiche.

I controlli effettuabili sulla FAD sono già da anni esercitati efficacemente dai Fondi Interprofessionali e ci sono tante modalità per prevenire corsi falsi e altre truffe e ci dispiace che il Ministero non ne prenda atto.

Inoltre, nel periodo dicembre/gennaio, l’attesa per sapere se si dovrà fare almeno il 50% delle ore in presenza anche per le imprese aderenti ai Fondi Interprofessionali ha bloccato tutti gli accordi di fornitura con enti e consulenti perché la differenza di costo è significativa.

Ci siamo quindi trovati a ridosso dell’apertura dell’Avviso senza che la maggior parte dei contratti di consulenza fossero stati firmati, nonostante FNC terzo sportello fosse atteso da quasi due anni.

Resta inoltre questo atteggiamento “punitivo” che limita le scelte per le aziende che non aderiscono ai Fondi Interprofessionali e soprattutto crea disparità gravi di trattamento rispetto alle altre.


La trasparenza

Ci si augura che il terzo sportello FNC sia gestito in maniera trasparente, che sarebbe un obbligo di legge verso le imprese, i cittadini e l’Unione Europea. Infatti, il secondo sportello FNC ha assegnato le risorse alle imprese in maniera assolutamente non trasparente.

Non sono chiari i criteri per cui:

  • alcune domande sono state approvate prima di altre presentate in data precedente:
  • alcune domande a tutt’oggi non hanno avuto risposta (a 2 anni di distanza sono ancora “in valutazione”);
  • gli importi di pagamento dei saldi INPS siano differenti da quelli presentati dalle imprese a rendiconto;
  • alcune anticipazioni non siano state pagate, pure a fronte di domande correttamente compilate;
  • alcuni pagamenti siano stati fatti con risorse dell’Avviso secondo sportello e altri con risorse “a scorrimento” dell’Avviso precedente e come e quando questi ulteriori importi siano stati resi disponibili.

Inoltre, cosa più grave, non si trova (o non è chiaro dove sia finita) la pagina dove l’ANPAL, per un breve periodo (presumibilmente novembre 2024) aveva pubblicato almeno in parte le liste delle aziende che avevano avuto contributi FNC e i relativi importi. Tale prassi dovrebbe essere basilare per qualsiasi Avviso pubblico.

Purtroppo, molte aziende che hanno regolarmente incassato i contributi, continuano a negarlo, mentendo ai relativi fornitori e rimandando il pagamento dei relativi compensi,. Anche per questo sarebbe fondamentale avere un’informativa chiara, pubblica e trasparente da parte del Ministero.


Le tempistiche di pagamento

Sempre valutando il secondo sportello FNC, che è stato un’esperienza veramente frustrante anche sulla questione tempistiche di pagamento, ci sia augura che il terzo sportello vada meglio.

Ci sono imprese che hanno avuto il pagamento dell’anticipazione, richiesta entro 30 giorni dall’approvazione, addirittura assieme al saldo finale.

Inoltre, i saldi stessi sono stati erogati per la maggior parte da metà 2024 in poi, per rendiconti presentati nel periodo dicembre 2023 – gennaio 2024.

La preoccupazione per quest’anno aumenta anche, e non sembri strano, per la tempistica più lunga concessa per la realizzazione della formazione (12 mesi anziché 5). Si rischia infatti di incassare i saldi nel 2027 inoltrato.


La distribuzione delle risorse

Con il terzo sportello assistiamo a un notevole frazionamento del budget, che a parere di molti non porta alcun vantaggio.

Infatti, le linee di intervento “Sistemi Formativi” e “Filiere Formative” sono per la prima volta l’occasione per presentare dei piani pluriaziendali, peraltro con qualche spicciolo in più di contributo, ma di fatto espongono ancora di più a tagli, perché in caso di “defaillance” di qualche azienda si rischia di perdere in tutto o in parte il contributo richiesto. Oltre alla notevole complessità derivante da aziende che aderiscono a fondi diversi e a tanti altri elementi.

Sembra piuttosto che queste Linee pluriaziendali siano state messe là per garantire una certa immagine su pressione di lobby che rappresentano aggregazioni di imprese. Il problema è che per i progetti “normali” restano solo 365 milioni, veramente pochi (nell’ultimo sportello eravamo a 1 miliardo indifferenziato e quindi potenzialmente per tutti).

Altro elemento estremamente critico è la distribuzione territoriale delle risorse, anche questa una novità non particolarmente gradita.

La distribuzione è infatti la seguente:

  • 225,9 milioni circa alle Regioni più sviluppate (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, PPA Bolzano e Trento, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto);
  • 39,9 milioni circa alle Regioni in transizione (Abruzzo, Marche, Umbria);
  • 464,1, milioni circa all e Regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia).

In generale, è evidente che le Regioni del Nord e del Centro, che hanno la maggior parte delle imprese e dei lavoratori, sono fortemente penalizzate. Si tratta di una novità di questa edizione, non pienamente comprensibile alle imprese.

In più, non è affatto chiaro (visto che la piattaforma non lo richiede) con quale criterio verranno assegnate le risorse per le imprese che hanno sede in più regioni.

Insomma, il combinato disposto tra tutti questi parametri rende estremamente incerto l’accesso alle risorse proprio a quelle imprese che rappresentano un maggior fabbisogno.


Conclusioni

Mi permetto quindi, sulla base di queste considerazioni derivanti da una certa esperienza e in vista del fatto che FNC possa diventare una misura stabile per le politiche attive del lavoro, di formulare qualche proposta.

Invitiamo il Ministero ad ascoltare tutte parti in causa (e non solo alcune) e soprattutto ad ascoltare la voce degli operatori sui quali si conta sempre senza considerarli mai: è necessario che si esprimano indicazioni più chiare e tecnicamente più realizzabili, magari con l’aiuto di esperti del settore che abbiano già effettiva esperienza operativa nella “messa a terra” dei progetti.

Infatti è inutile nascondersi dietro il dito della “titolarità aziendale” delle istanze. Le imprese non possono fare questo lavoro da sole e gli esperti e consulenti devono continuamente cimentarsi in questa mediazione tra regole complesse e spesso incomprensibili e i legittimi fabbisogni di imprese e lavoratori. Fabbisogni che non si esauriscono all’interno di formali accordi sindacali, ma riguardano concrete problematiche organizzative, produttive, economiche, di relazioni industriali, di innovazione e di investimento che FNC, con le regole attuali, fa molto fatica soddisfare.

Per questo motivo, i soggetti erogatori e i consulenti del settore, anche tramite le loro Associazioni di categoria e professionali, devono mettersi a disposizione per aprire tavoli tecnici con il Ministero che rendeno questo importantissimo strumento qualcosa di più che una pioggia di soldi che arriva anche un po’ a caso alle imprese (e sempre in forte ritardo).

Con queste modalità, sarà sempre difficile dare una valutazione su impatto e risultato di questo tipo di interventi.

Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

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