Neet e Hikikomori. Storia di Dario

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La storia di Dario è stata presentata come buona pratica nel progetto Erasmus+ “Outside – Activating Strategies to fight Hikikomori Condition” (https://theoutsideproject.eu/) il cui obiettivo primario è quello dell’inclusione dei giovani adulti - con caratteristiche di isolamento sociale e a rischio di diventare Hikikomori- attraverso percorsi formativi basati sullo sviluppo di competenze personali e sociali.

Sono stata il mentore di Dario durante un altro progetto Erasmus+ sui Neet, ragazzi e ragazze fragili e non inseriti in un percorso di istruzione, lavoro o formazione. Dario rientrava nella categoria dei Neet e sconfinava, visto che non usciva dalla sua stanza da 3 anni, anche in quella di Hikikomori.

Al di là delle etichette e delle definizioni, quella che segue è la semplice storia di un ragazzo che è riuscito ad aprire non solo la porta della sua stanza, ma anche quella del mondo del lavoro.


L’inizio del lieto fine

La prima volta che ho visto Dario è stata attraverso lo schermo di un pc, io a Roma e lui a Pistoia. Un diciannovenne troppo magro, troppo pallido e troppo timido. Parliamo della vita in una città di provincia, i soliti bar, i soliti amici, la mobilità insufficiente e della vita in una grande città, l’arte, la storia, il caro affitti e gli autobus che vanno a fuoco. Terre diverse che diventano terreno comune. Dario si apre, racconta, fa domande.

Al termine del colloquio gli parlo del progetto, di quello che faremo insieme, dell’orario del prossimo incontro. Due giorni dopo mi scrive: vengo a Roma, ho prenotato il treno. Quattro mesi dopo Dario si trasferisce a Roma, ha preso una stanza in affitto e sta per iniziare un percorso formativo triennale alla 42 Roma Luiss, una scuola di coding. Un anno dopo collabora con diverse Start Up.


Il metodo di lavoro

Come ho lavorato? Che metodi ho utilizzato?

Con Dario, attraverso incontri a distanza e in presenza, si è attivata subito una relazione di fiducia e confidenzialità. Ho utilizzato il metodo del peer mentoring: coinvolgimento tra pari, supporto, apprendimento reciproco, eliminazione di qualsiasi rapporto gerarchico. Ho esplicitato i miei insuccessi, le mie difficoltà e idiosincrasie di quando avevo anch’io 19 anni. Non sono stata un modello da seguire, l’adulto che fa da esempio, ma una persona che ha raggiunto alcuni obiettivi, personali e professionali, attraverso percorsi non necessariamente lineari o in discesa. Dario si è sentito accolto nella riflessione su due vite diverse, due vite incompiute, irrisolte, imperfette e in continua costruzione. Non si è sentito solo né diverso: similia similibus curantur.

Il territorio comune, due esistenze, è diventato la base relazionale che ha condotto il ragazzo all’interno del processo dialogico: una conversazione con il fine dell’azione sviluppata attraverso l’alternanza di informalità ed autorevolezza.

La mia postura è stata: ti vengo a prendere, ti porto su un crinale dal quale possiamo osservare diversi paesaggi ed orizzonti. Lì ci sediamo, ci raccontiamo, scoviamo le parti significative delle nostre esistenze e ricerchiamo soluzioni. L’obiettivo degli incontri è stato la riflessione per lo sviluppo dell’autonomia, per fare un passo, poi un altro e decidere lentamente come realizzare le promesse fatte innanzitutto a sé stessi.

Ho accompagnato Dario in un processo di scoperta del sé di tipo socio-emotivo. Sono stata una figura transizionale che lo ha, semplicemente, aiutato a trovare il coraggio di prendere decisioni importanti.

Anche se può sembrare controintuitivo, quello che non serve ai ragazzi e ragazze travolti dalla forza centripeta che li allontana dalla scuola, dalla famiglia e dalle relazioni sociali, è il buon esempio. Spesso nelle scuole o nelle università intervengono persone che incarnano modelli da seguire: ex alunni che hanno fatto carriere fulminanti, imprenditori, scrittori, artisti di successo. Ecco, a chi sta male, a chi mette in dubbio la validità di un sistema al quale è difficile adattarsi, a chi sta per chiudere la porta della propria stanza per molto tempo, del successo degli altri non gli interessa nulla. Anzi aumenta, non senza irritazione, la distanza tra il soggetto e la “società dei giusti”. Il mentore, al contrario, dovrebbe scartabellare nel suo passato e tirare fuori i fallimenti, gli insuccessi, il tempo trascorso tra sogni, incubi e fantasie, la sofferenza, la crisi, il dubbio, il conflitto. Questo è il terreno, scosceso, dissestato e a volte minato, sul quale è possibile costruire la relazione. Il formatore e il ragazzo devono convivere temporaneamente nello stesso ecosistema nel quale i diversi livelli temporali, il passato del formatore e il presente per il ragazzo, si intersecano, sfrigolano, scintillano e illuminano.  


L’inutilità dei consigli

All’interno di una relazione dialogica nata attorno alla necessità di risolvere un problema, in questo caso l’isolamento sociale e professionale, liberare torrenti di consigli è quanto di più inutile ci possa essere. Le persone vogliono essere ascoltate e comprese. Il ragazzo, come ogni ragazzo che ha scelto l’autoesclusione, ha bisogno che le sue abilità ed esperienze siano ritenute e trattate come valide e rilevanti. Qualunque consiglio, peggio ancora se apodittico, ostacolerebbe la motivazione e l’assunzione di responsabilità. L’equità è fondamentale nella relazione e se il ruolo di esperto emerge con troppa forza la relazione diventa asimmetrica. Non ci sono due persone al mondo che abbiano vissuto le stesse esperienze, un consiglio si addice di più a chi lo fornisce che a chi lo riceve e può risultare offensivo e intrusivo specialmente per chi è vulnerabile. Inoltre, i consigli tendono a considerare soltanto gli aspetti più superficiali di un problema, ignorando le questioni più profonde che sono spesso nodali.


L’apprendimento autonomo

Dario non ha terminato gli studi. In realtà, sarebbe più corretto dire che li ha proseguiti in un’altra direzione. Nei tre anni di isolamento ha progettato, programmato, ha usato la rete per attivare collaborazioni e scambi di informazioni a livello nazionale e internazionale. Chiuso in una stanza si è aperto al mondo sviluppando competenze informatiche di alto livello che, messe in evidenza dal mentore, gli hanno permesso di fare il grande salto nel nuovo contesto formativo. 

L’apprendimento ha sempre un valore e le strade per il riconoscimento degli apprendimenti autonomi e informali sono appena tracciate.


Gli obiettivi raggiunti

Di seguito, l’elenco degli obiettivi prefissati, di quelli intermedi e degli obiettivi raggiunti da Dario durante e sei mesi dopo il termine delle sessioni con il mentore.


Obiettivi iniziali

  • Prioritizzazione dei problemi
  • Reinserimento sociale
  • Reinserimento scolastico o professionale


Obiettivi intermedi

  • Formalizzazione dei bisogni
  • Riconoscimento del proprio stile di apprendimento
  • Individuazione di come interessi e capacità possono diventare opportunità di carriera
  • Esplicitazione dei propri limiti e punti di forza
  • Analisi dei risultati ottenuti nella vita personale e/o lavorativa
  • Riorganizzazione, aggiornamento e invio dei curricula


Obiettivi raggiunti

  • Lavoro autonomo su un progetto personale di data science
  • Iscrizione a un corso di aggiornamento professionale in Sviluppatore Java
  • Passeggiate all’aperto 2/3 volte la settimana
  • Incontri in presenza con coetanei e ricerca di attività ed esperienze da condividere
  • Cura del sé (alimentazione e taglio dei capelli)
  • Miglioramento del rapporto con i genitori
  • Superamento della selezione per entrare a far parte della 42 Roma Luiss
  • Trasferimento a Roma
  • Completamento del primo anno nella 42 Roma Luiss
  • Valutazione di nuove offerte di lavoro.


Il comitato redazionale

Myriam Ines Giangiacomo

Domenico Lipari

Giusi Miccoli

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